Uno.
La ragazza si sollevò in piedi,
con gli occhi un po’ lucidi.
Non si sarebbe mai data pace per
quanto era successo, se ne sentiva responsabile, anche razionalmente sapeva che
non era colpa sua. Ma la razionalità e le emozioni non sono quasi mai
conciliabili. Passò una mano nuda sulla lapide fredda e ruvida, poi si rimise il
guanto.
“Ciao mamma, ciao papà. Vi voglio
bene.” sussurrò con la voce spezzata guardando le due foto immobili, prima di
voltare le spalle e avviarsi verso casa.
Stava facendo sera, era un
febbraio gelido e la giovane donna camminava a passo svelto avvolta in un
pesante cappotto scuro, cercando di ingoiare quel pesante groppo che le si era
formato in gola, e ignorare il fastidioso senso di vuoto che le schiacciava il
petto. Lo stesso che provavano tutti del resto, da troppo
tempo.
Hermione Granger procedeva spedita
verso quella che era ormai diventata come una sua seconda casa, da un po’ di
tempo. Si era promessa che finita la scuola avrebbe cercato un posto tutto suo,
ma con tutte le cose che erano successe, non ne aveva mai avuto il
tempo.
La casa dove era cresciuta era
vuota, ma non sarebbe mai riuscita a viverci per troppo tempo. Là aveva ricevuto
la lettera che le diceva di essere una strega, là aveva passato un sacco di
momenti felici. Là era morta sua madre sotto il suo sguardo impotente.
Grimmauld Place, invece, era tutto
sommato un bel posto, c’era spazio abbondante per tutti. Anche se purtroppo quei
‘tutti’ erano sempre di meno.
La guerra sembrava giunta a un
punto di stallo, ormai.
Mesi che ricevevano falsi allarmi,
mesi che battaglie totalmente inutili si protraevano. Mesi che morivano persone
senza un motivo, ad essere sinceri. Era un po’ stanca di questa orribile routine
che affrontava ogni giorno, ma che farci, era la sua vita, era quello che aveva
scelto.
Era un auror, e avrebbe combattuto
al fianco dei suoi amici fino alla fine.
Al fianco di Harry.
Al fianco di Ron.
Le persone più importanti della
sua vita.
Bussò alla porta del numero
dodici. Sapeva che da un momento all’altro qualcuno al di là di quell’uscio
avrebbe guardato chi fosse, poi avrebbe dato due colpi, segnale per la parola
d’ordine.
Infatti.
Toc-toc.
“Devo farmi uno shampoo” disse con
una smorfia. Ma poteva esistere una parola d’ordine più idiota? Chi l’aveva
scelta? D’accordo che cose tipo ‘il bene trionfi’ o ‘tutti per uno,
uno per tutti’ che aveva proposto lei sarebbero state un po’ prevedibili,
ma ‘devo farmi uno shampoo’! Per la miseria!
La porta si aprì
lentamente.
“Ciao Mione.
Finalmente.”
“Ciao Ron. Scusa se ho fatto un
po’ tardi, ho perso la cognizione del tempo… tu piuttosto, come hai fatto a
schivarti il casino che mi hanno detto è successo al Ministero?” Chiese entrando
in casa e sfilandosi la sciarpa e i guanti. Poi, riposto il cappotto, andò ad
abbracciare il suo amico.
“Ero di ronda e dopo sono venuto
diretto qua. Ma non l’ho fatto apposta, giuro! Insomma, volevo raggiungere gli
altri, ma mi hanno detto che in centrale era il marasma totale e sarebbe stato
inutile… ordini dall’alto!” si giustificò prontamente il rosso, grattandosi la
testa. “E poi qua non c’era nessuno, e sai che non è
saggio.”
“Già… ma sono sicuri che ci sia
una spia?”
“Mah, io ho i miei dubbi… ma temo
che toccherà lo stesso a tutti quanti farsi un bel drink a base di Veritaserum.”
Ironizzò lui.
“Non vedo l’ora…” commentò
disgustata Hermione. Detestava certi metodi, una volta ritenuti illegali. “E
Harry? È sempre…” domandò, dirigendosi verso la cucina a prepararsi qualcosa di
caldo.
“Dove vuoi che sia…” rispose il
ragazzo, incupendosi un volto.
“Sono più di due anni che non è
più lo stesso, da quella volta… credevo che si fosse ripreso, ma ultimamente mi
pare stia di nuovo esagerando.” Constatò. “Vuoi un caffé?”
“Sì, grazie… comunque, tornando a
Harry, lo so anch’io che non può starsene rinchiuso perennemente a Godrc’s
Hollow, spaccandosi la testa per cercare di scoprire qualcosa! Non è così che si
risolverà questo schifo! Ma è inutile provarlo a fare ragionare” concluse alla
fine il ragazzo, che si era seduto al tavolo. Afferrò la tazza di caffé e con un
veloce incantesimo trasformò un bicchiere di latte in panna montata per inondare
la sua bevanda, sotto lo sguardo sconsolato dell’amica.
“Ron, sei il solito
vizioso.”
“Perché?”
Lei si limitò ad alzare gli occhi
al cielo, prima di bere silenziosamente.
“Credo che dovremmo andare a
parlargli. Adesso.” Disse improvvisamente, spezzando il silenzio che era calato
tra di loro.
“Adesso?” rispose lui
scettico.
“Dobbiamo provare a farlo
ragionare Ron!” lo ammonì la ragazza. “Non ce la faccio più a fare finta di
niente!”
Il suo amico si limitò a guardarla
con un’espressione crucciata in volto. “E lasciare la casa incustodita?”
“Che c’è, infrangere le regole ti
dà così tanta ansia, adesso?”
“No ma… penso che sarebbe
inutile…”
Lei lo guardò un attimo, poi
inspiegabilmente sorrise.
“Che ridi,
adesso?”
“Hai della panna sul naso…”
spiegò, ripulendogliela con un dito. Ma prima che potesse staccare la mano dal
volto del ragazzo, lui la bloccò e prese a carezzarle il
dorso.
“Ronald…”
“Cosa?” chiese lui con
innocenza.
“Non fare il finto tonto. Ti
conosco, conosco quella faccetta languida e quell’occhio
vispo.”
“Quale faccia?” domandò di nuovo
lui, ma con un mezzo sorrisetto eloquente.
“La faccia di chi vuole cacciarsi
nei casini…”
A questo punto lui dovette cedere.
“Perché dici cacciarsi nei casini? Secondo me ci risolleveremmo il
morale…”
“Già, e per quanto? I problemi non
si cancellano col sesso. Al massimo si mettono da parte per un po’, ma poi se ne
aggiungono altri…”
Lui sbuffò. “Che
palle…”
“Per la miseria, lo sai anche tu
che tra noi non ha funzionato in passato e non funzionerà mai. E proprio adesso
che abbiamo ritrovato un equilibrio ti metti a fare il cretino…” lo liquidò
alzandosi e riponendo la tazza sul lavandino.
“Non tutto era malaccio tra di
noi, però” la corresse il ragazzo, avvicinandosi a lei e circondandole la vita
da dietro, con la braccia.
“Posa quelle zampacce, porco!” lo
sgridò la ragazza.
“Sei la ragazza più noiosa che
conosca” protestò lui allontanandosi. “Allora, andiamo o no da Harry? Mi
sto annoiando…”
“Sei
odioso.”
“E tu sei
noiosa.”
*
Il quartier generale dei
Mangiamorte era una vecchia casa isolata, creduta
abbandonata.
Draco Malfoy camminava lentamente
per il freddo corridoio di pietra con uno sguardo preoccupato e stanco. Qualcuno
avrebbe detto stufo, ma nessuno avrebbe mai osato insinuarlo.
La mano fredda grattava contro la
parete ruvida, faceva quasi male. Non gli dispiaceva, tutto sommato, lo aiutava
a non venir totalmente invaso da quella sensazione sgradevole che gli opprimeva
il petto.
Era stato chiamato, gli era stato
affidato un compito. Dopo che il Signore Oscuro l’aveva risparmiato per quella
storia della torre, giusto perché dopotutto il lavoro era stato portato
ugualmente a termine, non aveva mai più fallito una singola volta, ed era
riuscito a riguadagnarsi la sua fiducia. Non era ancora pronto, si era
detto.
Ma questa volta, il freddo e
cinico uomo che stava diventando si trovava di nuovo a fare i conti con una
fragilità che credeva aver superato. Sarebbe mai riuscito in quella cosa? Per
quale assurda ragione si sentiva di nuovo il diciassettenne debole di
allora?
Immerso in questi pensieri non
vide avvicinarsi la figura avvolta in un mantello che gli si affiancò e lo
afferrò per un braccio.
“Draco. Ne vieni da lui,
vero?”
“Padre… quale piacere” sibilò il
giovane, con uno sguardo di profondo disprezzo.
“Rispondi.” Disse fermamente
Lucius, incollandolo alla parete.
“Sì.”
“Che ti ha
detto?”
“Quello che dovevo sentirmi dire.
Se non ha ritenuto necessario informarvi…”
“Non giocare a fare il ragazzo
difficile con me, Draco.”
“Non sto giocando.” Rispose secco
l’altro. “Eseguo i suoi ordini.”
Ci fu qualche istante di silenzio.
“Che cerchi di fare, paparino? Non
attacca.” disse poi, derisivo. “Se non sbaglio sei stato tu a insistere affinché
affinassi la tecnica di Occlumens… trovi che sia un’arma a doppio
taglio?”
“Dico solo che devi stare molto
attento… ti ha risparmiato una volta, ma se fallirai di
nuovo…”
“Sarei una vergogna per il mio
vecchio?” rispose secco il figlio. “Perché è questo tutto quello importa, vero?
Stai tranquillo, non fallirò. Non ho mai più fallito, e lo
sai.”
Lucius lo scrutò di nuovo, ma
senza cercare di leggergli la mente. Lo scrutò semplicemente. “Ma adesso vedo
che è diverso. Mi odierai, ma resto tuo padre e un minimo ti
conosco.”
“E quindi?”
“Quindi non devo usare certi
trucchetti per capire che quello che ti ha chiesto ti turba. Te lo leggo in
viso, nello sguardo.”
Draco scrollò il capo, ma si trovò
improvvisamente senza parole. Era vero.
“Lo stesso sguardo che avevi
stampato in faccia quattro anni fa.” Concluse.
“Stronzate.” Si difese Draco, che
adesso cominciava a sentire male per la stretta di suo
padre.
“Forse… senti, io non so che
compito ti abbia affidato, ma ti conviene farti passare le turbe.
Intesi?”
Il figlio lo guardò il più
freddamente possibile.
“Alla perfezione, padre.” Rispose.
Poi, libero dalla presa dell’uomo, si congedò con un
ghigno.
Odiava suo padre con tutto se
stesso. Odiava la causa di tutto quello che aveva passato. Lo odiava perché
essere figlio di Lucius Malfoy voleva dire non avere
scelta.
Ma odiava ancora di più quando
aveva ragione, e lui torto.
Stramazzò contro la parete per
qualche minuto con gli occhi chiusi e le mani pressate sulle tempie, sperando
che quella maledetta emicrania si affievolisse. Finché quella ben nota nonché
irritante voce femminile lo riportò alla realtà.
“Draco, proprio te stavo
cercando…”
Aveva capito subito di chi si
trattava. Non si sforzò neanche di sollevare le palpebre.
“Che vuoi adesso,
Ginevra?”
*
PS:
RINGRAZIO IN ANTICIPO CHI SARA' COSì BUONO DA LASCIARE UN COMMENTINO ALLA SOTTOSCRITTA...
I PAIRING DEFINITIVI NON LI SO ANCORA, MA NEL DURANTE CE NE SARANNO DI DIVERSI... SPERO DI NON DELUDERE NESSUN SHIPPER!
CIAO!