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Autore: Madgirl    19/11/2006    2 recensioni
Il corso degli eventi è il principale responsabile del cambiamento delle persone, molto più delle decisioni razionali. Harry è cambiato, Ron e Hermione non basteranno a farlo ragionare. Ginny ha smesso di starsene delle decisioni degli altri, ma a che prezzo? Draco ha riacquistato la fiducia di Voldemort, ma presto dovrà fare i conti con una debolezza che credeva superata.
Una storia che parte con i nostri eroi un po' più che ventenni e la guerra che ancora non è finita. Spero piaccia, ce n'è per tutti i gusti...credo di aver risolto la mia iniziale indecisone sui pairing! Certo, passando per una D/He...
Genere: Generale, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Luna Lovegood | Coppie: Draco/Ginny, Draco/Hermione, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Uno.

La ragazza si sollevò in piedi, con gli occhi un po’ lucidi.

Non si sarebbe mai data pace per quanto era successo, se ne sentiva responsabile, anche razionalmente sapeva che non era colpa sua. Ma la razionalità e le emozioni non sono quasi mai conciliabili. Passò una mano nuda sulla lapide fredda e ruvida, poi si rimise il guanto.

“Ciao mamma, ciao papà. Vi voglio bene.” sussurrò con la voce spezzata guardando le due foto immobili, prima di voltare le spalle e avviarsi verso casa.

Stava facendo sera, era un febbraio gelido e la giovane donna camminava a passo svelto avvolta in un pesante cappotto scuro, cercando di ingoiare quel pesante groppo che le si era formato in gola, e ignorare il fastidioso senso di vuoto che le schiacciava il petto. Lo stesso che provavano tutti del resto, da troppo tempo.

Hermione Granger procedeva spedita verso quella che era ormai diventata come una sua seconda casa, da un po’ di tempo. Si era promessa che finita la scuola avrebbe cercato un posto tutto suo, ma con tutte le cose che erano successe, non ne aveva mai avuto il tempo.

La casa dove era cresciuta era vuota, ma non sarebbe mai riuscita a viverci per troppo tempo. Là aveva ricevuto la lettera che le diceva di essere una strega, là aveva passato un sacco di momenti felici. Là era morta sua madre sotto il suo sguardo impotente.

Grimmauld Place, invece, era tutto sommato un bel posto, c’era spazio abbondante per tutti. Anche se purtroppo quei ‘tutti’ erano sempre di meno.

La guerra sembrava giunta a un punto di stallo, ormai.

Mesi che ricevevano falsi allarmi, mesi che battaglie totalmente inutili si protraevano. Mesi che morivano persone senza un motivo, ad essere sinceri. Era un po’ stanca di questa orribile routine che affrontava ogni giorno, ma che farci, era la sua vita, era quello che aveva scelto.

Era un auror, e avrebbe combattuto al fianco dei suoi amici fino alla fine.

Al fianco di Harry.

Al fianco di Ron.

Le persone più importanti della sua vita.

Bussò alla porta del numero dodici. Sapeva che da un momento all’altro qualcuno al di là di quell’uscio avrebbe guardato chi fosse, poi avrebbe dato due colpi, segnale per la parola d’ordine.

Infatti.

Toc-toc.

“Devo farmi uno shampoo” disse con una smorfia. Ma poteva esistere una parola d’ordine più idiota? Chi l’aveva scelta? D’accordo che cose tipo ‘il bene trionfi’ o ‘tutti per uno, uno per tutti’ che aveva proposto lei sarebbero state un po’ prevedibili, ma ‘devo farmi uno shampoo’! Per la miseria!

La porta si aprì lentamente.

“Ciao Mione. Finalmente.”

“Ciao Ron. Scusa se ho fatto un po’ tardi, ho perso la cognizione del tempo… tu piuttosto, come hai fatto a schivarti il casino che mi hanno detto è successo al Ministero?” Chiese entrando in casa e sfilandosi la sciarpa e i guanti. Poi, riposto il cappotto, andò ad abbracciare il suo amico.

“Ero di ronda e dopo sono venuto diretto qua. Ma non l’ho fatto apposta, giuro! Insomma, volevo raggiungere gli altri, ma mi hanno detto che in centrale era il marasma totale e sarebbe stato inutile… ordini dall’alto!” si giustificò prontamente il rosso, grattandosi la testa. “E poi qua non c’era nessuno, e sai che non è saggio.”

“Già… ma sono sicuri che ci sia una spia?”

“Mah, io ho i miei dubbi… ma temo che toccherà lo stesso a tutti quanti farsi un bel drink a base di Veritaserum.” Ironizzò lui.

“Non vedo l’ora…” commentò disgustata Hermione. Detestava certi metodi, una volta ritenuti illegali. “E Harry? È sempre…” domandò, dirigendosi verso la cucina a prepararsi qualcosa di caldo.

“Dove vuoi che sia…” rispose il ragazzo, incupendosi un volto.

“Sono più di due anni che non è più lo stesso, da quella volta… credevo che si fosse ripreso, ma ultimamente mi pare stia di nuovo esagerando.” Constatò. “Vuoi un caffé?”

“Sì, grazie… comunque, tornando a Harry, lo so anch’io che non può starsene rinchiuso perennemente a Godrc’s Hollow, spaccandosi la testa per cercare di scoprire qualcosa! Non è così che si risolverà questo schifo! Ma è inutile provarlo a fare ragionare” concluse alla fine il ragazzo, che si era seduto al tavolo. Afferrò la tazza di caffé e con un veloce incantesimo trasformò un bicchiere di latte in panna montata per inondare la sua bevanda, sotto lo sguardo sconsolato dell’amica.

“Ron, sei il solito vizioso.”

“Perché?”

Lei si limitò ad alzare gli occhi al cielo, prima di bere silenziosamente.

“Credo che dovremmo andare a parlargli. Adesso.” Disse improvvisamente, spezzando il silenzio che era calato tra di loro.

“Adesso?” rispose lui scettico.

“Dobbiamo provare a farlo ragionare Ron!” lo ammonì la ragazza. “Non ce la faccio più a fare finta di niente!”

Il suo amico si limitò a guardarla con un’espressione crucciata in volto. “E lasciare la casa incustodita?”

“Che c’è, infrangere le regole ti dà così tanta ansia, adesso?”

“No ma… penso che sarebbe inutile…”

Lei lo guardò un attimo, poi inspiegabilmente sorrise.

“Che ridi, adesso?”

“Hai della panna sul naso…” spiegò, ripulendogliela con un dito. Ma prima che potesse staccare la mano dal volto del ragazzo, lui la bloccò e prese a carezzarle il dorso.

“Ronald…”

“Cosa?” chiese lui con innocenza.

“Non fare il finto tonto. Ti conosco, conosco quella faccetta languida e quell’occhio vispo.”

“Quale faccia?” domandò di nuovo lui, ma con un mezzo sorrisetto eloquente.

“La faccia di chi vuole cacciarsi nei casini…”

A questo punto lui dovette cedere. “Perché dici cacciarsi nei casini? Secondo me ci risolleveremmo il morale…”

“Già, e per quanto? I problemi non si cancellano col sesso. Al massimo si mettono da parte per un po’, ma poi se ne aggiungono altri…”

Lui sbuffò. “Che palle…”

“Per la miseria, lo sai anche tu che tra noi non ha funzionato in passato e non funzionerà mai. E proprio adesso che abbiamo ritrovato un equilibrio ti metti a fare il cretino…” lo liquidò alzandosi e riponendo la tazza sul lavandino.

“Non tutto era malaccio tra di noi, però” la corresse il ragazzo, avvicinandosi a lei e circondandole la vita da dietro, con la braccia.

“Posa quelle zampacce, porco!” lo sgridò la ragazza.

“Sei la ragazza più noiosa che conosca” protestò lui allontanandosi. “Allora, andiamo o no da Harry? Mi sto annoiando…”

“Sei odioso.”

“E tu sei noiosa.”

*

Il quartier generale dei Mangiamorte era una vecchia casa isolata, creduta abbandonata.

Draco Malfoy camminava lentamente per il freddo corridoio di pietra con uno sguardo preoccupato e stanco. Qualcuno avrebbe detto stufo, ma nessuno avrebbe mai osato insinuarlo.

La mano fredda grattava contro la parete ruvida, faceva quasi male. Non gli dispiaceva, tutto sommato, lo aiutava a non venir totalmente invaso da quella sensazione sgradevole che gli opprimeva il petto.

Era stato chiamato, gli era stato affidato un compito. Dopo che il Signore Oscuro l’aveva risparmiato per quella storia della torre, giusto perché dopotutto il lavoro era stato portato ugualmente a termine, non aveva mai più fallito una singola volta, ed era riuscito a riguadagnarsi la sua fiducia. Non era ancora pronto, si era detto.

Ma questa volta, il freddo e cinico uomo che stava diventando si trovava di nuovo a fare i conti con una fragilità che credeva aver superato. Sarebbe mai riuscito in quella cosa? Per quale assurda ragione si sentiva di nuovo il diciassettenne debole di allora?

Immerso in questi pensieri non vide avvicinarsi la figura avvolta in un mantello che gli si affiancò e lo afferrò per un braccio.

“Draco. Ne vieni da lui, vero?”

“Padre… quale piacere” sibilò il giovane, con uno sguardo di profondo disprezzo.

“Rispondi.” Disse fermamente Lucius, incollandolo alla parete.

“Sì.”

“Che ti ha detto?”

“Quello che dovevo sentirmi dire. Se non ha ritenuto necessario informarvi…”

“Non giocare a fare il ragazzo difficile con me, Draco.”

“Non sto giocando.” Rispose secco l’altro. “Eseguo i suoi ordini.”

Ci fu qualche istante di silenzio.

“Che cerchi di fare, paparino? Non attacca.” disse poi, derisivo. “Se non sbaglio sei stato tu a insistere affinché affinassi la tecnica di Occlumens… trovi che sia un’arma a doppio taglio?”

“Dico solo che devi stare molto attento… ti ha risparmiato una volta, ma se fallirai di nuovo…”

“Sarei una vergogna per il mio vecchio?” rispose secco il figlio. “Perché è questo tutto quello importa, vero? Stai tranquillo, non fallirò. Non ho mai più fallito, e lo sai.”

Lucius lo scrutò di nuovo, ma senza cercare di leggergli la mente. Lo scrutò semplicemente. “Ma adesso vedo che è diverso. Mi odierai, ma resto tuo padre e un minimo ti conosco.”

“E quindi?”

“Quindi non devo usare certi trucchetti per capire che quello che ti ha chiesto ti turba. Te lo leggo in viso, nello sguardo.”

Draco scrollò il capo, ma si trovò improvvisamente senza parole. Era vero.

“Lo stesso sguardo che avevi stampato in faccia quattro anni fa.” Concluse.

“Stronzate.” Si difese Draco, che adesso cominciava a sentire male per la stretta di suo padre.

“Forse… senti, io non so che compito ti abbia affidato, ma ti conviene farti passare le turbe. Intesi?”

Il figlio lo guardò il più freddamente possibile.

“Alla perfezione, padre.” Rispose. Poi, libero dalla presa dell’uomo, si congedò con un ghigno.

Odiava suo padre con tutto se stesso. Odiava la causa di tutto quello che aveva passato. Lo odiava perché essere figlio di Lucius Malfoy voleva dire non avere scelta.

Ma odiava ancora di più quando aveva ragione, e lui torto.

Stramazzò contro la parete per qualche minuto con gli occhi chiusi e le mani pressate sulle tempie, sperando che quella maledetta emicrania si affievolisse. Finché quella ben nota nonché irritante voce femminile lo riportò alla realtà.

“Draco, proprio te stavo cercando…”

Aveva capito subito di chi si trattava. Non si sforzò neanche di sollevare le palpebre.

“Che vuoi adesso, Ginevra?”

*

PS:

RINGRAZIO IN ANTICIPO CHI SARA' COSì BUONO DA LASCIARE UN COMMENTINO ALLA SOTTOSCRITTA...

I PAIRING DEFINITIVI NON LI SO ANCORA, MA NEL DURANTE CE NE SARANNO DI DIVERSI... SPERO DI NON DELUDERE NESSUN SHIPPER!

CIAO!

  
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