Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Segui la storia  |       
Autore: Arisu95    27/04/2012    2 recensioni
Romano ed Antonio si sono lasciati bruscamente, mentre Feliciano sembra vivere un sogno.
... Ma la disperazione di Romano, porterà presto disordine anche nella vita del fratello, fino a stravolgere la sua vita sentimentale e quella di altre persone.
- Il Rating potrebbe alzarsi ad Arancione;
- Alcune coppie sono destinate a sciogliersi;
- Alcuni personaggi muoiono;
- Presenti coppie sia Hinted che Crack;
- Presenti scene sia romantiche che di sesso;
- Le scene di sesso non sono molto esplicite e tendono ad essere tagliate.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
NOTE. Sesto capitolo :D ... Spero vi piaccia, e vi avviso che ho problemi con il Pc, quindi non so quanto potrò scrivere ... O in genere, essere presente su Internet ... ç.ç
Anyway, buona lettura! ♥

========================================================


La stanza buia era rischiarata solamente da un' abat-jour e dalla luce tremula dello schermo della tv.
L'unica cosa udibile, era l'audio della televisione, tenuto al minimo, un leggero brusio di sottofondo, che nemmeno sembrava essere prodotto da voci umane.

Ludwig si voltò verso il divano.
Lily si era ormai addormentata.
Giaceva assopita con il volto stanco e sereno rivolto verso di lui, in uno strano contrasto di luce e di ombra.
L'uomo gli rivolse un sorriso, quasi paterno, per poi tornare con gli occhi adagiati pigramente sullo schermo, con le palpebre che lentamente si abbassavano stanche.

~ Dareka ga yonderu, ore wo yondeiru li ze makase-- ~


Il tedesco si affrettò a rispondere al telefono, rivolgendo ancora uno sguardo alla ragazzina, per paura di svegliarla.

"Ja ...?" - Disse quasi sottovoce.

"Lud!" - Gridò Gilbert, in tono di disperazione.

"Cosa ... Cosa c'é?"

"Fratellino! Ho fatto un casino!"

"... Come se fosse una novità ..." - Si permise di commentare Ludwig, in tono ironico.

"Non scherzare! E' davvero una cosa seria! Ho ..." - Tirò su con il naso, e l'altro si domando se non stesse piangendo - "... N-Non é stata colpa mia! Insomma... I-Io! Mi sono solo lasciato un po' andare e ..."

"Si può sapere di cosa stai parlando?" - Chiese l'altro, curioso e un po' preoccupato.

"Feliciano mi ha beccato! Io avevo già deciso! Sarebbe stata la prima ed ultima volta! Mi sono pentito subito! E ... E mentre lo stavo facendo, io ho pensato a lui! E ai miei sogni! E ..." - L'albino parlava forte e veloce, senza dar modo all'altro di capire cosa stesse accadendo, come a dover trovare una scusante ancor prima di spiegare la colpa.

"Gilbert! Stai tranquillo! Non sto capendo niente!"

"... Ok. Vengo lì, adesso."

"Ma ..." - L'altro riattaccò subito.


Era stato più forte di lui?
Non era stata colpa sua?
Feliciano l'aveva beccato?
Prima ed ultima volta ...?

Da quel poco che il tedesco era riuscito a capire, pareva che Gilbert avesse combinato qualcosa che Feliciano non doveva sapere.
Ma cosa ...?
Detta in quei termini, sembrava quasi la dinamica di una scappatella.
Ma perché mai Gilbert avrebbe dovuto farlo?
Lui e Feli si amavano, vero ...?
E poi, con chi?
Con Antonio? Ah! Sarebbe stato il colmo!
... Non in un senso buono, ma la cosa aveva un non-so-ché di tragicomico.
Con Francis?
Impossibile. Non conosceva moltissimo il francese, ma da quanto sapeva, era un uomo molto legato all' 'ideale di amore', e dubitava che avesse potuto essere complice in un tradimento ... Specialmente se si trattava del suo adorato cuginetto.

Ludwig scosse la testa, accennando un sorriso.
Si stava fasciando la testa prima di cadere.
Avrebbe potuto essere qualcosa di meno grave.
C'erano un sacco di cose che il vecchio Gil vedeva come normali, ma che lui e Feli consideravano di pessimo gusto.
Per questo, quando i due si erano fidanzati, l'albino aveva dovuto rinunciare a certi piaceri e certe abitudini.
Forse aveva ceduto ...?
Aveva forse ceduto per la prima volta ad una di queste debolezze, sperando che Feliciano non lo scoprisse, giurando già a se stesso che lo avrebbe mai più rifatto ...?
Forse Feliciano aveva scoperto quel qualcosa di segreto e proibito, e per questo, ora, non voleva parlargli più?

Qualunque cosa fosse stata, magari Feliciano l'aveva presa molto male.
Se lo vedeva già, Ludwig, il bell'italiano, con gli occhi in lacrime e la pelle di neve, a correre in preda alla delusione il più lontano possibile, senza alcuna intenzione di rivedere Gilbert.
Con lacrime pure e cristalline a rigargli la guance delicate.
Gli occhi semichiusi e le sopracciglia corrucciate.
Il labbro superiore e rosato appena alzato, per scoprire i denti d'avorio ancorati al labbro inferiore, colorandolo di un rosa più acceso, come a non voler far sfuggire dalla bocca né gemiti né dolore.

Il biondo strizzò gli occhi e scosse la testa, accorgendosi di come, nell'immaginare Feli in quello stato, aveva provato più piacere che dispiacere.
Gilbert aveva sbagliato.
Debolezza o intenzione non contava, aveva sbagliato, e basta.
Feliciano non l'avrebbe perdonato.
Avrebbero passato giorni senza parlarsi, e magari Feliciano l'avrebbe lasciato.
Sì, l'avrebbe lasciato, e si sarebbe sentito come un angelo con le ali spezzate, in attesa di qualcuno che curasse le sue ferite.

Ludwig si sentì una persona orribile.
Pur provando dispiacere, nell'ipotesi che la coppia potesse sciogliersi, trovò, infondo al suo cuore, una strana sensazione di piacere e soddisfazione, come se la notizia dovesse suscitargli particolare interesse.
Non era proprio da lui ...
Ormai, era da qualche tempo che si sentiva strano, quando pensava all'italiano.

Il cellulare gli vibrò tra le mani.

Arrivo subito.


Era Vash, sbrigativo ed essenziale come al solito.
Ludwig sperava che lo svizzero arrivasse prima di Gilbert: non voleva sorbirsi i racconti dei suoi guai con Lily in casa.
Conoscendo il fratello, potevano facilmente essere argomenti non adatti ad una ragazzina come lei, e in ogni caso gli avrebbe dato fastidio svegliarla accidentalmente.
... Certo, avrebbero potuto parlare a bassa voce, ma con Gil era una cosa impossibile!

Come previsto, poco dopo lo svizzero arrivò.

"Ciao ..." - Salutò stanco, varcando la porta. - "Dov'é la mia Lily?"

"Ciao. E' sul divano ..." - Rispose il tedesco. - "Hai l'aria distrutta ... Posso offrirti qualcosa?"

"Mmh, no, grazie. Voglio sbrigarmi." - Rifiutò serio, prendendo la ragazzina in braccio e cercando di non svegliarla.

"..." - Lo fissò tornare sull'uscio, in procinto di andarsene.

"... Grazie, Ludwig." - Lo ringraziò del favore, con l'aria seria e stanca come sempre, guardandolo dritto negli occhi con postura rigida come un militare.

"Non c'é problema. Che amico sarei, se avessi rifiutato?" - Rispose l'altro con la stessa serietà e disciplina, attendendo che lo svizzero si fosse allontanato prima di chiudere la porta.

Il tedesco si rimise sulla poltrona, in preda ai suoi pensieri, aspettando Gilbert.




Romano giaceva immobile sul letto, fissando il soffitto con gli occhi spalancati e senza emozione.
Avvolto nel silenzio, poteva udire solo il suo respiro uscirgli dalla bocca appena aperta, sentendo l'aria fresca asciugargli la saliva sulla lingua.


"Lasciami in pace, bastardo!"

"Stai fermo!" - Antonio riuscì, finalmente, ad infilare un fiore giallo tra i capelli di Romano, appena più su dell'orecchio - "Eres lindo!"

"Idiota ... Un fiore di pomodoro, poi! Sei proprio stupido, sai ?!" - Gridò Romano, avvertendo il calore salirgli sulle gote e cercando di andarsene.

"Jaja! Dove scappi ?!" - Lo spagnolo lo fermò, abbracciandolo da dietro ed appoggiando il mento alla sua spalla, sorridendo - "Anch'io ti amo."

"Anch'io ?! Solo tu, vorrai dire! Non vedo come potrei innamorarmi di un cretino come te che non sa nemmeno parlare in italiano come si deve!" - Cercò di liberarsi, nascondendo il rossore che si sentiva in viso.

"Callate ..." - Antonio lo strinse più forte, baciandolo sulla guancia e sussurrandogli dolcemente all'orecchio - "Estaremos juntos ... Para toda la vida, mi tomate ..."

Romano emise un suono infastidito, quasi l'innocente ringhio di un cucciolo, senza rispondere.
Rimase con quelle braccia che lo stringevano, e quel volto adagiato sulla sua spalla, mentre intorno le piante di pomodoro stavano a guardare, temprate dal sole caldo di un pomeriggio estivo.



Quel ricordo si era impossessato della sua mente così, all'improvviso, e Romano si era trovato in bilico tra la nausea e la nostalgia.

Quel bastardo ... Era tutta colpa sua!
Aveva continuato ad illuderlo, aveva continuato a stare al suo fianco fingendo di amarlo, mentre già iniziavano a spuntargli le corna, senza che l'italiano riuscesse ad accorgersene.

L'alcool cominciava ad allentare la presa su di lui.
Cos'aveva fatto, nel frattempo ...?
Ricordava di aver visto suo fratello andarsene in lacrime, seguito da Gilbert.
E lui era rimasto a guardarli lasciare l'appartamento, inerme e nudo.

Si voltò su un fianco, poggiandosi una mano sulla fronte.
Si sentiva in colpa.
Non riusciva ancora a ricordare con chiarezza cosa fosse successo, ma già sentiva un profondo senso di colpa mangiargli il cuore.

"Ti amo ... Gilbert!"


La sua stessa voce gli tuonò nelle orecchie, battendo con forza sulle sue tempie.
Aveva sempre provato qualcosa per Gil ... Era vero ...
Ma, cos'era successo quella sera?
Aveva sempre tenuto a bada i suoi sentimenti verso il tedesco, tanto per l'amore di Antonio quanto per quello verso Feliciano.
Quindi, com'era stato possibile ?!

Argh ...
La testa gli faceva davvero male.
Si era ubriacato parecchio negli ultimi giorni.
Non si era dato nemmeno il tempo di riprendersi da una bevuta, che già era pronto a scolarsi altre bottiglie.
Tutto quell'alcool l'aveva davvero portato a farsi avanti con Gil?
E, ancora una volta, di chi era la colpa ?!
Di Antonio! Solo sua, solo di quel bastardo!

Ora però, la situazione era grave.
Se le cose stavano davvero come Romano iniziava a ricordare, era un vero problema.

"Sono stato uno stronzo!" - Gridò, premendo il viso contro il cuscino con tutta la forza che aveva in corpo.

... Come ne sarebbero usciti?
La storia tra Gilbert e il suo fratellino pareva essere davvero in bilico.
Ed era tutta colpa sua.
No, era di Antonio, prima che sua.
Ma, nel frattempo, aveva distrutto il cuore di Feliciano.
Proprio il suo, proprio il cuore del suo fratellino, che tanto aveva cercato di alleviare le pene di Romano.

Feliciano era l'angelo della famiglia.
Il figlio modello e prediletto.
Quello pieno di amici.
Quello che sorrideva sempre.
Quello che pareva vivere in un sogno, in una favola.

Romano era sempre stato nella sua ombra.
Scontroso e ribelle.
Maleducato e con pochissimi amici.
Un po' lo invidiava, a dire il vero.
... Ma ora, era diventata davvero una favola.
E in quella favola, mentre Feliciano continuava ad essere l'angelo e il protagonista, lui ne era divenuto il diabolico antagonista.

Tutta colpa di Antonio ... Sì, tutta colpa sua!




Arthur scendeva le scale arrabbiato.
Quel Francis! Lo odiava!
Come aveva potuto scegliere suo cugino a lui ?!
Non aveva senso!
Francis avrebbe dovuto declinare l'offerta!
... Sì, perché lo amava.
E proprio per questo, doveva favorirlo in ogni scelta!
Sarebbe stata la cosa più giusta ... No ...?

"Fuck!" - Sbottò innervosito, accorgendosi di aver urtato qualcuno con la spalla, continuando a fissare per terra e senza nemmeno guardare l'altro o scusarsi.

"Oh ... Mi scusi ..."

"...!"

Eppure, quella voce gli sembrava vagamente familiare. Non era la prima volta che la sentiva. L'inglese si voltò, interrogandosi su dove avesse già visto quel volto.

"... Ehi! Lei é quello dell'autobus!" - Cercò di sorridere amichevolmente l'altro, nonostante nei suoi occhi si intravedesse tristezza. - "Aspetti, uhm ... Alfred! Giusto?"

"Arthur ..." - Rispose infastidito il biondino.

"Scusi ... Uhm, beh, abita qui, allora? Volevo chiederle il numero l'altra volta, ma non ho fatto in tempo ..."

"Non abito qui. Sono andato a trovare ... Uhm, un parente."

"Oh. Anche un mio parente abita qui ... Aspetti! E il numero?"

"Sono di fretta! Mi dispiace!" - Rispose scontroso l'altro, mentre già stava aprendo il portone per andarsene.

"Allora spero di rincontrarla!" - Lo salutò Feliciano, benché fosse molto dispiaciuto.

Non gli stava antipatico, quel ragazzo, avrebbe voluto diventare suo amico ...
E poi, era già la seconda volta che lo incontrava!
'Prima o poi riuscirò a diventare suo amico ...' - Disse tra sé e sé l'italiano, davanti all'ascensore.

D'un tratto, gli tornò in mente la scena con Gilbert.
Gli tornò in mente l'ascensore, come ci era salito, come lo specchio riflettesse il suo volto distrutto e in lacrime, e quello dell'albino sullo sfondo.

Voleva davvero prendere di nuovo l'ascensore ...?
Abbassò la testa.
No, non voleva guardarsi ancora allo specchio.
Odiava vedere le persone tristi ... I volti tristi erano la cosa che più gli metteva tristezza.
E stavolta, quello con il volto triste, era lui ...
No, non voleva specchiarsi, per nessuna ragione.
Cambiò strada, e prese a salire le scale.


"Sacre bleu!" - Esclamò Francis, mentre toglieva dalla casa ogni indizio della presenza di Arthur.

Aveva preso ogni fotografia e l'aveva nascosta.
Aveva buttato via qualsiasi prodotto tipico inglese dal frigorifero ... Feliciano sapeva che aveva sempre odiato quel tipo di cucina!
Aveva provato ad assaggiarla, per amore di Arthur ...
Non era certo ai livelli della cucina francese, ma aveva perlomeno imparato a sopportarla.

Ma questo al suo amato cuginetto non poteva certo dirlo.
Nossignore!
Perché Francis non si sarebbe mai svegliato la mattina dicendo 'oh! che bello! oggi vado al supermercato e mi compro una confezione di fish and chips! Ho proprio voglia di assaggiarlo!'.
No! Accidenti! Doveva esserci un motivo molto più serio che l'avrebbe spinto a farlo!
Qualcosa come una persona amata!

... Certo, Feliciano non era molto sveglio, dopotutto.
Forse avrebbe creduto a qualsiasi scusa che il francese si fosse preso la briga di inventare.
Ma era meglio non rischiare.

Com'era la sua casa prima che Arthur arrivasse a stravolgerla ...?
Com'era la sua casa in quei tempi in cui cambiava amante ogni notte?
Proprio non riusciva a ricordare!
Quell'inglese si era appropriato di lui, e l'aveva cambiato così tanto, che del vecchio Francis, membro del Bad Touch Trio, era rimasto poco e niente.
Non che fosse stato un male, anzi, era davvero felice, ora ...

Se solo quel testardo si fosse deciso a vivere la cosa tranquillamente!
Invece no! Francis doveva fare i salti mortali, raccontare bugie su bugie, e solo perché il signorino aveva la paura da palcoscenico!
Perché non aveva voluto conoscere nessuno.
Perché pensava che ci volesse un annuncio ufficiale, per dire a tutti chi fosse.
Perché ancora, quel caspita di annuncio, non si era deciso a farlo.

"Toc Toc!"


"...!" - Francis rimase pietrificato.

"Uhm ... Sono io ..." - La voce di Feliciano si sentiva appena attraverso la porta.

"A-Arrivo!" - Si affrettò a rispondere il francese.

Camminando verso la porta, prese dal tavolo le sigarette ed alcuni anelli dell'inglese e li nascose in tasca, senza nemmeno fermarsi, ma procedendo ed aprendo la porta.

"Fe- ...!" - Non fece in tempo ad aprire, che l'italiano lo abbracciò forte, premendo la testa contro il suo petto.

"Fratellone ..." - Invocò tra i gemiti, stringendolo e bagnandogli la camicia di lacrime.

"... Su ... Vieni dentro e dimmi tutto ..." - Gli disse in tono paterno, accarezzandogli la testa ed indietreggiando, per farlo entrare.

Il francese si sedette sul divano, con l'italiano appoggiato alla spalla, che raccontava tra i gemiti.
Francis stava in silenzio ad ascoltare, limitandosi ad accarezzarlo e ad asciugargli le lacrime sulle guance.

"... Cosa devo fare ... Fratellone?" - Chiese infine, ancora in lacrime, adagiandosi sulle gambe dell'altro.

"... Sei disposto a perdonarlo?" - Gli chiese, sussurrandogli nell'orecchio, dopo averlo baciato sulla guancia.

"Non ... Non lo so ..." - L'italiano si voltò, strofinando il volto sulla sua pancia, per nascondersi - "... Solo l'idea di tornare a casa mi fa stare male, se penso che c'é anche lui."

"Non pensarci ora." - Gli consigliò, avvertendo la tensione nel suo pianto e nel suo atteggiamento. - "... Fatti una bella dormita, vedrai che poi tutto ti sarà più chiaro, petit ..."

"Grazie ..." - Lo ringraziò, cercando di sorridere con gli occhi in lacrime, rimanendo con la testa abbassata a godere disperatamente delle sue carezze di conforto, finché il francese non si fece più in là, permettendosi di sdraiarsi meglio sul divano.

Continuava ad accarezzargli i capelli rossicci, le guance di latte e le spalle magre e deboli, sussurrandogli di stare tranquillo e di addormentarsi, mentre i suoi occhi color oceano balenavano fuori dalla finestra, oltre il balcone e la strada, domandandosi dove Arthur fosse, e provando dispiacere per quel suo blocco immotivato.




"... E così, Feli è andato a casa di suo cugino." - Concluse Elizaveta, camminando nervosamente da un capo all'altro del tavolo, guardando ogni tanto Roderich per cercare la sua attenzione.

"..." - L'austriaco non commentò, ma mise di nuovo in bocca un pezzetto di torta.

"..." - La donna rimase a guardarlo mangiare - "... Ma la digerirai la Sacher a quest'ora?"

"Quando mai non l'ho digerita?" - Sorrise Roderich, alzando la testa verso di lei.

"... Comunque, cosa ne pensi?"

"Mi dispiace per lui ..." - Sospirò, scuotendo la testa - "Se lo vuoi sapere, a me Gilbert non è mai andato a genio."

"Credo che la cosa sia reciproca..." - Commentò Elizaveta, alzando un sopracciglio. - "... Feliciano era davvero distrutto, però."

"Beh, é normale. Per quanto mi sia inconcepibile, lo ama." - Alzò le spalle, con tono di rassegnazione.

"Vorrei fare qualcosa per lui ..." - Sospirò la ragazza, sedendosi accanto a Roderich e poggiando la testa sulla sua spalla.

"..." - L'austriaco si limitò ad accarezzarle i capelli, intrecciandoli tra le sue dita.

"Ora che ci penso ..." - Alzò la testa. - "Domani é Sabato, vero?"

"Sì ... Perché?"

"Domani chiamo Feli e gli chiedo se ha voglia di fare un giro in città con me, per svagarsi ... Sei d'accordo?"

"Vai pure, amore ..." - Sorrise. - "... Ma anche io?"

"Non so, forse non é carino ... Insomma, finirebbe un po' per reggere la candela!"

"Credo che tu abbia ragione."

"Vorrei andarci di sera, ho sentito dire che questo week-end ci saranno anche le bancarelle, in piazza ..." - Spiegò l'ungherese, per poi aggiungere, accarezzando il volto di Roderich ed avvicinandosi alle sue labbra - "... Scusa. Domenica ci andremo insieme ..."

"..." - Roderich sposò la sua bocca in un bacio lieve e, allo stesso tempo, sentito - "Come desidera, mia signora ..."

Le stava accarezzando i lunghi capelli appena mossi, stampandogli alcuni baci sul collo.

"... Dai!" - Sorrise lei, ritraendosi ed alzandosi, prendendo il piatto ormai vuoto davanti all'austriaco. - "Vado a metterlo nel lavandino.".

"... Mettilo nella lavastoviglie ... Si spreca meno acqua, no?" - Aggiunse poi, ironicamente. - "Va bene che non siamo poveri, ma avere una cinquantina di euro in meno sulla bolletta dell'acqua, non mi dispiace, eh!"

"Esimio Maestro Edelstein, mi dispiace controbattere la sua accurata tesi, ma le assicuro che se i piatti non li sciacquassi prima a mano, lei se li ritroverebbe opachi, non certo splendenti da potercisi specchiare!" - Protestò Elizaveta, sorridendogli e dirigendosi in cucina, davanti al lavandino.

"... Ma duchessa Hedervary, questo lavoro non le si addice ... Lasci pure qui, ci penserà una delle nostre domestiche ..." - Le sussurrò all'orecchio, raggiungendola e rimanendo dietro di lei. - "Ora, perché invece non concede il suo tempo a questo povero e ricco nobile malato d'amore?"

Avevano sempre fatto quel gioco.
Perché i modi di Roderich erano spesso così signorili e raffinati che pareva un ricco e nobile signore di secoli addietro.
Perché Elizaveta aveva sempre amato stuzzicarlo e prenderlo in giro per questo, trattandolo davvero come un nobile, e fingendosi una ricca e potente duchessa ungherese.
E quello, era il loro immenso castello.
Centoventi metri quadri bastavano ed avanzavano, per sognare.
E poco importava, se quelle domestiche e quei servi tanto decantati non esistevano.
Poco importava se, alla fine, i lavori domestici se li sarebbero spartiti tra loro due, come il grande esito di una battuta di caccia col falco.

A loro bastava sognare.
Sognare ed essere insieme.
Era tutto cio' che occorreva loro, per essere davvero felici.



"Ludwig!" - Gridò Gilbert, la testa tra le mani, nascondendo le lacrime sotto la rabbia, spinto dal suo immenso orgoglio.

"Gil..." - Ludwig era rimasto ad ascoltarlo in silenzio, mentre spiegava confusamente il suo incidente con Romano. - "Con calma ..."

"Io ... Dunque." - Fece un profondo respiro. - "Feli mi aveva detto se potevo andare a far compagnia a Romano, perché lui doveva fare gli straordinari ..."

"... Lo so. Aveva chiamato anche me, ma non potevo. Dovevo badare a Lily ..."

"... Allora, io ci sono andato, Romano era ubriaco ... Dal primo momento in cui ero entrato, sembrava un po' strano ... I-Io ... Io mi sono comportato normalmente, credo ... Poi lui ... Lui all'improvviso mi ha abbracciato, mi ha baciato, e ... Beh, mi ha colto di sorpresa, e prima che me ne accorgessi mi aveva spinto sul divano ... Io ... Ti giuro Lud, io ho pensato a Feli, ci avevo pensato, sapevo che stavo facendo una cazzata, ma ... Non so cosa mi sia preso.
Pensavo anche a Romano, il fatto che era stato lasciato, e non mi riusciva di usare le maniere forti ... E poi, era ubriaco! Io ... Io cosa dovevo fare?! Lud! Non so più che fare! Io ... Credevo di amare Feli. Lo credo tutt'ora ... Ma allora perché non ho fermato suo fratello?! Perché ?!"

"..."

Ludwig non sapeva cosa rispondere.
Certo, poteva essere stata una semplice sbandata.
Una scappatella.
Poteva capitare, no?
Ma Gilbert pareva davvero in crisi per questo.
Raramente lo aveva visto così disperato.
D'altra parte, chi gli assicurava che Feliciano l'avrebbe perdonato ...?
Per qualche strana ragione, Ludwig aveva preso a pensare a come si sentisse Feliciano, forse ancor più sentitamente di quanto non stesse pensando a Gil.

"... E Feli?" - Le parole gli scapparono fuori dalla bocca da sole, e lui stesso si trovò ad arrossire lievemente.

"... Mmh ... Romano voleva farlo di nuovo. Era davvero ubriaco fradicio, glielo leggevo in ogni centimetro del corpo ... Io mi sono rifiutato, ma ... Come ti ho detto, pensando alla sua storia con Antonio, non ho potuto fare altro che abbracciarlo e consolarlo ... L-Lui però non capiva! Ha iniziato a baciarmi e mordermi di nuovo, e ... Io non volevo, ma i pensieri mi sono arrivati al cervello tutti insieme, e senza rendermene conto, gli avevo dato uno schiaffo e spinto giù dal divano ... Lui mi ha gridato che mi amava, e, sdraiandosi sul tappeto, ha continuato a gridarlo, iniziando a piangere. Poi ... Poi mi sono addormentato, e lui ha fatto lo stesso. Quando mi sono svegliato ... Feliciano era davanti a me. Io non sapevo che fare ... Mi sentivo male, e vedere Feli con quell'espressione in volto peggiorava solo le cose ... E? scappato via in lacrime, gli sono corso dietro cercando di spiegare ... Spiegare? Ma chi prendo in giro! Sono stato uno stupido, solo uno stupido! Lui non ha voluto ascoltarmi, anzi, mi ha detto che non voleva più né vedermi né sentirmi, e se n'é andato ... Lud, non me lo tolgo più dalla testa! L'espressione che aveva! Ho la nausea al solo pensiero! Se penso che ... Che sono stato io a farlo sentire così!"

L'albino gridava tra i gemiti, parlando veloce, come a voler dare meno peso alle parole.
Come se avesse voluto occultarle.

Suo fratello non riusciva nemmeno ad immaginare l'espressione che Gilbert stava descrivendo.
Feliciano era sempre sorridente ... Non riusciva proprio ad immaginarlo così affranto.
Quel ragazzo era un angelo ...
Ed ora ...
Le sue ali si erano spezzate, di nuovo.
Era caduto dal Paradiso, continuando a volare nel cielo.
Ora, invece, era caduto a terra.
Nella fredda ed aspra terra su cui gli uomini camminano.
A sporcarsi la pelle candida e a conoscere la fatica di vivere.

"Gil, non pensarci." - Ludwig appoggiò una mano sulla spalla del fratello maggiore - "... Ora fatti una dormita, domani mattina vedrai tutto in un'altra ottica."

"Sì ... Come no ... E dove vado? Sono corso a casa, e Feliciano non c'era. Non ho voglia di tornare là da solo ... Non me la sento."

"... Stai qui a dormire, non c'é problema." - Rispose serio l'altro. - "... Ormai si sono fatte le undici. Penso che anch'io andrò a dormire. E' stata una giornata dura, bisogna riposare."

Non era mai stato bravo con le parole e i sentimenti.
Non era mai stato bravo a consolare le persone.
Non era mai stato bravo con i consigli.
Quell'offerta, era l'unica cosa che si sentiva di dirgli.
E il fatto che era suo fratello maggiore ad aver bisogno di aiuto, lo faceva sentire ancora più piccolo.

Decise di non pensarci.
Lo aveva detto a Gilbert, di non pensarci più, e anche lui doveva fare lo stesso.
Eppure, non riusciva a scrollarsi di dosso l'immagine di Feliciano, che Gilbert gli aveva descritto.

Davvero sciocco ... Perché mai avrebbe dovuto pensarci?
Doveva essere più preoccupato per suo fratello, no?
Strano.
Si sentiva strano.
E tutto, intorno, pareva essere ugualmente strano, in quel periodo.



Arthur fissava nervosamente l'acqua scorrere sotto il ponte.
Era rimasto immerso nei suoi pensieri, appoggiato alla ringhiera di pietra, con la sigaretta tra le dita.
Ormai era quasi finita, senza che l'inglese se ne fosse drogato i polmoni, ma lasciando parecchi centimetri di cenere sospesi nei vuoto.

Era confuso.
Infondo, non poteva pretendere che Francis voltasse le spalle a persone a cui voleva molto bene, solo per un suo capriccio.
Perché sì, per quanto detestasse ammetterlo, per quanto combattesse per mantenere il segreto, lo sapeva anche lui.
Lo sapeva, che era solo un suo stupido capriccio.

"Cosa dovrei fare ?! Lasciarlo in mezzo ad una strada, solo perché tu non hai il coraggio di ammettere che ami un uomo ?!"


Quelle parole gli risuonarono dolorose nelle orecchie, ferendogli i timpani e penetrandogli le ossa e le tempie.

Francis non era arrabbiato con lui, vero ...?
Certo, sapeva che quella situazione lo infastidiva, e non poco, ma aveva sempre portato pazienza.
Aveva reagito così, solo per difendere le esigenze di suo cugino ...

E le sue, di esigenze, allora ?!
Arthur, sotto sotto, lo sapeva di essere stato eccessivamente polemico.
Non sapeva neppure perché provasse così tanto timore nel rendere pubblica la sua relazione.

Era tutto nuovo, per lui ...
Era la prima volta che si innamorava, a dire il vero.
Spesso si domandava se, qualora Francis fosse stato una ragazza, avesse avuto lo stesso blocco.
Si domandava quale fosse il vero problema.
Si domandava se il francese avesse ragione, e se cio' che lo spaventava, in tutta quella faccenda, era davvero il fatto che si fosse innamorato di un uomo.

O, forse, aveva semplicemente paura di entrare a far parte di una famiglia.
Perché la famiglia di Arthur non era mai stata molto unita.
Molti dei suoi parenti vivevano lontano, ed altri non li aveva quasi mai incontrati, perché avevano litigato con i suoi genitori.
Questi, poi, erano sempre impegnati con il lavoro, e l'inglese rimaneva spesso da solo.
Non aveva mai vissuto il calore di una vera famiglia.
Non aveva mai cenato in compagnia dei suoi parenti, a Natale o a Pasqua.
Non aveva mai fatto grandi feste di compleanno, e, anzi, molti si scordavano della sua nascita.

Spesso si era trovato a camminare sulle sue gambe, solo.
Anche con i suoi coetanei non era mai andata meglio.
Si mostrava spesso ostile, e gli altri ragazzi lo ignoravano, ci litigavano e finivano per deriderlo.
Con quei pochi che aveva, non c'era mai stato un profondo e sincero rapporto.
Era più una relazione egoistica, l' 'avere qualcuno a tutti i costi', che lo spingeva a cercarli.

Francis, invece, era tutto l'opposto.
Lo sentiva, trasudare dalla sua voce e dalle sue mani, il calore della sua famiglia e dei suoi amici.
Quel calore misterioso scottava la sua pelle gelida, e lo spaventava.
Perché il francese aveva molti parenti ed amici.
Di ciascuno ricordava ogni cosa, e ciascuno di loro si ricordava di lui.

L'interessamento di Francis per suo cugino, era un qualcosa di sconosciuto, per Arthur.
Lui, a momenti non sapeva neppure il nome, dei suoi cugini.
Faticava a comprendere come il francese potesse preoccuparsi così tanto per Feliciano, al punto da mettersi a discutere con lui.
L'inglese non aveva mai amato nessuno, forse neppure se stesso.

Feliciano ...
Quel nome gli suonò per un attimo familiare, come se l'avesse sentito uscire dalla bocca di qualcun altro, oltre che da quella di Francis.
Ma chi ...?
Doveva aver parlato con qualcuno che portava quel nome, una volta ...

Gli venne in mente l'autobus che prendeva spesso.
Aspetta.
Non era quel ragazzo che aveva incontrato, a chiamarsi così?
E non era forse lo stesso con cui si era scontrato quello stesso giorno, uscendo nervoso da casa, dopo aver litigato con Francis?

Forse era quel ragazzo ... Suo cugino ?!
No ... Macché.
Era una semplice coincidenza, concluse l'inglese scuotendo la testa, prima che la suoneria del cellulare non lo distraesse dai suoi pensieri.
Era proprio Francis.

"... Sì?" - Arthur mantenne un tono risentito, sebbene la sua rabbia fosse ormai passata.

"Mon amour ... Sei ancora arrabbiato?"

"Uff ... Uhm, direi di sì. Cosa vuoi?" - Mentiva, ma proprio non riusciva ad ammettere la sua colpa.

"Mio cugino si é addormentato ... Torni o hai intenzione di dormire in albergo, Rosbif?" - Gli chiese ironicamente, sottovoce, facendo battere il cuore dell'inglese più velocemente.

"Jerk ... Sto tornando. Ma guai a te se mi giochi qualche brutto tiro, e il signorino non sta dormendo!"

"Tranquillo, ti do' la mia parola ... Ti aspetto, allora."

Entrambi riattaccarono.
Francis si voltò verso Feliciano, che, ormai immerso nel mondo onirico, giaceva sul divano.
Prese una coperta leggera e lo coprì.
Non faceva freddo, ma era meglio dormire coperti.

Il francese lo osservò, con gli occhi chiusi e le sopracciglia leggermente inarcate, in un silenzioso dolore, mentre la schiena e la pancia si alzavano e abbassavano ritmicamente.
Gli accarezzò una guancia, spostandogli i capelli dal viso.

Poverino ...
Ancora non riusciva a crederci.
Prima Antonio, ed ora Gilbert.
Il Bad Touch Trio non aveva forse chiuso, con questo genere di cose ?!
Entrambi parevano innamorati, invece ... Invece avevano finito per cedere ai loro antichi piaceri.

Doveva chiamare Gil.
Doveva farlo.
Voleva assolutamente sentire la sua versione dei fatti.
Poteva essere stata una scappatella ...
Del resto, può capitare.
Anche se al francese, in quel momento, non sarebbe mai venuto in mente di tradire Arthur, ammise che, per persone abituate a tutt'altro modo di vivere, non doveva essere facile cambiare così tanto.
E, anche ammesso che Gil fosse seriamente cambiato (come Francis pensava), cedere, per una volta, non sarebbe stata cosa così strana.

Il problema era un altro ...
Conosceva il suo cuginetto.
Non era abituato a soffrire, anzi, rifiutava il dolore con tutto sé stesso.
Era sempre stato estremamente fedele, tanto agli amici quanto al suo Gilbert, e difficilmente lo avrebbe perdonato.
Non tanto per rabbia o per odio, ma per arrendevole tristezza.
Perché, quando qualcuno o qualcosa era riuscito a levargli il sorriso, avrebbe desiderato che quel qualcuno, o quel qualcosa, non incrociasse mai più il suo sguardo.
Semplicemente ... Per non ricordarsene.

Sentì le chiavi girare nella serratura, e la porta aprirsi lentamente.

"Arthur!" - Esclamò il francese.

"Shhh!" - Lo rimproverò l'inglese, entrando con aria circospetta e dirigendosi verso la camera da letto.

"Non lo vuoi nemmeno vedere ...?"

"Zitto! Non mi interessa! Solo perché sono tornato, non pensare che abbia cambiato idea! Non ho alcuna intenzione di vederlo!"

"... Come vedi, non ti sto obbligando." - Francis lo seguì, finché l'inglese non si fermò, davanti alla stanza.

"Che fai? Vieni a letto con me, o hai intentenzione di dormire sulla poltrona, accanto al tuo adorato cuginetto?"

"... Je t'aime aussi." - Gli sussurrò, abbracciandolo da dietro e birbigliando nel suo orecchio.

"Lasciami!" - Si liberò Arthur, per poi iniziare a spogliarsi.

Francis rimase ad osservarlo, appoggiato allo stipite della porta, con le braccia conserte.

"... E smettila di guardarmi mentre mi spoglio, you jerk!"

"... Come se non conoscessi il tuo corpo ..." - Sorrise Francis, lanciandogli un'occhiata maliziosa ed iniziando anche lui a spogliarsi. - "Dov'eri ...?"

"Al pub." - Si affrettò a rispondere Arthur. - "... Al pub. Finché non mi hai chiamato."

Non aveva voglia di dirgli che era rimasto a riflettere sul ponte.
Non aveva voglia di dirgli che aveva pensato a lui, a loro, a suo cugino e ai suoi errori.

"... Sarà." - Concluse Francis, mettendosi sotto le coperte.

L'inglese fece lo stesso, poco dopo.

"... Goodnight." - Tagliò corto Arthur, spegnendo la luce, ed addormentandosi poco dopo.

"Bonne nuit ..." - Rispose l'altro, sospirando e chiudendo pian piano le palpebre, fino a cadere tra le braccia di Morfeo.


"... F-Fratellone!"



Una voce svegliò sia Francis che Arthur, mentre dei pugni battevano forte sulla porta chiusa.
L'inglese sgattaiolò via, nascondendosi d'istinto dietro una tenda.
Eppure, quella voce, gli era familiare ...

"Arthur!" - Gridò sottovoce Francis, come a chiedergli cosa stesse facendo.

"Come ti ho detto, non ho intenzione di conoscerlo!" - Rispose l'altro, da dietro la tenda.

"..." - Il francese alzò gli occhi al cielo, per poi accendere l'abat-jour. - "... Feli! Entra pure!"

"..." - L'italiano aprì piano la porta, per poi buttarsi disperatamente sul letto, affianco al cugino.

"Cosa c'é ...?"

"... Francis ..." - Si strinse al busto dell'altro, appoggiando la testa sulla sua spalla, con le lacrime agli occhi - "Ho fatto un incubo ... P-Posso ... Dormire qui con te?"

Ad Arthur venne un colpo al cuore.
Avrebbe dovuto starsene impalato dietro la tenda fino al mattino, forse ?!
Sperava in una risposta negativa di Francis, ma dubitava che egli fosse stato capace di dargliela.
No, non certo al suo adorato cuginetto!

"... Oui." - Rispose invece il francese, dopo una pausa di riflessione, sbirciando in direzione della tenda, come a volersi scusare con Arthur.

"...!" - Arthur non riuscì a trattenere un suono di sconforto.

"Veh ...? Cos'é stato ...?"

"Niente! Sarà un piccione, fuori!" - Si affrettò a spiegare l'altro.

"Mmh ..." - Feliciano rimase abbracciato a lui. - "Sai questo cosa mi ricorda ...?"

"No ... Quoi?"

"Quando eravamo piccoli, e io passavo la prima settimana da Luglio in Francia, da te ... Ti ricordi? Spesso facevo gli incubi, perché ero lontano da casa ..."

"Già. E ti rifugiavi sempre nel mio letto, svegliandomi e facendomi prendere un colpo!"

"Scusami ..." - Si scusò. - "... Quelle notti erano bellissime ... Vorrei tanto provare quelle stesse emozioni ... Lo facciamo? Solo per stanotte ... Era bellissimo ..."

A quelle parole, ad Arthur per poco non venne un colpo.
Lo facciamo ...?
Fare cosa ?!
Cosa diamine faceva Francis con suo cugino, in quelle notti ?!
Un senso di allarme lo prese, mentre tese le orecchie più che poteva.

"... Ahah! Feli! Non sei un po' cresciuto per queste cose ...?" - Sorrise il francese, accarezzandogli la testa.

"Ti prego! Solo una..." - Lo pregò l'italiano, asciugandosi le lacrime. - "Quella dei mercanti e la volpe ... Te la ricordi?"

"Bien sur! Però promettimi che poi dormi, e la smetti di piangere ..."

"Veh ... Te lo prometto ..."

"Donc." - Il francese prese un tono solenne. - "L'Inverno era finito da poco, quando la volpe Renart, sentendo lo stomaco brontolargli come non mai, iniziò a cercare nella sua tana del cibo.
Macché ... Non ce n'era traccia! Nemmeno un misero uccellino! ... Così, spinta dalla gran fame, si avventurò fuori dal bosco, sedendosi vicino al sentiero e meditando sul daffarsi.
Poco dopo, sentì degli zoccoli rimestare il terreno ghiaioso, ed intravide un carro trainato da un asino farsi più vicino.
E che gioia provò, Renart, nel fare quella scoperta!
Sul carro, dei mercanti trasportavano del pesce appena pescato.
Leccandosi i baffi, la volpe corse veloce più in là nel sentiero, sdraiandosi per terra e fingendosi morta, attendendo l'arrivo dei pescatori.
Sapeva bene, che quegli uomini avidi, credendola morta, l'avrebbero presa, buttata nel carro assieme al pesce, pregustando già i soldi che avrebbero fatto con la sua pregiata pelliccia.
Come previsto, i pescatori, credendola morta, la presero, e la misero tra i banchi del pesce.
Appena la carrozza ripartì, Renart saltò in piedi, mangiando quanto più pesce poteva, riempiendosi bene lo stomaco di quella delizia.
Finite le sardine e le aringhe, prese le anguille e se le legò al collo e attorno alle zampe, come succulente sciarpe e collane, per poi guardare in basso, verso il terreno, e con un gran balzo scendere.
A pancia piena, ma non meno orgogliosa e presuntuosa, anziché andarsene, corse di nuovo davanti al carro, mostrandosi ai mercanti e sfoggiando il suo prelibato abbigliamento, deridendoli e beffandosi della loro stupida ed avida ingenuità.
I commercianti di pesce, quasi si sentirono male, nel vedere l'astuto Renart, mentre, soddisfatto, si apprestava a tornare nel bosco, nella sua tana.
Avrebbe mangiato da Re, per almeno due settimane."


Francis abbassò gli occhi verso Feliciano, accorgendosi che si era, finalmente, addormentato.
Guardò verso la tenda, per poi prendere in braccio il cugino e dirigersi in salotto.
Qui lo posò, sul divano, coprendolo e tornando in camera da letto.

Arthur era già sotto le coperte, guardandolo con aria di sufficienza.

"... Ma che bella storiella. Non sapevo che fossi anche un cantastorie." - Commentò ironicamente, fingendo disprezzo.

"... Lascia stare ..." - L'altro scosse la testa, tornando anch'egli a letto. - "Buonanotte ..."

... Forse, finalmente, si poteva dormire.
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: Arisu95