Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Eloise_Hawkins    27/04/2012    13 recensioni
Hermione Granger ha appena visto il bacio tra Lavanda e Ron; distrutta dal dolore e in preda alle lacrime, si rifugia nel bagno delle ragazze del terzo piano, disabitato da quando il Troll di Montagna, penetrato nella scuola durante il suo primo anno, l'aveva distrutto.
Draco Malfoy ha solo sedici anni, ma sulle sue spalle grava un peso non indifferente. Oppresso dai pensieri riguardo la missione affidatagli dal Signore Oscuro, cerca conforto nel silenzio del bagno delle ragazze del terzo piano, ignaro del fatto che qualcuno, quella sera, ha già avuto la stessa idea. Pur non conoscendo l'identità l'una dell'altro, e nonostante le iniziali reticenze, i due ragazzi accettano quell'anonima compagnia, un po' per solitudine, un po' per affinità. Parlano a lungo, e tra di loro nasce un rapporto particolare, fatto di confidenze, parole e segreti chiusi a chiave nel loro cuore.
Ma se uno dei due scoprisse l'identità dell'altro? Continuerebbe a rinnovare l'appuntamento o si tirerebbe indietro?
Tra favole dal sapore dolce-amaro e parole che sembrano non bastare mai, tra i due nascerà una relazione destinata a diventare speciale.
Si può uccidere il male seppellendolo di risate?
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Cenerentola e altre fiabe'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 2:
Mulan – ovvero di leggerezza e falsa gloria

 

«Il fiore che sboccia nelle avversità
è il più raro e il più bello di tutti»

«Torni a casa per Natale?»
«No»
«Come mai?»
«Ho da fare qui ad Hogwarts»
«Riguarda la tua sciocchezza? Quella che tuo padre ti obbliga a fare ma che tu non vuoi fare?»
«Non è mio padre ad obbligarmi. Devo farlo, non ho scelta»
«C’è sempre una scelta»
«Non questa volta»
«Ti ostini a pensare di non avere altre vie da seguire solo perché vuoi una giustificazione a ciò che stai facendo, per quanto sbagliato possa essere».
Silenzio. Il gocciolante silenzio del bagno, il silenzio del suo respiro, il silenzio di chi rimane colpito da una rivelazione con cui si scontra per la prima volta dopo tanto tempo passato ad evitarla. Draco non rispose, troppo occupato a pensare al significato di quelle parole. Poi, però, per la prima volta da quando erano cominciati quegli incontri, sentì il bisogno di riempirlo, quel silenzio, perché era diventato opprimente: il peso della verità era difficile da sostenere.
«Tu torni a casa per Natale?»
«No»
«Perché?»
«Perché tu non ci torni».
Senza sapere perché, Draco sorrise. Con dolcezza, con tenerezza. E si sentì leggero.
 

***

 
Fuori, la neve aveva ormai sostituito la pioggia, che per giorni aveva frustato le finestre della scuola: fiocchi candidi avevano ricoperto il parco, si erano depositati sui davanzali delle finestre e sui tetti delle serre, raffreddando ogni cosa e dando l’ultimo saluto a quelle foglie tenaci infine preda del suolo e poi del gelo.
C’era un posto, però, che né la rigida temperatura né il malumore degli studenti infreddoliti aveva raggiunto. Se si tendeva l’orecchio nelle ore serali, quando tutti ormai erano andati a dormire e il castello riposava sonni apparentemente tranquilli, si potevano udire i sussurri timidi e caldi di due studenti che nonostante le differenze avevano trovato un punto di incontro.
Novembre era scivolato via con dolcezza, come l’ultima carezza di una madre affettuosa prima di andare a dormire; il tempo si era perso tra sguardi mai dati e risate sottovoce, in mezzo al gocciolio dei tubi rotti e dei lavandini in disuso, fra i cubicoli putridi di un bagno dimenticato da tutta Hogwarts, eccetto che da due studenti che si scoprivano con la timidezza con cui i primi boccioli vincono la neve, in primavera. I minuti avevano perso consistenza, ed erano diventati ore, stiracchiandosi come un pigro gatto davanti al fuoco del camino, prolungandosi a tal punto che spesso erano le prime luci del mattino a stanarli e costringerli alla ritirata.
Draco ed Hermione, ancora ignari dell’identità l’uno dell’altra, avevano preso la deliziosa abitudine di trovarsi lì, ogni notte: nel bagno delle femmine del terzo piano. Anche se il vento soffiava impetuoso al di là delle grandi vetrate, anche se le dita fredde dell’inverno avevano ghiacciato l’acqua all’interno delle tubature rotte, anche se Mirtilla Malcontenta aveva allagato almeno una decina di volte il pavimento, i due giovani non avevano desistito, ed i loro incontri avevano ora il sapore della confidenza.
Si erano conosciuti lentamente, svelando poco a poco parti di sé sconosciute persino a loro stessi, e riscoperte solo in quel frangente, con enorme sorpresa di entrambi. Il tempo sembrava non bastare mai, perché le parole erano tante e una volta cominciate non finivano più. Parlare era spontaneo e semplice, perché avere una porta tra di loro significava non aver bisogno di innalzare barriere o difese che impedissero all’altro di scoprire qualcosa di sé: c’era già quella superficie di legno a far da scudo a tutto, persino alle loro timidezze. Che importava se Draco confessava l’affetto silenzioso nutrito nei confronti della madre, se poi lei, non conoscendone il volto, non poteva deriderlo? Che importava se Hermione rivelava la sua adolescenziale paura di rimanere sola o di essere rifiutata per ciò che era, se poi lui, non conoscendone il volto, non poteva giudicarla?
Nelle loro risposte non c’era mai critica, né il crudele giudizio sentenzioso che si riserva di solito ai problemi o ai tormenti altrui. Erano diventati, a modo loro, amici sinceri, uniti da qualcosa di profondo che non si poteva creare dal nulla: l’intesa. Poiché era quello a costituire le fondamenta portanti del loro rapporto, a loro piaceva il debole mistero della loro identità, benché le domande che di tanto in tanto ciascuno si lasciava sfuggire denunciassero la malcelata curiosità che entrambi avevano l’uno nei confronti dell’altra.
Hermione aveva preso la stramba e pessima abitudine di allungare il collo verso il tavolo dei Serpeverde la mattina a colazione, sperando di contare un centimetro di occhiaie in più sul volto di qualcuno, segno inequivocabile della stanchezza dovuta al poco sonno. Ginny non aveva tardato a notare quello strano comportamento, davvero poco raccomandabile, per non dire sospettoso, ma lei l’aveva liquidata con un’alzata di spalle, e non aveva più ricevuto domande inopportune, perché Harry era troppo occupato a incolpare Malfoy di essere un Mangiamorte, e Ron non faceva altro che mangiare e sbaciucchiarsi con Lavanda – anche se sembrava cominciasse a scocciarsi; non del cibo, naturalmente. D’altronde, nessuno dei due si sarebbe mai azzardato a fare una sola domanda: una volta il Ragazzo Sopravvissuto aveva osato chiederle dove sparisse tutte le notti, e lei gli aveva lanciato un Incantesimo Languelingua – fattura, peraltro, inventata dal Principe Mezzosangue, che lei non faceva altro che criticare e condannare.
Draco, come la ragazza, lanciava occhiate curiose ad ogni ragazza vestita di blu e argento, senza sapere che stava guardando dalla parte sbagliata, e sarebbe bastato tendere l’orecchio quando il Trio dei Miracoli – ormai diventato un quadrato grazie al recente ingresso di Lavanda Brown, e destinato a trasformarsi in un pentagono a giudicare dalle occhiate che Potter lanciava alla minore dei Weasley – passava accanto a lui. Il fatto è che il cervello e il cuore umano funzionano in un modo particolare, e spesso oscuro, intricato, incomprensibile. Così, se Draco, durante gli incontri con la sua ragazza del mistero, percepiva la sua voce come melodica, dolce, delicata, ogni qual volta incrociava per i corridoi Hermione Granger, tutto ciò che sentiva era un gracidare saccente e fastidioso. Perché il cuore vede ciò che vuole vedere, ma sente indistintamente ogni cosa.
 
Quando era con lei, Draco si sentiva leggero. Come la sua voce, leggera, che raccontava favole dal sapore irreale ma per questo dolcissimo; come il timbro soffice, leggero, che abbandonava le sue labbra – quella bocca che ogni tanto lui si ritrovava a sognare, quando le fiabe invadevano i sogni e gli sembrava di sentire l’eco di quelle storie. Draco si sentiva leggero, e non riusciva più a ricordare il motivo per cui quel pomeriggio aveva pianto, la ragione per cui continuava a recarsi nella Stanza delle Necessità, la causa di tutto quel nervosismo. Stare con lei era come aprire una parentesi nel tempo, squarciare il tessuto di quella vita in bilico tra esistenza e terrore e riempirlo con fiori profumati – parole, sorrisi, leggerezza. Poi lo schifo tornava, è ovvio, ma intanto per un po’ l’aveva fregato.
All’inizio era stato difficile stabilire una quotidianità: quella presenza, per quanto fosse stata piacevole, era nociva: poteva scoprire la sua identità, magari il suo piano. La sua pericolosità era scemata e poi del tutto scomparsa quando Draco si era reso conto che quella presenza  era utile – qualsiasi cosa questo significasse. E si era avvicinato a lei così tanto da confessargli le paure più intime e nascoste, così come i segreti più oscuri e contrastati del suo cuore; ma anche i più dolci ricordi e i pensieri migliori, gli ultimi sopravvissuti di una vita passata a fare scelte obbligate, un’esistenza culminata in quell’ultima missione che era solo un concentrato di terrore.
 
C’erano delle regole non scritte, tra di loro.
Hermione era sempre la prima a recarsi nel bagno. Entrava, si rinchiudeva nell’ultimo cubicolo, e poi aspettava. Non passavano che pochi minuti prima che il ragazzo arrivasse. Non si erano mai dati un orario, ma per qualche motivo riuscivano sempre a trovarsi in quel modo, e nessuno dei due aveva mai osato infrangere quella prima, fondamentale legge: quella dell’anonimato.
La seconda regola non scritta era quella dell’insistenza. Se uno dei due non rispondeva a una domanda, oppure sviava l’argomento, era il momento di lasciar perdere.
Le altre erano norme che stabilivano, in silenzio, giorno dopo giorno. Come il tacito accordo di non parlarne con nessuno, ad esempio.
 
«Hai detto a qualcuno di noi?»domandò Hermione. Mancavano pochi giorni all’inizio delle vacanze di Natale: erano passati quasi due mesi dal loro primo incontro. Quella sera, fuori, la neve scendeva in candidi fiocchi volteggianti; dentro, c’era il solito gocciolio acquoso che faceva da sottofondo alle loro parole.
«Non c’è nessun noi» ribatté immediatamente il ragazzo, con tono isterico e aspro. Tacque per pochi istanti, poi, in un sussurro, chiese con una certa urgenza nella voce: «Tu l’hai fatto?». Hermione sorrise, ormai abituata a quel suo diffidente modo di evitare ogni rivelazione che avrebbe potuto implicare sentimenti – debolezze; continuava ad evadere la maggior parte delle domande della Grifondoro, rigirandole e ponendole a lei per ottenere una risposta che lui non voleva dare.
«No»rispose quietamente. «Credo che nessuno potrebbe capire»aggiunse a mezza voce, come timorosa di metterlo a parte di quella confessione. Sentì un lieve sospiro al di là della porta, e un leggerissimo tonfo, come se qualcosa avesse colpito piano la parete di legno.
«Ahi»Un lieve lamento dall’altro lato. Immaginò che lui avesse appena sbattuto la testa, e ridacchiò.
«Non dovresti ridere delle disgrazie altrui. È da Serpeverde, non ti spetta»disse il ragazzo, e la sua voce non era fredda o risentita, ma impregnata di sarcasmo e persino di un pizzico di divertimento. Hermione rise più forte, senza preoccupazioni e libera da ogni pregiudizio. «Nemmeno io l’ho detto a nessuno»rivelò il Serpeverde, rilassato dal suono leggero di quella risata. C’era una nota di reticenza in quella voce, come se lui non volesse davvero svelare quell’informazione, sussurrata appena a bassa voce, come se la verità spaventasse anche lui.
«Per lo stesso motivo?»domandò con educata curiosità Hermione, lisciandosi la gonna della divisa sul grembo.
«No»rispose lui, schioccando le labbra. «Bè, anche. Ma sai, a Serpeverde, comunque, nessuno potrebbe capire. Non è che io abbia proprio tanti amici, tra l’altro. E poi, tu sei una Mezzosangue, è una cosa… rischiosa, da dire. Se lo venisse a sapere mio padre...»La sua voce si affievolì sulle ultime parole, come se si fosse pentito di aver detto quell’ultima frase e volesse rimangiarsela, ma fosse già troppo tardi. Si limitò a lasciare la frase in sospeso, concludendola solamente con un sospiro.
Hermione aveva ormai rinunciato a consigliarli di lasciar perdere ciò che diceva suo padre per dedicarsi solo a ciò che voleva lui. Sapeva che distaccarsi da una figura paterna che per anni non era stato solo un appoggio e un punto di riferimento, ma anche un esempio, per quanto sbagliato e oppressivo, poteva essere difficile, se non impossibile. Suo padre aveva plagiato la sua mente, inculcandogli principi che lui riteneva giusti solo perché gli era stato detto che era così: Hermione l’aveva capito già dal primo incontro, e quelli successivi avevano confermato la sua prima impressione. Così, piuttosto che giudicare e andar contro le convinzioni del ragazzo, cercava solo di dargli consigli che avrebbero potuto fargli capire quanto il suo modo di pensare potesse essere deleterio per lui.
«Anche i tuoi fratelli e sorelle sono oppressi in questo modo da tuo padre?» domandò con pacatezza, in un tono che non era né curioso, né provocatorio, né sarcastico. Era solo una richiesta, una di quelle sottili e quiete parole che scorrevano tra di loro su placidi binari di intimità; come se fossero antichi amici che volevano solo risollevare il morale dell’altro, scoprendo intanto qualcos’altro di nuovo negli anfratti del cuore altrui.
«Sono figlio unico»replicò il ragazzo senza alcun timore o esitazione. Un sorriso increspò le labbra di Hermione.
«Allora abbiamo almeno una cosa in comune: anche io lo sono»disse con semplicità, uno strano senso di ulteriore complicità ad aleggiargli sulla bocca morbida.
«I tuoi ti hanno mai obbligato a fare qualcosa?»chiese allora il Serpeverde, con una nota di speranzosa curiosità nella voce.
Hermione tacque per qualche minuto, cercando di pescare, tra i suoi mille ricordi, ordinatamente messi in fila, quello che l’avrebbe aiutata a rispondere alla domanda. Dopo un po’, con tono pensieroso, disse: «Mi obbligano a non assumere tanti zuccheri». Non era esattamente il genere di risposta che il ragazzo si aspettava, però non rise, come invece lei si aspettava. Sembrava più scandalizzato e dubbioso, che divertito.
«Perché?» domandò subito, la curiosità limpidamente espressa dalla sua voce.
«Sono dentisti»replicò la Grifondoro con sincerità. Si strinse nelle spalle, esprimendo quel concetto con lineare semplicità, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. E, in effetti, per lei lo era: una cosa così ordinaria e quotidiana da dimenticare che lui non poteva avere la più pallida idea di cosa ciò significasse.
«Ed è grave?»ribatté infatti il ragazzo, dubbioso e al tempo stesso incerto, perché non sapeva cosa quell’informazione significasse, e quindi non aveva idea di cosa rispondere. Perciò Hermione rise, di quella risata fresca, spontanea, leggera.
«Significa che curano i denti delle persone»precisò, l’ilarità non derisoria ma divertita di poco prima che le accendeva il tono, illuminandolo.
«Oh»fece solamente lui, a metà tra il deluso e l’offeso. Però non c’era ombra di disgusto, nel suo tono. Sembrava solo che lui stesse cercando di accettare il fatto che lei fosse tanto diversa da lui, tanto impura
 
… ma in un modo purissimo, e questo Draco non riusciva proprio a spiegarselo. Suo padre gli aveva sempre detto che i Mezzosangue fossero gente inferiore, spazzatura, rifiuti della società al pari di altre creature, come gli elfi domestici – come l’elfo domestico che quando era bambino l’aveva fatto giocare, aiutato. Ma lui ci aveva creduto davvero, lui ci credeva davvero. O forse no? Forse stava cominciando a cambiare idea e quegli incontri non erano compromessi, ma soltanto l’accettazione della diversità, la realizzazione che non tutto ciò che diceva suo padre era legge. Lo stava capendo anche e soprattutto perché non era più sicuro di voler portare a termine quella missione; non lo era mai stato.
«Non pensi che sia strano?»La ragazza interruppe il filo dei suoi pensieri, impedendogli di giungere a conclusioni concrete.
«Cosa?»domandò lui, perplesso. Lei si prese un po’ di tempo per rispondere.
«Io conosco tutto del tuo mondo, del nostro mondo»si corresse rapidamente, mentre Draco ghignava a quel piccolo errore «ma tu non sai niente del mio»considerò con tono pensieroso, ma per nulla critico.
«Perché dovrei sapere qualcosa del mondo Babbano?»chiese con tono quasi offeso, vestendosi della solita superbia da Purosangue – dell’arroganza dei Malfoy.
«Perché può essere affascinante quanto quello dei maghi» replicò lei con disinvoltura, senza la minima esitazione o il minimo dubbio. C’era una punta di pedanteria, in quella voce, una sfumatura di saccenza che lui aveva già sentito da qualche parte, benché non ricordasse dove. Quel campanello d’allarme scivolò in lontani anfratti della sua mente.
«Bè, qualcosa del mondo Babbano la conosco»osservò Draco, lentamente, come cercando di formare quel pensiero nella sua mente.
«Cosa?»La ragazza era evidentemente curiosa.
«Te»rispose allora il Serpeverde, con semplicità. Si accorse solo un attimo dopo che quell’affermazione avrebbe anche potuto ferirla, ma, in fondo, non gli importava poi così tanto.
«Io non faccio parte di quel mondo. Non completamente»disse lei in un tono che lui non riuscì a interpretare. Sembrava distaccata, e lui era sicuro che non ci fosse la stessa leggerezza di sempre, in quelle parole.
«Conosco anche qualcos’altro di quel mondo»considerò allora il giovane, come a voler riparare al suo piccolo errore, per un motivo che sfuggiva persino a lui.
«Che cosa?»chiese allora lei, con una punta di freddezza nel tono, che però si stemperò nella curiosità che le accese la voce.
«Le favole»ribatté lui con ostentata sicurezza, e per qualche strana ragione, c’era dolcezza nella sua voce. C’era leggerezza.
«Argomentazione interessante»disse lei. Draco era sicuro che adesso stesse sorridendo.
 

***

«Andrai alla festa di Lumacorno?»
«Ehi, non vale!» protestò il ragazzo, strepitando il suo disappunto e facendo aggrottare le sopracciglia ad Hermione.
«Cosa?»
«Se ti rispondo tu potresti scoprire chi sono»
«Hai ragione. Scusami».
Stavolta fu Draco ad inarcare le sopracciglia. Si sentì strano, leggero in un modo nuovo e inaspettato, perché nessuno gli aveva mai chiesto scusa con quella sincerità tiepida e candida nella voce.
«Quindi tu ci vai?»
Hermione tacque, prendendosi del tempo per rispondere. Ci pensò un po’ su, poi decise di dire: «Non sono abbastanza popolare per lui…». Il sapore di quella menzogna le fece arricciare il naso.
«Ma dai? E io che pensavo che stessi per invitarmi alla sua festa»
«Saresti venuto?»domandò cautamente lei. Il ragazzo non rispose, e lei seppe che quello era un sì. E si sentì leggera. 

 

***

 
«Tu cosa faresti al posto mio?».
Dracoera in piedi, la schiena poggiata alla parete accanto alla porta e le braccia incrociate al petto. Natale era venuto e passato, e i due si erano ritrovati lì persino la notte del venticinque dicembre, con grande sorpresa di entrambi; in quel bagno, mentre tutti gli altri festeggiavano nei propri dormitori scambiandosi regali e brindando al piacere delle vacanze. E lei, a modo suo, aveva trovato il modo di celebrare il Natale con lui: gli aveva fatto un regalo. Draco l’aveva trovato accanto lo stipite della porta del cubicolo in cui si nascondeva, impacchettato con della carta verde smeraldo e decorato con un nastro d’argento - «Colori perfetti»aveva commentato lui con un ghigno, anche se si era sentito sorpreso, e in colpa, perché lui non aveva minimamente pensato a comprarle un regalo. Draco si era giustificato con se stesso per quella mancanza almeno un migliaio di volte: non si poteva abbassare al livello di una Mezzosangue; i suoi pregiudizi erano ancora una barriera troppo solida da abbattere. Ma nonostante tutto, non poté fare a meno di sentirsi a disagio, mentre scartava lentamente il suo inatteso dono. Era un libro di favole babbane - «Ti piace?»aveva chiesto lei con voce esitante e tesa, come se temesse il suo giudizio. «È perfetto»aveva detto lui, sorridendo, sentendosi leggero. E non aveva potuto fare a meno di pensare che, forse, il destino aveva in serbo per lui qualcosa di diverso. E se il fato avesse preso la decisione di salvarlo dalla via delle arti oscure che sembrava essere stata tracciata per lui? E se, per farlo, sarebbe bastato schiudere l’anima di una donna? Per carpirne i segreti, per vedere qualcosa di diverso dal buio che l’aveva sempre circondato. Era bastato un incontro, un’identità non svelata, e tante parole, che avevano guarito ferite antiche e recenti. Poi gli incontri erano diventati due, e tre, e sempre di più, come un vizio impossibile da smettere. E le loro anime avevano cominciato a conoscersi, a capirsi. E se all’inizio il mistero era solo un piacevole enigma che spaventava e provocava indifferenza, con il passare del tempo era diventato un chiodo fisso, pericolosamente attraente. Qualche volta Draco sentiva l’impulso di aprire la porta, ma non lo faceva mai per paura che finisse – per paura di rimanere deluso.
«In tutta sincerità, non ne ho idea. Immagino che dipenda soprattutto dal cosa»replicò la ragazza, lentamente, come se ogni parola fosse attentamente soppesata.
«Non posso dirtelo»disse immediatamente Draco, alzando la voce tanto che sobbalzò, lanciando uno sguardo alla porta d’ingresso per timore che il suo grido isterico fosse stato udito anche da fuori.
«Non te l’ho chiesto, infatti»ribatté con semplicità e pacatezza la Corvonero. «Solo che se fosse una cosa tanto brutta non la farei, a prescindere da tutto»spiegò con tranquillità, come se fosse la cosa più semplice del mondo.
«Cosa intendi per cosa “tanto brutta”?»domandò Draco, tradendo un certo nervosismo.
«Non so. Una cosa che va contro la legge, o che potrebbe nuocere a qualcuno, fisicamente o emotivamente»chiarì con tono quieto. Il Serpeverde deglutì, punto sul vivo. E se quella ragazza fosse stata in grado di utilizzare la Legilimanzia? Si concentrò, cercando di bloccare i pensieri, come sua zia gli aveva insegnato.
«E se non farlo fosse rischioso?»tentò ancora, cercando cautamente di comprendere il modo di pensare altrui per paragonarlo a lui. Voleva avere una conferma, voleva essere sicuro di fare la cosa giusta, voleva trarre forza dalle sue parole; ma tutto ciò che riuscì ad ottenere fu paura, ansia, agitazione.
«Qualcuno ti minaccia?»domandò subito la ragazza, il tono venato da una sfumatura di preoccupazione.
«No»rispose subito Draco, troppo velocemente e probabilmente anche in modo troppo distaccato per destare sospetti.
«Sai, ognuno ha il suo modo di pensare. Quello che per me è giusto potrebbe non esserlo per te, e viceversa. È per questo che è tanto bello il mondo: è vario»Si fermò, prese un bel respiro, poi continuò: «Tutto quello che posso dirti è che non vale la pena di sostenere lotte in cui non credi. Perderesti in partenza. Le motivazioni sono il primo trampolino di lancio per raggiungere ciò che vogliamo; se mancano quelle, non riesci a prendere il giusto slancio per fare il passo successivo, per superare quel burrone che ti trovi davanti. Non riesci a superare le difficoltà»disse con tono serio e profondo. Draco aggrottò le sopracciglia, non riuscendo a comprendere in pieno quel discorso – cosa Merlino è un trampolino di lancio?! – ma rimase comunque in silenzio, in ascolto. «Se tu non vuoi fare questa cosa, perché pensi che sia sbagliata, o per qualsiasi altro motivo, non devi far altro che lasciar perdere»concluse, quasi senza fiato, la veemenza che andava pian piano scemando per lasciar spazio al silenzio della saggezza.
«Non posso farlo»sussurrò piano Draco, in un mormorio quasi supplichevole. «Tu non capisci, lui…»Le parole gli rimasero incastrate in gola, e lui non riuscì ad andare avanti. Lo stomaco si aggrovigliò in modo spiacevole, e lui, ferito al contempo dalla sua debolezza, dall’angoscia, e dalla paura, si piegò su se stesso e cercò di trattenere le lacrime. Un singhiozzo gli sfuggì dalle labbra. Sentì la Corvonero trasalire; non osò, però, uscire dal bagno per consolarlo, e Draco gliene fu grato, perché non avrebbe sopportato farsi vedere così debole.
 
Hermione provò l’irrefrenabile impulso di stringere quel ragazzo fragile tra le braccia, di asciugare le sue lacrime, di bere le sue paure. Non erano mai andati così a fondo a quella questione, e solo ora si rendeva conto quanto quel peso opprimesse il Serpeverde. Non osava chiedere oltre, indagare, per timore di risultare invadente, forse anche per la paura di scoprire cosa lui nascondesse. Fino a quel momento, non aveva mai pensato che potesse essere una questione poi così importante – niente di più che scontri tra padre e figlio. Ma in quel momento la Grifondoro si rese conto che, probabilmente, c’era qualcosa di molto più profondo e complicato da scoprire. Ne ebbe la conferma quando lui parlò.
«Io non sono mai stato bravo in niente. Mio padre mi ha sempre spianato la strada, ha fatto in modo che io ottenessi ciò che volevo a prescindere dal merito, o dalle mie capacità. Ora voglio dimostrare di essere capace di fare qualcosa. Questa cosa che devo fare è sbagliata, è terribile, io lo so; ma porterà gloria a me e alla mia famiglia. Verremo ricoperti di onori, di potere»La sua voce si spezzò, incrinata da una nota di isteria simile alla follia.
Hermione trasalì, colpita tanto dal suo tono quanto dalle sue parole. Non riuscì a trovare nulla da dire per molto tempo, perché il suo cervello aveva cominciato a lavorare freneticamente alla ricerca del senso di tutto ciò che aveva sentito. Cercava di capire cosa quelle parole significassero, cercava di trarre conclusioni a cui non poteva arrivare, anche se c’era qualcosa, in quella strana confessione che aveva sapori amari e aspri al tempo stesso, che le sembrava familiare, preoccupante, oscuro.
Solo quando i singhiozzi del ragazzo cominciarono a risuonare per l’aria, interrotti solo da lamenti incomprensibili, parole aggrovigliate che non avevano capo né coda, significato né senso, il cuore di Hermione sprofondò nella tenerezza.
«Come Mulan»disse in un sospiro che aveva l’unico scopo di lasciar uscire dal suo corpo tutta l’ansia accumulata, per lasciar spazio solo alla dolcezza che gli riservava di solito. I singhiozzi cessarono all’improvviso, lasciando spazio solo al silenzio acquoso del bagno, e alla perplessità del Serpeverde.
«Mulan?»ripeté lui, non riuscendo a cogliere il senso della sua considerazione.
«Era una ragazza che per portare onore e gloria alla sua famiglia va in guerra al posto del padre, fingendo di essere un uomo»spiegò Hermione con pacatezza, intingendo il suo timbro nel miele più dolce per risultare più tenera, più leggera.
«Non sto fingendo di essere una donna»protestò immediatamente il ragazzo, tornato in un attimo il solito superbo e arrogante Serpeverde.
«Non è questo il punto. Lei pensava che per rendere fiero suo padre avesse bisogno di essere qualcun altro, di fare grandi imprese. Invece capisce che non è così; che suo padre la ama a prescindere da tutto, solo perché è lei»chiarì la Grifondoro con tono serio e intenso. Aveva frainteso tutto, ma questo non poteva saperlo, naturalmente.
«Non è il mio caso…»considerò l’altro, lugubre. «E stavolta non si tratta più di mio padre. Non solo, almeno»aggiunse piano, come se quell’ultima frase fosse stata una considerazione personale, che non era rivolta intenzionalmente a lei.
«E una volta che l’avrai ottenuta, che te ne farai?»chiese Hermione, non riuscendo a trattenersi dal porgli quella domanda.
«Di cosa?»La voce del ragazzo era ora attenta e profondamente curiosa.
«Della gloria»rispose la Grifondoro senza la minima esitazione, ma con una semplicità disarmante. Probabilmente, il ragazzo non si aspettava una domanda tanto spiazzante, perché tacque, incapace di trovare una risposta.
 

***

 
Le lezioni erano ricominciate sotto una coltre di neve talmente gelida da congelare il respiro nei polmoni; questo, naturalmente, non aveva fermato i due ragazzi. Anzi, nel bagno del terzo piano c’era un tepore davvero piacevole: Hermione, che com’era risaputo aveva un talento particolare per i fuochi, aveva imprigionato una delle sue fiammelle blu in un barattolo, e aveva provveduto a riscaldare il luogo prima dell’arrivo del Serpeverde.
«Sei in ritardo»affermò quando udì i suoi passi riecheggiare per le pareti. Un sorriso le aleggiava sul volto, nonostante le sue parole, che comunque non contenevaon nessun rimprovero o rancore.
«Dovevo fare una cosa»spiegò il ragazzo con tono di scusa. L’eco dei suoi passi si spense; un fruscio, un tonfo leggero, un sospiro. «Sto cercando di riparare una cosa, ma… non so come fare»dichiarò stancamente.
«Di cosa si tratta? Magari posso aiutarti…»propose Hermione, premurosamente, tendendo l’orecchio per captare ogni movimento del giovane al di là della porta. Il ragazzo tacque a lungo, indeciso se rivelargli o meno quell’informazione. Poi, lentamente, con esitazione, rispose.
«È un oggetto che funziona come una specie di passaggio. Solo che uno dei due portali è rotto»spiegò con fiacchezza, come se l’idea stessa lo disturbasse.
«Hai provato con un Reparo?»azzardò Hermione in un pigolio intimidito, certa che la risposta fosse ovvia.
«Mi prendi in giro?»la rimproverò il ragazzo con tono scandalizzato. La Grifondoro sorrise, e si lasciò scivolare lungo la parete.
 
«Mia madre dice sempre che spesso la soluzione più ovvia e semplice è la più giusta»affermò, la dolcezza a pervadere ogni nota di quella voce soffice, leggera.
«Tua madre è molto saggia»disse Draco. Era esausto, ma nonostante la stanchezza – e forse, proprio a causa di essa – non aveva mancato il quotidiano appuntamento con la ragazza. Quel pomeriggio le lezioni di Erbologia e Cura delle Creature Magiche erano state annullate a causa della neve, e lui aveva avuto tutto il pomeriggio a disposizione per cercare di riparare l’Armadio Svanitore. Non aveva avuto molto successo, ma aveva speso tutte le sue energie in incantesimi e sortilegi che, purtroppo, non avevano sortito nessun effetto. Oltre a un forte senso di frustrazione, Draco cominciava a temere di non riuscire nel suo intento. Perciò, per farsi scivolare addosso quelle spiacevoli sensazioni, aveva bisogno della sua voce – soffice, spontanea, semplice, leggera.
«E la tua com’è?»gli domandò con dolcezza, curiosa come una bambina.
«Una che non rimbocca le coperte e non dà baci della buonanotte»rispose con tono piatto e distante Draco. Quelle parole gli erano sgusciate fuori dalle labbra in modo spontaneo, automatico, eppure, senza sapere perché, una volta pronunciate seppe che non erano le parole giuste da dire; seppe che non erano le parole che avrebbero reso giustizia a Narcissa Malfoy.
«Una fredda, insomma»intuì lei, traendo le sue conclusioni. Il Serpeverde strinse le labbra, e sospirò.
«Sì»disse, senza però pensarlo davvero.
«E tu la ami?»domandò con ingenuità e candore la ragazza. Sembrava addolcita, per qualche motivo che a lui sfuggiva.
«E’ mia madre»replicò Draco con semplicità, come se quell’unica spiegazione bastasse a spiegare tutto, e a rispondere a quella domanda.
«Io amo i miei genitori»affermò la Corvonero con sicurezza, come se quel sentimento fosse un vanto, una forza, e non, come invece pensava erroneamente il Serpeverde, una debolezza o una vergogna.
«Bè…»cominciò esitante lui, che non voleva esserle da meno, e che, al tempo stesso, cominciava non solo a fidarsi, ma anche a credere a ciò che diceva, a desiderare di aprirsi un po’ di più «diciamo che se mia madre dovesse morire, sarei un po’ triste»disse piano, senza riuscire a nascondere la nota di debolezza o il groppo in gola che gli faceva tremare e affievolire la voce.
«Solo un po’?»lo incitò la ragazza, come intuendo la realtà dietro l’apparenza.
«Solo un po’» confermò lui, che non era disposto a scoprirsi a tal punto da rivelarle l’affetto per sua madre – sentimento che, per altro, nascondeva anche a se stesso.
«E tuo padre?»indagò lei con tono flebile, in un pigolio timoroso e imbarazzato. Draco si irrigidì appena, ma non le negò una risposta.
«Non la pensiamo allo stesso modo»dichiarò con una freddezza e un distacco non voluti, ma naturali.
«Credevo che ti costringesse a pensarla come lui»gli ricordò la ragazza, con tono consapevole e saccente. Stranamente, il Serpeverde non ne fu infastidito.
«Sì»disse. «Solitamente è così. Solo che ora ho sedici anni, non sono più un bambino. Comincio a pensare con la mia testa, e… lui mi sta facendo confrontare con una realtà che… non mi piace»rivelò, seppure con fatica.
«Crescere nella difficoltà è molto utile. Tempra lo spirito e forma il carattere»dichiarò la ragazza con una sicurezza che a lui sembrò dolcissima. Talvolta gli capitava di perdersi nelle sfumature del suo timbro vocale, così non prestava attenzione alle sue parole. E ancora meno alle sue.
«Siamo dello stesso anno, comunque»aggiunse poco dopo la Corvonero. Draco trasalì: non si era accorto di aver detto qualcosa di così importante e rivelatore.
«Come lo sai?»chiese, tanto per essere sicuro che lei non fosse una Legilimante.
«Hai detto che hai sedici anni»rispose lei con semplicità.
«Mh» mugugnò lui, infastidito.
«Anche io sono al sesto»rivelò la ragazza. E ancora una volta, Draco, mentre sorrideva, scoprì di sentirsi leggero.




*****************************************************************************************************************************
Nota dell'autrice:
Salve a tutti! Sono riuscita a concludere il secondo capitolo più in fretta del previsto, anche se non so come (anzi, lo so: non ho aperto libro questa settimana ç.ç). Una piccola precisazione: s
o che Mulan non è esattamente una fiaba, ma mi sono presa la libertà di inserirla come tale perché trovavo la similitudine con Draco abbastanza calzante. Riadattata a modo mio, ovviamente. In effetti, ho una capacità di collegamenti piuttosto contorta e non sono nemmeno sicura che questo sia riuscito in pieno. Ma comunque, vi avevo già anticipato nella nota dello scorso capitolo che non si sarebbe trattato di favole vere e proprie, quindi datemela per buona. Per di più, chiedo perdono anche perchè perchè c’è un grande errore temporale: il cartone di Mulan è uscito nel 1998 mentre il sesto libro è ambientato nel ’97. Come ho detto su, licenza poetica :P
In tutta sincerità non sono nemmeno troppo contenta del risultato finale, ma questo in fondo è solo un capitolo di passaggio e quindi... bè, eccovelo qui! Se vi va, recensite.
Per chiunque sia interessato, questa è la mia pagina facebook (ancora in costruzione) in cui potrete trovare qualche anticipazione e altre informazioni :D Bacioni!

   
 
Leggi le 13 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Eloise_Hawkins