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Autore: elyxyz    29/04/2012    25 recensioni
“Gaius! Aspettate! Cosa...?” esclamò il mago, squadrandolo come se fosse impazzito.
L’uomo ricambiò lo sguardo. “Perdonate l’ardire, ma... potrei sapere chi siete?”
“Sono
io!” sbottò allora, allargando le braccia “Gaius! Che scherzo è mai questo?!” domandò retorico, battendosi il petto. “Non mi ricono-” Merlin boccheggiò incredulo, accorgendosi di colpo del florido seno che stava toccando, e lanciò un gridolino terrorizzato. Fu per istinto che raccattò il lenzuolo e si coprì alla bell’e meglio.
Gaius se ne stava sull’uscio, sbigottito anche lui.
“Merlin?” bisbigliò alla fine, come se dirlo ad alta voce fosse davvero
troppo.
“Sì, sono io!” pigolò l’altro. “O almeno credo!”
“Che diamine ti ha fatto Ardof?!” l’interrogò l’archiatra.
(...) Merlin si coprì gli occhi con le mani, mugolando. “Come spiegherò questo ad Arthur?”
[Arthur x Merlin, of course!]
NB: nel cap. 80 è presente una TRASFORMAZIONE TEMPORANEA IN ANIMALE (Arthur!aquila) e può essere letto come one-shot nel caso in cui vi interessi questo genere di storie.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: What if? | Avvertimenti: Gender Bender | Contesto: Prima stagione, Contesto generale/vago
Capitoli:
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SPOILER FREE: Come l’anno scorso, sento doveroso fare una precisazione

SPOILER FREE: Come l’anno scorso, sento doveroso fare una precisazione. Dopo aver visto tutte le puntate della quarta stagione e dopo aver letto tutti gli spoiler generali in circolazione, ricordo a tutti che questa storia NON contiene/conterrà alcuno spoiler; e che eventuali coincidenze con la quarta serie sono appunto casuali coincidenze.

 

Il seguente capitolo si colloca 10 giorni dopo la fine del precedente, quindi post missione.

Siamo al 10 luglio, nel momento in cui Merlin si risveglia.

 

Premessa doverosa: se durante la lettura vi sembra che la situazione sia confusa, è voluto. Il mio consiglio è: cercate di immedesimarvi in Merlin. Nelle note finali troverete le spiegazioni.^^

 

 

Riassunto: Merlin è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?

 

 

Capitolo dedicato a chi ha recensito il precedente:

crownless, elfin emrys, chibimayu, Raven Cullen, ginnyred, principessaotaku97, kalea95 (Benvenuta! ^^), _Lovely_Blu_Girl_ (Benvenuta! ^^), _Jaya, masrmg_5, DevinCarnes, miki87, chibisaru81, youmoveme, saisai_girl, mindyxx, miticabenny, Luna Senese, Lily Castiel Winchester e sixchan.

E a quanti commenteranno (SE vi va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.

Grazie.

 

The He in the She

 

(l’Essenza dentro l’Apparenza)

 

 

 

Capitolo LVII      

 

 

Quando Merlin si risvegliò, riprendendo conoscenza, fu certo di stare ancora sognando, poiché sarebbe stato assolutamente impossibile, nella realtà, ritrovarsi davanti lo sguardo corrucciato del suo maestro a due palmi dal naso.

E invece no. Non stava più sognando. Lo capì quando, sollevandosi lentamente, egli riconobbe il proprio letto e la propria cameretta a Camelot. E la voce di Gaius era dannatamente reale.

 

“Come ti senti?” si sentì chiedere, con un’intonazione ansiosa che il vecchio cerusico conservava per i momenti di maggior pericolo o di sventura.

 

L-la testa m-mi scoppia e sono tutto stordito.” Ammise tartagliando, massaggiandosi una tempia con aria sofferente.

 

“Stordito?” ripeté il medico, sollevando il tipico sopracciglio perplesso. “Merlin? Sei proprio tu?”

 

Il mago sbatté le palpebre, confuso.

“E… e chi altri volete che sia? Siete forse impazzito?!” sbottò con troppa enfasi, sentendo una stilettata di dolore nel cranio. “Gaius! Che scherzo è mai que-” fu solo un istante, – un lunghissimo, eterno istante, in cui lo stregone rivisse il momento in cui aveva usato quelle stesse parole: il giorno in cui la sua disgrazia era cominciata, l’alba dopo la sua trasformazione – e il momento successivo egli si toccò il viso, con mani tremanti, il seno florido, i capelli fastidiosamente lunghi, e sentì l’assurda speranza che l’aveva travolto andare in mille pezzi. Linette era ancora lì. Dannazione, era lei.

 

Un conato di vomito gli salì dalle viscere e fu solo per la prontezza dell’archiatra che si ritrovò in grembo un catino dove rigettare la poca acqua che probabilmente gli era stata somministrata mentre era svenuto.

 

“Stenditi, figliolo.” Gli consigliò il guaritore, accompagnandolo nella discesa verso il cuscino.

 

“Gaius? Perché sono ridotto così?!” bisbigliò sconvolto, chiudendo gli occhi afflitto, come se anche solo parlare gli costasse un’enorme fatica. Per questo non vide che le mani del mentore avevano tremato un po’, prima di posargli una pezzuola umida sulla fronte, per dargli sollievo.

 

Perché sono ridotto così?” ritentò, gemendo incredulo.

L’ultima cosa che ricordava era l’abbraccio della signora Rosy e l’imminente partenza dalla locanda e non sapeva capacitarsi di come si ritrovasse lì e per giunta così malconcio. Ma non avrebbe mai creduto che le sue domande sarebbe state fraintese da Gaius…

 

Il povero vecchio ingoiò la proprio disperazione.

Merlin aveva perso la memoria, e non rammentava la sua trasformazione in donna!

Come avrebbe fatto…? Con che coraggio avrebbe raccontato a quel povero ragazzo cos’era diventato?

 

“Merlin… tu sai chi è Linette?” domandò tentennando, quando non fu più possibile procrastinare oltre il silenzio, ma temendo la sua risposta.

 

“Sì.” Sussurrò, sfinito. “E’… mia cugina, no?” fu la soluzione del giovane mago, convinto che l’altro volesse sapere se rammentava ancora i particolari della loro messinscena. “Ci siamo… scambiati di posto.”

 

Che Merlin avesse uno sdoppiamento di personalità?, si preoccupò il cerusico, ascoltandolo vaneggiare.

 

“Ora riposa, ragazzo mio.” Lo rassicurò, facendogli assumere un forte sedativo, mescolato alle gocce che aveva dato, a suo tempo, al principe per dormire.

 

Poi, a passo stanco, egli si diresse nel suo studio, dove collassò su una delle sedie e si nascose il viso rugoso fra le mani, cedendo allo sconforto.

 

Forse la mente del suo protetto non aveva retto, una seconda volta, al trauma di riscoprirsi diventato donna. Sì, doveva essere certamente così. Si persuase, fino a che non venne distratto da un discreto bussare alla porta.

Egli diede il permesso d’entrare allo sconosciuto visitatore, ma avrebbe preferito non averlo fatto, allorché si trovò davanti lo sguardo preoccupato dell’erede al trono.

 

“Come sta Linette?” pretese di sapere Arthur, approssimandosi al guaritore reale.

 

Gaius esalò un sospiro affranto.

“Non ha ancora ripreso conoscenza.” Mentì, per temporeggiare, fintanto che non avesse capito la gravità della situazione. “Tuttavia… non sono le contusioni ad impensierirmi… quanto piuttosto ciò che sta accadendo nel suo cervello! Potrebbe aver perso il senno!” ipotizzò, con orrore, sperando di sbagliarsi. “Ma vi prego, vi supplico, Maestà! Quando lei si risveglierà, non dovrete raccontarle nulla di quanto è accaduto – ciò che ha detto e fatto, mentre non era in sé –, ne va della sua sanità mentale!”

 

“Lo farò.” Promise il principe, annuendo formalmente. “Le ribadiremo solo lo stretto necessario: vale a dire che alla partenza dalla locanda è caduta battendo la testa ed, essendo svenuta per la forte botta, io e lei abbiamo rimandato il ritorno a casa di qualche giorno, per sicurezza; mentre Leon e Martin sono partiti immediatamente, con il tesoro, poiché non aveva senso che rimanessero lì con noi.”

 

“E’ corretto.” Approvò. “Ma cosa le diremo, quando ci chiederà com’è finita qui?”

 

Arthur piantò gli incisivi sul labbro inferiore, riflettendo.

“Mentiremo, almeno in parte. Le spiegheremo che il colpo è stato più grave del previsto e che lei è rimasta semi-incosciente per giorni interi e che io ho deciso di ricondurla a Camelot perché tu la curassi.”

 

“Questo, almeno, motiverebbe il perché lei non sappia com’è tornata. Ma un buco temporale di dieci giorni non è semplice da riempire!

 

“La persuaderemo di aver dormito!” sbottò il nobile, animandosi. “Sicuramente non possiamo dirle che la botta le ha mutato i ricordi della nostra copertura ed ha creduto davvero di essere mia moglie!”

 

Se la cosa non fosse stata tanto tragica, avrebbero riso entrambi al ricordo di Lin-Lin che garantiva ad un Uther, sull’orlo di una crisi di nervi, un bel nipotino entro la primavera successiva.

 

Arthur e Gaius avevano avuto il loro bel daffare a rendere inoffensiva l’esuberante novella consorte, ad impedire una fuga di notizie degna del più succulento pettegolezzo di palazzo fin dalla notte dei tempi, e soprattutto a calmare le ire del sovrano, rammentandogli che ella era in quello stato per essersi sacrificata per il Regno, salvando il Tesoro della Corona. Solo questo motivo – la gratitudine coatta – aveva tenuto a bada l’indignazione del re per quella zelante nuora fuori programma.

 

I due uomini rimasero in silenzio a lungo, ognuno perso nelle proprie riflessioni e nei propri tormenti.

Gaius, che non sapeva chi si sarebbe trovato davanti, allorquando Merlin si fosse ridestato, e che ipotizzava catastrofiche ripercussioni sul futuro del suo protetto; e Arthur, che non aveva detto al medico tutta la verità sul secondo increscioso incidente che aveva coinvolto la sua valletta.

 

Con che animo avrebbe potuto confessare al vecchio – il quale considerava Linette alla stregua di una figlia –, che la cara e pudica fanciulla si era ferita alla testa, la seconda volta, mentre era nel bel mezzo di un tentativo di seduzione, andato a male, ai danni dell’erede al trono?

 

Il principe aveva, infatti, cavallerescamente rifiutato l’ennesima pretesa di consumare il loro matrimonio e l’aveva allontanata con gentile fermezza da sé, e mai, mai avrebbe immaginato che ella avrebbe inciampato sul tappeto, urtando fatalmente la mensola su cui stava un’anfora antica – datagli in dono da un re lontano – e che tale vaso l’avrebbe colpita in pieno, con tutto il suo peso, prima di frantumarsi al suolo in mille pezzi.

 

Arthur non avrebbe mai creduto che lei sarebbe potuta diventare così spudorata e disinibita. D’accordo avere a che fare con la sua sfrontatezza verbale (in fondo, si era già abituato a quella di Merlin), ma quella Linette era andata ben oltre, con le sue strategie di seduzione! Per un lungo istante, s’era sentito lui il povero verginello della situazione!

 

A Gaius, egli aveva omesso la parte delle profferte sconce – che aveva ritenuto ininfluenti per il ragguaglio – e si era limitato a riassumente l’incidente.

 

Erano però passati due giorni da quel momento e la sua ancella non aveva ancora ripreso conoscenza, benché l’unico danno fisico presente fossero due bozzi fra i capelli – uno vecchio, della locanda, e il più recente ad opera del vaso.

 

“E se… se non si svegliasse più? O se fosse uscita di senno? I colpi in testa sono pericolosi!” considerò il principe, consumato dai sensi di colpa, aggravati dal ricordo di tutte le volte che egli aveva colpito Merlin anche per delle sciocchezze e considerando, solo in quel momento, quali conseguenze disastrose avrebbe potuto portare il suo comportamento scriteriato.

 

“Non ditelo neanche per scherzo!” s’allarmò il cerusico. “Si riprenderà, vedrete… altrimenti, io non saprei che fare senza di l-”

 

“Qualsiasi cosa accada, voglio che tu sappia che me ne prenderò la responsabilità.” Dichiarò Arthur, in tono grave. “Sono stato io ad accettare di coinvolgerla nella missione, perciò avrò cura di lei, quale che sia il suo stato. Farò in modo che stia bene a Camelot e andrò a scusarmi con Merlin, a Ealdor e-”

 

“No, assolutamente no! Non ditelo nemmeno!” si scaldò il vecchio, ricomponendosi poi: “Sire, per carità, è prematuro parlare così…” riferì, saggiamente. “Lasciamo tempo al tempo…”

 

“Non ci restano altre soluzioni.” Ammise, a malincuore, l’erede al trono, avviandosi alla porta. “Gaius, mio padre mi attende per una riunione, ma ti prego di avvisarmi immediatamente di qualsiasi cambiamento avvenga in lei.”

 

“Sarà fatto, Maestà.” Ripose il medico, con un inchino del capo.

 

 

***

 

 

Merlin si riprese all’indomani di quella discussione. Ma avrebbe sempre conservato – nei giorni a venire, prima, e negli anni successivi, dopo – la fastidiosa impressione di essersi perso qualcosa di importante.

 

Gaius, dopo aver chiarito il malinteso in cui egli aveva chiesto perché fosse ridotto in quello stato, intendendo la sua condizione malconcia e non l’essere diventato donna, s’era fatto una gran risata liberatoria, ma poi l’aveva trattato con un’infinita pazienza quasi sospetta per tutto il primo giorno e Arthur – oh, Arthur! –, quell’Asino era venuto a trovare Linette cinque volte, rapportandosi a lei come se dovesse camminare su delle uova, bilanciando ogni parola da dire o tacere, con una faccia da cane bastonato, che manco se avesse ucciso qualcuno avrebbe potuto sentirsi più in colpa di così.

 

E il mago, che ovviamente non era stupido (checché ne dicesse il Babbeo Reale), aveva messo sotto torchio il suo maestro, ma aveva ricavato una assai misera spiegazione. Gaius gli aveva snocciolato quello che sapeva, suggerendogli di chiedere al principe, che era presente alla locanda, di elencargli i fatti.

Invece Arthur aveva aggiunto troppo poco per soddisfare la sua curiosità, con lo sguardo basso e a disagio, tipico di chi non stava dicendo il vero o stava omettendo cose rilevanti.

Alla fine di quel riassunto veloce e senza particolari, Merlin avrebbe sempre avuto il dubbio d’aver fatto qualcosa di irrimediabilmente vergognoso o pericoloso, poiché era sceso un veto che persino il suo mentore rispettava. Per ordine diretto di sua maestà, il re. Ma forse ad Uther non era semplicemente andato giù che fosse stata una donna, una serva, a risolvere la questione a lui tanto cara e a cui avrebbe dovuto dimostrare gratitudine.

 

Perfino Gwen era stata schiva e vagamente in imbarazzo, quando era venuta a trovare Lin per sapere come stava.

E alcune sguattere, incrociate nei corridoi, la guardavano con compassione, quasi come se fosse stata una povera cretina.

L’unica costante della sua vita era Morgana, che le sorrideva a tuttotondo, felice di rivederla ristabilita.

 

 

***

 

 

Aveva due bernoccoli enormi fra i capelli, un mal di capo che lo tormentava, come un basso, costante ronzio, ma a parte questo, Merlin si sentiva bene.

Perciò Linette non aveva sentito ragioni, quando – il secondo giorno dopo il risveglio – aveva ripreso servizio per tornare alla normalità, contro il parere del suo maestro.

 

Arthur se l’era tenuta vicina tutto il giorno, fino a sera, per controllarla, per capire se stesse bene o fosse impazzita, se fosse tornata in sé o potesse dire qualcosa di compromettente.

 

“Bene, Mio Signore.” Esordì il mago, concludendo i preparativi per la notte del suo padrone. “Col vostro permesso, prenderei congedo.”

 

Il principe lanciò alla sua valletta un lungo sguardo tormentato. Appariva pallida e stanca, anche più del consueto. Ed era tutta colpa sua.

“No.” Rispose quindi. “Ho stabilito diversamente.”

 

Merlin strabuzzò gli occhi, sorpreso da quella decisione.

“Ma Gaius mi aspetta! Che avete in mente?” pretese di sapere.

 

E il nobile, anziché replicare, deviò verso il tavolo da lavoro e vergò frettolosamente poche parole su un pezzo di pergamena. Poi si diresse a passo svelto in direzione del portone d’uscita e chiamò una delle guardie appostate nel corridoio.

 

Fin da lì, lo stregone lo sentì comandare: “Esigo che venga immediatamente consegnato questo messaggio al guaritore di corte.” E, senza attendere risposta, egli fece ritorno, chiudendo la porta a chiave alle sue spalle.

 

“Sire?” domandò l’ancella, sorpresa da quel comportamento. “Cos-?”

 

Arthur variò la rotta da lei per andare dietro al paravento dove si cambiava d’abitudine e se ne uscì con una camicia leggera di lino, che usava nelle stagioni più fredde per dormire, e la indossò.

 

Merlin se ne stupì, perché il caldo dell’estate gli avrebbe permesso di riposare più comodamente senza, e poi cosa significava quella strana condotta? Era lui ad aver battuto la testa o piuttosto l’Asino Reale?

 

“Stanotte dormirai qui.” Si risolvette a comunicarle, con l’inflessione di chi non accettava obiezioni. Ma ovviamente Linette non avrebbe mai colto la sua imposizione.

 

“E per quale ragione?!” sbottò infatti, incredula.

 

Perché devo tenerti d’occhio?

“Perché così ho stabilito.”

 

Ma non ve n’è motivo!” protestò la serva, intuendo i suoi pensieri. “Ho solo due grosse protuberanze in testa e un lieve mal di capo, ma passerà!”

 

Subito dopo quell’affermazione, ella vide il principe sussultare e raggiungerla, allungando le mani fra i suoi capelli.

“Fa’ sentire…”

 

“Ma non ser-” tentò di dissuaderlo, e tuttavia cedette, quando le nobili dita si insinuarono fra le sue ciocche, tastando con gentilezza i due bernoccoli. “Non mi spiego come mai uno sia più grosso dell’altro…” confessò infine lo scudiero, con un certo imbarazzo. “E sono posti distanti. Come avrò fatto?”

 

Arthur ritirò le mani dalla sua testa, come se si fosse scottato.

“C’erano un sacco di pietre per terra.” Tagliò corto, distogliendo gli occhi dai suoi, sentendosi in colpa per averle mentito.

 

“Sire…” rifece Merlin, cogliendo il momento, vedendolo pensieroso. “Non mi sembra opportuno dormire con voi.” Gli rese noto, controvoglia, mentre il suo animo bramava l’esatto contrario. Ma questo avrebbe reso tutto più difficile, e si era ripromesso di evitare situazioni dolorose per il suo povero cuore.

 

“Abbiamo già dormito assieme. Alla locanda.” Appuntò Sua Maestà, calcando sulla fine della frase.

 

“Quale locanda?” domandò il mago, fingendo di non ricordarlo. Ma incredibilmente l’altro impallidì e allora gli confessò che si stava burlando di lui. “Lo ricordo, lo ricordo…” si affrettò a tranquillizzarlo. “Ho battuto la testa, non ho certo perso la memoria!” considerò, ignaro della realtà dei fatti.

 

Arthur invece trasalì di nuovo, adombrandosi.

“Puoi dormire con i tuoi abiti.” Si risolvette infine, sollevando anche il copriletto per farle posto. “Non serve che ti cambi.”

 

“Io, però…” mugugnò lo stregone, arrossendo. “Io dovrei…”

 

“Che c’è?” pretese di sapere il nobile Babbeo, alzando un aristocratico sopracciglio. E spalancando poi gli occhi, come colto da un’intuizione improvvisa e scandalizzata. “Non dirmi che sei indisposta!”

 

“Oh, no! No-no!” si affrettò a smentire Linette, imporporandosi ancor di più. “Ma non riesco a prender sonno se prima non… uhmm…” mugugnò, tentennando.

 

Arthur fece una faccia stizzita, arricciando le labbra.

Uhmm?” l’incalzò.

 

Pipì.” Bisbigliò il mago, facendosi piccolo piccolo. “Mi scappa.”

 

E incredibilmente l’Asino Reale scoppiò a ridere, facendolo vergognare ancor di più.

“Il mio vaso da notte è a tua completa disposizione.” Le offrì galantemente. “Tanto più che domattina sarà tuo compito svuotarlo!” le appuntò.

 

Merlin se ne andò a capo chino nell’altra stanza, dove di solito l’Idiota coronato faceva il bagno, borbottando improperi contro gli asini senza ritegno.

 

Quando fece ritorno, Arthur era già appostato sul materasso, in sua attesa.

“Ti serve altro?” le domandò retorico.

 

“Beh, veramente sì.” Rispose invece lo stregone, preferendo al contempo sprofondare che essere ancora oggetto d’indagine, e si massaggiò stancamente una tempia. “Gaius mi aveva prescritto un infuso di corteccia di salice, da bere prima di coricarmi, contro l’emicrania. E ovviamente non ce l’ho con me.”

 

Arthur si rifece serio.

“Il mal di capo è ancora forte?” s’interessò.

 

“Un po’.” Mentì il mago, sminuendo il dolore per non preoccuparlo inutilmente.

 

“Accomodati sotto le coperte.” Le suggerì, anche se era palesemente un ordine. E a sua volta si risollevò dal giaciglio, afferrando uno dei calici puliti sopra al tavolo dove avevano cenato. Lo intinse nel paiolo che stava sopra al focolare ormai spento (i servi avevano riscaldato l’acqua del suo bagno quasi un’intera veglia prima) e alla fine si mise a rovistare in un cassetto del canterano.

 

“E’ il sacchetto con il laccio nero.” Gli rammentò Linette, osservandolo dal baldacchino, stupita da quella gentilezza insperata.

 

“Lo so.” Bofonchiò il nobile, trovandolo.

 

“E bastano appena-”

 

“Due cucchiaini disciolti in mezza coppa d’acqua. Lo so.” La interruppe, preparando il medicamento. “Quando tu non c’eri, ho imparato a curare un’emicrania anche da me.” Le rese noto, porgendole il recipiente.

 

“Grazie.” Gli sorrise l’ancella, accogliendo con gratitudine il rimedio.

 

Arthur, per superare l’imbarazzo immotivato, mugugnò qualcosa sul fatto che alla locanda l’aveva fatto sgobbare ben di più e che, se ora lei era a posto, potevano anche godere del meritato sonno che lui agognava.

 

Merlin non ebbe nulla a che ridire e soffiò sulla candela posta sul comodino affianco a sé e il principe fece altrettanto, dal proprio lato, ognuno bene attento a rimanere discosto dall’altro.

 

“Buonanotte, Maestà.” Gli augurò, cercando almeno di approfittare della comodità del materasso imbottito e delle lenzuola sontuose.

 

“Anche a te.” Rispose il nobile, con tono formale, tentando invano di trovare una posizione confortevole, al di qua della linea immaginaria che lo divideva da lei. “Cerca di riposare.” Le comandò, e si comandò.

 

Allorché entrambi caddero nelle maglie del sonno, neanche mezza veglia dopo, i corpi di Arthur e Merlin si cercarono inconsciamente, liberi dalle loro volontà, incastrandosi in un intreccio perfetto di braccia e gambe – dov’era giusto che fossero, dov’era giusto che stessero.

 

E mentre il principe affondava il mento contro la pelle morbida del mago, e quest’ultimo mugolava soddisfatto per il calore ricevuto in dono, nelle viscere del castello rimbombò il suono di una risata cavernosa, ma nessuno l’avrebbe udita. Tantomeno loro.

 

 

Continua...

 

 

 

Disclaimer: I personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Ringraziamenti: Un abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3

E alla mia kohai che subisce le mie paranoie. X°D

 

Note: Cronistoria di chiarimento: abbiamo dieci giorni di buco temporale dalla fine dello scorso capitolo all’inizio di questo. Dieci giorni così ripartiti: tre alla locanda (in cui Arthur spera invano che Linette rinsavisca), quattro di viaggio di ritorno (come all’andata), tre al castello in cui ancora Linette si crede sposata ad Arthur e Gaius in realtà non sa che fare per guarirla. Poi torna la memoria a Merlin.

La memoria gli ritorna col più classico ‘chiodo scaccia chiodo: una seconda botta in testa ristabilisce l’equilibrio rotto.

 

Linette (non Merlin, perché qui è solo lei) si crede la vera moglie di Arthur perché prima di svenire stava recitando quella parte ed è l’ultima cosa che ricorda.

E’ un cliché abbastanza usato, a dire il vero, credere di essere chi si finge di essere a causa di una botta in testa.

Cosa da non sottovalutare: Merlin non voleva partire, e inconsciamente gli sarebbe piaciuto essere lì davvero come moglie, anche se era una finzione, amava la vita alla locanda. Il suo inconscio ha fatto il resto. XD

In aggiunta, quando lei si sveglia dopo la prima botta in testa, Rosy la tratta come moglie vera e quindi lei non mette in dubbio le sue parole e ad Arthur – immaginare lo shock del principe quando capisce che Lin non sta più fingendo! – non resta che tenerla a bada finché la cosa non si risolverà.

Lui, porello, spera che l’amnesia/ricordi sbagliati passino da soli, magari dopo una bella dormita, ma non è così. (Solo il secondo colpo in testa rimetterà a posto il cervello del povero Merlin).

 

Arthur, nel frattempo, si è portato la moglie’ al castello perché spera che Gaius lo aiuti a riportarla normale. E la segregano in casa del medico, ma lei ogni tanto fugge XD.

In realtà, sono pochi quelli che sanno davvero cosa le è successo…

 

Ad ogni modo, lo ripeto: se dopo aver letto il capitolo e i chiarimenti, vi resta ancora l’impressione di essere un po’ confusi, la cosa è voluta, perché volevo che il lettore si immedesimasse in Merlin che ha l’impressione di essersi perso qualcosa di importante. (Effettivamente ha perso dieci movimentati giorni di vita). XD

 

Arrivati a questo punto, leggendo i vostri commenti, mi sono accorta di avervi sviato involontariamente con gli spoiler che avevo messo.

Mi dispiace, se vi ho illuse in qualche modo. Inizialmente, avevo pensato di inserire tutta la parte in cui Linette si crede davvero sposata al principe, però mi sono accorta che ci avrebbe portati troppo fuori strada rispetto alla storia principale e anche rispetto al clima generale della fic. Tutti i siparietti di questo pezzo sono comici, alcuni quasi demenziali, e mal si accostano al tono realistico di questa storia. Per questo saranno inseriti tutti nella raccolta-seguito (quelli alla locanda e al castello).

 

Per farmi perdonare il disguido, in via del tutto eccezionale, anziché mettere tre spoiler del prossimo capitolo, vi metterò tre pezzi di ciò che leggerete più avanti.

 

I sintomi di Merlin (nausea e/o vomito, stordimento, stato confusionale, sentirsi ‘strani’, emicrania persistente) sono alcuni dei sintomi di un trauma cranico dovuti al colpo in testa. Merlin ne ha avuto uno di sicuro, forse due. XD

 

L’accenno alla vescica debole di Merlin (LOL) è stato scritto molto prima di vedere la quarta serie. E non dico altro per non spoilerare. Era un chiarimento fatto per scrupolo.

 

 

Precisazioni al capitolo precedente e domande varie: (a random)

- Mi dispiace, ma Lin non può rimanere per sempre. Ç_ç

- No, Linette non concepirà niente finché è fuori di sé. (Anche se Arthur rischia parecchio! XD)

- Per Arthur è difficile dire ad alta voce che Merlin gli manca. Essendo molto orgoglioso, la considera una debolezza disdicevole, perciò, ogni volta che si lascia andare, è da considerarsi un momento importante.

- Nel telefilm è sempre Merlin a prendersi cura/salvare l’Asino Reale (tranne che in sole tre occasioni in ben quattro stagioni!). In questa storia volevo togliermi la soddisfazione di far lavorare l’altra faccia della loro medaglia (quella regale e muscolosa, per capirci).

- Le “cose da donne” saranno il chiodo fisso di Arthur per sempre. XD Linette l’ha traumatizzato a vita la prima volta col ciclo e adesso (molto presto *_*) capirete cosa intendo dire.

- Sì, senza dubbio la vita di un principe ha dei privilegi, ma anche molti doveri. Non so se il gioco valga la candela, ma lui è costretto a vivere la sua vita, non l’ha mica scelto.

- Ho amato una battuta che condivido con voi: “La scenetta in cui Arthur ha un mezzo attacco di panico e affida la borsa con i denari a Linette ha alleggerito un po’ il tono melanconico della storia, anche se, Arthur stupido Somaro, non sai che non si affida la carta di credito ad una donna? xD *rotolavia*

 

 

 

Vi metto TRE anticipazioni della raccolta (accontentatevi del senso generale, queste parti saranno soggette a limatura e arricchimento):

 

Arthur aveva portato in braccio una Linette svenuta sino alla loro camera, che avevano appena lasciato.

Rosy si era premurata di scostare il copriletto per farla stendere e, dopo un po’, visto che la giovane non si era ripresa, i garzoni avevano riportato nella stanza i loro bagagli.

La locandiera si era persino offerta di cambiarle l’abito sporco di fango e il principe, per trarsi d’impaccio, l’aveva ringraziata di quella premura.

Solo che, quando la donna rovistò nel baule della fanciulla, riemerse con quella cosa indecente che quella sciagurata di Morgana aveva comprato con la complicità di Gwen.

Rosy aveva scrutato con interesse il pezzetto di stoffa semitrasparente e poi aveva lanciato un’occhiata significativa ad Arthur, con un ghigno compiaciuto che la diceva lunga.

 

“Ah, beata gioventù!” aveva sospirato lei, invidiandoli.

 

Il principe era arrossito, ma a cosa sarebbe servito negare?

 

 (…)

 

Quando, ormai all’alba, Arthur fu svegliato, la prima cosa che registrò fu la carezza gelida, sui suoi fianchi, di qualcosa che si muoveva sotto alla sua tunica.

 

La seconda cosa di cui ebbe coscienza fu di qualcos’altro che gli stava giocosamente mordendo l’orecchio destro e bruscamente si scostò.

 

“Pensavo potessimo consumare ora la nostra prima notte…” gli comunicò la sua presunta moglie, con un sorriso lascivo e peccaminoso stampato in faccia.

 

Fu a quel punto che Arthur notò l’abbigliamento della sua serva e la discutibile mise.

 

“Ma perché diamine ti sei tolta la mia casacca rossa? Sei forse impazzita?!” sbraitò, arrossendo di fronte a quel tessuto pressoché inesistente.

 

“Non vi piace?” si turbò la donna, allacciando le stringhe da cui debordava il seno.

 

N-no è che…” farfugliò il principe, guardando altrove e imprecando mentalmente per altre reazioni virili collaterali.

 

“Non mi sento più indisposta!” gli comunicò la fanciulla, ritentando.

 

“No! Adesso sono io ad essere indisposto!” protestò il nobile, ammonticchiando le coperte per sicurezza.

 

Ma…”

 

“E poi la prima notte va consumata di notte!” precisò, con una pignoleria degna del Cerimoniale di Geoffrey.

 

Però…” ritentò Linette.

 

“Sentimi bene!” la interruppe lui, nuovamente. “Mi hai giurato obbedienza, perciò decido io dove e quando – e se mai – consumeremo!”

 

“Ma caro!” contestò la fanciulla.

 

“Così ho deciso e-

 

 (…)

 

Signooor Suooocerooo…” cinguettò Linette, riconoscendo da lontano il re. Rimboccandosi le gonne, ella corse verso l’uomo che invano aveva tentato di nascondersi alla sua vista. “Spero che la vostra salute vada migliorando!” si augurò, con un inchino. “Vi posso tuttavia garantire che, non appena riuscirò a convincerlo, vostro figlio ed io vi regaleremo taaanti bei nipotini, così potrete morire in pace!” gli disse, per rassicurarlo, e Uther sussultò e impallidì, sia per la notizia sconcertante di possibili nipoti bastardi sia per la gufata neanche tanto velata ad una fine prematura.

 

‘Maestà, vi prego, vi prego…’ nella mente reale rimbombavano le suppliche accorate di Gaius. ‘Si è sacrificata per la Corona!

 

“Non ho intenzione di morire tanto presto.” Le annunciò, burbero. “La prole può attendere ancora un po’.” Deliberò quindi, al massimo della sua sopportazione. “E’ un mio ordine!” precisò poi, andandosene e lasciandola lì nel bel mezzo del corridoio.

 

Co-come volete…” bisbigliò Lin, perplessa. Che la malattia mentale del suo Signor Suocero stesse peggiorando?

 

 

[Ero indecisa se mettere questo pezzo, oppure un’interessante discussione tra Uthy e Lin-Lin sulla magia, ma alla fine mi sembrava giusto postare questa, a cui avevo già accennato in questo stesso capitolo. Ad ogni modo, ci saranno molte altre scenette così.]

 

 

 

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