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Autore: lady dreamer    27/04/2012    1 recensioni
"Frammenti di morte/ Perché tutto quello/Che ieri era/Domani potrebbe/Non essere più."
Lorenzo è da sempre innamorato di Giulia nonostante siano stati separati per tanti, troppi anni. Il caso la fa tornare nella sua vita.
Alessandra fugge da qualcosa, forse da qualcuno e trova la morte.
A Lorenzo l'ingrato compito di scoprire da chi proprio quando scopre che nella sua stessa vita ci sono misteri irrisolti.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Giunse in chiesa appena in tempo per l’inizio della cerimonia e assistette al funerale in piedi appoggiato ad una parete della navata laterale. I posti a sedere erano tutti occupati e la gente era ammassata in fondo alla chiesa. Nell’oscurità degli abiti spenti che si tirano fuori dell’armadio solo per i funerali risplendevano i fazzoletti bianchi che molti cercavano con frenesia nelle tasche dei cappotti o nelle borse. Lorenzo si chiese che senso avesse per quella gente nascondere il dolore in fogli di cellulosa o quadrati di stoffa ricamata, era ovvio, era naturale piangere la scomparsa di una persona che si conosceva, che si amava. Lui era fuori luogo, si sentiva un estraneo, uno che va a ficcanasare senza permesso nei fatti altrui. Che diritto aveva lui di piangere in mezzo a quegli sconosciuti? Avrebbe voluto avere un fazzoletto da estrarre come una spada dal fodero di cuoio, ma non ne aveva. Lasciò che qualche lacrima gli imperlasse il viso e al termine della liturgia si ritrovò, spinto dalla folla, nella fila di coloro che devono dare le condoglianze ai parenti del morto, con gli occhi ancora umidi. Si aspettava che i genitori, la sorella e gli altri familiari schierati per ricevere l’abbraccio e il conforto dai propri cari si stupissero della presenza di un estraneo, invece lo abbracciarono e baciarono come fosse uno di loro. Si chiese se ciò fosse dovuto alla distrazione del momento, alla vista appannata per le lacrime, ma si rese conto che importunare chiunque di loro per fare domande su Alessandra, sarebbe stato senza dubbio un crimine. Uscì dalla chiesa e arrivò alla sua auto senza guardarsi mai indietro per non avere la tentazione di voltarsi e commettere quel sacrilegio.
Tornò dunque a casa sua anche se sarebbe voluto andare al conservatorio ad aspettare che Stefano avesse finito le lezioni, ma si rese conto che sarebbe apparso oppressivo e pesante, quindi giunse alla conclusione che la cosa migliore da fare sarebbe stata mangiare e mettersi subito a letto.
Infatti Lorenzo quella sera, come previsto in macchina, andò a dormire presto perché era abbattuto. I funerali gli mettevano tristezza e anche quello di Alessandra, che a malapena conosceva, gli aveva fatto il medesimo effetto.
Da ragazzo, quando quasi annegava nella filosofia e nel mal di vivere (cause: l’età, gli studi e….Giulia ) si poneva quelle domande che tanti si sono fatti prima di noi e tanti altri seguiteranno a farsi nel futuro, quando di noi resterà solo cenere. Gli stessi interrogativi tornavano alla morte di qualcuno. A che serve stare su questa terra se nessuno dopo di noi ci ricorderà? A che serve affannarsi se non saremo nessuno neanche da morti, quando pittori, artisti e quant’altro vengono rivalutati? A che serve? Se il nostro corpo è destinato a tornare cenere perché non siamo fatti di solo spirito?
Ma il sonno era troppo, il filo dei suoi pensieri troppo lungo e il posto dove conduceva ignoto. Lorenzo combatté a lungo per non addormentarsi, ma sulla sua coscienza momentaneamente venne calato il sipario e i suoi occhi marroni si chiusero.
Dopo un sonno apparentemente tranquillo, il ragazzo si risvegliò. Ebbe un attimo di  indecisione, come una sensazione angosciosa. Era strano. Si sentiva…diverso. Si guardò intorno e si rese conto che tutto era così come l’aveva lasciato: era tutto al suo posto, era a casa sua, nella sua stanza, nel suo letto. Non c’era niente di strano, niente che potesse inquietarlo a tal punto. Si mise seduto sulle coperte e con calma cercò di riflettere. Aveva sognato, forse, qualcosa di spiacevole che la mente ora voleva celargli, come una profezia ascoltata per metà. “Suggestioni”si disse “sono cose che capitano…” Decise quindi che una doccia calda sarebbe stata la cosa migliore per iniziare la giornata e andò in bagno. Si guardò allo specchio con distrazione, ma qualcosa lo spinse a soffermarsi sulla sua immagine riflessa sul vetro. Era la cicatrice che si era fatto cadendo dalla bici all’età di quindici anni. Era un segno quasi impercettibile sulla pelle della sua guancia, infatti pensava che fosse sparita, invece…si passò una mano sullo sfregio quasi invisibile e per associazione di idee, ricordò cosa aveva sognato. Fu abbastanza forte per non svenire e corse in camera da letto. Cercò il cuscino che era finito sotto le coperte con frenesia e quando lo trovò lo rigirò tra le mai con ansia. Per fortuna, non trovò niente di quello che aveva sperato di non vedere. La federa azzurra non era macchiata di sangue, come nel sogno. In quell’incubo aveva rivissuto l’incidente facendosi però molto più male, infatti ricordava che la cicatrice gli attraversava tutto il viso che era interamente ricoperto di sangue. Aveva paura di trovarne sul cuscino. In quel momento qualcuno suonò al citofono. Lorenzo sobbalzò e fu per un attimo indeciso sull’andare o no a rispondere. Appena si avvicinò all’apparecchio si ricordò: aveva promesso a Giulia di portarla a fare un giro. Ma che ore erano? Le 10.30….
Lorenzo si precipitò a rispondere.
“Chi è?”
“Polizia. Apra. Deve seguirci in questura”
“Un attimo, scendo subito.”
 
“Ebbene, perché mi avete fatto chiamare?”
“Si tratta dell’omicidio di Alessandra de Vincenzo. La conosceva, vero?”
“Sì, doveva ristrutturare un appartamento e si era rivolta al mio studio per una consulenza,  sono un architetto.”
“Quando è stata l’ultima volta che l’ha vista?”
“Ricordo che venne nel mio ufficio una o due volte la settimana prima dell’uccisione.”
“Perché si trovava sotto casa sua il giorno dopo la sua morte?”
“Lei è Massimo Ghiberti, vero?”
“Si ricorda, dunque?”
“Certo, come le dissi allora, avevo un appuntamento con la signora ma mi imbattei in lei…cioè ebbi il piacere di fare la sua conoscenza…”
L’uomo abbozzò un sorriso.
“Sa, a volte capita di dover fare delle domande…domande che non si vorrebbero fare…ma spero che lei mi scuserà…”
“Dica pure. Sono consapevole di non parlare con un giornalista di gossip…”
Immaginava già il genere di domanda che gli avrebbe fatto...
“La differenza d’età tra lei e la defunta signora de Vincenzo è di appena quattro anni o pressappoco…da cosa nasce cosa…”
“Se ero innamorato di lei? Non lo ero. E se ci tiene a saperlo, non credo sia possibile innamorarsi di qualcuno che a malapena si conosce…lei dovrebbe saperlo meglio di me…le risparmierò altre domande incresciose…era una cliente come le altre.”
“La ringrazio della sua disponibilità…La lascio andare.”
Lorenzo si alzò e dopo aver salutato si stava dirigendo verso la porta.
“Signor Valdesi?”
“Sì?”
“Crede che Alessandra avesse dei nemici?”
“No, sarei tentato di rispondere che non ne aveva…ma ripensando a quanto è accaduto mi sembra ovvio che c’era qualcuno che aveva dei buoni motivi per ucciderla…non ci vuole molto a capire che non si è trattato di un incidente.”
“Se sa qualcosa, o ha qualche sospetto, si rivolga alla polizia.”
“Cosa le fa pensare che sappia qualcosa che non voglio dirle?”
“Deformazione professionale…lo dico a tutti…”
“Con me può stare tranquillo: sono un pessimo attore. Buongiorno.”
 
L’agente di polizia rifletté a lungo su quel giovane e su chi avrebbe potuto chiamare al suo ufficio da un telefono pubblico consigliandogli di indagare su Lorenzo Valdesi, perché secondo l’informatore avrebbe potuto sapere qualcosa o essere coinvolto…eppure non sembrava il tipo…e poi l’assassino non va sotto casa della vittima il giorno che la polizia vi sta facendo i sopralluoghi…non era lui l’omicida…Massimo se lo sentiva…i suoi sospetti cadevano piuttosto sull’autore della soffiata…chi poteva cercare di creare una falsa pista se non l’assassino?
 
“C’è mancato poco che mi scoprisse” pensò uscendo dall’ ufficio di polizia “per fortuna ero un ottimo interprete…  Giulia lo diceva sempre…. Giulia!!!” si ricordò che avevano appuntamento e si chiese cosa fare per rimediare quella figuraccia.
Si precipitò, dunque, a casa ma sotto il portone non c’era nessuno. Si mise una mano in tasca per cercare il cellulare senza ottenere risultati. Salì in ascensore e lasciò la mente aperta all’affollarsi di pensieri senza sottoporre nessuno di questi al controllo della ragione: “Giulia…chissà che pensa di me…ma che ore sono? Le 11.30…Giulia era sempre in ritardo…potrebbe non essere ancora arrivata…ma un’ora insomma…ma dove ho la testa? Lascio il telefono a casa e mi dimentico degli appuntamenti…maledizione! Capitano tutte a me!”
Appena rientrato nel suo appartamento si mise alla ricerca del cellulare per sapere che fine aveva fatto Giulia…lo trovò in  cucina e tra i messaggi ricevuti nel trovò uno della donna “Ciao dunque ti sei scordato di me…non importa…magari ci sentiamo un altro giorno (se ti va perché se devi comportarti come oggi non mi contattare più).”
Si affrettò a rispondere scusandosi e assicurandole che gli era capitato un imprevisto improrogabile e che la aspettava quel pomeriggio al bar in piazzetta, quello che frequentavano ai tempi del liceo. Con gli occhi ancora abbassati per inviare il messaggio andò in camera sua e il suo piede si scontrò con qualcosa di solido. Alzò lo sguardo e vide che davanti a lui c’era un caos colossale…qualcuno aveva fatto irruzione nel suo appartamento…per terra c’erano la maggior parte dei suoi libri aperti o ammassati in modo disordinato, i vestiti che prima erano riposti sulla sedia e il contenuto di vari cassetti…ma evidentemente l’autore del soqquadro aveva trovato ciò che cercava…il libro di architettura in cui aveva nascosto il biglietto di Alessandra era aperto sul letto alla pagina in cui lui l’aveva riposto. Il foglio plastificato del volume era macchiato con una sottile striscia di sangue… D’un colpo un’anta della finestra aperta sbatté contro l’altra. Lorenzo, che nel frattempo aveva preso il telefono per chiamare la polizia ripensando alle confortanti parole di Massimo, si voltò attonito mentre sentiva il sangue raggelarsi nelle vene.
“Polizia, come posso esserle utile?”
Il ragazzo non rispose niente alla voce di donna che proveniva dall’altra parte del ricevitore ma, con le immagini inquietanti dell’incubo di quella mattina ancora davanti agli occhi  emise solo un “No!” che apparve all’interlocutrice come un preoccupante urlo sommesso.
Lorenzo era rimasto impietrito sul pavimento dinanzi al letto intento a squadrare il libro e la macchia di sangue. Il telefono portatile era caduto a terra in seguito al farsi strada nella sua mente di un idea che normalmente non avrebbe mai attecchito: qualcosa di sovrannaturale voleva impedirgli di portare a compimento la missione che Alessandra gli aveva affidato e gli stava mostrando come avvertimento il disordine della stanza che rispecchiava il caos presente nella sua testa e il sangue, tema ricorrente anche nell’incubo. Non era in sé e in quel momento di follia tutta questa fandonia gli sembrò verosimile. A porre fine ai suoi inquietanti pensieri fu il suono del campanello.
A malapena riuscì ad alzarsi da terra dicendosi che era giusto usare le sue ultime forze per andare incontro alla morte, che solo per gentilezza, aveva deciso di bussare alla sua porta senza fare irruzione con violenza. Si disse che era spacciato e che niente ormai avrebbe potuto salvarlo. Aprì la porta.  Si ritrovò davanti Massimo Ghiberti.
“Polizia.”
“Eh? Lei cosa ci fa qui?”
“Se non erro lei ha chiamato in questura ed in seguito si è sentito poco bene. Visto che le avevo appena consigliato di farsi vivo nel caso volesse comunicarci qualcosa di relativo alle indagini, mi è sembrato giusto accertarmi della sua incolumità…”
“Entri…”
Gli mostrò la sua stanza e gli disse che tornato a casa aveva trovato quel casino e che il colpevole aveva perso del sangue tagliandosi con un libro. Allora Massimo cominciò con le sue domande…
“Capisco che quanto accaduto non è affatto rassicurante e che l’artefice le ha messo la camera in un disordine assurdo ma… la sua reazione è stata esagerata…per quanto il sangue sia presente, si tratta solo di una macchiolina insignificante…insomma non è un bambino, non si spaventerebbe mai per così poco…qual è il motivo della sua reazione? Le hanno sottratto qualcosa?”
“Non lo so…”
“È un pessimo attore, lo ha detto anche lei…mi dica la verità…per il suo bene…”
“Si tratta di una sciocchezza…pensavo si trattasse di uno scherzo…uno di quelli di cattivo gusto…non gliene ho parlato per questo…”
“Continui.”
Lorenzo fu costretto a dirgli del biglietto firmato da Alessandra e di ammettere che non aveva idea di che significato avesse e per questo aveva provato ad indagare trasferendosi all’albergo. Tuttavia interruppe qui la narrazione, escludendo quindi il seguito delle sue ricerche e la collaborazione di Stefano. Si sentiva consolato dall’idea che se lui ormai era nei guai, almeno non aveva coinvolto ulteriormente l’amico.  Gli raccontò anche dell’incubo e di tutto il resto.
Massimo soffocò un sorriso che gli sorgeva spontaneo, insomma non avrebbe mai immaginato che quel giovane si impressionasse per un brutto sogno come lo avrebbe fatto un bambino. Stava per chiedergli se lo spaventavano anche i  temporali ma si astenne dal fare una simile battuta. Si preoccupò, tuttavia, di quello che era successo, che bisognava ammetterlo, non aveva in sé nulla di spiritoso. Lorenzo sporse denuncia contro ignoti per furto e violazione della proprietà privata e per questo fu invitato a ritornare in questura, ma stavolta venne lasciato un agente in borghese ad osservare la situazione per intervenire nel caso il ladro si fosse rifatto vivo. Prima di lasciarlo tornare a casa a mettere ordine nelle sue cose gli fece un’ultima importantissima domanda.
“Lorenzo, ha idea di chi potrebbe essere stato?”
“Sinceramente no. E penso che possa credermi, ormai le ho raccontato tutto.”
“Qualcuno ha una copia delle chiavi di casa sua? Non lo so, un parente, un amico?”
“No…cioè…ora che mi ci fa pensare…sì…il mio amico Paolo, ma lui non farebbe mai una cosa del genere!”
“Qualcuno potrebbe averle sottratte al suo amico…”
“Ma chi avrebbe potuto farlo?”
“La domanda dovrei porgerla io a lei, e non il contrario…”
“Il risultato non cambia, la risposta la ignoriamo entrambi.”
  

  
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