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Autore: kithiara    26/04/2012    1 recensioni
Una ragazza come tante, un vampiro come pochi, legati in maniera inspiegabile e apparentemente indissolubile.
Cosa si cela dietro gli strani sogni che lei fa ogni notte? Quale destino la porterà a Sunnydale alla ricerca della vecchia Scooby gang?
Fate doppio click sul titolo di questa storia e lo scoprirete.
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, William Spike
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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 Capitolo 2: I sogni son desideri
 
 
Senza nemmeno appoggiare il sacchetto della spesa, rimesto all’interno della borsa alla ricerca delle chiavi, rischiando di far cadere a terra quella che dovrebbe essere la mia cena.
Il pianerottolo è buio, la luce delle scale si è fulminata almeno un mese fa, ma non ho ancora trovato la voglia di chiedere al padrone di casa di sostituirla.
Imprecando come uno scaricatore di porto, finalmente riesco ad afferrare il portachiavi a forma di orsacchiotto che stavo cercando e con abile mossa ad inserire le chiavi nella toppa.
Girandole lentamente la porta si apre, lasciandomi intravedere il rifugio sicuro della mia tana.
Però è solo dopo aver richiuso la pesante porta di legno alle mie spalle, appoggiandomici contro, che mi sento finalmente tranquilla.
 
Non ho fatto ancora in tempo ad accendere la luce che sento un rumore provenire da un punto non ben precisato del pavimento.
Il suono si sposta, è come un fruscio, un gorgoglio basso e prolungato.
Sorrido mentre cerco con la mano l’interruttore e quando la luce inonda il soggiorno, mi ritrovo ad osservare il corpo nero, lucido e setoso della mia gatta che si strofina contro le mie gambe.
Finalmente qualcuno che è felice di vedermi!
“Ciao Perelun. Hai fame?”
Attraverso la stanza, seguita a ruota dalla mia palla di pelo, che per tutta risposta ha aumentato il volume delle fusa.
Lo prendo per un sì.
 
Quando poso il sacchetto di carta sul tavolo della cucina, con un balzo aggraziato la gatta è già al mio fianco, intenta ad annusarne speranzosa il contenuto.
I suoi grandi occhi verdi si fissano dolcemente nei miei nel momento in cui una scatoletta fa capolino fra le mie mani e un miagolio insistente mi fa capire che sto decisamente mettendoci troppo.
Verso il contenuto della scatoletta, dal profumo non propriamente invitante, nella ciotola posata sul pavimento e rimango a guardarla mentre lo divora con voracità.
Si ferma solo un attimo, per lanciarmi quello che, nel nostro muto linguaggio fatto di sguardi, può essere inteso come un ringraziamento.
Poi riprende a mangiare.
Il mio stomaco brontola, forse è il caso che mangi qualcosa anch’io, solo un’insalata dall’ora di pranzo sinceramente non è abbastanza per sopravvivere!
 
Spalanco le finestre e il freddo decembrino mi investe.
Brrr…solo cinque minuti.
Devo resistere, quest’appartamento incomincia a fare troppo odore di chiuso!
Mi guardo in giro, il disordine regna sovrano.
L’armadio vuoto, i vestiti sparpagliati ovunque, tazze e stoviglie abbandonate sui mobili, il tutto ricorda molto uno di quei quiz da settimana enigmistica della serie trova l’oggetto nascosto.
Devo fare qualcosa, questa casa sembra più il rifugio di un barbone che l’appartamento di una ragazza.
 
Mentre la cena si scalda nel microonde, inizio a dare una sistemata in qua e in là con ben poca convinzione; sono troppo stanca, mi chiedo chi me lo faccia fare.
Non trovando una risposta convincente, raccatto da terra il vivace plaid a tinte scozzesi che mi ha regalato mio fratello lo scorso Natale e mi ci avvolgo.
 
Con la cena sulle ginocchia, sprofondata sul divano, la tv accesa su uno di quei programmi che io chiamo resetta-cervello e Perelun che si liscia il morbido pelo accoccolata al mio fianco, riesco finalmente a non pensare più a questa tremenda giornata.
Almeno fino a domani niente più superiori incavolati, né vecchie segretarie acide e nervose pronte a prendersela con l’ultima ruota del carro (che sarei poi io), né tantomeno colleghi spiritosi in vena di scherzi verso l’ultima arrivata (che sarei nuovamente io). Niente di niente. Solo silenzio e…
 
La suoneria del mio cellulare.
Le note di Quantum Leap riempiono l’aria. Lo lascio suonare, un po’ perché adoro la sigla di questo telefilm anni novanta, un po’ perché ho visto chi sta chiamando…mia madre.
Addio tranquillità.
 
Quando ormai la canzone è ripartita da capo, segno che mia madre non ha nessuna intenzione di darmi tregua, rispondo col mio tono più fintamente cordiale.
“Ciao mamma!”
La voce squillante di mia madre mi aggredisce i timpani.
“Ciao tesoro, come mai non rispondevi?”
Già, perché?
“Ero sotto la doccia mamma.”
Scelgo la via della menzogna e speriamo che se la beva.
“Ma se a quest’ora guardi sempre Passioni?”
Azz…è vero! Tento un colpo di reni.
“Hai ragione, infatti sono appena uscita da sotto la doccia e mi sono fiondata davanti al tv, ma avevo lasciato il cellulare in bagno e così…”
Sento lo stridore immaginario delle unghie sullo specchio.
“Sì certo, va bene. Com’è andata la giornata?”
Cambia discorso, oramai è stufa anche lei di sentire le mie balle.
“Normale.”
“Di poche parole come sempre, vedo. Ricordo quando eri bambina, passavi ore intere a raccontarmi tutto quello che facevi a scuola, adesso invece… Almeno, dimmi che hai ottenuto quell’aumento.”
 
Lo sapevo.
Sapevo che l’avrebbe chiesto.
Sapevo che era lì che voleva andare a parare, non chiama mai senza un motivo.
E naturalmente sa già anche quale sarà la mia risposta.
“No mamma, non l’ho ottenuto l’aumento.”
E adesso se mi vuoi scusare, la mia soap opera preferita mi aspetta, vorrei aggiungere per farla tacere. Purtroppo so già che otterrei l’effetto contrario, a meno di non sbatterle il telefono in faccia…
Fuori discussione, questo minerebbe ancora di più i già fragili rapporti che ci sono fra di noi.
Insomma, meglio evitare un incidente diplomatico con la propria mamma, non trovate?
Peccato che lei non la pensi come me.
 
“Tesoro, devi smetterla di farti sfruttare in questo modo! Da quanti anni è ormai che lavori in quello studio?”
Sento aria di predica.
“Sono cinque anni mamma.”
E lo sa benissimo.
“Cinque anni e ancora nessuna promozione? Eppure sei una ragazza in gamba.”
Mi sgranchisco la schiena, improvvisamente a disagio sul morbido cuscino del divano.
“Cosa posso dirti, si vede che ci sono ragazze più…in gamba, di me. Quelle che mettono in mostra più di me le loro doti…”
Spiego, cercando di rendere ben chiara l’allusione a sfondo sessuale.
“Allora forse dovresti imparare ad essere anche tu un po’ più spregiudicata.”
Prego??
“Vuoi forse dirmi che dovrei vendermi di più, per avere una misera promozione?”
“Dico solo che meriti qualcosa di meglio e se i tuoi responsabili non se ne sono ancora accorti forse è perché tu non sei abbastanza…convincente. Devi credere di più in quello che fai.”
Bla bla bla, sempre la solita storia della fiducia in me stessa.
Stacco il cervello mentre lei continua nella sua ramanzina, iniziando a torturarmi un’unghia, gesto abituale quando sono nervosa.
Perelun mi sta fissando, ha smesso di lisciarsi e ora i suoi occhi verdi mi guardano accusatori, sembra quasi volermi redarguire, come se anche lei inconsciamente fosse d’accordo con mia madre.
Tu quoque, Bruto...penso sentendomi in qualche modo tradita.
Sospiro rassegnata.
 
“Va bene mamma, ti prometto che cercherò di strappare un aumento, a costo di dovermi strappare i vestiti di dosso.”
Così andrà bene? Spero di sì, se non l’avete capito sto usando la tattica del prometti e fuggi, cercando di farla desistere almeno fino alla prossima telefonata.
Ho bisogno di riposo.
“Io lo dico solo per il tuo bene. Comunque…volevo anche ricordarti che il giorno di Natale, naturalmente, ti aspettiamo a pranzo qui da noi.”
Naturalmente.
“Tuo padre ha deciso di vestirsi anche quest’anno da Babbo Natale, sai, per fare una sorpresa ai bambini.”
Santo cielo!
“Mamma, Maggie e James hanno dodici anni, non sono più dei bambini. E Michael porta i capelli lunghi e l’orecchino al naso, pensi che potrebbe mai emozionarsi davanti al travestimento di papà?”
“Lo sai che tuo padre ci tiene a mantenere le tradizioni. Ad ogni modo, ci sarai?”
Il suo tono è speranzoso, non la deluderò, almeno non in questo.
“Ci sarò, certo.”
“Bene. Spero con più entusiasmo. Ti voglio bene tesoro.”
“Anch’io mamma.” Sussurro subito prima di riattaccare.
 
Fantastico, il pensiero di mio padre vestito di rosso e bianco che dispensa i suoi oh-oh-oh in giro per casa fingendo di essere sbucato dal camino perseguiterà i miei sogni da qui alle prossime due settimane…
Beh, sempre meglio dell’altro incubo che non mi abbandona mai.
Per una cosa o per l’altra, ormai sono settimane che non dormo più bene.
 
Spengo la tv, ormai Passioni sarà finito e come ogni sera non c’è molto altro di decente da vedere, per cui, meglio un buon libro.
Nemmeno la lettura però sembra entusiasmarmi stasera, la stanchezza inizia a farsi sentire e le palpebre a farsi pesanti.
Accarezzo distratta il manto color inchiostro della gatta che ora dorme beatamente acciambellata sulle mie gambe, la sua presenza mi rilassa e sento piano piano il mio battito rallentare, fino a confondersi col suo.
 
Perelun è con me ormai da cinque anni, cioè da quando sono andata ad abitare da sola, lasciando il confortevole, ma ormai decisamente soffocante, nido dei miei genitori.
L’ho trovata per strada, lo stesso giorno in cui ho messo piede per la prima volta nel mio nuovo appartamento, sotto una pioggia torrenziale.
Era solo un piccolo batuffolo di pelo color fuliggine tutto arruffato, per rendere l’idea potrei dire che sembrava lo scovolino di uno spazzacamino.
Mi è sembrata subito adorabile, era spaurita e sola, come me.
 
Diciamo che fra noi c’è stata subito una forte empatia, poi anche lei ha capito come vanno le cose e in breve tempo è diventata la mia padrona.
Avevo scelto per lei quel nome così strano, perché anche solo la sua presenza aveva in sé qualcosa di magico, ragione di più visto il colore del suo pelo e il nome del bosco notturno, creato dalla fantasia di Michael Ende, mi era sembrato subito perfetto.
 
“Tu sì che sei fortunata amica mia. Dormi tutto il giorno, mangi e poi torni a dormire.”
Come a voler avvalorare questa tesi, il felino spalanca la bocca in uno sbadiglio contagioso, mostrandomi i suoi aguzzi dentini bianchi.
“Hai ragione, è ora di fare la nanna.”Le sussurro stiracchiandomi e dirigendomi verso la camera da letto.
Mentre mi infilo sotto alle coperte, mi tornano ancora una volta in mente le parole di mia madre: devi credere di più in quello che fai.
Forse dopotutto non ha tutti i torti, mi piacerebbe potermi svegliare domani mattina ed essere più, com’erano le parole esatte? Convincente e spregiudicata?
Sarebbe divertente.
Mentre nella mia testa le immagini di mio padre con tanto di barba bianca che mi fa sedere sulle sue ginocchia e mi chiede cosa voglio in regalo per Natale si sovrappongono a quelle della colonna di luce misteriosa, un desiderio prende forma nella mia mente.
Non ho ancora finito di esprimerlo però, che sono già addormentata.
 

*******

 
Sono immersa nuovamente nel buio, un buio che non ha nulla di rilassante.
Persino il silenzio, in questo mare di oscurità, è quasi fastidioso.
Non mi è chiaro il perché, ma stavolta so cosa aspettarmi, quindi la mia più che paura effettiva è più un’ansia da attesa, sottolineata dal forte battito del mio cuore.
Ed improvvisamente eccola, la luce abbagliante, mi investe col suo calore intenso e confortevole.
E’ più vicina questa volta e io inizio subito a correre verso di essa.
Quando il suolo inizia a tremare incespico, finendo distesa a terra.
Mi rialzo, sento un rivolo caldo di sangue scorrermi lungo la fronte, niente di grave, ma ad ogni modo brucia.
Non mi arrendo, questa volta ho deciso: devo assolutamente arrivare alla fonte di quella luce.
Quindi riprendo a correre, cercando di mantenere l’equilibrio su quel terreno sempre più instabile. Ansimo, le braccia protese in avanti.
Devo fare più in fretta, potrei svegliarmi anche questa volta e…non voglio…non devo.
La cascata luminosa è davanti a me, lentamente, col cuore in tumulto mi immergo in essa.
 
Una sensazione di stupore e meraviglia mi investe, mentre percepisco ogni fibra del mio corpo riempirsi di luce.
Un pensiero buffo mi passa per la mente facendomi sorridere.
Avete presente quelle lampade per bambini a forma di animaletto che se le accendi si illuminano dall’interno? Bene, io mi sento esattamente così.
Non è una sensazione sgradevole, tutt’altro. Mi sento stranamente forte, esaltata anche.
Se questo fosse un film, probabilmente adesso mi ritroverei ad urlare Sono il re del mondo! dalla prua del Titanic…ma questo non è un film, giusto? Sono ancora nel mio sogno.
 
Poi ad un tratto la luce inizia a sbiadire, è come se poco alla volta perdesse energia.
No, non è esatto, il fatto è che sembra che voglia perdere energia, come se stesse cercando di adattarsi ad un formato più…tascabile.
La sua intensità diminuisce a poco a poco, fino a quando le sue dimensioni non sono ridotte a quelle di una mela, una piccola sfera di luce che fluttua all’interno del mio corpo, direttamente dentro al mio cuore.
L’iniziale euforia lascia spazio ad un senso di pace che mi colma e mi fa scivolare in uno stato di sonnolenza a cui mi abbandono, dimentica di ogni cosa.
So di aver fatto ciò che dovevo, ora devo solo dormire e aspettare.
 

*******

 
Nello stesso momento, solo a migliaia di chilometri da lì.
 
La luce di una candela illumina fiocamente le pareti in pietra del lungo corridoio, non arrivando neanche lontanamente a rischiararne l’alto soffitto.
A reggerla fra le mani tremanti un anziano maggiordomo dai radi capelli bianchi, il viso segnato da rughe profonde, testimonianza di chi ha vissuto a lungo e non propriamente giorni tranquilli.
Che il cielo ci aiutipensa, mentre bussa con urgenza al grande portone di quercia e attende una risposta, che non tarda ad arrivare.
“Vieni avanti…”
 
Invitato nella stanza, si guarda lentamente intorno.
Il grande studio sarebbe immerso completamente nell’oscurità, se non fosse per la luce della luna che, entrando dall’ampia finestra, illumina in parte la scrivania ingombra di carte.
L’aria pervasa dall’odore acre del fumo e le ceneri nel camino, sono la chiara testimonianza del fuoco che fino a poco prima vi bruciava, ma che ora ha lasciato il posto ad un gelo irreale.
Rabbrividisce.
“Mio signore…porto notizie.”inizia titubante
“Continua.”lo incita la voce dall’ombra
“La profezia…la profezia è incominciata…il non-morto è stato risvegliato.”
 
Il silenzio rimane intatto, a tal punto da fargli credere di non essere stato udito, poi…
“Maledizione!”
L’imprecazione giunge così inaspettata da farlo sussultare e il movimento fa vacillare la fiamma della candela che si spegne, lasciandoli immersi nel buio.
Da dietro l’alto schienale di una poltrona, una nuvola di fumo a sottolinearne la presenza, la voce sconosciuta ordina in tono imperioso:
“Tienimi aggiornato, qualunque cosa succeda!”
“Sì, mio signore.”promette ritirandosi.
 
“E così è tornato. Ma non gli permetterò di riprendersi ciò che è mio!”


  
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