Duecentocinquantasette
Lei era stata la prima
E quei ragazzi ch’eravamo,
no
Non ci sono più
(Via, Claudio
Baglioni)
Nel muto
candore delle ultime nevi, aveva avvertito il fruscio di un nastro scivolarle
tra i capelli.
S’era
voltata, e il nastro era sparito.
Un nastro di seta celeste che
avrebbe dovuto spiccare sulla neve come un fiordaliso.
Natal’ja,
colta dai brividi, si portò una mano al cuore.
La sentiva,
quella presenza dietro di lei…
Sapeva
chi aveva preso il nastro.
Lo stesso
che aveva raccolto la sigaretta spenta di Jànos, e la stringa di uno stivale di
Feri.
Lo stesso
che, all’asta nel Palazzo di Carskoe
Selo, al grido “venduta!”, s’era
aggiudicato il pezzo più ambito della collezione.
La vita di Natal’ja.
Non lo sapevi che c'era la morte, quel giorno, che ti aspettava
Non lo sapevi che c'era la morte, quando si è giovani è strano
Poter pensare che la nostra sorte venga e ci prenda per mano
(In morte di S. F. -Canzone per un'amica-, Francesco Guccini)
Lei era
stata la prima, l’amante del Capitano.
Lei era
stata la prima, e il suo nastro azzurro, in una teca di cristallo, ultimo
frammento della vita zingaresca degli eroi di Forradalom, rappresentava la
vittoria simbolica dello zar.
Nikolaj L'vovič Brenovič, nobile siberiano,
era, tra gli uomini della Tretiĭ
Razdel ch’erano
riusciti a sfuggire a Feri Desztor, il più vicino a Forradalom.
Lui aveva
portato a San Pietroburgo gli oggetti dei Rivoluzionari, ch’erano finiti nella
collezione di Romanov, conservati come cimeli storici.
Quei ragazzi erano stati così
vicini a rovesciare il suo trono…
Per
distruggere Feri Desztor, però, occorreva andare per gradi.
Così aveva radunato a sé gli
Zaristi più fidati, e messo all’asta la vita di Natal’ja, il sogno proibito del
Capitano.
Se l’era
aggiudicato proprio Brenovič, quell’onore, e infatti
era stato il primo a spararle, la notte del 5 Maggio 1848.
Ma Romanov, troppo egocentrico per
concederglielo del tutto, stava preparando un altro dei suoi colpi di teatro.
Solo
vedendo la sua bella Natalys massacrata dalla carrozza dello zar, dagli zoccoli
dei suoi cavalli, Feri avrebbe compreso l’umiliazione che l’autocrate di Russia
intendeva infliggere al suo quartiere, alla
sua banda di scapestrati.
Lei era
stata la prima, la piccola martire dai
capelli dorati, solo ventitreenne.
Uccisa
davanti ai suoi figli, perché così il suono della minaccia zarista sarebbe
risultato più stridente.
Spaventoso.
Non lo sapevi, ma cos'hai pensato, quando lo schianto ti ha uccisa?
Quando anche il cielo di sopra è crollato
Quando la vita è fuggita?
(In morte di S. F. -Canzone per un'amica-, Francesco Guccini)
Una cosa
che nessuno Zarista aveva previsto, era il rischio di uccidere Jànos Desztor al
suo posto, perché si trovava, in quel momento, esattamente nel punto della
strada in cui avrebbe dovuto trovarsi Natal’ja.
Nikolaj L’vovič
Brenovič, con gli occhi scintillanti d’entusiasmo, aveva pensato che
uccidere il terzo fondatore di Forradalom, il migliore amico della fiammiferaia
ribelle, poteva essere un gesto diabolico e ancora più intimidatorio.
Nataljetshka, per il dolore, si sarebbe consegnata spontaneamente allo
zar.
Ma lei
l’aveva afferrato per la camicia, vedendolo ancora sul marciapiede, l’aveva salvato, e tutto era tornato a coincidere
con i piani originali.
Jànos,
scaraventato sulle scale dall’ultimo, disperato gesto di Natal’ja, era ormai fuori
dalla portata degli Zaristi, ed era salito in casa a tranquillizzare Niko e Line.
Nikolaj, in preda alle convulsioni
dell’epilessia, e Céline, che tra le lacrime invocava il padre, Gee, ch’era
morto l’anno prima, ma non poteva permettere che se ne andasse anche Lys…
Jànos si
sarebbe chiesto per il resto della sua vita, ricordando ogni singolo attimo di
quella notte, quella notte in cui aveva ventiquattro anni, un’amica e un
fratello da difendere, che poi erano morti per lui, perché, una libertà mai avuta, aveva dovuto pagarla così tanto.
Un dolore freddo
come un rasoio
Per un altro giorno che nasce, muoio, muoio, muoio
Voglio andar via
I sogni cercano dove, ma via
(Via, Claudio Baglioni)
[...]
Vorrei sapere a che cosa è servito vivere, amare, soffrire
Spendere tutti i tuoi giorni passati, se così presto hai dovuto partire
(In morte di S. F. -Canzone per un'amica-, Francesco Guccini)
Note
Non so
cosa più faccia più schifo, di quello di cui ho parlato in questo capitolo, se
l’insensibilità degli Zaristi o l’asta per la vita di Natal’ja.
E’ breve, perché di più non sarei riuscita a scrivere, e questo capitolo deve
rimanere così, intenso come una fiamma.
Fugace.
Avevo
parlato nel 241 dei “gesti simbolici” dello zar, quando ha comprato per
centomila rubli le catene di Kolnay dei tempi di Omsk…
E anche
il nastro di Lys, la sigaretta spenta di Jàn, e la stringa di uno stivale di
Feri.
Quanto al Jànos delle ultime righe… E’ semplicemente distrutto dal
dolore.
Perché Alja l’ha salvato, ma lui
il cuore l’ha perso ugualmente.
Niko e la
sua crisi più violenta, Line che chiama George…
Davvero, può bastare.
Immagino che avrete riconosciuto in Nikolaj Brenovič il padre di Ròdja, il compagno di Accademia di Nikolen'ka Gibson, che brucerà le tombe di Alja e Feri il 7 Febbraio 1855.
Ecco, su di lui non faccio commenti.
E adesso
devo scrivere un capitolo allegro, un capitolo con Gee…
Perché mi manca troppo, se no.
Un
capitolo per loro, che sono morti per la Rivoluzione, e prima hanno amato con
tutta l’anima, cercando la libertà.
Un
capitolo in cui Alja e Gee sono ancora bambini, e il ’47 e il ’48 sono ancora
lontani.
Vi
prometto che il prossimo sarà così ;)
A presto!
Marty