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Autore: Najara    26/04/2012    0 recensioni
Quello era il giorno del Torneo, il giorno in cui il popolo dei villaggi e quello dei Clan si univano per vedere i loro migliori guerrieri scontrasi. Quel giorno però assume le tinte del sangue quando il nuovo re dei Clan decide che vuole sposare la figlia del Capo dei villaggi.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ecco il primo capitolo…

Buona lettura!

 

 

Primo capitolo: La Radura

 

Poco dopo camminava di nuovo nel villaggio.

“Cacciatrice!” Si voltò, riconoscendo la voce della donna che la chiamava.

“Aria, buongiorno.” La ragazza le sorrise e il volto le si illuminò.

“Sei andata al cerchio?” Chiese, affiancandosi a lei.

“Sì.” La ragazza annuì come se avesse conosciuto la risposta.

“Lo immaginavo.” Affermò infatti, poi aggiunse: “Vieni, ti ho tenuto da parte la colazione.”

La donna annuì, sorridendole. Lei e Aria erano nate lo stesso inverno e, malgrado fossero molto diverse, erano sempre state come una cosa sola: quando erano bambine era difficile vedere una di loro senza che ci fosse anche l’altra.

La tenda in cui Aria la condusse era posta al centro del villaggio, non essendo ancora sposata la giovane viveva con la famiglia. Quando entrarono sua madre era intenta a sistemare un abito e fece loro un sorriso nel vederle, si era occupata di lei da quando i suoi genitori erano morti. In quando moglie del capo villaggio era un suo compito, ma non era mai sembrato un dovere pesante, lo dimostravano i due bambini che si precipitarono all’interno in quel momento, due fratelli orfani da poco che la donna aveva accolto con tutto l’affetto di una madre.

“Bambini, non si corre in casa!” Li redarguì, ottenendo in cambio due sorrisi monelli. I fratelli fuggirono via e Aria li guardò sparire scuotendo la testa.

“Madre, dovremmo far fare delle scarpe nuove per quei due, presto si vedranno le dita dei piedi.”

“Li consumano alla velocità con cui li consumavate voi due.” Commentò la donna con una finta smorfia, Aria sorrise lanciando uno sguardo alla Cacciatrice che aveva cercato con complicità i suoi occhi.

Si sedettero alla tavola e la giovane le posò davanti del pane con della carne fredda.

“Cosa hai visto?” Le chiese poi Aria, lanciandole un’occhiata. La donna si strinse nelle spalle, mangiando.

“Lo sai che è difficile da spiegare…” Aria sospirò a quella risposta evasiva.

Rysa, continuerò a chiedertelo se tu rispondi sempre in questo modo.” Le posò una mano sulla spalla stringendo appena, la Cacciatrice fu sul punto di rispondere quando il capo del villaggio entrò nella tenda.

“Oh, bene, Rysa sei qui.” La donna posò la mano sul pugnale, che teneva sempre alla vita, in segno di rispetto per il ruolo del nuovo arrivato e l’uomo la imitò in modo frettoloso, prima di proseguire con le sue parole. “Fuori sono tutti eccitati, avrò bisogno anche di te, ti rispettano come rispettano me e staranno buoni se sarai nei paraggi. Non voglio nessun tipo di incidente con gli uomini dei Clan.” Rysa annuì, con aria seria.

Aveva venticinque anni, eppure aveva già il rispetto del villaggio, si era guadagnata quel diritto ottenendo la testa del lupo due anni prima. Era a capo dei cacciatori e procurava la carne per tutti.

L’uomo sospirò soddisfatto poi lanciò un occhiata ad Aria.

“E tu, non farti vedere troppo in giro.” La ragazza corrugò la fronte, mentre la bocca assumeva una linea dura, il padre alzò le braccia. Rysa lo aveva visto affrontare più volte uomini che avevano già estratto i coltelli, pronti ad uccidersi per una lite e riportarli alla calma, ma, neppure una volta, lo aveva visto trionfare sulla figlia.

“Era solo un consiglio, non voglio che ti succeda nulla di male.” Il volto di Aria si rilassò e la ragazza sorrise al padre.

“Non mi succederà nulla, starò con Rysa.” L’uomo lanciò un’occhiata alle due donne, scosse la testa e uscì.

“Forse tuo padre ha ragione…” Iniziò Rysa, ma lei scosse la testa.

“Starò con te, cosa può succedermi?” Sorrise e le strinse la mano.

“Cacciatrice?” La voce di un uomo all’esterno della tenda richiamò l’attenzione di Rysa, Aria le lasciò la mano e fece un passo indietro.

“Vai. Ci vediamo dopo, al Torneo.” Sorrise e si voltò facendo oscillare i lunghi capelli biondo oro.

Rysa la guardò andare via poi uscì.

Il sole ormai aveva raggiunto il villaggio e le strade era ancora più animate che in precedenza. Dinal, appoggiato ad una botte rovesciata, la stava aspettando.

Rysa.” Disse nel vederla, toccando l’elsa del pugnale gesto che lei imitò. Dinal era più vecchio di lei, era stato lui a insegnarle a cacciare, ma ora era lui a toccare il pugnale per primo nel vederla.

“Il Capo mi ha detto che non vuole incidenti.”

“Sì. Lo hai già detto ai ragazzi?” L’uomo annuì poi guardò il sole che si alzava nel mattino.

“I Clan sono in fermento… Sta succedendo qualcosa.” Rysa corrugò le sopracciglia, non era da Dinal esagerare, essere pessimista o avere fantasie.

“Anche il villaggio è in fermento, il Torneo mette tutti in agitazione.” L’uomo si strinse nelle spalle, ma non sembrò molto convinto.

I tamburi presero a suonare e Rysa sorrise.

“Ci siamo!”

Il villaggio si svuotò mentre ogni persona: anziano, uomo, donna o bambino, raggiungeva la  grande Radura.

La Radura, come il cerchio di pietra era un luogo sacro per i Villaggi, costruito molto tempo prima poteva accogliere centinaia di persone sui gradini in pietra, lasciando al centro uno spazio libero nel quale si sarebbe svolto il Torneo.

Rysa insieme a Dinal seguì la folla, raggiungendo la Radura che era già occupata dagli uomini dei Clan. I due gruppi si lanciavano occhiate non troppo amichevoli, ma nei caotici momenti in cui ognuno trovò il proprio posto, non scoppiarono tafferugli.

I tamburi smisero il loro ritmico richiamo e il Capo del villaggio entrò nella spianata, alzò le braccia per richiedere il silenzio, poi non appena ne ebbe ottenuto una parvenza, annunciò con voce stentorea:

“Che il Torneo abbia iniziò!”

Il pubblico scoppiò in applausi e urla, erano settimane che occupava i pensieri di tutti, finalmente  era iniziato.

Il Torneo era una tradizione antica e si svolgeva ogni cinque anni, ma era la prima volta che vi partecipavano anche i Clan. Il Capo osservò gli uomini vestiti di pelli, dai capelli lunghi e neri poi il suo popolo, dagli abiti colorati e dai volti pallidi, infine con voce chiara disse:

“Che gli sfidanti si facciano avanti!”

Rysa osservò i giovani del villaggio alzarsi, conosceva la maggior parte degli uomini che avrebbero partecipato, non sono del suo villaggio, ma anche quelli provenienti dai paesi limitrofi. Una testa più bionda delle altre, però, distrasse la sua attenzione dagli sfidanti, Aria la raggiunse e le sorrise, aveva il volto leggermente arrossato, segno che aveva corso.

“Stavo per perdermi l’inizio! Mia madre non mi ha permesso di uscire con il vestito azzurro.” Rysa inclinò la testa valutando il vestito verde dai delicati ricami che la ragazza indossava, forse quello azzurro le faceva risaltare gli occhi dello stesso colore, ma questo non le toglieva nulla.

Nell’arena il gruppo di giovani si era fatto piuttosto nutrito, anche i guerrieri dei Clan erano pronti alla sfida e i due gruppi erano ben separati sul terreno brullo al centro della Radura.

Uno spintone la fece voltare verso la folla, poco più avanti si era accesa una lite, Rysa si mosse scivolando tra la folla come tra gli alberi della foresta fino a quando non si ritrovò davanti ai due contendenti.

“Cosa succede Redi?” Il ragazzo era rosso come una fragola di bosco e teneva il pugno stretto attorno al pugnale il un gesto minaccioso e non di rispetto, di fronte a lui c’era un uomo dei Clan: era alto, le spalle larghe e il torace ampio, non portava la barba, ma aveva i tipici capelli lungi e neri. Vestito con una pelle di orso nero, appariva minaccioso, anche se le sue mani erano lontane dalle armi.

“Mi ha offeso!” Rysa tornò a guardare Redi.

“Come?” L’uomo arrossì ancora e distolse lo sguardo, allora parlò l’uomo dei Clan, sorprendendola con una voce melodiosa anche se profonda.

“Ho chiesto a lui, perché non partecipare.” Rysa fermò Redi con un gesto della mano. Il giovane aveva perso la sorella in un incursione dei Clan qualche anno prima ed era chiaramente in cerca di uno scontro.

“Non mi sembra una domanda offensiva Redi, per favore, vai da Dinal e digli che sarai il suo galoppino per la giornata, tutto chiaro?” Redi digrignò i denti, ma allentò la presa sul pugnale. Con una smorfia sfiorò il pugnale in segno di accettazione e si voltò sparendo tra la folla.

Rysa alzò gli occhi sull’uomo dei Clan che però non la guardava più, il suo sguardo era perso, rapito da qualcosa alle sue spalle. Con la gola secca la Cacciatrice si girò intuendo cosa avrebbe visto: Aria era lì, i suoi occhi azzurri e la sua chioma d’oro illuminati dal sole. Rysa fece un passo di lato frapponendosi tra lei e l’uomo che inclinò la testa, sorpreso di vederla.

“Mi dispiace per l’incidente.” Affermò cercando di chiudere la faccenda. L’uomo agitò la mano scacciando l’accaduto poi sorrise e indicò con il dito Aria.

“Ho già visto capelli d’oro, ma mai come lei, brillano!” Sorrise ancora, contento poi, nel vedere che Rysa si voltava per andarsene, la afferrò per un braccio. Attorno a loro l’aria si condensò, tutti gli uomini del villaggio li stavano guardando ora. Rysa fissò negli occhi il guerriero dei Clan che si guardò attorno, incuriosito più che timoroso, dalla reazione che quel semplice gesto aveva creato. Perplesso le lasciò il braccio.

“Tu sei solo donna.” Disse come se quello spiegasse la sua incomprensione, poi si strinse nelle spalle e sorrise. “Solo sapere…” Si interruppe alla ricerca della parola. “Sposa?” Disse infine quando l’ebbe trovata. Nel vedere lo sguardo interrogativo di Rysa indicò di nuovo Aria che guardava l’arena riempirsi di giovani.

“No, ma è la figlia del Capo.” Gli occhi dell’uomo si illuminarono e Rysa si rese conto di aver commesso un errore.

“Bene.” Disse infatti lui poi sorrise e scese tra la folla fino a raggiungere l’arena.

Il suo arrivo fu accompagnato da un boato da parte dei Clan che smisero di inneggiarlo solo quando lui alzò le braccia per parlare.

“Cosa succede?” Dinal l’aveva raggiunta e guardava, come tutti, il nuovo arrivato nell’arena. Rysa non gli rispose stava attendendo con timore le parole del guerriero dei Clan.

“Io sono Orsoi, mio padre era Artiglio d’Aquila e mio nonno Toro Grigio, sono del Clan Grigio e sono il primo re dei Clan!” Metà dell’arena saltò in piedi, inneggiante, mentre l’altra metà rimase in uno sbigottito silenzio, nessuno aveva saputo che i Clan, ora, avevano un re. L’uomo però non aveva finito.

“Sono qui per onorare il Torneo.” Questa volta aveva parlato nella lingua dei Clan e un uomo aveva tradotto per lui. “E quale miglior modo per onorarlo se non partecipandovi?” Di nuovo i Clan esultarono, mentre metà del pubblico attese la traduzione per poi iniziare a valutare le qualità fisiche del re e le sue possibilità. Rysa non aveva bisogno di sentire i discorsi per immaginarsi i più anziani decantare la sua evidente forza.

Il re si diresse verso il Capo e gli tese la mano, era un saluto tipico dei Clan e l’uomo, abituato a trattare con loro, non esitò a stringergliela.

“Capo!” Urlò poi il re, ottenendo l’immediato silenzio. “Sono re da un giorno e sono alla ricerca della mia regina.” Rysa lanciò un occhiata ad Aria che poco più in là stava guardando la scena senza nessuna apprensione, a differenza di lei, non aveva visto lo sguardo che le aveva lanciato Orsoi.

“Chiedo…” Continuò lui, questa volta nella lingua dei Villaggi. “Chiedo la mano di vostra figlia.” Concluse, dopo essersi consultato con l’uomo che traduceva accanto a lui.

Il Capo lo guardò sbigottito, era un uomo alto e forte, eppure appariva piccolo e vecchio accanto a quel gigante vestito di pelli.

Rysa guardò Aria che si era voltata per cercarla, il terrore era chiaramente leggibile nei suoi occhi, insieme a una silente supplica. I suoi meravigliosi occhi azzurri la imploravano di aiutarla e lei non sapeva cosa fare.

Tutti erano in attesa della risposta del Capo villaggio che sembrava incapace di dire alcunché.

“Capisco che non posso averla senza aver dimostrato il mio valore.” Intervenne ancora Orsoi, aiutato dal traduttore. “Ma se vincerò il Torneo avrò provato di essere il miglior guerriero e avrò la mano di vostra figlia.”

A nessuno nell’arena sfuggì la minaccia che quella proposta implicava, non c’era spazio per un rifiuto.

“Sarà un onore, per me, concedervi la mano di mia figlia, se vincerete il torneo” Fu quindi obbligato a dire il Capo. Dalla folla ottenne un boato di soddisfatto, ma il suo volto era teso.

Rysa…” Aria ora l’aveva raggiunta ed era praticamente aggrappata a lei, il viso pallido e il cuore che batteva veloce. “Vincerà!”

“No.” La mano della ragazza tremava in quella asciutta e ferma di Rysa. La Cacciatrice prese un profondo respiro, sapeva cosa fare. Si separò da Aria scendendo lentamente i gradini dell’arena.

Rysa?” La interrogò, perplesso, Dinal al quale lei si era avvicinata e aveva teso il ciondolo intagliato con la testa di lupo. Il volto serio e fermo della donna lo bloccò dall’insistere. Il Capo la guardò interrogativo nel vederla entrare nell’arena.

“Cosa fai Rysa?” La donna non rispose, ma come prevedeva il cerimoniale porse il suo pugnale all’uomo e pronunciò le parole di rito.

“Sei la nostra Cacciatrice, non puoi partecipare…”

“Ho ceduta a Dinal la testa di lupo, saprà a chi consegnarla se non dovessi vincere.”

“Cosa?” Era chiaro che l’uomo aveva già sopportato troppo quel giorno, ma a intervenire fu invece il re dei Clan.

“Una donna?” Era più sorpreso che offeso e Rysa lo ignorò, alzando lo sguardo sulla folla individuò con facilità Aria, la ragazza teneva i pugni stretti, sul suo volto si alternavano paura e speranza.

 

Rysa…” La bambina nascose il volto nell’incavo del gomito, cercando invano di nascondere le lacrime che le rigavano il volto. “Rysa, mamma mi ha detto del tuo papà.” Alla bambina sfuggì un singhiozzo e Aria le fu accanto in un istante stringendola tra le braccia e provocando un fiume di lacrime. “Abbiamo messo un altro letto nella mia tenda, staremo insieme, sempre, vuoi?” Rysa alzò gli occhi gonfi di lacrime per incontrare il sorriso triste della bambina e annuì.

 

“Non capisco.” Rysa sbatté le palpebre allontanando il ricordo.

“Non sarà mai vostra.” Lo disse con voce pacata, ma la sorpresa del re fu uguale a quella che avrebbe avuto se lei avesse urlato. La Cacciatrice si allontanò da lui raggiungendo le gradinate e poi allontanandosi dalla Radura, l’avrebbero chiamata quando sarebbe giunto il suo momento.

 

  
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