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Autore: _Ray_    21/11/2006    1 recensioni
Pioveva, quella notte. L'acqua cadeva scrosciando lentamente per poi scontrarsi con violenza con il terreno, picchiettando sui vetri, nel suo tragitto, tuonando sulle tegole, suotendo e lasciando rabbrividire la debole casetta di legno, tormentandola senza sosta, nè pietà.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I Capitolo ~ Storia di due notti tormentate

I Capitolo ~ Storia di due notti tormentate

Pioveva, quella notte.
L'acqua cadeva scrosciando lentamente per poi scontrarsi con violenza con il terreno, picchiettando sui vetri, nel suo tragitto, tuonando sulle tegole, suotendo e lasciando rabbrividire la debole casetta di legno, tormentandola senza sosta, nè pietà. Il vento soffiava di continuo, ululando fra le fronde scosse, fischiando e stridendo, filtrando attraverso ogni più piccola crepa delle pareti della casa, insinuandosi come un serpente fra le fessure, sibilando maligno agli ancgoli delle porte e delle finestre, ritmicamente, quasi a delinare con il suo rombo e il loro scuotimento una sorta di magica musica composta da più reali, anche se al contempo finti, tamburi, che riempivano l'aria di loro rombi e tuoni, incessantemente. L'unica luce all'interno della casa era prodotta da una debole lampada ad olio che, nella sua fugacità, danzando sotto le flessuose dita del vento, che la muovevano elegantemente da sinistra verso destra, illuminava il volto sofferente della ragazza, a volte sì, e a volte no, come a volerla nascondere da quel tempo così ostile per poi tornare a sipare di nascosto la sua bellezza, di tanto in tanto, ma non trovando il coraggio di sostenerla troppo a lungo.
Stava urlando.
Le grida della donna riempivano l'aria, perfette compagne dei rombi di tuono e del chiasso delle finestre, stridenti e improvvise, alternate a brevi momenti di calma nei quali si limitava ad ansimare stesa sul letto, a gambe divaricate.
C'era un bambino, accanto a lei, e dai lineamenti del suo volto si poteva dedurre che non avesse avuto più di una decina d'anni, che teneva stretta la mano della madre, intrecciando le dita con le sue, accarezzandole lentamente, stringendola con forza. Sudava, e aveva paura. Paura di che? Forse non avrebbe neppure saputo rispondersi... d'altronde, quando si ha paura non si ha nè la coscienza nè la ragione necessaria per esaminare il vero motivo per cui la si prova in quel momento.
Quello dopotutto non era certo il luogo migliore per un parto, senza nè un dottore a poterli aiutare, ma la tempesta che infuriava all'esterno pareva non volerli far uscire, e non ci sarebbero stati comunque villaggi nei quali sostarsi, nelle vicinanze.
Un'ennesima contrazione, e le urla della donna salirono ancora, aumentando di volume, accompagnate dallo spasmo di dolore, e il bimbo al suo fianco iniziò a piangere e mordersi le labbra, stringendo con più forza la mano della madre, le pupille che tremavano all'interno dell'iride. Le urla disperate aumentarono ancora d'intensità, a pari passo con le contrazioni e la disperazione crescente del primo figlio accanto a lei. Ormai si era persa perfino la cognizione del tempo, e nessuno dei due faceva più caso ai minuti, alle ore, che erano trascorse e che ancora in quel momento stavano trascorrendo inesorabilmente, verso il nuovo giorno, fatto sta che i capelli insolitamente bianchi del bambino avevano fatto a tempo a infradiciarsi per la pioggia, asciugarsi all'interno della casa e inzupparsi ancora una seconda volta, questa, però, di madido sudore.
Il padre, ovviamente, non c'era.
Passarono altri minuti angosciosi, forse ore, e infine il bimbo nacque, sollevando, almeno in parte, le sofferenze della madre. Piangeva, versava lacrime, avvolto com'era stato, così, improvvisamente, dalle dita gelide, crudeli e taglienti della notte. La madre, cullandolo lentamente fra le braccia, lo avvolse fra le coperte, per non disperdere il suo lieve tepore, nonostane la fatica e il dolore immenso stessero ancora scuotendo il suo corpo dall'interno costringendola a tremare e rabbrividire. A quel contatto, quel così piacevole calore, il bimbo smise di piangere, e il figlio canuto si allontanò di qualche passo dal letto, il volto bianco e tirato per aver assistito di persona a un orrore tanto grande da essere definito come il più grande miracolo della vita. Poggiò una mano sulla fronte, cercando di placare la nausea, e guardò lentamente verso il basso, come se non avesse mai visto in vita sua le venature e i nodi di un pavimento in legno, e poi, dopo qualche secondo, rialzò il viso, e parlò.
"Come lo chiamerai?" Chiese con voce affannata, mentre il respiro usciva violentemente dalla bocca aperta, sempre più regolare, nel tentativo di riprendere fiato.
"...Taera..." Fu la risposta della madre, dopo qualche secondo impiegato a ricombinare le idee, che ancora cullava il bimbo, ormai addormentato, e ne accarezzava con lo sguardo le dolci fattezze "Un nome che gli darà forza, che lo farà potente e temuto, e lo aiuterà a vincere su qualsiasi nemico."


Iris si svegliò di soprassalto.
Cos'era stato? Un sogno? Una visione? No... solamente un terribile incubo.
Il freddo della sua piccola cameretta lo avvolse abbracciandolo velocemente, come accorgendosi solo in quel momento del suo ridestarsi, stringendo e opprimendo sul petto, bloccando il respiro in una morsa gelida. Era seduto, probabilmente si era alzato inconsapevolmente con uno scatto, svegliandosi, così si strinse le braccia al petto, afferrandosi le spalle, cercando di placare lo stupore e lo spavento col calore del suo stesso corpo e della sua stessa pelle... umida, madida di sudore, ma comunque calda. Il suo respiro usciva ritmicamente dalla piccola fessura formata dalle labbra, prima dentro, e poi fuori, e i battiti del cuore erano accellerati tanto da rimbombare nel suo stesso petto, a ritmo delle finestre del sogno, assordandolo con la loro insistenza.
Era solo un incubo, solo un incubo...
Si riprese qualche secondo più tardi, e afferrò violentemente le coperte con forza, alla ricerca di un segno che gli dicesse con forza e chiarezza che si trovava ancora nella sua stanza, e non più nella piccola casetta di legno buia, scossa dalle interperie, visto che l'oscurità gli impediva di accertarsene con chiarezza. Trovate, il suo animo si placò del tutto, permettendo ai suoi occhi, ora più calmi, di adattarsi alle tenebre per permettergli di guardarsi intorno.
Tutto era come al solito, e nulla sembrava essere stato spostato o fuori posto... la sua solita stanza. La sveglia ticchettava al suo apatico ritmo sul comodino a fianco del letto, davanti a lui l'armadio lo guardava cupo, dall'alto verso il basso, e le mura della camera erano sempre lì, vigili e attente come sentinelle da guardia, mostrando due soli spiragli, una porta e una finestra.
Solo un incubo, ancora una volta...
Ancora, come sempre, visioni e incubi erano tornati angosciosi a tormentare il suo apparentemente tranquillo poltrire, confusi e incomprensibili come al solito.
Si alzò lentamente dal letto, come la sua forza meglio glielo permetteva, e si diresse con passo malfermo e tremante verso la finestra, dove scostò le tende con un ampio gesto della mano, ad osservare l'esterno. Anche quella era una notte buia, ma nè buia, nè tempestosa, e, ad ogni modo, la città di Imil riusciva a rispeldere comunque, rispecchiando nel suo volto la pallida luce della luna.
Le vie erano vuote, spazzate da una lenta e calda brezza, le case e gli edifici immobili, nella loro potente struttura, a disegnare un paesaggio quadrangolare davanti a se, come una rudimentale scacchiera dalla quale, a tratti, si alzava un edificio più alto, più grande, che saliva imponente verso l'alto; e, come ogni notte, la vista di quel paesaggio così immobile, silente, e altrettanto impalpabile da dietro il vetro della finestra, riuscì a placarlo del tutto, così si girò, lasciando che le tende coprissero ancora una volta il mondo esterno, per poi tornare al suo letto con passo più sicuro, più fermo e deciso, dove si sarebbe riaddormentato tranquillo.
Il battito cardiaco e il respiro erano tornati finalmente regolari, e anche il corpo aveva terminato di tremare. Perchè si era agitato così tanto? Ormai questi sogni incomprensibili si ripetevano di notte in notte, da quanto poteva ricordarsi, sempre diversi e sempre confusi, e, dopo tanto tempo, avrebbe anche dovuto imparare a farci l'abitudine. Ma non è facile abituarsi agli incubi, che vanno e vengono, repentinamente, feriscono in profondità per poi svanire nel nulla, sempre violenti, lasciando dietro di se una scia di brividi e affanni.
Si sdraiò, dopo aver cercato il letto a tastoni, e cercò di riprendere sonno, voltandosi al lato opposto che volgeva alla finestra, in modo che la pallida luce della luna non gli desse troppo fastidio, ma, appena fu voltato, notò che questa era misteriosamente scomparsa, lasciandolo solo, e lasciando che le tenebre si impossessarono improvvisamente della stanza, cancellando ogni traccia di luminosità, anche se pallida. L'oscurità lo avvolse, lo abbracciò insinuandosi in ogni anfratto e penetrando in ogni poro della sua pelle, offuscando ogni suo senso, lasciandolo solo, nella stanza, con la consapevolezza che non vi era alcuna luce per uscirne.
Che cosa stava succedendo ora? Si voltò verso la finestra agitato, e, proprio in quel momento, ciò che oscurava la luce scomprave, lasciando che la luna tornasse a compiere il suo lavoro di sostituto dell'unico vero astro, illuminando pallidamente gli edifici sottostanti e la sua piccola stanza, come se tutto quello che erasuccesso fino a quel momento fosse dovuto solamente ad una nuvola passeggera.
La così lo intimorì un poco, ma non abbastanza da costringere alle sue membra ormai intorpidite di ordinargli di alzarsi per esaminare la situazione, così, dopo qualche secondo di vigilanza, visto che il fenomeno pareva non volersi ripetere, si calmò ancora una volta, e il topore lo costrinse a chiudere lentamente le palpebre, a riposare gli occhi, sperando che, quella notte, non sarebbe successo null'altro.



La mia prima storia... vi prego di essere clementi, semmai vogliate leggerla ^^' questo è un capitolo un po' corto, in quanto prefasi... se vi piacerà posterò il seguito ^^ Grazie già da ora!

  
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