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Autore: Natalja_Aljona    29/04/2012    1 recensioni
Natal'ja vende fiammiferi e sogna la Rivoluzione.
Siberiana fin nelle ossa e nel sangue, nel cuore e nell'anima, nipote di uno dei capi dei Decabristi ed ultima erede della famiglia russa più temuta dallo zar, è quasi impazzita in prigione ma sa che non è finita.
Geórgos vive per la guerra e per il cielo di Sparta.
Nato durante la Guerra d'Indipendenza Greca e nipote del capo dei Kléftes, i briganti e i partigiani del Peloponneso, ogni notte spara alle stelle perché ha un conto in sospeso con gli Dei.
Feri è uno zingaro ungherese, il terzogenito di Kolnay Desztor, il criminale del secolo, e il più coraggioso dei suoi fratelli.
Legge il destino tra le linee della mano, e tre anni di galera e lavori forzati non sono bastati a fargli smettere di credere nel suo.
Nikolaj, ussaro polacco e pianista mancato, crede di aver perso tutto.
Sa che l'epilessia, i complessi d'inferiorità nei confronti del padre morto, l'ossessione per sua cugina e i suoi sogni infranti lo uccideranno, ma la sua morte vuole deciderla lui, e a ventidue anni s'impicca per disperazione e per vendetta.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Duecentocinquantasette


Duecentocinquantasette

Lei era stata la prima

 

E quei ragazzi ch’eravamo, no

Non ci sono più

(Via, Claudio Baglioni)

 

Nel muto candore delle ultime nevi, aveva avvertito il fruscio di un nastro scivolarle tra i capelli.

S’era voltata, e il nastro era sparito.

Un nastro di seta celeste che avrebbe dovuto spiccare sulla neve come un fiordaliso.

Natal’ja, colta dai brividi, si portò una mano al cuore.

La sentiva, quella presenza dietro di lei…

Sapeva chi aveva preso il nastro.

Lo stesso che aveva raccolto la sigaretta spenta di Jànos, e la stringa di uno stivale di Feri.

Lo stesso che, all’asta nel Palazzo di Carskoe Selo, al grido “venduta!”, s’era aggiudicato il pezzo più ambito della collezione.

La vita di Natal’ja.

 

Non lo sapevi che c'era la morte, quel giorno, che ti aspettava

Non lo sapevi che c'era la morte, quando si è giovani è strano
Poter pensare che la nostra sorte venga e ci prenda per mano
(In morte di S. F. -Canzone per un'amica-, Francesco Guccini)


Lei era stata la prima, l’amante del Capitano.

Lei era stata la prima, e il suo nastro azzurro, in una teca di cristallo, ultimo frammento della vita zingaresca degli eroi di Forradalom, rappresentava la vittoria simbolica dello zar.

Nikolaj L'vovič Brenovič, nobile siberiano, era, tra gli uomini della Tretiĭ Razdel ch’erano riusciti a sfuggire a Feri Desztor, il più vicino a Forradalom.

Lui aveva portato a San Pietroburgo gli oggetti dei Rivoluzionari, ch’erano finiti nella collezione di Romanov, conservati come cimeli storici.

Quei ragazzi erano stati così vicini a rovesciare il suo trono…

Per distruggere Feri Desztor, però, occorreva andare per gradi.

Così aveva radunato a sé gli Zaristi più fidati, e messo all’asta la vita di Natal’ja, il sogno proibito del Capitano.

Se l’era aggiudicato proprio Brenovič, quell’onore, e infatti era stato il primo a spararle, la notte del 5 Maggio 1848.

Ma Romanov, troppo egocentrico per concederglielo del tutto, stava preparando un altro dei suoi colpi di teatro.

Solo vedendo la sua bella Natalys massacrata dalla carrozza dello zar, dagli zoccoli dei suoi cavalli, Feri avrebbe compreso l’umiliazione che l’autocrate di Russia intendeva infliggere al suo quartiere, alla sua banda di scapestrati.

Lei era stata la prima, la piccola martire dai capelli dorati, solo ventitreenne.

Uccisa davanti ai suoi figli, perché così il suono della minaccia zarista sarebbe risultato più stridente.

Spaventoso.

 

Non lo sapevi, ma cos'hai pensato, quando lo schianto ti ha uccisa?
Quando anche il cielo di sopra è crollato
Quando la vita è fuggita?
(In morte di S. F. -Canzone per un'amica-, Francesco Guccini)



Una cosa che nessuno Zarista aveva previsto, era il rischio di uccidere Jànos Desztor al suo posto, perché si trovava, in quel momento, esattamente nel punto della strada in cui avrebbe dovuto trovarsi Natal’ja.

Nikolaj L’vovič Brenovič, con gli occhi scintillanti d’entusiasmo, aveva pensato che uccidere il terzo fondatore di Forradalom, il migliore amico della fiammiferaia ribelle, poteva essere un gesto diabolico e ancora più intimidatorio.
Nataljetshka, per il dolore, si sarebbe consegnata spontaneamente allo zar.

Ma lei l’aveva afferrato per la camicia, vedendolo ancora sul marciapiede, l’aveva salvato, e tutto era tornato a coincidere con i piani originali.

Jànos, scaraventato sulle scale dall’ultimo, disperato gesto di Natal’ja, era ormai fuori dalla portata degli Zaristi, ed era salito in casa a tranquillizzare Niko e Line.

Nikolaj, in preda alle convulsioni dell’epilessia, e Céline, che tra le lacrime invocava il padre, Gee, ch’era morto l’anno prima, ma non poteva permettere che se ne andasse anche Lys…

Jànos si sarebbe chiesto per il resto della sua vita, ricordando ogni singolo attimo di quella notte, quella notte in cui aveva ventiquattro anni, un’amica e un fratello da difendere, che poi erano morti per lui, perché, una libertà mai avuta, aveva dovuto pagarla così tanto.

 

Un dolore freddo come un rasoio
Per un altro giorno che nasce, muoio, muoio, muoio
Voglio andar via
I sogni cercano dove, ma via

(Via, Claudio Baglioni)


[...]

Vorrei sapere a che cosa è servito vivere, amare, soffrire
Spendere tutti i tuoi giorni passati, se così presto hai dovuto partire
(In morte di S. F. -Canzone per un'amica-, Francesco Guccini)

 

 

Note

 

Non so cosa più faccia più schifo, di quello di cui ho parlato in questo capitolo, se l’insensibilità degli Zaristi o l’asta per la vita di Natal’ja.
E’ breve, perché di più non sarei riuscita a scrivere, e questo capitolo deve rimanere così, intenso come una fiamma.

Fugace.

Avevo parlato nel 241 dei “gesti simbolici” dello zar, quando ha comprato per centomila rubli le catene di Kolnay dei tempi di Omsk…

E anche il nastro di Lys, la sigaretta spenta di Jàn, e la stringa di uno stivale di Feri.

Quanto al Jànos delle ultime righe… E’ semplicemente distrutto dal dolore.

Perché Alja l’ha salvato, ma lui il cuore l’ha perso ugualmente.

Niko e la sua crisi più violenta, Line che chiama George…

Davvero, può bastare.

Immagino che avrete riconosciuto in Nikolaj Brenovič il padre di Ròdja, il compagno di Accademia di Nikolen'ka Gibson, che brucerà le tombe di Alja e Feri il 7 Febbraio 1855.
Ecco, su di lui non faccio commenti.
E adesso devo scrivere un capitolo allegro, un capitolo con Gee…

Perché mi manca troppo, se no.

Un capitolo per loro, che sono morti per la Rivoluzione, e prima hanno amato con tutta l’anima, cercando la libertà.

Un capitolo in cui Alja e Gee sono ancora bambini, e il ’47 e il ’48 sono ancora lontani.

Vi prometto che il prossimo sarà così ;)

 

A presto!

Marty

 

 

 

  
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