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Autore: bik90    27/04/2012    1 recensioni
Questa storia è ambientata 18 anni dopo "Il portale", aspetto opinioni per sapere se ho il benestare a continuarla! Non voglio annoiare nessuno, grazie!
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nagi Homura, Natsuki Kuga, Nuovo Personaggio, Shizuru Fujino, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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<< Perché non mi hai avvertito? >>.
La diciottenne alzò gli occhi al cielo scrollando le spalle e non fece nulla per cercare di nascondere i suoi gesti.
<< Guardami Midori >>.
La voce della donna era autorevole e le ubbidì. Si ritrovò a contemplare gli occhi arrabbiati di una donna di quarantaquattro anni dai lunghi capelli rossi.
Kuga!, avrebbe voluto urlarle, Devi chiamarmi Kuga!
<< Avevo dimenticato il cellulare a casa >> mentì spudoratamente.
Mai la guardò ancora per qualche secondo prima di sospirare e scuotere il capo. Sempre più spesso ormai, le pareva di parlare ancora con la madre della diciottenne e quello non era un buon segno.
<< Per favore, Midori >> continuò cercando di apparire più dispiaciuta che adirata. Aveva compreso che quell’atteggiamento con lei non funzionava << Noi siamo guardiane, dobbiamo agire insieme. È una cosa che non smetterò mai di ripeterti >>.
E io continuerò sempre a fare quello che voglio, pensò Midori.
<< Va bene, Mai >> disse per mettere fine a quella conversazione << Scusami >>.
La donna le sorrise anche se sapeva bene che quelle scuse non erano per niente sentite. Guardò il suo orologio da polso e batté l’indice sul quadrante.
<< Avanti, vai a prepararti >> affermò con autorità << Dobbiamo andare a scuola >>.
Midori la fissò allibita.
<< Ma sono quasi le sette e… >>.
<< Niente scuse signorinella >> la bloccò Mai << O devo ricordarti di essere la tua insegnante? Coraggio, vai a farti una doccia. Ti aspetto qui >>.
La vide chinare il capo con aria sconsolata e dirigersi verso il bagno. Solo quando sentì chiudere la porta, si concesse di respirare profondamente. Più gli anni passavano e più diventava difficile riuscire a gestire quella ragazza.
È proprio come te, eh Natsuki?
Un sorriso amaro le increspò le labbra mentre si lasciava cadere sul piccolo divano. Guardandosi intorno, doveva ammettere che Shizuru aveva avuto gusto nel comprare quell’appartamento alla figlia. Il suo sguardo cadde su un posacenere ricolmo di cicche di sigarette. Lo prese in mano per svuotarlo e sospirò.
Ti sei anche messa a fumare, Midori?
L’avrebbe fatta impazzire, ne era sicura. Non sapeva per quale motivo nel pieno della notte aveva provato a chiamarla e, nel vedere che non rispondeva, si era recata al suo alloggio scoprendo che non era in casa. Nonostante le continue raccomandazioni sul non agire da sola contro gli Orphan, Midori continuava a fare di testa sua. Esattamente come sua madre alla sua età. Sin da quando Duran era andato da lei, aveva iniziato a cacciarsi nei guai. Lei aveva provato a starle vicino, a guidarla, a farle comprendere come comportarsi e come cercare di conciliare i vari impegni che si trovava a dover rispettare, ma Midori aveva dimostrato fin da subito di sapere come muoversi e presto si era allontanata dalla donna per poter agire autonomamente. Odiava ricevere ordini, era uno spirito libero che a nessuno era permesso comandare. Lei non aspettava che fossero gli Orphan ad attaccarla, li cacciava letteralmente. Andava in giro per la città, si recava nei posti più isolati e nei quartieri peggiori per scovarli e ucciderli. Sotto la sua furia distruttrice, non avevano scampo. Più d’una volta l’aveva vista in azione e doveva ammettere che era perfino più brava della madre. Era trascorso parecchio tempo da quando, insieme, distruggevano quei mostri che minacciavano la loro calma. Non era più una bambina, non era più una ragazzina che si aggrappava alle gambe della adre quando la portava ad allenarsi. Si passò una mano tra i capelli e fissò un punto indefinito di fronte a sé mentre lasciava vagare i suoi pensieri ancora per qualche minuto. Erano trascorsi così tanti anni da quando lei e l’amica frequentavano il liceo, lo stesso che ora stava calcando Midori e sua figlia Himeko, lo stesso che aveva terminato anche suo figlio maggiore Kyoshiro. Sorrise involontariamente pensando che lei non aveva mai smesso di andarci. Prima da alunna e poi da professoressa. Se glielo avessero chiesto, avrebbe faticato a ricostruire il cammino che aveva seguito per giungere fino a lì ma era contenta, tutto sommato.
<< Io sono pronta >>.
Si voltò verso la diciottenne che aveva parlato e trattenne il respiro. La somiglianza con sua madre era talmente evidente che delle volte le pareva che fosse ancora con lei, che non l’avesse mai abbandonata. Le sorrise mentre il battito del suo cuore tornava normale. Indossava l’uniforme scolastica con la zip della felpa lasciata aperta, i lunghi capelli corvini erano sciolti e le ricadevano sul volto, gli occhi di un verde brillante la fissavano con un misto di curiosità e menefreghismo. Mai annuì lentamente alzandosi in piedi e avvicinandosi. Le sistemò con apprensione la divisa spazzolandole la gonna a balze color crema e le rivolse un largo sorriso con aria materna.
<< Mi raccomando >> le disse con la solita apprensione << Questo è l’ultimo anno, Midori. Cerca di fare poche assenze e di impegnarti di più >>.
La ragazza le rivolse un sorriso furbo.
<< Stai facendo la professoressa adesso? >> le domandò con una nota ironica nella voce.
<< Sono preoccupata >> rispose la donna << Non posso sempre tirarti fuori dai guai io >>.
A quella frase, la diciottenne si scostò quasi bruscamente.
<< Nessuno ti ha chiesto di farlo >>.
<< Midori… >>.
<< Per favore, chiamami Kuga >>.
Con quelle parole aveva alzato l’ennesima barriera con lei. Mai allungò una mano per poterla poggiare sulla spalla ma riuscì appena a sfiorarla. Le sorrise nuovamente cercando di calmarsi. Quella situazione non era facile per nessuno, soprattutto per la diciottenne. Aveva provato a comprenderla, delle volte anche ad accontentarla; ma ogni suo tentativo di approccio era stato bocciato. Si guardarono negli occhi per qualche istante e la donna dovette fare ricorso a tutta la sua forza per cercare di non cadere vittima del magnetismo del suo sguardo. Somigliava così tanto a Natsuki, forse troppo e questo era uno dei suoi punti deboli. Anche se non l’aveva mai detto, sapeva che Midori desiderava ardentemente essere come la madre, sembrare lei quando combatteva o semplicemente nella vita di tutti i giorni. Aveva lo stesso modo di portare i capelli, la stessa maniera di atteggiarsi, delle volte usava le stesse frasi della donna. Mai, essendo madre di due figli entrambi ragazzi, comprendeva che questo non era un buon segno. Nell’adolescenza, ognuno aveva il diritto di formare il proprio carattere, di crescere e fare le proprie esperienze per diventare, infine, un adulto a se stante. Cosa che, invece, non stava accadendo alla diciottenne. Provare a parlargliene sarebbe stato inutile, Midori aveva alzato un muro tra lei e il resto del mondo; soprattutto quando si trattava di parlarle della madre. Per tutti quella era una ferita ancora aperta, nonostante fossero trascorsi dieci anni, però per la ragazza era stato diverso, ancora non riusciva a superarlo. Il fatto stesso che avesse deciso di usare il cognome di Natsuki la diceva lunga sul modo in cui si rapportava col dolore per la perdita del genitore.
<< Dobbiamo andare >>.
Midori si limitò ad annuire prendendo da terra lo zaino e posizionandolo su una sola spalla.
Uscirono dall’appartamento e dalla palazzina. Mai fece scattare l’antifurto della sua auto e aprì lo sportello. Guardò Midori con aria interrogativa notando che non stava facendo lo stesso.
<< Non pretenderai che mi faccia vedere a scuola in macchina con la professoressa Tokiha? >> le domandò inarcando il sopracciglio e cercando le chiavi del motorino.
La donna rise di gusto.
<< Va bene, starai davanti a me. Non voglio perderti di vista! >>.
S’infilò nell’auto mettendo la cintura di sicurezza e regolò lo specchietto retrovisore. Vide la diciottenne indossare il casco e montare a cavalcioni sul suo mezzo di trasporto.
<< Ciao Kuga >>.
La voce di un ragazzo la fece voltare quasi di scatto; ma l’attimo dopo si ritrovò a sorridere.
<< Ciao Kyoshiro >> contraccambiò la ragazza senza nessun tono particolare nella voce.
<< Kyoshiro, che ci fai qui? >>.
<< Mamma? >> chiese sorpreso il ventunenne avvicinandosi all’auto << Perché sei sotto casa di Midori? >>.
Mai vide suo figlio diventare dello stesso colore dei capelli.
<< Non rispondere alla mia domanda con un’altra domanda! >>.
<< Passavo di qui >> rispose il ragazzo evasivamente gettando un’altra occhiata alla diciottenne.
<< Io me ne vado >> affermò Midori mettendo in moto. Non le interessavano quelle chiacchiere tra madre e figlio e soprattutto voleva trascorrere meno tempo possibile con Kyoshiro.
<< Midori aspetta un attimo! >> le urlò Mai nel vano tentativo di fermarla. Si voltò verso il figlio e con una mano gli accarezzò il volto leggendo una leggera delusione nei suoi occhi << A che ora hai lezione? >>.
<< Alle dieci >>.
La donna gli rivolse un dolce sorriso.
<< La prossima volta vedrai che andrà meglio >> cercò d’incoraggiarlo << Adesso è meglio che vada anch’io >>.
Kyoshiro si limitò ad annuire e rimase per parecchio tempo immobile mentre l’auto della madre si allontanava.
  
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