Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
Segui la storia  |       
Autore: Evazick    26/04/2012    2 recensioni
Voleva urlare, spalancare la bocca per prendere aria, ma non ce la faceva. Li sentì raggiungere i suoi occhi e entrare nella sua testa, attraversare la sua pelle come se fosse aria per raggiungere le parti più nascoste di sé stessa, e lei rimase completamente immobile, paralizzata e senza poter far nulla per fermare quell’incubo. La parte peggiore, pensò quando divenne cieca e non riuscì più a sentire il crepitio dell’incendio, era sapere che nessuno l’avrebbe salvata.
Da qualche parte in lontananza, un corvo gracchiò.

*
Inghilterra, 1889. Pomeriggio del 13 aprile. In un bosco poco fuori Londra, una ragazza si risveglia. Non ricorda nulla di se stessa, e l’unica cosa che ha con sè è la collana che porta al collo. Vagando in cerca di un indizio sulla sua identità si rifugerà in una villa signorile, dove verrà accolta da uno spaventoso maggiordomo e da un ragazzo sfuggente e arrogante. La ragazza non sa di essere finita all’interno di una trappola tesa da un pericoloso e demoniaco ragno, e si ritroverà inconsapevolmente a far parte di un gioco che metterà in pericolo la sua stessa vita.  
Genere: Introspettivo, Mistero, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alois Trancy, Claude Faustas, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

VII. Di cattedrali e di motoseghe.


 

 
Sfortunatamente per Lena, il viaggio fu più lungo di quanto avesse immaginato. La collina su cui si trovava la cattedrale sembrava poco distante dalla villa, ma la strada per arrivarci era tortuosa e attraversava l’intero bosco invece di aggirarlo. In un altro momento sarebbe stata contenta di avere così tanto tempo per osservare i giochi di luce tra le foglie degli alberi e lasciare liberi i suoi pensieri come cavalli al galoppo, ma adesso si sentiva soffocare, chiusa in quella stretta cabina insieme ad Alois e al suo maggiordomo. Il secondo non distoglieva mai il suo sguardo da lei, spaventandola con quegli occhi dorati totalmente inespressivi, e l’unico modo che lei aveva per ignorarlo – non che ci riuscisse molto – era guardare fuori dalla carrozza e cercare di concentrarsi sul paesaggio primaverile che sfilava davanti ai suoi occhi. Il torcicollo era ormai diventato insopportabile, ma non distolse mai lo sguardo per paura di incontrare quello sguardo freddo che l’aveva spaventata fin dal suo primo giorno alla villa. Anche così non riusciva a distrarsi, però, perché ogni pochi secondi Alois le afferrava una ciocca di capelli e se l’arrotolava intorno al dito, le toccava la mano, le sfiorava la benda sulla guancia in un modo che le faceva venire voglia di urlare. Eppure tutta la rabbia che aveva provato fino a poco prima era scomparsa, lasciandola in preda alla paura: non osava reagire dopo che aveva visto cos’era capace di fare il biondo per ottenere quello che voleva, e avere Claude a pochi centimetri di distanza non la spronava certo a ribellarsi. Così rimase immobile, sperando che lui si stancasse, anche se dentro di sé sapeva che non sarebbe mai successo.
Finalmente uscirono dal bosco, e il sole inondò la cabina della carrozza. Lena chiuse un attimo gli occhi per la luce improvvisa, poi, quando li riaprì, vide che la strada si era fatta più ripida e che la cattedrale non appariva più così lontana. Tirò un sospiro di sollievo dentro di sé, e sobbalzò quando due mani le si posarono sulle spalle all’improvviso. Non si voltò nemmeno per vedere di chi si trattasse e lasciò fare Alois, che avvicinò la bocca al suo orecchio e le sussurrò, mentre guardava fuori dalla carrozza insieme a lei: “Si dice che abbiano ucciso un prete in quella chiesa e che il suo fantasma vaghi ancora da quelle parti. Eccitante, no?”
Annuì velocemente, senza mai distogliere lo sguardo dalla cattedrale che si avvicinava lentamente. Non ci misero molto ad arrivare in cima alla collina e, quando fu scesa dalla carrozza, la ragazza osservò ad occhi sgranati l’edificio, stupita dalla sua imponenza: le pareti di pietra marrone chiaro si alzavano verso il cielo con leggerezza insieme alle guglie di bronzo verde, come se tutta la chiesa potesse sollevarsi e prendere il volo da un momento all’altro. Il suo sguardo vagò sulle decorazioni e i bassorilievi che abbellivano l’esterno e non si accorse di essere rimasta immobile e a bocca spalancata finchè Alois non le afferrò il polso e iniziò a trascinarla verso il portone principale, aperto e imponente come il resto della cattedrale. Prima di entrare all’interno, però, il ragazzo si voltò e si rivolse a Claude, rimasto accanto alla carrozza: “Aspettaci qua fuori, non ci metteremo molto.”
L’uomo accennò un inchino e Lena sentì che il suo braccio veniva strattonato ancora una volta, stavolta in direzione della bocca nera che portava all’interno dell’edificio. La prima cosa che la colpì una volta entrati fu il freddo, nonostante fosse primavera e lei indossasse il suo cappotto rosso: niente sembrava scaldare quelle pietre gelide, nemmeno il sole che entrava dalle vetrate creando giochi di colore impossibili da descrivere e bellissimi da vedere. La luce, invece, passava dalle finestre con prepotenza e inondava l’enorme sala in cui si trovavano, alternando spazi di penombra a zone completamente illuminate. Era tutto così strano e irreale che le sembrava di essere finita in un altro dei suoi sogni, uno di quelli che non la svegliavano nel bel mezzo della notte sudata e senza fiato. Era talmente incuriosita dal luogo in cui si trovavano che notò solo dopo le lunghe panche che riempivano la sala, i quadri con persone e creature con ali bianche e l’enorme statua appesa al soffitto in fondo alla cattedrale. Lena ne era attratta e infastidita allo stesso tempo, ma non riusciva a smettere di fissarla e osservarla fin nei minimi particolari: l’espressione di sofferenza sul volto dell’uomo appeso alla croce di legno era fin troppo reale, e il sangue che usciva dalle sue mani e dalla sua fronte sembrava scorrere veramente, tanto che si aspettava di sentire il rumore delle gocce che cadevano sul pavimento. Si chiese chi potesse essere così crudele da torturare un uomo in quel modo, ma sapeva che chiedere una cosa del genere ad Alois sarebbe stato inutile. Perciò si limitò a rimanere in silenzio e ad aspettare insieme al ragazzo, che aveva lasciato andare il suo polso e che stranamente non aveva ancora aperto bocca da quando erano entrati. Non dovettero aspettare molto: dopo pochi minuti il biondo le sfiorò la mano con le dita per richiamare la sua attenzione e le mormorò, indicandole qualcosa davanti a loro con il mento: “È lui.”
Si voltò verso il punto che le era stato indicato e vide un uomo uscire da una porta seminascosta vicino al tavolo sotto la croce. Quando si voltò verso di loro, Lena vide che indossava una lunga tonaca nera che quasi lo mimetizzava con le ombre accanto a lui; l’unica cosa che risaltava con prepotenza sulla stoffa scura era la striscia bianca intorno al suo collo. Sollevò le sopracciglia, come se fosse sorpreso di vederli lì, e si diresse verso di loro a passi lenti che risuonavano nel silenzio della cattedrale. Il biondo fece un passo avanti per raggiungerlo, e la ragazza fece lo stesso, ma lui le disse: “Aspettami qui. Non ho la più pallida idea di cosa voglia, ma da come ti guarda si aspettava che venissi da solo.” Colse la sua titubanza, e le sorrise senza alcuna ombra sul suo volto. “Non ci metterò molto, stai tranquilla.”
Lei annuì, lacerata all’interno: voleva stare da sola per poter mettere in ordine i suoi pensieri, ma allo stesso tempo la prospettiva di rimanere in quella sala fredda e vuota senza nessun’altro non era allettante. Tuttavia non fece niente per fermare il ragazzo, e lo osservò andarsene e raggiungere il prete a metà del corridoio tra le due file di panche; si scambiarono i soliti convenevoli, a voce così bassa che lei non riuscì ad afferrare nessuna delle loro parole, poi l’uomo le rivolse un’ultima occhiata e tornò insieme al biondo verso la porta da cui era uscito. La ragazza rimase immobile finchè non sentì il tonfo della porta che si chiudeva, e solo allora osò fare qualche passo per sedersi sulla panca più vicina. Per i primi minuti si limitò a darsi un’occhiata intorno, osservando i quadri alle pareti fin nei minimi dettagli, poi un rumore alle sue spalle la fece voltare. Sulla soglia della chiesa era apparsa una donna vestita completamente di nero e con un velo leggero dello stesso colore sui capelli. Si accorse della ragazza solo per un istante, poi riportò il suo sguardo sul pavimento e si diresse verso una panca della fila opposta. Non si mise a sedere, come Lena immaginava, ma si inginocchiò sull’asse di legno davanti alla panca e, una volta tirata fuori da una tasca del vestito una collana fatta di palline di legno e con un pendaglio a forma di croce, iniziò a mormorare tra sé e sé mentre rigirava la collana tra le sue dita. Lena riuscì a capire solo qualcuna di quelle parole, pronunciate con una voce disperata e rotta dal dolore, e dal modo in cui la donna guardava l’uomo in croce era ovvio che credeva disperatamente che lui potesse risolvere tutti i suoi problemi. Dopo poco si piegò ancora di più sulle sue ginocchia, schiacciata da una speranza così grande. Funzionerebbe anche con me? Recupererei la memoria se glielo chiedessi? si chiese la ragazza, spostando nuovamente il suo sguardo sulla statua. Fissò a lungo quel volto sofferente e sanguinante, poi scosse la testa: come avrebbe potuto aiutarla, se non era nemmeno riuscito a salvare sé stesso? Eppure quella donna ci credeva con così tanta speranza che faceva male vederla pregare in un modo così disperato. Forse lei non ci aveva mai creduto, nemmeno prima di ritrovarsi nel bosco, altrimenti quel volto contratto in un’espressione di puro dolore le sarebbe rimasto impresso per sempre nella mente, ne era sicura. Rimase a lungo in silenzio a fissare la statua, nonostante la vista di quel sangue verosimile la turbasse, e continuò a farsi domande su quell’uomo: chi era davvero? Perché l’avevano condannato a una simile tortura? Non c’era nessuno che poteva salvarlo?
I suoi pensieri vennero interrotti da un rumore brusco e secco. Fece un salto sulla panca, colta alla sprovvista, si voltò nella direzione da cui era provenuto il rumore e non si stupì di vedere Alois venire verso di lei, ma l’espressione sul suo volto non le faceva presagire buone notizie. Il ticchettio dei tacchi dei suoi stivali rompeva il silenzio innaturale della cattedrale come mille aghi, e la donna alzò finalmente lo sguardo dalle sue ginocchia per scoccargli un’occhiata che avrebbe potuto incenerirlo. Il ragazzo però non la notò e tirò a dritto, fermandosi solo quando fu accanto alla panca su cui era seduta Lena. Lei lo guardò preoccupata, cercando di capire quale fosse il modo più adatto per chiedergli cosa fosse successo senza farsi sbranare viva. Doveva essere successo qualcosa, lo capiva dalla luce nei suoi occhi azzurri, simile a un fuoco nel ghiaccio, e dal modo in cui i suoi lineamenti di solito dolci si erano trasformati in una maschera di rabbia. Sta arrivando una tempesta. “Cos’è successo?” gli chiese in un mormorio, temendo la sua reazione.
Il biondo non le rispose subito, impegnato a respirare profondamente per cercare di calmarsi, e quando sembrò essersi ripreso la porta in fondo alla cattedrale si aprì di nuovo e ne uscì l’uomo con la tunica nera. Anche da lontano, si vedeva benissimo la sua espressione sorpresa e agitata. “Conte Trancy!” urlò, rompendo ancora una volta il silenzio e guadagnandosi un’occhiata ancora più piena di odio dalla donna che pregava.
“Andiamo.” Alois afferrò il braccio di Lena e lo strattonò per poi dirigersi a passi veloci verso il portone della chiesa. La ragazza incespicò mentre si alzava in piedi e fece fatica a tenere il passo serrato del biondo, che voleva uscire dall’edificio il prima possibile. Rischiò di inciampare nei suoi stessi piedi per un’ultima volta, poi trovò il coraggio di chiedergli ancora: “Cos’è successo? Cosa ti ha detto?”
La presa sul suo braccio si strinse per un secondo, e lei temette che lui l’avrebbe colpita per farla stare zitta – anche se non aveva mai osato sfiorarla per farle del male, tranne che per toglierle la benda – ma alla fine lo sentì mormorare: “Quel vecchio schifoso, lui e i suoi maledetti dubbi. Se non fosse per lui adesso non mi ritroverei in questa situazione. Che vada all’Inferno, maledizione!”
Lena aprì la bocca per provare un’ultima volta a soddisfare la sua curiosità, ma alla fine rinunciò: era meglio lasciarlo sbollire la rabbia e non seccarlo con altre domande, probabilmente le avrebbe raccontato tutto una volta tornato calmo. Non ne era molto sicura, ma non voleva indagare oltre in quel momento, così rimase in silenzio mentre Alois continuava a mormorare imprecazioni e maledizioni tra sé e sé. Una volta fuori il ragazzo si diede un’occhiata intorno, ma si accorse con stupore che non c’erano più né la carrozza né Claude. Rimase per un attimo confuso e con un’espressione talmente sbigottita in volto che Lena pensò che la sua rabbia se ne fosse andata, scacciata da una nuova emozione, ma poco dopo lui le lasciò andare il braccio bruscamente e urlò: “Dove diavolo è andato? Gli avevo ordinato di aspettarmi qui!
Non vorrei essere Claude in questo momento, pensò la ragazza con un briciolo di cattiveria, e dovette soffocare le sue risate e nascondere il suo sorriso per non provocare ulteriormente Alois. La sua felicità sparì di colpo non appena ebbe l’inquietante sensazione di essere osservata nello stesso modo che l’aveva svegliata nel bosco durante la sua notte di fuga. Il volto del ragazzo biondo con gli occhiali le attraversò la mente, ma la voce che parlò in quel momento non somigliava alla sua: era simile a quella di una donna, nonostante appartenesse palesemente ad un uomo, anche se nel tono c’era quella stessa nota divertita che l’aveva spaventata una settimana prima. “Uhm… Sbaglio o quella è la nostra piccola fuggitiva che cerchiamo da una settimana?”
Sentì i brividi correrle lungo la schiena, e sia lei che Alois si voltarono verso un albero lì vicino. Rimasero entrambi stupiti da chi videro: seduto su uno dei rami più alti c’era un uomo con una folta e lunga chioma di capelli rossi, lo stesso colore della sua giacca e dei suoi stivaletti. Perfino la montatura degli occhiali era del colore delle fiamme, e da dietro le lenti due occhi verdi e gialli la fissavano interessati, mentre la bocca era spalancata in un sorriso che mostrava una serie di denti affilati. Accanto a lui c’era un oggetto che Lena non riusciva a riconoscere: era rosso anch’esso, e aveva una lama dentellata che brillava nella luce del giorno. Non ebbe molto tempo per osservarlo con attenzione, perché l’uomo lo afferrò e lo accese; la lama iniziò a muoversi e ad emettere un rumore assordante e tagliente quanto l’arma stessa. Prima ancora che uno dei due ragazzi potesse gridare o dire qualcosa, il nuovo arrivato si alzò in piedi e saltò verso di loro con la lama puntata nella loro direzione. Alois rimase immobile senza il coraggio di fare un solo passo, e Lena gli saltò addosso per spostarlo dalla traiettoria dell’arma. Entrambi finirono sul terreno polveroso, l’una sopra all’altro, e si alzarono in piedi nel momento in cui l’uomo calava la sua arma nel punto dove si trovavano poco prima, ormai vuoto. Il suo sorriso divenne irritato quando si accorse che le sue prede erano sfuggite, e non appena vide che la lama era rimasta conficcata nel terreno gemette frustrato, provando poi a liberarla in tutti i modi possibili e mormorando tra sé e sé. Sarebbe stata una scena divertente se non fosse stato che quel tizio aveva appena provato ad ammazzarli.
Dove sono finiti tutti? si chiese Lena preoccupata, pensando al prete della cattedrale, alla donna e sì, anche a Claude, che aveva abbandonato il suo danna-sama nel momento meno opportuno. Tuttavia, non appena vide che l’uomo era quasi riuscito a liberare la lama, la sua mente si svuotò, lasciando come unico pensiero e sensazione quell’istinto di sopravvivenza che si era risvegliato con lei. Istintivamente afferrò la mano di Alois e iniziò a correre, dirigendosi verso il bosco che ricopriva i fianchi della collina. “Non ti servirà niente a scappare, ragazzina! Con quel cappotto rosso saprei ritrovarti anche di notte!” le urlò l’uomo prima che lei e il biondo entrassero dentro il fitto del bosco.
“Da che parte andiamo?” le chiese il ragazzo mentre ansimava. Lena sapeva che non gli mancava il fiato per la corsa, ma non poteva fargli da balia e calmarlo dicendogli che presto Claude li avrebbe trovati. Adesso doveva solo pensare a portare in salvo entrambi, avessero dovuto tornare alla villa a corsa. Si diede un’occhiata intorno, disorientata dal paesaggio sempre uguale, poi si diresse verso la parte più scoscesa del bosco, sperando che li portasse a valle più in fretta.
Continuò a correre in quella direzione stando attenta a non scivolare e inciampare, senza mai lasciare andare la mano del ragazzo. Lui la seguiva in silenzio e tremando di paura, mentre lei era diventata impassibile fuori e spaventata dentro di sé, spinta ad andare avanti solo da quell’istinto che l’aveva portata in salvo una settimana prima. Provava addirittura le stesse sensazioni di quella notte e, se non fosse stato per la luce del giorno e i vestiti che indossava, avrebbe potuto addirittura pensare che stava rivivendo tutto, immersa in uno dei suoi incubi. Fu il rumore metallico alle sue spalle a dirle che non stava sognando, ed accelerò il passo per non farsi raggiungere dal loro inseguitore. Alois cercò di allungare il passo, ma il tacco di una sua scarpa e la radice di un albero stroncarono il suo tentativo sul nascere e gli fecero perdere l’equilibrio. Lui non osò lasciare andare la mano di Lena ed entrambi rovinarono malamente sul tappeto di foglie, terra e radici. La ragazza sentì le caviglie mandarle una fitta di dolore ed ebbe la sensazione di aver strappato la stoffa del cappotto, ma non appena si sentì meglio afferrò anche l’altra mano del biondo, più ferito nell’orgoglio che sulla pelle, e cercò di aiutarlo a tornare in piedi.
Tana per i due ragazzini!” Entrambi sbarrarono gli occhi nel sentire quella voce e si guardarono spaventati. Erano ancora seduti per terra quando dal folto degli alberi uscì l’uomo coi capelli rossi. La sua arma continuava ad emettere quel rumore metallico, ma loro non l’avevano notato nel silenzio del bosco, impegnati com’erano a scappare. Sorridendo con quei denti affilati, l’uomo calò nuovamente la lama, stavolta in mezzo ai due fuggitivi. In un breve momento di lucidità Lena capì che non ce l’avrebbe fatta a gettarsi addosso ad Alois come aveva fatto in precedenza, e quando si ritrovò la lama a pochi centimetri dal viso si rannicchiò su sé stessa e rotolò di lato per non essere colpita. Quando fece per fermarsi, però, si accorse troppo tardi di essere finita sul bordo di un’altra discesa; spaventata, cercò di afferrare qualcosa per non cadere, ma prima ancora di trovare un appiglio iniziò a scivolare verso il basso. Continuò a guardarsi intorno, ma non trovò niente da poter afferrare e la sua discesa accelerò.
Lena!” la chiamò Alois preoccupato, ancora sdraiato per terra. Lei avrebbe voluto rispondergli, ma la situazione non giocava a suo favore. Quando dopo qualche secondo riuscì ad alzare lo sguardo notò con sollievo che l’uomo se n’era andato, ma poi vide con orrore che nemmeno il ragazzo era più lì. Provò a chiamarlo, ma la terra le entrava in bocca e le impediva di parlare. Una volta che si fu fermata, qualche metro più in basso, sputò la terra che aveva ancora in bocca ed ebbe una vaga sensazione di dejavù, ma prima che potesse ricordarsi dove aveva già vissuto una scena simile una mano la afferrò per il cappotto e la costrinse a voltarsi sulla schiena. Lena alzò lo sguardo, e le mancò il fiato nel vedere che l’uomo dai capelli rossi la sovrastava in controluce, l’arma ancora in mano sporca di terra e con la lama immobile. I suoi capelli formavano un cerchio rosso attorno alla sua testa, dandogli un’aria sovrannaturale che la spaventava. Indietreggiò col cuore in gola, ma si ricordò che dietro di lei c’era solo una lunga salita; non aveva via di fuga, era da sola con l’uomo che aveva provato ad ucciderla e che probabilmente l’avrebbe ammazzata in quel momento.
Il suo sorriso si fece ancora più largo. “Bene, ecco qui la nostra ragazzina. Non ti facevo così agguerrita e decisa, sai?”
“Dov’è Alois?” gli chiese lei con quel poco di coraggio che le rimaneva.
Il sorriso dell’uomo si trasformò in una smorfia infastidita. “E cosa vuoi che ne sappia io? Non sono mica la sua balia. Devo raccogliere le anime, non crescerle e prendermene cura come un maledetto angelo custode. E invece di pensare a lui dovresti guardare me!” Si passò una mano tra i capelli e sbuffò frustrato. “Guarda in che stato ho i capelli per colpa della tua maledettissima fuga! Mi ci vorranno ore per farli tornare come prima!”
La parte del cervello di Lena ancora lucida si chiese perché diavolo quel tizio stesse sproloquiando sulle anime e sui suoi capelli e le desse la colpa del suo aspetto rovinato, come se fosse stata lei ad inseguirlo per tutta la collina per ucciderlo. Ebbe la sensazione di essere finita in una scena surreale, ma sparì non appena l’uomo le afferrò un braccio e la strattonò per farla alzare da terra. “Ma prima devo riportarti a casa, non trovi?”
No!” Fece il possibile per lottare e rimanere dov’era, ma le sue forze erano ormai allo stremo e l’altro era più forte di lei. Alla fine lui riuscì a sollevare la ragazza tra i suoi tentativi di resistenza e le sue urla, e lei si vide spacciata. Prima che uno dei due potesse fare qualcos’altro, però, Lena si sentì spingere e cadde nuovamente sulla discesa da cui era caduta. L’uomo in rosso fece qualche passo indietro, sorpreso dall’arrivo di una nuova persona, poi sorrise e la lama della sua arma iniziò nuovamente a muoversi e ronzare. La ragazza intuì quello che stava per succedere, adocchiò un cespuglio vicino e, maledicendo sé stessa per la sua codardia, ci si rifugiò dentro, lasciando che Claude se la vedesse da solo con il suo inseguitore. Una volta al sicuro, si portò le gambe al petto e le abbracciò, rannicchiandosi su sé stessa per proteggersi da tutto il resto. Sentiva i rumori della lotta e qualcuno che parlava, ma non capì chi fosse e sinceramente non le interessava: voleva solo che tutto finisse al più presto, voleva tornare alla villa, dimenticare che qualcuno la stava cercando ed era disposto a fare di tutto pur di ritrovarla. Rimase immobile per lunghi ed eterni minuti, ascoltando preoccupata i rumori che provenivano dall’esterno del cespuglio, poi sentì un ultimo urlo e nient’altro, solo il silenzio rotto dal verso di qualche animale. Trattenne il fiato, poi dei passi si diressero verso il suo nascondiglio e si fermarono proprio davanti a lei.
“Signorina Lena?” Trasalì quando sentì la voce di Claude e non quella dell’altro uomo: per quanto avesse chiesto aiuto e sperato che qualcuno la aiutasse, adesso si rendeva conto che avrebbe preferito essere portata via dal pazzo in rosso piuttosto che rimanere da sola con l’inquietante maggiordomo di Alois. Non disse una parola per fargli capire che era ancora lì e che stava bene, e continuò ad abbracciare le sue gambe con fare protettivo.
“Signorina Lena?” ripetè l’uomo. Ancora una volta gli rispose il silenzio, e la ragazza lo sentì sospirare. Poco dopo le foglie del cespuglio si mossero e davanti a lei apparve una mano tesa coperta da un guanto bianco. La fissò per lunghi istanti, poi Claude continuò: “È tutto finito, signorina. Non c’è più nessuno che possa disturbarvi.”
Lena spalancò gli occhi verdi in un’espressione di pura sorpresa. Come diavolo ha fatto a far scappare quel pazzo armato? si chiese stupita, e forse fu quello il primo momento in cui ebbe dei dubbi sulla natura umana del maggiordomo. Afferrò titubante la mano tesa e si lasciò tirare fuori dal cespuglio. Tolse le foglie rimaste impigliate tra i suoi capelli e diede un’occhiata al suo corpo: il cappotto era ormai rovinato, coperto da uno strato marrone-verde di terra e foglie e strappato in più punti. Vestiti a parte non si era fatta niente, e solo le caviglie ogni tanto le mandavano una fitta di dolore sopportabile. Lanciò un’occhiata a Claude e riuscì solamente a dire “Alois…” prima che lui la interrompesse.
“È al sicuro, adesso. Se ci sbrighiamo a tornare alla cattedrale saremo da lui tra poco.” Le indicò un sentiero poco più in là che portava in alto, più o meno nel punto da cui era caduta. Il maggiordomo squadrò la ragazza con un’occhiata di sufficienza e le chiese impassibile: “Volete che vi dia una mano a risalire?”
“No! Ce la faccio benissimo da sola!” rispose lei sull’orlo dell’isterismo: ne aveva già abbastanza di quella giornata, tornare da Alois in braccio a Claude era l’ultima cosa di cui aveva bisogno. Per dimostrare la sua salute di ferro si diresse per prima verso il sentiero, e l’uomo la seguì in silenzio.
















Titolo alternativo del capitolo -> Shinigami out of fucking nowhere II: la vendetta della checca.
Ve l'ho già detto di non prendermi sul serio, no?
La cattedrale che ho descritto nel capitolo esiste veramente. Si trova in Inghilterra (ma va'? ._.) tra Londra e Worthing, paesino di poche anime in cui ho passato una delle settimane più belle della mia vita. Appena l'ho vista le ho fatto una foto e ho deciso di inserirla in questa storia. Cercherò di pubblicare la foto al prossimo aggiornamento ;)
Avrei voluto rendere Grell totalmente serio, ma il suo lato femminile è sbucato fuori mentre scrivevo, non sono riuscita a rispedirlo da dov'era venuto. E Claude che è riuscito a rendersi utile? Sono stupita e schifata da me stessa, lo ammetto .-.
Il prossimo capitolo sarà molto difficile da scrivere. Vi basta sapere che buona parte della fanfiction, soprattutto il rapporto tra Lena e Alois, si basa su QUEL capitolo e su UNA scena sola. Se sbaglio quella posso anche appendere penna e carta al muro. *incrocia le dita*
MadLucy: mi è piaciuta molto la tua analisi di Lena, direi che l'hai centrata quasi completamente :) Come ho già detto all'inizio, ho voluto creare un personaggio diverso dagli altri due (sempre femminili) delle mie storie precedenti. Volevo una ragazza timida, sperduta, quasi sottomessa, completamente diversa rispetto alle sue 'sorelle', che avrebbero già mandato affanculo Alois dal quarto capitolo. Il tuo paragone sulla farfalla (hai visto come alla fine ritorni sempre?) mi ricorda un pò "L'intento del ragno"; chissà, potrei sviluppare qualcosa da questa idea... *pensa* "Sbaglio, nel chiederti se forse Alois non si riveda -o voglia rivedersi- nella ragazza, se in qualche modo veda un legame fra le loro storie e sorti? " Nì. E' complicato da spiegare, come solo la mente del biondo può essere, e spiegherò tutto debitamente verso la fine. Abbi pazienza e capirai tutto. [Il titolo del capitolo piace un sacco anche a me :3]

xoxo
Eva
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler / Vai alla pagina dell'autore: Evazick