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Autore: VirginiaRosalie    28/04/2012    5 recensioni
Una vita può cambiare a seconda di come la vorremmo noi? Voi direste di no ma io non ci credo.. perché? Perchè ne abbiamo la prova.
Lei una normale ragazza italiana, qualche parente inglese e qualche amica.
Lui un attore famoso, molto successo, molti amici e nemici.
Un amore pieno di ostacoli, paure, illusioni, pianti e tradimenti ed infine, il perdono. E' questo che accade quando lasci il tuo cuore vincere?
"L'aereo atterrò su LAX, il più grande aeroporto di Los Angeles, la città in cui mi stavo trasferendo..."
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Taylor Lautner, Un po' tutti
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Pov Virginia

Mi svegliai in un letto d'ospedale, intorno a me c'erano delle persone che non riconobbi subito a causa della vista offuscata. Sentivo le gambe pesanti, come se qualcuno le stesse schiacciando con una pietra gigantesca. Era una sensazione davvero terribile. Intorno a me c'erano mia cugina ed i miei zii, vedevo la preoccupazione nei loro occhi così alzai il braccio cercando di raggiungere con la mia mano il corpo di Spencer.
“Grazie a Dio!” esclamò mia cugina congiungendo le mani in segno di preghiera e alzando lo sguardo verso l'alto.
“Scusate” mi limitai a dire riuscendo a parlare appena.
“Di cosa dovresti scusarti?” chiese la ragazza lasciando cadere una lacrima.
La scena dell'incidente non era molto chiara nella mia testa, ricordavo soltanto che pochi attimi prima io e Taylor stavamo litigando poi il buio, come se fossi stata catapultata in un altro mondo, un mondo vuoto.
Cercai di alzarmi a sedere ma mia zia mi fermò.
“Non alzarti.”
“Taylor?”
“E' nell'altra sala” rispose mio zio.
“Ma sta bene?” guardai tutti e tre con aria speranzosa, se gli sarebbe accaduto qualcosa non me lo sarei mai perdonata. Lui rappresentava tutto per me anche se non lo avevo mai ammesso direttamente, ero stata una completa idiota, non avrei dovuto trattarlo in quel modo.
Spencer mi guardò dritta negli occhi, un'altra lacrima le rigò la guancia scolorita, chiuse gli occhi e tirò su con il naso.
“Cosa gli è successo?” ripetei.
“Non si è ancora risvegliato.”
“Devo andare da lui” feci per alzarmi ma fui di nuovo fermata.
“No, il dottore ha detto che non puoi alzarti finché non ti fa almeno due flebo.”
“Non m'importa.”
“Virginia, ci sono i suoi genitori con lui!”
“Spencer, lui ha bisogno di me!”
“E tu hai bisogno di riposare!”
I fili che erano attaccati a me tramite tubicini erano davvero scomodi, non potevo rigirarmi nel letto come più mi piaceva, doveva far attenzione così decisi di girare di poco il busto dalla parte opposta in cui si trovavano i miei parenti. Scoppiai in un pianto sordo.
“E mia madre? L'avete avvertita?” domandai singhiozzando.
“E' partita da poco con il primo volo che ha trovato diretto a Los Angeles” rispose zia Esther.
“Sarà disperata” aggiunsi.
Strinsi i pugni e voltai il mio sguardo verso la porta d'uscita della mia stanza da dove entrarono quattro ragazze.
“Ehi splendore!” disse Hanna avvicinandosi a me con dei fiori in mano poi mi diede un bacio sulla fronte e sorrise.
“Come ti senti?” chiese Claire.
“Debole ma.. che ore sono?”
“Sono le – Diana prese il cellulare dalla tasca e guardò l'orario – 13 e 20.”
“Beh, è ora di pranzo” affermai sistemandomi a sedere.
"Non credo tu possa mangiare."
Lanciai la testa indietro e sbuffai, avevo lo stomaco vuoto, non avevo neanche fatto colazione e in più, la mattina prima dell'incidente, avevo rigettato tutto il cibo mangiato la sera prima. 
"Ding ding.. è l'ora della puntura" enunciò un ragazzo entrando nella stanza in cui ero ricoverata. 
"Puntura?" m'informai impaurita.
"Esatto - rispose quello che doveva esser il mio dottore, piuttosto giovane - Ah, ben svegliata" sorrise.
"Grazie" risposi quasi imbarazzata.
"Non mi sono presentato, sono Wren Kingston e sono il medico che assisterà questa bellissima ragazza! - porse la mano ai miei zii - Siete i suoi genitori?"
"No, io sono sua zia Esther Hastings."
"Io sono lo zio, Ethan Hastings."
"Allora - sospirò Wren - Devo farti una flebo a pranzo e una a cena."
"Perfetto" borbottai ironicamente.
Sin da piccola avevo avuto paura degli aghi, non sopportavo vedere entrare quel pungiglione nella pelle. 
"Dobbiamo uscire?" chiese Spencer.
"Si, andate a casa.. a lei ci penso io" detto ciò si girò verso di me e mi fece l'occhiolino.
"Ok."
"Ciao ragazze" tirai un bacio ad ogni persona presente nella stanza.
"Ciao tesoro" mia zia mi salutò con un bacio sulla guancia e strinse la mia mano.
Mi limitai a sorridere dopo che furono usciti dalla camera, mi voltai e guardai i fiori che le mie amiche avevano portato, erano davvero bellissimi ed il loro profumo si sentiva a chilometri di distanza.
"Sono bellissime" disse il medico prendere una sedia e indicando le rose sul tavolino accanto al mio letto.
"Lo so."
"Quindi sei italiana?"
"Mia madre sì, mio padre ha origini inglesi."
"Splendido e... sei fidanzata?"
Quella domanda mi lasciò davvero perplessa, non sapevo se ci stava provando con me però mi sentii subito a mio agio con lui, era un dottore davvero dolce e, immersa nei miei pensieri, non mi accorsi che l'ago era entrato e uscito un paio di volte dal mio braccio. 
Non pronunciai alcuna parola, mi limitai a scuotere la testa anche se avrei voluto annuire vista la situazione che si era creata tra me e Taylor.
"Ti ho fatto male?"
"Non ho sentito niente."
"Sono un mago."
"Credo di si" ridacchiai.
"Sei davvero bellissima" ripeté Wren.
"Attento dottore, potrei pensare che lei ci stia provando con me…" dissi scherzosamente. 
"In effetti, è quello che sto facendo."
"Diretto il ragazzo."
"Non sono il tipo che fa troppi giri di parole."
I suoi occhi erano così sinceri quando parlava con me, le sue mani erano impegnate a sistemare il casotto intorno al mio letto, c'erano fiale di sangue, asciugamani, sacche di un liquido simile all'acqua e pacchetti di fazzoletti. Abbassai lo sguardo ed arrossii.
"Posso chiamarti Wren?"
"Mmh, non lo so.. - prese la sedia e la sistemò sotto la finestra che poi aprì per far circolare l'aria - ..ma sì dai." 
Ridacchiammo entrambi, il ragazzo fece qualche passo indietro portando con se la cartella clinica e la penna e, prima che uscì dalla sala lo fermai.
"Wren?"
"Si?" si girò verso di me.
"In che stanza si trova Taylor Lautner?"
"Ah giusto. - aprì quella specie di quaderno e lesse qualcosa - Stanza 302, è l'ultima infondo a destra, non si è ancora ripreso."
"Starà bene?"
"Non lo so, non sono io a seguirlo ma spero di si - sospirò - ti piace?"
"Lo amo" affermai prontamente senza ripensamenti.
"Immaginavo, ti ho vista sul giornale.. un paio di volte."
"Ho ottenuto quello che volevo, ora sono famosa!"
"Tra qualche giorno nessuno ci farà più caso."
Annuii e sorrisi.
"Grazie."
"Riposa che per le otto di questa sera passo per un'altra flebo" disse ciò, mi fece l'occhiolino e se ne andò.
Non ero nelle condizioni migliori per scendere dal letto, mi sentivo più debole di prima, forse era l'effetto delle cure che mi stavano facendo. Tutti mi dicevano di riposare, di stare tranquilla ma come potevo? Come potevo star bene con me stessa quando il ragazzo che amavo ancora non si era risvegliato? 
Le mani iniziarono a tremare e così anche le gambe, chiusi gli occhi cercando di alleggerire la tensione dormendo ma ebbi buoni risultati soltanto dopo un'ora e mezza.

Fui svegliata dallo sbattere di una porta. 
Mi guardai intorno ancora un po' addormentata, allungai la mano verso il mio cellulare e potei notare un nuovo cerotto sul mio polso. Controllai l'ora: erano le 23 passate. Avevo davvero dormito 8 ore? La risposta era chiara, non mi ero neanche accorta che il medico era tornato per farmi la seconda flebo del giorno.
Staccai il filo che mi teneva unita al macchinario ospedaliero, poggiai lentamente i piedi sul pavimento, la schiena era ancora indolenzita e sentivo i miei muscoli contrarsi. La finestra della stanza era ancora aperta ed il venticello fresco della California si faceva sentire attraverso il movimento delle tende color pesca.
Sul mio comodino c'era un nuovo vaso di fiori, margherite, rose, tulipani e altri tipi che non conoscevo, sul gambo di uno di essi era attaccato un bigliettino, lo aprii e lessi con attenzione.
Probabilmente non mi perdonerai mai per ciò che ti ho fatto ma devi sapere che ti sono vicino. Credevo di trovarti sveglia ma, appena ho visto che eri immersi in un dolce sonno ho pensato di scriverti, forse è meglio, almeno non hai visto la mia faccia. Sei davvero bella, sei una delle ragazze più belle che io abbia mai conosciuto, il tuo cuore è immenso e non so come io abbia fatto a farmi scappare una persona del genere, ti ho tradita, ti ho illusa e umiliata, sono stato un coglione, mi odio per questo. Solo ora che ti osservo mentre dormi, ho capito che sono veramente stato innamorato di te e credo di esserlo ancora, non sopporto vederti con Taylor, ho sempre detestato quel ragazzo, ora più che mai visto che ti ha portato via da me. Probabilmente butterai questa lettera nel cestino più vicino che troverai.. non sto cercando di giustificarmi e non ti chiedo neanche di tornare con me perché so che non lo faresti mai, dopotutto ti ho recato una ferita davvero troppo profonda ma sono sicuro che con l'amore di quell'attore, il tuo cuore si aggiusterà. Non so che mi è preso, non so perché ti ho picchiata alla festa di Halloween, mi pento di quel gesto. 
Con ciò ti dico addio, ho deciso di partire con mio fratello, andrò a vivere in Canada ma conserva il mio numero, quando vorrai potrai chiamarmi, ci faremo una chiacchierata da amici, sempre se nel tuo cuore c'è ancora spazio per un tipo come me. Ah, fare paparazzo è un lavoro squallido, ho smesso! Spero tu ti riprenda presto. Con amore, Steve. 
Interpretai queste parole con estrema velocità capendo perfettamente cosa provava lui in quel momento, ma ora come ora non potevo perdonarlo, non sarebbe stato giusto e soprattutto non se lo sarebbe meritato. Come ha detto lui la ferita era piuttosto profonda ma ciò che desideravo era stare con Taylor, mi sarei dovuta prendere cura di lui ed è per quel motivo che mi stavo avviando nella sala in cui era ricoverato.
Piegai il foglio in quattro parti e lo misi nella borsa poi raggiunsi l'uscita a passo felpato. Mi recai davanti alla camera dell'attore, mi affacciai e notai intorno al suo letto una serie di macchinari, entrai silenziosamente e mi avvicinai al ragazzo. 
"Taylor? - pronunciai il suo nome come se potesse sentirmi - mi dispiace per quello che successo tra noi. - presi la sua mano e la strinsi forte - So che mi sono comportata male con te, ho pensato solo a me stessa e a quello che la gente avrebbe pensato di me.. - lasciai rigare il mio viso da una lacrima - ..ma ti amo, ok? Ti amo da morire quindi apri quegli occhi, dobbiamo stare insieme.. per sempre.. se vorrai. - sospirai cercando di bloccare quel pianto disperato che mi aveva sopraffatta - Ti sono vicina, i tuoi fan ti hanno anche lasciato delle lettere, sono qui sul comodino - dissi voltando lo sguardo verso i fogli."
"Virginia?" qualcuno mi chiamò, mi voltai e vidi Wren con una sedia a rotelle venire verso di me. 
Le lacrime continuavano ad uscire senza fermarsi ed il mio respiro era affannato.
"Cosa ci fai qui a quest'ora? Torna subito a dormire."
"No, per favore… - la mia frase fu interrotta da una stretta di mano. Taylor aveva stretto la mia mano! - Taylor? - lo chiamai, di nuovo - So che mi senti.."
"Virginia.. credo che tu sia troppo stanca.."
"No, Taylor mi ha stretto la mano - dissi mettendo entrambe le mie mani sulle guance del ragazzo - Amore mio sono qui" alzai la voce in preda all'agitazione e sorrisi ancora con gli occhi gonfi di lacrime.
"Virginia smettila! Taylor non si è svegliato, il rilevatore non ha trovato nessun cambiamento!"
"Ma io so quello che ho sentito!"
"Hai le allucinazioni, vieni con me - mi afferrò per il braccio e fece cenno di sedermi su quella sedia nera ma io scossi la testa - Avanti! - si abbassò verso le mie gambe e mi prese in braccio."
"So camminare."
"Potresti perdere l'equilibrio, sei debole."
"Ha stretto la mia mano!" ripetei asciugando i residui delle lacrime con il palmo delle mani.
"Va bene però ora dormi, se potessi ti farei compagnia e ti sorveglierei tutta la notte."
"No, grazie."
Mi adagiò sul letto e mi rimboccò le coperte fin sopra il petto.
"Buonanotte."
Come risposta ricevette un cenno con la testa poi chiusi gli occhi. Forse aveva ragione, ero davvero esausta poiché mi addormentai dopo pochissimi secondi.
-
"Virginia, grazie al cielo stai bene" quella era proprio la voce di mia madre e la sua mano accarezzò dolcemente i miei capelli. 
"Mamma!" esclamai con voce bassa ma sorpresa.
"Buongiorno pulce. Esther mi ha raccontato…"
"Che ore sono?"
"Le nove di mattina" disse mentre controllava l'orologio che le avevo regalato io per il compleanno.
"A che ora sei arrivata a Los Angeles?"
"Circa un'ora fa, c'è stato un ritardo da parte dell'aereo e poi del taxi."
"Sono felice che tu sia qui" ammisi sorridendo.
"Anche io."
"Come ti senti?"
"Sto bene ma devo andare da Taylor, voglio essere lì quando si sveglierà."
"Sono passata davanti alla sua camera… ci sono i suoi genitori."
"Devo esserci anche io…" 
Tentai di alzarmi ma mia madre mise una mano sul mio petto e mi fece sdraiare. 
"Sta arrivando il medico, tesoro…"
"Ok…" alzai gli occhi al cielo e sbuffai.
Ed eccolo in tutta la sua bellezza, lui teneva la mia cartella clinica in una mano e la penna nell'altra, sorrise e porse la mano a mia madre.
"Wren Kingston."
"Amanda Giolitti, sono la madre di.." non le lasciò il tempo di finire la frase che le baciò il dorso della mano. 
"Immaginavo, è bella quanto la figlia" disse.
Quella scena era imbarazzante, non sapevo cosa dire e, a quanto pare anche mia madre era rimasta a bocca aperta. Sì, Wren era un medico gentile e disponibile però non doveva neanche pensare che mia madre avrebbe accettato le sue avance, non sarebbe diventato il mio patrigno, NO!
"Ok.. - dissi arrossendo e cercai di interrompere quel momento di tensione che si era creato. Per fortuna qualcuno bussò alla porta della camera - Uh, hanno bussato." 
Sorrisi quando vidi entrare Matthew, aveva un mazzo di rose tra le mani e le portava con cura grazie anche al suo solito passo lento. 
Si presentò a mia madre poi mi diede un bacio sulla guancia.
"Ti visito e me ne vado.. - fece il suo dovere, controllò se le ferite se i punti applicati alle ferite erano caduti e sorrise. - Direi che tra cinque giorni potrai uscire.." aggiunse.
"Sul serio?" domandò mia madre con un sorriso che non le avevo mai visto prima.
"Esatto. - scrisse qualcosa sul suo 'quaderno' - Amanda, ti va di venire a prendere un caffè con me?"
"Volentieri - rispose mia madre allontanandosi dal letto - Vi lascio soli…" affermò dopo che le ebbi lanciato una frecciatina di disapprovo.
"Mi dispiace per ieri mattina" ammise Matt prendendo la mia mano.
"E' colpa mia, sono stata una stupida a lasciarti al centro della pista, ho fatto un casino."
"Spencer mi ha raccontato del tuo amore per Taylor Lautner.."
"Amore impossibile" sussurrai tra me e me.
"Uhm.. Ho provato a baciarti perché mi piaci e credevo fossi libera."
"Sono libera."
"Non mi sembra" alzò di poco il tono della voce poi si passò una mano tra i corti capelli. 
Come sempre la situazione doveva complicarsi, era venuto in pace ed ora si era creato un disagio enorme tra di noi. Rimasi in silenzio per qualche secondo, non sapevo che altro dire, volevo bene a Matt nonostante lo conoscessi da poco tempo, era un bel ragazzo ma potevamo esser solo amici.
"Spero tu ti riprenda!" 
"Aspetta, Matthew!" sbuffai.
Ci mise un secondo ad andarsene, non mi guardò neanche negli occhi e lanciò le rose sulla sedia; era deluso e forse un pochino arrabbiato. Quando aprì la porta controllai da lontano che mia madre o il dottor Kingston non fossero nei paraggi.
Scesi dal letto e senza farmi vedere da nessuno mi precipitai nella stanza di Taylor ma, a mia sorpresa, trovai una ragazza voltata di spalle. La riconobbi dai capelli, era Sara Hicks. 
Ancora lei? Cosa voleva dal mio ragazzo? Sbuffai e, con furia sbattei la porta, la giovane si girò e mi fissò.
"Vattene" l'attaccai.
"E' colpa tua se lui è in questo stato! - disse alzandosi dalla sedia - Sei una troia!" iniziò a lacrimare.
"Lui non ti vuole" sostenni a tono basso.
Ci fu un attimo di silenzio poi il colpo di grazia.
"Sono incinta!" 
Il mondo mi cadde addosso. Le ossa stavano per cedere ed il mio cuore batteva fin troppo piano, sarei svenuta da un momento all'altro. 
"Cosa?"
"Quando tu lo respingevi c'ero io, lui mi ha chiamata e siamo andati a letto insieme, non ha neanche usato il preservativo."
Non era possibile, Taylor non mi avrebbe mai fatto una cosa del genere, lui mi aveva promesso che non ci sarebbero state altre bugie. Mi poggiai al muro dietro reggendomi ad esso. 
"Non ti credo!"
"Sei libera di credermi o no - venne verso di me e mi puntò il dito contro - Ma ti consiglio di sparire dalla circolazione, non farti vedere più in questa camera, i dottori hanno detto che probabilmente ha avuto un problema cranico quindi potrebbe non ricordarsi chi tu sia... sono stata chiara?" 
Scossi la testa lasciando scivolare alcune lacrime sulle mie guance impallidite. 
"Vattene!"
Senza dire niente mi allontanai dal posto, non ero in grado di rispondere a lei nel modo in cui avevo risposto a Steve, non perché non avessi il coraggio bensì perché ero debole e non avevo nessun motivo valido per accusarla di dichiarare qualcosa di falso. Ero sempre la solita ragazza, mi preoccupavo per gli altri, non per Sarah ma per il bambino, non avrei mai voluto che crescesse senza un padre perché sapevo benissimo il vuoto che avrebbe lasciai, a me è successo. 

-

Fans, questa volta ho deciso di pubblicare prima il nono capitolo, spero vi sia piaciuto e come sempre, lasciate una recensione. Grazie :3 

  
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