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Autore: giambo    27/04/2012    13 recensioni
Un guerriero tormentato dai sensi di colpa.
Una cyborg incapace di lasciarsi alle spalle un passato di morte, dolore e follia.
Un mondo che cerca, dopo il Cell-Game, di ripartire.
Rabbia, dolore, sensi di colpa, amore, eros, follia.
Sono questi sentimenti che stanno provando gli eroi di questo mondo.
Sta a loro cercare un motivo per andare avanti e ricostruire questo mondo, oppure lasciarsi andare nell'oblio.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: 18, Altri, Crilin | Coppie: 18/Crilin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 19

 

C18 era furiosa. La mascella della cyborg era serrata dalla rabbia, una vena pulsava pericolosamente sulla sua tempia sinistra, nei suoi occhi azzurri si poteva leggere una rabbia ed una collera tremenda.

La bionda era infuriata e, nello stesso tempo, preoccupata per un motivo solo: Crilin. Non lo capiva più. Non riusciva più a comprenderlo. Il terrestre era tornato ad essere, per lei, un vero e proprio rebus di cui, al momento, le sfuggiva la chiave per risolverlo.

Da tre giorni Crilin era cambiato totalmente. Il piccolo guerriero era diventato un altro: cupo, teso, taciturno. Il terrestre si comportava come se un enorme peso gli gravasse sulle spalle. Ma la cosa che più confondeva C18 era che Crilin, di solito sempre affettuoso e desideroso di starle vicino, sembrava che facesse di tutto per evitarla.

L'androide sbuffò, esasperata, mentre cercava di capire cosa diavolo stesse passando per la testa del suo uomo. Nervosa, la bionda giocherellava con una pietra blu che portava al collo. Le sue dita accarezzavano la superficie calda del gioiello. Era una pietra molto particolare: era liscia e priva di qualunque imperfezione. Aveva una forma a goccia ed era di un colore blu scuro, come quello delle profondità marine. Due piccoli forellini sulla parte più sottile della pietra accoglievano un filo di seta nero che andava a circondare il collo di C18.

Era stato Crilin a regalarle quella strana pietra. Era accaduto circa un paio di mesi prima che scoprisse di essere incinta, quando la sua relazione con il terrestre era ancora serena e priva di qualunque problema.

 

C18 percorreva nervosa il salotto della Kame House. La stanza era illuminata dalla luce arancione del tramonto. Il sole morente illuminava il volto della bionda donandole un aspetto inquietante.

La cyborg era furiosa. Era tutto il giorno che Crilin era scomparso senza dirle nulla. Quando si era alzata all'alba, il piccolo guerriero era già andato via in silenzio. L'androide ribolliva di collera. Come aveva osato fare qualcosa senza avere il suo permesso? Come aveva potuto andare via tutto il giorno senza avvisarla?

Gliela avrebbe fatta pagare per aver osato disubbidirle! Lui era suo! Non poteva fare niente senza prima informarla! Questa volta non l'avrebbe passata liscia! Lo avrebbe picchiato a sangue e tenuto a dormire sul divano per almeno un mese! E ancora sarebbe stato poco per il suo orgoglio!

Mentre C18 camminava nervosamente per il salotto digrignando i denti e formulando feroci pensieri di vendetta, Crilin atterrò sulla spiaggia dell'isola con un enorme sorriso stampato sul volto. Il terrestre sembrava davvero di buon umore ed entrò in casa fischiettando un allegro motivetto. Tuttavia, appena vide la cyborg, il suo sorriso si spense all'istante.

Quando l'androide notò il piccolo guerriero, i suoi occhi azzurri si strinsero fino a diventare due fessure di ghiaccio. Una vena pulsava sulla sua tempia sinistra, fenomeno che l'umano aveva imparato temere dato che significava che la bionda era sul punto di perdere del tutto lo scarso autocontrollo che possedeva, la sua mascella era talmente serrata che, nel silenzio della casa, si udì distintamente i suoi denti scricchiolare.

Crilin osservò, in silenzio, per circa mezzo minuto C18 che cercava di trattenersi dall'ucciderlo all'istante. Il terrestre sentì una paura fredda come il ghiaccio assalirlo al petto. Non aveva considerato il fatto che, sparendo senza dare notizia per un giorno intero, la cyborg si sarebbe arrabbiata, e tanto anche.

Juu...” il piccolo guerriero provò a parlare, ma l'androide lo interruppe.

Ti do' dieci secondi per dirmi dove sei stato, poi ti ucciderò.” dichiarò con voce fredda, ma carica di collera, la bionda.

Crilin sospirò. Poi, senza dire nulla, si mise una mano nella tasca della giacca e tirò fuori un piccolo pacchetto chiuso in maniera grossolana. Dopodiché, continuando a rimanere in silenzio, il terrestre consegnò il pacchetto a C18.

Perplessa da quello strano comportamento, la cyborg sollevò un sottile sopracciglio squadrando il pacchetto con aria scettica.

E questo cosa diavolo significa?” domandò con voce fredda.

Aprilo.” fu l'unica risposta che ricevette dal compagno. Il piccolo guerriero sapeva per esperienza che, con l'androide, troppe parole erano inutili.

Ancora perplessa, ma non più in collera, la bionda soppesò pensosa il pacchetto un paio di volte con la mano sinistra. Era piuttosto leggero. La carta da pacchi che lo richiudeva era piuttosto logora e lo spago era consumato. Non era certo una confezione che attirasse l'occhio. Alla fine, con un sospiro di esasperazione, C18 cominciò a sciogliere lo spago.

Visto che non ho altra scelta per capire cosa diavolo ti passi in quella testa, vedrò di aprire questa schifezza che penso tu chiameresti pacco.” dichiarò con voce fredda mentre le sue dita scioglievano la confezione. Appena la logora carta cadde a terra, la cyborg spalancò gli occhi dalla sorpresa.

Una pietra scintillava sulla sua mano sinistra. Era di un blu cupo e scuro che, sotto i raggi dell'astro morente che illuminava la stanza, sembrava essere viola. Era totalmente liscia ed era a forma di goccia. Verso la punta, da due piccoli forellini, usciva un sottile filo di seta nera.

La bionda era ammutolita. Non era la prima volta che Crilin le regalava dei gioielli, ma di così particolari, e di così belli, era la prima volta in assoluto. Tuttavia, anche se il gioiello le piaceva moltissimo, l'androide rimase totalmente impassibile.

Fraintendendo il suo gesto, Crilin si mortificò. Vedendo la bionda impassibile, il terrestre era convinto che non apprezzasse il suo regalo. Tuttavia, il piccolo guerriero riuscì a trovare la forza di parlare.

Ti piace?” domandò con voce gentile, anche se rassegnata.

C18 non rispose. Tutto quello che la cyborg si limitò a fare fu quello di continuare ad osservare la pietra che teneva in mano. Poi, lentamente e senza cambiare espressione, l'androide rivolse i suoi occhi verso l'umano.

E' una pietra che trovai anni fa in fondo al mare.” si affrettò a spiegare quest'ultimo. “Durante un'immersione la trovai e la presi. Non pensai mai di farne qualcosa almeno fino a qualche giorno fa. Credevo che sarebbe stato un regalo originale. Penso che ti stia molto bene Juu. Comunque scusami. Avrei dovuto capirlo subito che non ti sarebbe piaciuta.”

Davanti a quell'inutile spiegazione, C18 continuò a rimanere impassibile. Poi, all'improvviso, la cyborg allargò il filo si seta e si infilò il gioiello. Dopodiché, la bionda salì le scale e andò nella loro camera senza dire nulla.

Tuttavia, mentre saliva, all'androide non sfuggì il sorriso di gioia del piccolo guerriero.

 

Da allora l'aveva sempre portata al collo. Non se ne separava quasi mai. Le piaceva quella pietra. Era semplice, ma bella. Esattamente come lui. Tuttavia, in quel momento, pensare a lui le faceva venire solamente un immenso nervoso.

La cyborg imprecò sonoramente per sfogarsi un po'. Si sentiva presa in giro. Dopo tutto quel tempo che lui aveva speso per renderla di nuovo una donna, adesso la ignorava e cercava di evitarla. Perché, dannazione, perché? Perché cercava di evitarla? Cosa aveva fatto? Cosa era successo? Cosa l'aveva indotto a cambiare, in modo così radicale, il suo comportamento?

Domande che, da un paio di giorni a quella parte, la tormentavano come una sottile e perfida tortura mentale.

L'androide era seriamente tentata di distruggere tutto e di ucciderlo lentamente. Tuttavia, una parte di lei, le suggeriva che non era quello il modo più adatto per scoprire le cause di quella situazione. A poco a poco, la bionda si rilassò sia mentalmente che fisicamente. Dopo circa cinque minuti, C18 era riuscita a confinare la propria rabbia e, in quel momento, si preparava a riflettere in maniera lucida e fredda.

La prima cosa che cercò di capire fu quando, precisamente, Crilin era cambiato. La cyborg non ci mise molto a ricordarsi della notte in cui il terrestre, dopo essere tornato a notte fonda ed essersi rifiutato di dire dove era stato, si era messo a piangere sussurrandole parole confuse e prive di senso.

 

Ho paura di perderti.”

 

La bionda non riusciva a capire il significato di quelle parole. Perché avrebbe dovuto avere paura di perderla? Lei non aveva nessuna intenzione di lasciarlo. Era suo, gli apparteneva, tra poco si sarebbero sposati, aveva addirittura il figlio di lui dentro il suo grembo. Perché lei avrebbe dovuto abbandonarlo? Perché avrebbe dovuto rovinare tutto quello che si era conquistata con tanta fatica e con grandi sacrifici?

 

Era tornato a notte fonde. Si era rifiutato di spiegare dove era stato. Aveva detto che aveva paura di perderla.

 

In quel momento, dentro la sua mente, prese forma un'idea folle e assolutamente pazza. Non era possibile. Era pura follia anche solo immaginare che Crilin avesse commesso un tale scempio. Eppure, l'androide non poteva negare che gli ultimi eventi fossero molto sospetti.

No! C18 su questo era sicura. Crilin era un ingenuo, su questo non aveva nessun dubbio, ma era anche l'unica persona che conosceva che credeva nel vero amore. Il piccolo guerriero non aveva mai fatto mistero che, secondo lui, il vero amore, quello dei gesti, quello dello spirito e non della carne, esisteva. Il terrestre ci aveva sempre creduto e aveva fatto di tutto per poterlo, un giorno, trovare. Fino a quando non aveva trovato lei.

Ma nonostante tutto, nonostante lei continuava a convincersi che lo conosceva e che non era capace di abbassarsi a tanto, l'idea, quella schifosa, infida idea, continuava a tormentarla. La bionda combatté a lungo contro di essa ma, alla fine, fu costretta ad arrendersi a quest'ultima. Permettendole di formulare un terribile pensiero all'interno della sua mente.

E se l'avesse tradita?

Appena quel pensiero si insinuò nella sua mente, C18 fu tentata di uccidere Crilin e, allo stesso tempo, di mettersi a ridere per l'assurdità di ciò che aveva appena pensato.

L'idea che Crilin l'avesse tradita era troppo assurda, troppo folle, troppo spinta ai limiti del possibile, era...troppo.

Ma, e qui l'androide odiò la propria mente, perché allora aveva cominciato a comportarsi in maniera così strana? Cosa diavolo stava accadendo che lei non sapeva?

La bionda si sdraiò sul divano dove era seduta sbuffando esasperata. Si sentiva esausta mentalmente. Non ce l'ha faceva più a risolvere problemi. Problemi problemi e ancora problemi. Sembrava che una vita normale fosse molto più complicata di quello che pensava. Ogni volta che riusciva a risolverne uno, subito se ne affacciava un altro. L'androide trovava tutto ciò incredibilmente fastidioso.

Sospirò. I suoi occhi azzurri fissavano, annoiati, il soffitto del salotto. Aveva bisogno di rilassarsi. Per un attimo la cyborg pensò di andare a fare un giro in città, ma poi le venne in mente che, senza il suo nanerottolo, non sarebbe stato per niente divertente.

C18 non riusciva a rilassarsi. Si rigirava sul divano senza riuscire trovare una posizione che le potesse conciliare il sonno. Si sentiva agitata, inquieta, nervosa. Una tensione sottile, ma terribilmente fastidiosa, la attanagliava il corpo e la mente. Più passava il tempo, più la bionda si infuriava. Sapeva il perché di quell'agitazione. Le cause che la rendevano così nervosa e tesa. Anzi, la causa.

Crilin.

Il terrestre era diventato una droga per lei. Una dolcissima droga di cui non voleva assolutamente privarsi. Lo voleva. Lo desiderava. Odiava il fatto che lui fosse lontano da lei. Lui era suo, gli apparteneva, eppure, in quegli ultimi giorni, il terrestre si era allontanato da lei di sua spontanea volontà.

Perché?

Era questa la domanda chiave. La soluzione di quell'intricatissimo e misterioso puzzle che l'androide non riusciva a risolvere.

Alla fine, dopo aver mandato al diavolo il mondo intero, C18 riuscì a dormire. Lentamente i suoi occhi cerulei si chiusero mentre i sui circuiti rallentarono le loro operazioni. Infine, la cyborg cadde in un sonno leggero ed inquieto.

 

Muten si stava concentrando come non faceva da anni.

L'anziano maestro di arti marziali era seduto a gambe incrociate sulla spiaggia della Kame House. Si era tolto dalla schiena il guscio che usava come peso per mantenersi in forma. Gli occhiali da sole era appoggiati sul soffice strato di sabbia alla sua sinistra. L'eremita stava meditando con una concentrazione ed una intensità straordinaria. Era da prima di allenare Crilin e Goku che non si immergeva così a fondo nell'arte di modellare e plasmare il mondo con il pensiero.

La mente di Muten vagava, leggera come una carezza, sul pelo dell'acqua. Poi si immerse nelle profondità marine, percependo la vitalità mostruosa del mare. In quel momento, l'anziano maestro comprese una cosa che già sapeva: il mare era un essere diverso da tutti gli altri che popolavano la Terra. Era un'entità formata da miliardi di esseri, dal piccolo plancton alle gigantesche creature che vivevano nei suoi abissi più cupi e profondi. Il mare era orgoglioso, potente, buono, ma anche capriccioso. Un attimo sorrideva benevolo al marinaio che osava solcarlo, un secondo dopo lo osservava irato, pronto a scatenare tutta la sua immensa collera contro di lui.

Davanti a quella verità, Muten rimase, come sempre, commosso. Amava il mare. Era una presenza di cui non poteva più fare a meno. Da giovane aveva viaggiato a lungo per perfezionarsi in quello che era il suo più grande talento: la lotta. Ma quando aveva ascoltato il ruggito del mare per la prima volta esso l'aveva stregato. Ne era rimasto perdutamente innamorato. In seguito, i suoi viaggi si erano fatti, anche a causa dell'avanzare dell'età, sempre più brevi, finché non erano cessati del tutto. Quando aveva scelto di vivere in quell'isola così lontana da tutto, l'aveva fatto solo per lui. In tutta la sua vita aveva visto, osservato, studiato e amato il mare con una passione difficile da trovare nelle altre persone. Non poteva certo dire di conoscerlo bene, anche con una vita lunga il doppio della sua sarebbe stato impossibile, ma lo rispettava e il mare rispettava lui, o almeno, lo sperava.

In quel momento, la sua mente percepì l'aura del suo allievo. Crilin stava facendo un'immersione marina tra i banchi di sabbia che si trovavano nei pressi dell'isola della Kame House.

Nel percepire l'aura del terrestre, la mente dell'anziano maestro si inquietò. Erano giorni che Crilin si comportava in modo strano. Era diventato ancora più cupo e taciturno del solito, ma la cosa che aveva colpito di più Muten era che il terrestre sembrava che facesse di tutto per evitare C18. Quando la bionda cercava di avvicinarsi all'umano, quest'ultimo le rivolgeva un'occhiata terrorizzata e subito si inventava una scusa per allontanarsi.

La cosa era strana. Crilin adorava la cyborg e cercava sempre di stare insieme a lei. Come mai, all'improvviso, sembrava avere paura di quest'ultima?

Era una domanda a cui era difficile dare una risposta, questo Muten lo sapeva. Eppure, era proprio per cercare una risposta e, possibilmente, una soluzione che l'Eremita si era messo a meditare. Da troppo tempo non riusciva a capire più il suo allievo. Era tempo di riordinare i pensieri.

Una leggera brezza cominciò a soffiare dal mare, portando con se l'odore forte delle salsedine. Con quel rassicurante odore che gli riempiva le narici, l'anziano maestro ritornò ad immergersi nei profondi meandri della sua mente.

 

Crilin credeva di essersi immerso dentro un sogno.

L'acqua tiepida e trasparente del mare lo circondava come una confortante coperta. Attraverso le lenti della maschera, il piccolo guerriero vedeva un mondo azzurro e silente dentro il quale si trovava stranamente a suo agio.

Con una spinta poderosa delle pinne, il terrestre si avvicinò al fondale. Una volta arrivato, stando attento a dove metteva le mani, Crilin cominciò a sollevare la sabbia per cercare qualche curiosità di quel mondo così diverso dal suo.

Tuttavia, dopo circa una decina di minuti, il piccolo guerriero era ancora a mani vuote. Sentendo che i suoi polmoni cominciavano ad avere sete d'aria, il terrestre riemerse aspirando a grandi boccate la fredda aria del primo pomeriggio.

Crilin rabbrividì. Fuori dall'acqua era piuttosto freddo. Dopo essersi riempito i polmoni d'aria, il piccolo guerriero tornò ad immergersi nelle calde acque del mare cominciando ad ispezionare un'altra zona.

Il terrestre continuò la sua ricerca per tutto il pomeriggio. All'umano piaceva moltissimo fare quelle immersioni. Erano rilassanti e, al tempo stesso, divertenti. Inoltre, tenendo la mente occupata nella ricerca di conchiglie, pesci particolare o oltre stranezze di quel mondo bellissimo, evitava di pensare ai suoi problemi.

Banchi di pesci colorati gli giravano intorno, osservandolo con curiosità attraverso i loro freddi occhi. Crilin si avvicinò ad un banco di alghe. La punta delle piante gli accarezzavano il ventre come una fredda e viscida carezza che, tuttavia, non trovava spiacevole. I raggi del sole creavano giochi di luce sotto il pelo dell'acqua bellissimi. Immerso nella pace e nel silenzio di quel posto, Crilin aveva come l'impressione di essere finito su un altro pianeta.

Tuttavia, quando il sole cominciò a tramontare, il piccolo guerriero fu costretto a terminare il proprio bagno. Quando uscì dall'acqua fu sorpreso di constatare la posizione del sole. Era stato in acqua per più di cinque ore senza neanche accorgersene.

Il terrestre sospiro. Non aveva molta voglia di tornare alla Kame House. Una volta sorpassata la soglia della piccola casa, i suoi problemi sarebbero tornati a tormentarlo.

“Coraggio Crilin...devi farti coraggio. Scappare dai problemi non serve a niente.” pensò nel disperato tentativo di rincuorarsi. Impresa che non era per niente facile. La consapevolezza di perdere per sempre la sua futura moglie un giorno lo riempiva di una tristezza incredibile.

Con il cuore pesante, il piccolo guerriero entrò tenendo le pinne e la maschera nella mano destra. Una volta entrato, Crilin sentì Muten preparare la cena in cucina mentre C18 dormiva sul divano. Attratto in maniera inesorabile dalla cyborg, il terrestre si avvicinò a lei con circospezione. Una volta arrivato davanti, l'uomo osservò a lungo i lineamenti perfetti della bionda. Sembrava tranquilla. Tuttavia, al suo occhio attento, non sfuggì una certa tensione nei suoi lineamenti. Era come se l'androide fosse pronta a scattare in qualsiasi momento.

Crilin sospirò. Vedere C18 gli riempiva il cuore di una marea di sensazioni diverse e contrastanti tra di loro. Dolore, amore, disperazione, sensi di colpa. Un mix devastante che, certe volte, riusciva a portarlo sull'orlo della follia.

Erano passati tre giorni da quando Bulma gli aveva parlato. La notizia che la scienziata gli aveva comunicato lo aveva totalmente annientato. Si sentiva distrutto dentro. Privo di quella forza di volontà che lo aveva animato fin da quando era un bambino. Quella forza che lo aveva sorretto in ogni allenamento inumano che aveva fatto. Quella forza che gli aveva dato il coraggio di affrontare i più temibili combattenti dell'universo. Quella forza che lo aveva reso Crilin.

Ma lui non era più Crilin. O, almeno, non quello che tutti erano abituati a conoscere.

Il fatto era che lui era cambiato, era diverso. Era privo di quell'innato ottimismo con cui aveva cercato di mantenere il sangue freddo anche nelle situazioni più pericolose e disperate. Privo di quella gioia di vivere che lo aveva sempre contraddistinto. Era diventato un'altra persona. Cupo, taciturno, solitario. Si sorprendeva lui stesso di quel cambiamento così radicale. Davvero quello era lui? Davvero quella persona così tormentata e disperata e quel ragazzo così allegro e buono erano la stessa persona? Gli sembrava di essere diventato un intruso dentro il suo stesso corpo. Gli pareva di non aver più nessun controllo di esso. Era come un osservatore esterno che vedeva muoversi ed agire quella macchina di carne, ossa e sangue senza poter minimamente intervenire.

Con un sospiro, il terrestre scosse la testa, disseminando goccioline di acqua salata per il salotto. Doveva smetterla di lasciarsi andare a pensieri così cupi e lugubri. Crogiolarsi nell'autocommiserazione non gli sarebbe servito a nulla. Doveva reagire. Doveva trovare una soluzione ad ogni costo perché, di quel passo, avrebbe solamente distrutto tutto quello che si era costruito con tanta fatica. Crilin si era accorto che C18 si stava insospettendo per il suo comportamento. La cyborg non era una stupida. Prima o poi, avrebbe scoperto come stavano le cose e, a quel punto, il suo precedente silenzio avrebbe solo peggiorato le cose.

“Devo parlarle.” pensò. Ma subito dopo, la parte più codarda di lui, aggiunse. “Non adesso.”

Il terrestre si girò, con l'intenzione di andare a farsi una doccia, tuttavia aveva appena fatto una decina di passi che una voce lo bloccò subito.

“Dove stai andando?”

Il piccolo guerriero girò la testa di scatto. Il suo cuore stava battendo ad un ritmo doppio del normale. Ciò che vide gli gelò il sangue nelle vene.

C18 lo stava osservando. Fino a quel momento la bionda aveva solo finto di dormire. Tuttavia, la cosa che terrorizzava di più l'uomo, era la sua espressione. Un'espressione che conosceva molto bene.

Era arrivato il momento di parlare.

 

Era da un paio d'ore che C18 si era svegliata. Tuttavia, la cyborg non aveva nessuna voglia di alzarsi, anche se l'idea di tornare a dormire non le garbava affatto. Alla fine, l'androide trovò un compromesso con se stessa cadendo in quella specie di dormiveglia in cui l'aveva trovata Crilin.

Il tempo passava. La mente della bionda era caduta in una sorta di limbo in cui i suoi pensieri prendevano importanza per un istante per poi cadere nell'oblio. All'androide quella situazione andava più che bene. Era stufa di pensare e lambiccarsi il cervello per provare a risolvere i problemi della sua nuova vita.

Ad un tratto, la cyborg percepì Crilin entrare in casa. Il terrestre andò davanti al divano e rimase fermo per diversi minuti. La bionda non capì il motivo di quel gesto, ma la presenza dell'umano lì vicino a lei fece riemergere tutti i dubbi che da giorni la torturavano. Una situazione insopportabile a cui volle subito porre fine.

“Dove stai andando?”

Aveva agito d'istinto. Si era sollevata di scatto e si era avvicinata al piccolo guerriero osservando, incredula, il terrore prendere possesso di lui.

“A farmi una doccia.” dichiarò con voce nervosa il terrestre. C18 riusciva a sentire la paura di lui crescere sempre di più. Era una forza immensa. Talmente grande che si stupì nel constatare che Crilin aveva ancora un minimo di autocontrollo.

“Dobbiamo parlare.” fece lei con voce cattiva. Non riusciva più a sopportare tutto quello. Lui era là, a poco più di un metro da lei. Riusciva a sentire il suo odore. Vedeva ogni singola goccia d'acqua scorrere sul suo corpo. La tentazione di toccarlo, abbracciarlo, fargli del male, rimarcare per l'ennesima volta che quella era roba sua era forte. Tanto forte. Terribilmente forte.

“Possiamo farlo più tardi? Adesso sono piuttosto stanco.” le parole, fredde e vuote di lui, furono la goccia che fece traboccare il vaso. In quell'istante, C18 non ci vide più. Tutta l'irritazione e la rabbia che da tre giorni si teneva dentro uscirono con una violenza inaudita.

Con uno scatto, l'androide afferrò il piccolo guerriero per la gola, sbattendolo con violenza sul muro dietro di lui. Crilin non oppose nessuna resistenza. Il terrestre sembrava sorpreso dallo scatto della bionda.

“Forse non mi sono spiegata bene...” ringhiò C18. I suoi occhi azzurri brillavano di una luce rabbiosa. La sua voce era carica di collera. “Se io ti dico che dobbiamo parlare, parliamo adesso! Io non ho nessuna intenzione di rimandare la cosa! Quindi tu adesso parli!”

“P-parlare?” esalò l'uomo con difficoltà. La mano dell'androide sembrava fatta d'acciaio. Le sue dita gli serravano così forte la gola che faceva fatica a respirare. Gli occhi scuri del piccolo guerriero erano pieni di paura.

“Sì, parlare!” dichiarò C18 con rabbia. “Perché mi eviti? Perché fuggi da me come se avessi paura? Come se mi temessi? Cosa cazzo sta succedendo che io non so?”

Crilin deglutì ma non rispose. I suoi occhi neri erano ricolmi paura. Una bruciante, terribile paura. Il piccolo guerriero tentò di liberarsi dalla presa della cyborg. Tuttavia, l'unico effetto che il suo gesto ebbe, fu quello di far perdere la pazienza all'androide.

“Smettila!” urlò la bionda. “Perché mi eviti?! Cosa ti ho fatto?! VOGLIO UNA RISPOSTA!!”

Davanti alla reazione furibonda di C18, Crilin, infine, rispose.

“Ho paura di perderti.” dichiarò con voce fioca.

“Ma perché dovresti perdermi? Idiota! Io non ho nessuna intenzione di lasciarti! Tu sei mio, capisci? MIO!”

“E per quanto lo sarò?”

Quella domanda lasciò la bionda totalmente esterrefatta. I suoi occhi cerulei si spalancarono dallo stupore mentre cercava di comprendere i significati che la domanda del compagno nascondeva.

“Cosa intendi dire?”

Crilin sospirò. Il terrestre cercò nuovamente di liberarsi dalla presa di lei. C18 questa volta lo lasciò andare. Il piccolo guerriero sembrava fosse cambiato. Da terrorizzato che era, era diventato improvvisamente rassegnato. L'umano si passò una mano sui capelli bagnati mentre, con voce triste, continuò a parlare.

“Io temo di perderti Juu. È per questo che, in questi giorni, ho cercato di starti lontano. Infatti, per quanto mi fosse difficile e doloroso comportarmi in questo modo nei tuoi confronti, lo era molto di più fare finta di nulla. Ora capisco che ho sbagliato a comportarmi così. A causa della mia stupidità, tu hai creduto che io avessi paura di te o che non ti amassi più. Non è affatto vero Juu. Io ti amo da impazzire, ti amo con tutto me stesso. Ma è proprio a causa di questo mio amore nei tuoi confronti che io soffro da impazzire.”

“Ma perché stai soffrendo?” domandò irritata, anche se leggermente sollevata, la cyborg. “Cosa diavolo è successo che io non so'?”

Crilin la guardò con affetto, un affetto triste ma immenso. Uno sguardo che colpì con la violenza di un pugno allo stomaco l'androide. Quando ricominciò a parlare, il terrestre pronunciò parole pesanti come macigni.

“Io ho paura di perderti perché io sono un essere umano mentre tu, nonostante io abbia sempre detto il contrario, non lo sei. Tu sei immortale Juu. È il tuo generatore ad energia infinita, lo stesso che ti permette di vivere, che ti rende capace di non invecchiare e di poter vivere continuamente. E questo significa che io, un giorno, morirò e noi due non ci rivedremo mai più. Tu continuerai a vivere, per l'eternità. Ed io, col tempo, diventerò per te solamente un ricordo. Fino al giorno in cui tu mi dimenticherai, per sempre.”

Le parole di Crilin colpirono con una violenza immensa la cyborg. C18 spalancò i suoi occhi azzurri mentre le sue mani cominciarono a tremare. Non era possibile. Davvero lei era immortale? Davvero lei non poteva invecchiare? Gero lo sapeva? Rientrava nel suo piano renderla eterna? E se sì, perché? Perché condannarla a quello schifo di esistenza in eterno?

Si sentiva distrutta. I suoi polmoni si svuotarono d'aria mentre si sentì una scarica di debolezza estrema attraversarle tutto il suo corpo. Non era giusto. Proprio ora che aveva accettato di essere una persona, proprio adesso che stava tornando a sentirsi una donna. Quella notizia aveva distrutto tutte le sue speranze di vivere una vita normale. Lei era immortale, esattamente come una macchina. Lei non meritava di essere chiamata persona perché solo le macchine erano eterne. Il solo pensiero di tornare ad accettare quella condizione le era impossibile. Non voleva rinunciare a quella vita. Non voleva!

In quel momento, la cyborg si accorse che Crilin la stava osservando. Lo sguardo del terrestre era incredibilmente triste. C18 in quel momento lo odiò. Odiò il fatto che lui poteva essere umano. Odiava il fatto che lui poteva un giorno morire. Odiava il fatto che lui poteva farsi una vita normale. Non le interessava minimamente il fatto che anche lui stava soffrendo immensamente per quella situazione. L'androide sentiva fortissimo il bisogno di sfogarsi. Di scaricare su qualcuno quell'immensa ingiustizia che le era capitata.

“E' ti dispiace eh? Ti dispiace il fatto che non potrai più scoparmi un giorno, vero?!” gli ringhiò contro con voce cattiva, lasciando il terrestre totalmente sbigottito.

“Ma...ma cosa diavolo...”

“Non provare a negare!” dichiarò con voce carica di rabbia l'androide. “Guarda che l'ho capito cosa intendevi con quel discorsetto. Pensi veramente che io potrei dimenticarti così da un giorno all'altro? Cos'è hai paura che ti rimpiazzi? Che ti sostituisca? È questo che pensi di me? Che sono una puttana? Ma certo! Una puttana! Anzi no, la TUA personale puttana! L'unica così cogliona da perdere tempo con un idiota come te!”

“Questo non é affatto vero! Sai benissimo che io non sono tipo da dare importanza a certe cose! Juu...tu...tu non sei in te!” dichiarò il terrestre cercando di calmarla. Ma C18 era troppo furiosa con il mondo intero per poter ragionare in maniera lucida.

“Oh, certo come no!” fece con tono sarcastico. “Ma mi credi una stupida? Una deficiente? Adesso io dovrei credere al fatto che tu, anche se io fossi stata un cesso, mi avresti salvata e corteggiata? Sei solamente un stronzo! Un idiota! Anzi no, l'idiota sono io che mi sono fatta mettere incinta da un imbecille come te!” dopo quell'ultimo grido carico di rabbia, la cyborg uscì dalla Kame House a grandi passi.

“Juu! Maledizione, aspetta un secondo!”

Crilin provò a fermarla, ma ad un tratto, l'androide sparì dalla sua vista. Un istante dopo, un braccio gli circondò le spalle mentre sentiva una voce velenosa sussurragli all'orecchio.

“Non osare...” sussurrò la bionda. “Potrei anche ucciderti. Sai che lo farei. Prova a farlo e ti ucciderò.”

Crilin deglutì e rimase immobile. Tuttavia, quando non sentì più la presenza del braccio di C18 attorno alle sue spalle, il terrestre corse subito fuori dalla Kame House. In ritardo però. Della cyborg non c'era la benché minima minima traccia.

 

CONTINUA

 

Ehm...so benissimo che sono in arci ritardo ma la mia ragazza mi ha mollato e, francamente, non è che quando la tua ragazza ti lascia sei entusiasta di metterti a scrivere di una coppia che si ama alla follia. Comunque, alla fine, sono qui. A pubblicare il capitolo numero 19.

Dunque, vi avverto subito. Secondo me, questo capitolo, è lontano mille miglia da quelli che scrivevo fin a un mese fa. Non so perché, ma secondo me, più passa il tempo, peggio scrivo. Boh, sarà l'acool che ho usato in dosi massicce per smaltire la delusione amorosa (nelle ultime due settimane mi sono ubriacato ben 3 volte! Forse la dovrei smettere di andare alle serate a casa di amici il sabato sera...) in ogni caso, quella tr...ehm, volevo dire quella cattiva della mia ex è già archiviata (attualmente mi sto già vedendo con un'altra xD) quindi vi avviso che, nonostante la maturità sia alle porte, sono di nuovo in forma per continuare questa storia (che ormai la finirei anche se non avessi più voglia. Cavolo dopo tutta la fatica per arrivare al capitolo 19 mi seccherebbe buttare tutto alle ortiche!)

Vabbè, vi lascio! Lasciatemi un commentino please! Dopo quello che ho passato, una bella recensione (anche negativa mi va benissimo) sarebbe il miglior regalo che potreste farmi :)

Un saluto!

  
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