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Autore: Night Sins    26/04/2012    1 recensioni
Katelyn Moreau era in pericolo. Nonostante tutte le cose che lui e Peter avevano fatto quattro anni prima, Kate era di nuovo in pericolo. Non aveva tempo per seguire le procedure e la legge, nonostante questo significasse mancare alla parola data a Peter, Neal doveva evadere dal carcere e tentare di fare qualcosa.
Ma nessuno lo aveva avvertito che Peter e Kate si erano trasferiti.
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Neal Caffrey, Peter Burke, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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The departure.

Dopo pranzo, Neal e Debbie avevano convinto Peter a portare Satchmo a fare un giro al parco, con il risultato che lo stesso passò un’ora seduto su una panchina ad osservare i due divertirsi a lanciare una palla al cane. Non era scocciato, e gli faceva piacere vedere che Debbie avesse preso bene, almeno per il momento, la figura di Neal accanto a sé, ma data la situazione non gli sembrava una grande idea.
“La prossima volta”, cominciò Peter estraendo le chiavi di casa, poi si bloccò.
“Ma papà…”
“Shh”, la interruppe il federale, spostandola indietro con una mano. “Neal.”
“Ci penso io. Vieni, Debbie, facciamo un altro giro con Satch”, disse prendendo per mano la bambina.
Peter estrasse la pistola, la puntò davanti a sé ed aprì di scatto la porta. Fece alcuni passi all’interno, cauto, fino a ritrovarsi davanti l’intruso.
“Dante Haversham”, sospirò.
Lo guardò male e mise via la pistola. “Fermo lì”, ordinò poi, e si affacciò alla porta.
Neal e Debbie erano ad una decina di metri di distanza. “Neal!”
Il giovane si voltò e Peter gli fece segno di tornare indietro.

“Allora, Mr. Haversham”, cominciò Peter indicandogli una sedia, “è sua abitudine entrare così nelle case degli altri?”
L’uomo lo guardò a disagio e fece come ordinato. “Solo per lavoro”, rispose dopo essersi seduto.
“Lavoro”, ripeté Peter, camminando. Neal e Debbie entrarono in quel momento.
“Debbie, libera Satch e poi vai a finire di mettere i libri nello zaino, da brava.”
La bambina guardò i tre uomini e poi annuì, portando il cane in cucina.
“Poteva farti fuori”, disse Neal, sottovoce, sedendosi accanto al suo amico.
“Speravo di no”, confessò lui.
“Sei sicuro sia l’uomo giusto?”, chiese poi Peter.
“Ehi!”, esclamò Haversham, offeso.
“Assolutamente”, rispose Neal
“Vi ricordo che vi ho già aiutato con quella bambina”, sbuffò ancora il piccoletto.
“Questo è vero, Peter.”
Il federale sospirò e si mise a sedere a propria volta.
“Cosa devo fare?”, domandò Haversham.
“Il solito; assicurati che nessuno sia sulle tracce di Kate.”
“Debbie”, lo corresse Peter.
“Debbie”, confermò il truffatore.

Tre ore dopo, anche Elizabeth e Jones erano a casa sua e stavano discutendo degli ultimi dettagli.
“Jones, tu ti occuperai di Debbie, specialmente quando El è a lavoro”, ricapitolò Peter. “Non ci sono immediati pericoli, il nostro uomo non dovrebbe sapere chi è né che va a Washington con Elizabeth, ma stai lo stesso attento al massimo.”
“Certo.”
“So che non ti ho detto molto, ma nemmeno io so chi sia in realtà…”
“Non preoccuparti, Capo.”
Peter gli sorrise, riconoscente, poi si rivolse a Mozzie – erano giunti alla conclusione che continuare tra di loro ad usare l‘alias di Dante Haversham era inutile. “Tu, invece…”
“Io farò il mio dovere nell’ombra e nessuno si accorgerà di niente”, lo interruppe, “come sempre del resto.”
Il federale annuì con un gesto distratto della mano, decidendo che stare a discutere fosse inutile.
“El”, chiamò poi, voltandosi verso di lei. Un nodo alla gola gli rubò le parole mentre le si avvicinava. Posò una mano sulla sua spalla e rimase ancora alcuni istanti in silenzio, prima di riuscire a dire: “Grazie”.
Lei gli sorrise e l’abbracciò. “Non devi preoccuparti.”
L’uomo ricambiò la stretta e passò una mano tra i suoi capelli, sospirando. Elizabeth si allontanò e gli scoccò un bacio sulla guancia, poi andò da Neal e abbracciò anche lui.
Peter lo vide spalancare gli occhi e sorridere, quando lei lo lasciò andare lui la ringraziò. Non poté evitare di chiedersi cosa gli avesse detto. Si ripromise di chiederglielo in seguito e si abbassò davanti sua figlia.
“Ricordi quello che ti ho detto, sì?”
Debbie annuì. “Non devo creare problemi né e zia El né al signor Jones, e devo star tranquilla”, ripeté.
Lui le sorrise. “Ti voglio bene.”
“Ti voglio bene anche io”, mormorò la piccola, gettandogli le braccia al collo e stringendolo al massimo della sua forza.
Peter le accarezzò il volto e continuò a sorriderle. “Ti va di salutare per bene anche Neal?”
Debbie guardò il ragazzo e gli si avvicinò; quando gli fu davanti gli circondò la vita con le braccia. “Stai attento al mio papà.”
Neal rise e le posò una mano sulla testa. “Va bene, lo terrò sottocontrollo.”
Anche Elizabeth rise. “È ora di andare, Debbie.”
“Jones, hai sistemato tutti i bagagli?”, domandò Peter.
“Sì.”
“Bene. Fate buon viaggio.”

Quando la porta si chiuse, Neal gli prese la mano con la propria. Peter la strinse senza voltarsi a guardarlo.
“Bene, è il momento che vada anche io”, disse Moz, avviandosi verso la porta.
“Mozzie?”, lo fermò Peter. “Grazie.”
Era la prima l’occasione per dirglielo e, nonostante non avesse provato una simpatia a pelle verso di lui, sapeva che era la cosa giusta da fare.
L’uomo annuì e senza dire altro uscì.

“Peter…”
“Mettiamoci al lavoro.”
“Ordino delle pizze.”
Il federale sorrise.


The files.

“Ehi, trovato niente?”, domandò Neal, avvicinandosi all’uomo seduto sul divano il quale scosse la testa e sospirò.
Peter si voltò poi verso di lui, allungò una mano e gli prese il polso, attirandolo verso di sé. Quando gli fu davanti, lo prese per i fianchi e lo fece sedere tra le proprie gambe.
“Non sono Debbie”; Neal rise.
Peter lo strinse e posò il mento sopra la sua spalla. “Solo… resta qui e stai zitto.”
Neal sorrise, si allungò a prendere un fascicolo dal tavolo, tornò a rilassarsi contro il petto del compagno e aprì i fogli davanti a loro, in modo da permettere anche a Peter di leggere.
“Sono i file dell’Olandese…” commentò stupito, “pensavo ci occupassimo di Debbie.”
“Domani devi venire al Bureau. Se vuoi restare fuori, devi portare dei risultati.”
“Ma…”
“Lavorerò anche su di lui, non l’ho mandata via per nulla, ma tu devi pensare a questo.”
“Posso occuparmi anche io di entrambi”, replicò serio, spostandosi appena per guardarlo in volto.
“Concentrati sull’Olandese.”
“Voglio aiutarti!”
Peter lo baciò, disperato.
“Non farti rimandare dentro.”
Neal non rispose, si mise a sedere per bene, stretto nel suo abbraccio, e riprese a leggere mentre anche il federale prendeva una cartellina.

Peter era concentrato nella lettura, aveva tirato fuori tutti i vecchi file accumulati quasi cinque anni prima; avere Neal lì, prigioniero del proprio braccio, lo faceva in qualche modo star tranquillo. Sapere che non stava combinando qualcosa, qualche truffa delle sue, era un enorme sollievo – e un tuffo nel passato, a quando cercava in tutti i modi elementi per incastrarlo, nonostante tutto, ed ogni volta che lo aveva stretto a sé poteva star certo: ‘James Bonds’ non si sarebbe fatto vivo.
“Peter…” mormorò ad un certo punto il criminale.
Riconosceva quel tono, gli metteva i brividi ogni volta, ma non capiva. Si voltò a guardarlo, stupito e perplesso. “Sì?”
“La mano… È difficile… concentrarsi, così”, disse con un sorriso malizioso.
Il federale abbassò lo sguardo verso la propria mano sinistra; senza accorgersene, aveva preso a giocare con i bottoni della camicia di Neal e poi aveva fatto scivolare le dita sotto la stoffa, accarezzandogli l’addome. “Uhm… Scusa… involontario…” borbottò estraendo le dita e sbottonandogli il primo bottone dei pantaloni.
Neal inarcò un sopracciglio.
“Questo no”, confermò Peter, baciandogli il collo. “Ma puoi continuare a leggere”, disse tra un bacio e l’altro, facendo scorrere la mano sulla zip.
   
 
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