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Autore: GirlOnFire    28/04/2012    3 recensioni
Quando un fratellino minore riesce ad aiutare la sorella, senza neanche accorgersene.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lil Bro

Lil’ brother.

Chiuse la chiamata, sospirando, ancora appoggiata al muro della sua camera dove si lasciò scivolare fino a posare le mani e il fondoschiena a terra. Il gelo del pavimento le sarebbe servito a non pensare per una buona volta?
Riprese il telefono in mano, ricordando le ansie, le paure, i demoni che stava affrontando il fratello minore e per il quale avrebbe voluto fare di più che parlargli solo attraverso uno stupido apparecchio elettronico, ma non poteva fare altro.
Chiuse la porta a chiave, gettandosi nel letto, la testa affondata nel cuscino e le parole appena sentite che le risoanavano nella testa. Quelle paure, le sue stesse quando aveva l'età del fratello. I tredici anni più brutti della sua vita.
Si chiese perché anche lui doveva affrontare quel percorso. Fortuna che lei era lì per lui, ad aiutarlo a non commettere i suoi stessi errori. Lui era più forte. Forse gliel'aveva insegnato lei ad esserlo, forse era una cosa innata di suo o c'era lo zampino del fratello maggiore che aveva sempre una parola per tutto e tutti.

"I miei demoni...." sospirò, prima di sentirlo parlare di nuovo: "no, devo affrontarli. Non posso continuare ad ignorarli."
La voce risoluta la fece riprendere per un attimo. Credeva in lui e doveva farglielo sapere, ne aveva bisogno in quel momento, lo sapeva bene.
"Lo so. Sono sicura che ci riuscirai."
"Come io sono sicuro che affronterai i tuoi."
Uno strano verso le uscì dalla bocca, tra un sorriso e uno sbuffo. Era rinchiusa tra quelle quattro mura da un mese ormai, per volere dei genitori. I fratelli li avevano pregati di farla rimanere a casa. L'avrebbero aiutata loro. Invece no.
La madre l'aveva scoperta in bagno, nella vasca ormai rossa di sangue mentre si tagliava l'interno coscia. Da lì non ebbe più vita, tenuta sempre sott'occhio. Avrebbe smesso. Aveva una forza di volontà ferrea.
Si ridestò da quell'immagine e rispose al fratellino: "Io li affronto ogni giorno. Ma a volte alcuni demoni non possono sparire da soli, perché sono persone a noi vicine e gli ostacoli quando non sono muri, ma persone, non li puoi risolvere. Sarebbe bello che ognuno di noi fosse come un cubo di Rubik, complicato ma risolvibile, no? Ma non è così, quindi è meglio riporre alcune cose in un cassetto sperando che prima o poi quelle persone maturino per poterle affrontare con te."
Probabilmente il fratellino rimase di stucco, ma lei la prese più come un 'chi tace, acconsente'.

Sospirò di nuovo mentre tornava a pancia su, alzando le maniche della maglia leggera che le dava fastidio con il caldo estivo imminente. Guardò i piccoli segni bianchi, le cicatrici. Tolse poi i pantaloncini ed esaminò l'interno coscia.
Chiuse gli occhi ed infilzo le unghia nelle cosce. Voleva uscire di lì. Tornare alla sua libertà. Poter abbracciare i fratelli, le amiche. Invece si ritrovò a portare le mani verso la schiena, abbracciandosi da sola.
L'unica cosa che la teneva lucida, lì dentro, in istituto, era che presto suo fratello sarebbe venuta a riprenderla e l'avrebbe portata a vivere da lui. Gliel'aveva promesso.
Avrebbero portato con loro anche il piccolo e sarebbero vissuti come una famiglia. Magari sarebbero andati in Inghilterra, dalla sorella maggiore che studiava e lavorava lì.
Sì, quello era il suo sogno. Finché avrebbe sognato, avrebbe avuto speranza. Finché avrebbe sperato, avrebbe continuato a vivere per loro e per se stessa.
Il fratello venne a prenderla la settimana dopo, con il minore, stringendo tra le mani tre biglietti di sola andata per Brighton.
L'avrebbe fatto davvero. Sarebbero scappati tutti insieme.
Avrebbe voluto tirarsi un pizzicotto per vedere se era vero, ma le bastarono le braccia dei fratelli per crederci.
Certo, il viaggio, lo stare assieme non era stato forse tutto rosa e fiori per lei, e aveva pensato bene di ritirare fuori la lametta un paio di volte. Ma loro c'erano sempre stati. La facevano sfogare cantando, facendola uscire, facendola scrivere.
Fu sempre il più piccolo a togliergli la lametta del tutto.
Lui era depresso, primo amore andato male. Lei aveva riaperto il cassettino dei ricordi, e non solo quello. Aveva ripreso la scatola segreta' dove teneva vecchie foto, vecchie lettere e il portamonete con dentro la sua lametta ancora un po' sporca.
La rigirò tra le dita quando sentì entrare il fratellino in camera sua.
"Ecco.. dammi una lametta che mi taglio anche io."
Come se nulla fosse, come se fosse in trance mentre rigirava quella lametta tra le dita, rispose. "E' un po' sporca.."
"Si sporcherà sempre, qual è il problema?"
"Si deve pulire e disinfettare se non vuoi prendere infezioni. E' una delle prime cose che impari quando sei un autolesionista."
La voce era priva di enfasi, inflessioni. Apatica.
"Dammela."
"No. Non devi diventarlo."
"Dammela lo stesso."
Lo guardò, trasalendo. Non poteva dargliela. Non doveva. Lui era il fratellino e lei quella che doveva dare il buon esempio.
"NO." Alzò la voce. "Ti proteggerò finché posso."
"Io.... io sto proteggendo te."
Solo in quel momento capì che quello scricciolo che era più alto di lei, voleva quella lametta non per sé, ma per toglierla a lei, per buttarla forse.
Solo in quel momento capì che quella scatola sarebbe stata sigillata per sempre grazie a lui.

   
 
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