13
La
delegazione arrivata da Laguiole arrivò in pompa
magna il mattino dopo, provocando lo stupore generale tra gli abitanti di
Grasse, che si riversarono in strada per osservare coi loro occhi quella specie
di parata.
Sette file di soldati in marcia divisi in due
gruppi duecentodieci uomini ognuno precedevano e seguivano un gruppo di tre
cavalieri, tra i quali il capitano Monroy, che
sembrava osservare tutti dall’alto in basso in sella al suo purosangue nero
fumo.
Il corteo attraversò la strada principale ed
il ponte sul mare, quindi entrò nel castello, fermandosi dinnanzi alla grande
scalinata d’ingresso.
«Niente male.» osservò uno dei due
sottufficiali al seguito di Monroy scendendo da
cavallo
«Ho visto di meglio.» osservò acido il
capitano.
Dieci minuti dopo, i tre erano in udienza al
cospetto dei sovrani di Grasse, che li osservavano dall’alto dei loro scranni,
e di tutti i consiglieri e generali. Monroy notò che
il ragazzo della foresta non era presente, ma si aspettava che sarebbe
successo; sicuramente, comunque, era lì da qualche parte, magari nascosto
dietro qualche tenda o colonna per origliare la conversazione senza essere
notato.
Appena arrivati, il capitano e i suoi si
inginocchiarono ed abbassarono la testa, un gesto che solo apparentemente
testimoniava rispetto e sottomissione, ma che Saito e Louise non faticarono a
notare come sfacciatamente provocatorio.
«Vi ringraziamo per averci voluto concedere
udienza, nobili signori di Grasse.»
«A dire il vero, ci avete costretti a
ricevervi.» puntualizzò Louise «Come scorta mi è sembrata un po’ eccessiva.»
«Solo un piccolo espediente per evitare
problemi. Di questi tempi, purtroppo, non si è mai abbastanza sicuri quando si
viaggia.»
«Ad ogni modo, a cosa dobbiamo questa vostra
visita?» chiese Saito
«Umilmente, siamo venuti a porgervi le più
sentite scuse del nostro signore, lord Valat di Montperieux, riguardo all’increscioso episodio avvenuto la
notte scorsa lungo i nostri confini.»
«Forse dovremmo essere noi a farvi delle scuse.»
replicò Louise con uno strano sorriso «Dopotutto, i corpi rimasti in quella
foresta non erano quelli dei nostri soldati».
Monroy incassò
il colpo e replicò.
«Direi che ce lo siamo meritato. Ma questa
ormai è cosa dimenticata.»
«E allora, che cosa vi porta qui?» chiese
Saito
«La questione in verità è della massima
delicatezza. Il fatto è che ci sono alcuni, nel nostro feudo, che contestano le
azioni del mio signore, legittimo e unico sovrano della provincia. Costoro si
sono riuniti attorno alla nobile duchessa Kiluka e hanno organizzato un colpo
di stato. Il loro capo era una giovane donna, molto bella, che per legittimare
il proprio ruolo si è proclamata guarda del corpo della duchessa.
Anche se l’intervento del mio signore ha
evitato il colpo di stato, sfortunatamente il nostro nobile, precedente
signore, e padre del duca Valat, è rimasto ucciso.
Siamo riusciti a catturare e giustiziare tutti i ribelli scampati alla
battaglia, ma il loro capo è riuscita a fuggire, e ha portato con sé la
duchessa. I nostri uomini l’hanno inseguita, per riportare sua eccellenza a
casa sana e salva; il resto, lo sapete».
Louise stava per scoppiare a ridere.
Chi avrebbe mai creduto ad una simile vagonata
di fandonie? Del resto però, in quanto nobile fin dalla nascita, aveva imparato
che molto, troppo spesso in diplomazia e in politica la verità è un qualcosa
che si può creare ad arte, adattandola come fa più comodo, e poco importa che
ci si creda o meno; basta solo che sia verosimile.
Incredibilmente, Saito riuscì a prenderla in
controtempo; più passava il tempo, e più il suo sposo sembrava comprendere
sempre meglio il sottile gioco del potere, e i modi migliori per giocarlo.
«Loro hanno raccontato un’altra storia. Una
assai diversa.»
«Parole mendaci di chi è destinato alla forca.»
replicò Monroy senza tradire emozioni
«Forse. Ma perché dovremmo credere a voi,
allora?»
«Perché il mio signore è il sovrano di Laguiole unico e legittimo.» poi, il capitano ghignò
beffardo «Nonché comandante supremo dell’esercito della contea».
Saito e Louise strinsero entrambi le mani sui
braccioli della poltrona. Anche Kaoru digrignò i denti, e chiamò un servo.
«Fa preparare un cavallo.»
«Subito.»
«Capisco.» disse Louise «Credo di comprendere
il senso e la necessità delle vostre azioni.» poi anche lei piegò le
sopracciglia in un’espressione enigmatica «Tuttavia, nel caso in cui queste
ribelli fossero realmente qui, ed io mi rifiutassi di cederle in quanto
avrebbero chiesto asilo presso questa provincia, voi che cosa fareste?»
«Noi.» rispose tranquillamente Monroy «Per conto del nostro signore e del popolo tutto, ci
assicureremmo di garantire sempre e comunque il benessere di Laguiole».
Questa volta Kilyan,
anche lui presente, a perdere le staffe; anche molti altri si inalberarono, ma
lui fu l’unico che ebbe il coraggio di aprire bocca.
«Che cosa sarebbe questa!? Una minaccia!?»
«Capitano!» tuonò severo Saito azzittendolo,
poi si calmò e riprese a parlare «Purtroppo, mi spiace darvi una brutta
notizia. Le donne che cercate sono state effettivamente condotte al forte più
vicino per essere interrogate, ma sono riuscite a scappare durante la notte. Il
mio generale, che le aveva anche arrestate, mi ha già fatto rapporto».
Monroy non batté
ciglio, anche se lasciò trasparire un certo disappunto.
«Capisco. E ditemi, sapreste dirmi dove
potrebbero essersi dirette?»
«Purtroppo no. Le abbiamo perse quasi subito.
Ma potrebbero essere ancora in questa provincia. Abbiamo molti problemi in
questo momento e non ce ne siamo curati, ma se volete possiamo farle cercare.»
«No, non sarà necessario.»
«Come volete. Intanto, sarei felice di offrire
in ricevimento in onore dei buoni rapporti che spero instaureremo tra le nostre
due province.»
«Sfortunatamente, temo che dovremo declinare,
anche se la vostra offerta di lusinga enormemente. Anche Laguiole,
come potete facilmente attraversare, sta vivendo un periodo molto difficile.
Occorre riportare l’ordine, e c’è bisogno di tutto l’aiuto possibile.»
«In questo caso, è stato un piacere.»
«Anche per me, nobili signori».
Nell’istante in cui Monroy
si alzò in piedi i suoi occhi incrociarono quelli di Saito e Louise, che non
faticarono a leggervi dentro un’espressione enigmatica, ma sicuramente molto
minacciosa.
Poco
dopo la delegazione di Laguiole se ne andò come era
venuta, in pompa magna.
Saito, Louise e Kaoru stettero ad osservare
dalla balconata quella specie di parata che si rimetteva in marcia, e dopo poco
se ne tornarono dentro.
«Pensi che ci abbiano creduto?» domandò Louise
mentre camminavano
«Assolutamente no.» rispose Saito «Sanno bene
che loro sono qui. Questo incontro in realtà era un ultimatum.
Hanno detto, o ce le consegnate voi, o veniamo
a prendercele. E quello che è peggio, hanno voluto dimostrarci che hanno i
mezzi per poterlo fare.»
«Possono davvero farlo!? Possono prendere
questo castello!?»
«L’hai sentita anche tu Seena. Hanno un troll
da combattimento, e il cielo sa cos’altro. Possono spianare la città e questo
castello come e quando vogliono, e ci hanno tenuto a farcelo capire.»
«E allora cosa dovremmo fare? Cedere al loro
ricatto?».
Saito inchiodò di colpo, fermandosi e
guardando a terra; era un’opzione che non voleva neppure prendere in
considerazione.
«Kaoru, vorrei che tu tornassi immediatamente
a Fort Segoile. Prendi con te anche alcuni soldati di
rinforzo.»
«Sarà fatto».
Quindi Saito gli consegnò la penna magica.
«Se dovessero esserci problemi, avvisami con
questa. Cercherò di venire in tuo aiuto il prima possibile».
Dieci minuti dopo Kaoru stava già percorrendo
il ponte per tornare al confine alla testa di un paio di centinaia di uomini di
rinforzo alla guarnigione di trecento soldati che stazionava a Fort Segoile. Anche Kilyan era con
lui.
«Pensi che ci sarà un attacco?» domandò Louise
mentre guardavano il loro amico allontanarsi
«Di certo le ambizioni del duca non si fermano
solo a Laguiole, e finché Kiluka sarà viva il suo
dominio potrà sempre essere messo in discussione.
Bisogna solamente vedere quanto aspetterà
prima di mostrare le sue carte».
Per cercare di distrarsi un po’ e pensare ad
altro Louise si diresse ai giardini, dove era solita trascorrere un po’ di
tempo leggendo o semplicemente standosene seduta ad osservare le piante.
Quanto le mancava il giardino di Ornielle,
quel giardino che lei stessa aveva in gran parte seminato e fatto crescere un
poco per volta.
Chissà come stavano i suoi roseti, le sue
azalee, i suoi rampicanti, e i suoi alberi da frutto.
Da quando si era sposata, il mondo aveva
cominciato a cambiare ai suoi occhi; tutto aveva assunto un altro significato,
un cambiamento dettato in larga parte dall’aver preso consapevolezza del
proprio ruolo di moglie.
Tra lei e Saito le cose non erano poi cambiate
così tanto; semplicemente, era cambiato il modo di intendere il loro rapporto
insieme. Mettendo da parte il proprio egocentrismo e la propria vanagloria,
Louise aveva imparato che, qualche volta, era necessario per lei farsi da
parte, lasciando che fosse Saito a prendere le decisioni in quanto capofamiglia
e governatore.
Privatamente tutto era come un tempo, ma in
pubblico era necessario dare una immagine gerarchica del loro rapporto, se non
altro per dare adito a malevoci o dicerie dalle
conseguenze imprevedibili.
Louise si sedette all’ombra di un gazebo di
marmo, ma quasi subito si rese conto di essere troppo distratta e preoccupata
per riuscire a leggere.
Istintivamente si portò una mano sul ventre, e
le venne quasi da sorridere.
Quella notte si era svegliata di soprassalto,
e aveva sentito un po’ di nausea.
Forse era il segno che qualcosa si stava
muovendo.
Cominciò a fantasticare di come sarebbe stato
il loro figlio, o la loro figlia; avrebbe avuto sicuramente la schiettezza ed
il valore del padre, e l’ottusità e l’orgoglio della madre. Una combinazione
perfetta, che unita al sicuro bell’aspetto gli avrebbe permesso di fare strage
di cuori.
Louise stava quasi per appisolarsi, quando
avvertì un rumore e si accorse di non essere sola.
«Chi c’è?» domandò scattando in piedi.
Passò solo qualche secondo, e Kiluka comparve
da dietro un cespuglio.
«Louise onee-sama.»
«Kiluka. Che ci fai qui?»
«Volevo stare un po’ da sola. Seena è molto
gentile e protettiva, ma non mi lascia mai un secondo. Così, sono scappata».
Louise rise. Quella ragazzina le somigliava
incredibilmente; la stessa voglia di sentirsi libera, ma con un peso tremendo a
tarparle le ali.
Kiluka si sedette accanto a lei, e per lunghi
minuti stettero insieme ad osservare la fioritura lussureggiante di un roseto
lì vicino.
«Ho saputo quello che è successo.» disse ad un
certo punto la duchessa «Tutto questo è per colpa mia.»
«Non devi dirlo neanche per scherzo!» rispose
severa Louise, guadagnandosi una occhiata perplessa «Tu non hai nessuna colpa.»
«Però… se mio zio
dovesse attaccarci…»
«Se dovesse attaccarci, gli risponderemo per
le rime. Credimi Kiluka, anche se tu tornassi da lui, questo non lo fermerebbe.
Non ha conquistato i possedimenti di tuo nonno per tenersi solo quelli. Lui vuole
di più, e che tu resti o meno non farebbe alcuna differenza.»
«Louise onee-sama».
Louise a quel punto si calmò e sorrise: le
sembrava quasi di essere già diventata mamma.
«Lo sai. Io conoscevo tuo nonno.»
«Davvero!?»
«Quando ero piccola, prima ancora che tu
nascessi, lui è venuto in visita da noi. Lui e mio padre erano grandi amici. L’ho
sempre trovato una persona simpatica e generosa. Pensa, quella volta mi ha
anche regalato delle caramelle alla liquirizia.»
«Le caramelle erano la sua passione.» osservò
divertita Kiluka «Ne aveva sempre le tasche piene. Ricordo che la nonna le
nascondeva perché non le mangiasse».
Il momento di serenità purtroppo passò presto,
schiacciato dalla consapevolezza che quel vecchio signore così gentile ormai
non c’era più. Kiluka minacciò di piangere nuovamente, ma Louise le asciugò
delicatamente le lacrime con un dito; in quel
momento, se qualcuno l’avesse vista, avrebbe pensato di avere di fronte
sua sorella Kattleya che l’acida ed egocentrica Louise
la Zero.
«Tuo nonno ci ha chiesto di proteggerti, e noi
la faremo. E quando verrà il momento, dovrai essere forte per poter prendere il
suo posto.»
«Louise onee-sama…».
Quasi avesse avuto di fronte la propria mamma,
quella mamma che non aveva mai visto né conosciuto, Kiluka si perse in un
amorevole abbraccio; in quel momento, promise a sé stessa che non avrebbe
pianto mai più, e che comunque fosse andata sarebbe sempre stata forte, sia per
sé stessa che per i suoi cari.
Kaoru
fece ritorno a Fort Segoile prima di sera, dando
subito disposizione perché fossero potenziati i turni di guardia e aumentata la
sorveglianza.
«Temete un attacco, generale?» gli chiese l’ufficiale
che aveva tenuto il comando in sua assenza, un nerboruto sergente maggiore sulla
quarantina di nome Potter
«Non lo temo, lo aspetto.» rispose secco Kaoru.
E invece, i giorni presero lentamente a
passare, senza che succedesse nulla.
Spie ed esploratori sorvegliavano
ininterrottamente la zona circostante, oltre ad alcune pattuglie che oltretutto
si adoperavano a fornire protezione ai villaggi più vicini al confine.
Il forte era stato costruito solo in tempi
recenti e godeva di un ottima posizione, in cima ad una collina brulla e con
una vasta pianura erbosa a circondarlo per almeno un chilometro.
Il problema era la foresta che veniva subito
dopo, molto fitta e sterminata, che se da una parte limitava i movimenti di
eventuali eserciti nemici dall’altra impediva anche di poterli scorgere con
largo anticipo. Kaoru avrebbe voluto farla abbattere, o quantomeno diradarla,
ma quando gli avevano detto che i villaggi tutto attorno vivevano di legnamene
e della caccia aveva deciso di ripensarci, optando invece per la costruzione di
una serie di torri perimetrali e rifugi segreti per sentinelle, questi ultimi
abilmente nascosti tra i rami e il fogliame per risultare quasi invisibili.
Le mura del forte non erano molto alte, ma
erano possenti e leggermente oblique, ideali a sopportare e respingere le
cannonate nemiche, e poteva contare su di una discreta batteria di cannoni di
media potenza.
I giorni divennero una settimana, durante la
quale tutto rimase calmo e tranquillo come sempre.
Una notte, Kaoru volle fare un ultimo giro d’ispezione
prima di andare a dormire; ormai era sveglio da quasi quarantotto ore, e
sentiva il bisogno di riposare un po’ gli occhi.
Si affacciò dal ballatoio a scrutare tutto
intorno; assolutamente nulla, a parte il silenzio della notte.
«Sembra tutto calmo, compare.» disse Derf
«Così sembra.»
«Chissà. Forse il compare si è sbagliato».
Anche Kaoru cominciò a quel punto a pensare
che fosse così, tanto che se ne andò a letto con l’animo leggermente più
sollevato.
«Ti passo il comando.» disse a Kilyan, venuto ad assumere le consegne «Svegliami se
succede qualcosa.»
«Sissignore.» rispose il ragazzo chiudendo la
porta della stanza «Buonanotte».
Il giovane prese quindi il comando e uscì in
cortile per fare il suo primo giro di controllo.
Fare la guardia notturna non era facile né piacevole,
e infatti sorprese subito una sentinella a pisolare in una delle torri di
sorveglianza, coperta dal suo compagno.
«Chiedo scusa, capitano!» disse quello
mettendosi sull’attenti
«Niente da segnalare?»
«No signore. Tutto tranquillo.» rispose l’altro.
Una dopo l’altra Kilyan
si passò tutte le postazioni lungo le mura a stella, incrociando di tanto in
tanto coppie di soldati di pattuglia sui camminamenti alla luce di una torcia.
Sembrava non esserci davvero nulla di strano o
di pericoloso, tanto che verso le due il capitano lasciò i camminamenti per
fare ritorno al posto di comando, in un casotto nei pressi dell’edificio
principale, dedicando la mezz’ora successiva alla stesura di una lettera da
spedire alla sua fidanzata, una dama di compagnia di una nobile famiglia della
Germania che aveva conosciuto qualche anno prima.
Era quasi sul punto di riuscire a trovare le
parole giuste, quando un soldato spalancò la porta facendolo quasi saltare
sulla sedia.
«Capitano. Alla torre dodici chiedono di voi.»
«Arrivo.» rispose lui dandosi una sistemata.
Con il soldato al seguito e armato di
cannocchiale Kilyan raggiunse la torre indicata e vi
salì, trovando ad attenderlo i due uomini di guardia.
«Che succede?»
«Ecco, ci è sembrato di vedere qualcosa.»
rispose uno
«Dove?»
«Venti gradi a sinistra. Distanza, circa
tremila metri. Per un attimo ci è parso di vedere come un bagliore».
Kilyan guardò
nella direzione indicata, ma non vide niente di insolito.
Le fronde degli alberi erano mosse da un vento
caldo e leggero, ma non si vedevano né luci né fuochi, né tantomeno segni della
presenza di qualcuno. Kiriya stava quasi per
convincersi di essere stato chiamato per nulla, quando, girando a destra e a
sinistra alla ricerca di qualche traccia, gli parve di notare a sua volta un
bagliore con la coda dell’occhio, senza tuttavia riuscire ad inquadrarlo.
A quel punto, cominciò a preoccuparsi.
Poteva trattarsi di cacciatori in giro la
notte e avvicinatisi troppo al forte, non sarebbe stata la prima volta, ma non
se la sentì di urlare il chi va là, perché a differenza del passato le cose erano
diverse. E poi, anche il fatto che le sentinelle nei boschi non mandassero
segnali cominciò ben presto a preoccuparlo, dato che erano state istruite a
comunicare qualsiasi evento accadesse sotto i loro occhi, anche il più
insignificante.
«Và a svegliare il generale.» disse al soldato
che aveva chiamato lui
«Sì, capitano».
Kaoru arrivò a tempo di record, anche perché si
era addormentato senza neanche togliersi i vestiti.
«Cosa c’è?».
Kilyan gli passò
il binocolo.
«Due gradi a sinistra. Nella foresta. Le guardie
dicono di aver visto qualcosa. E anche io ho avuto la stessa sensazione.»
«Cacciatori?»
«Non lo so. Ma le spie e le sentinelle non
hanno inviato segnali».
Anche Kaoru guardò in ogni direzione, ma a
differenza degli altri lui i bagliori li vide distintamente; e non uno, ma
almeno una decina, in rapida successione e accompagnati da strani rumori.
«A terra!» urlò afferrando per il collo Kilyan e gettandolo con naso sul pavimento.
Per fortuna la bordata risultò bassa, colpendo
i bastioni senza riuscire ad oltrepassarli, ma tutta quella sezione di mura tremò
come durante un terremoto.
Subito dopo la prima scarica, un intero
esercito nemico uscì dalla boscaglia lanciato verso il forte.
«Posto di combattimento! Posto di
combattimento!» gridò Erik alzandosi in piedi «Allarme generale!».
Le trombe risuonarono in tutto il forte
svegliando i soldati, che si catapultarono giù dalle brande e uscirono in
cortile armi alla mano, mettendosi agli ordini dei propri comandanti.
L’esercito di Laguiole,
perché di loro sicuramente si trattava, riuscì a percorrere più di metà della
strada tra la foresta e le mura prima che i difensori potessero raggiungere la
loro posizione.
«Cannoni fuori! Archibugieri sulle mura! Pronti
al fuoco!».
Finalmente, l’esercito di Grasse riuscì ad
opporsi all’assalto, mentre nel frattempo altre bordate si erano abbattute
sulle mura, risultando fortunatamente sempre e comunque troppo basse e troppo
potenti per poter essere pericolose.
A controllare l’andamento della battaglia, ben
nascosto tra il fogliame, c’era il duca Valat in
persona; al suo fianco, oltre al capitano Monroy,
anche la misteriosa donna incappucciata.
«Sarà una cosa breve.» commentò soddisfatto Monroy «Prima dell’alba, li avremo stanati».
Sulle mura, Kaoru cercava di direzionare il
corso della battaglia.
«Prendi il comando!» disse a Kilyan «Io torno subito!».
Rientrato nelle sue stanze, afferrò la penna
di Saito e vergò poche righe su di un foglio spiegazzato.
Allarme prioritario.
Attacco in corso a Fort Segoile.
Forze nemiche stimate, sessantamila.
Richiedo urgenti rinforzi.
Fatto
questo, tornò immediatamente al proprio posto sui bastioni, dove nel frattempo
avevano iniziato a fare la loro comparsa persino i draghi.
«Fai decollare i nostri draghi, presto!»
«Sì, generale!».
Fort Segoile
disponeva solo di quattro draghi del fuoco non troppo grandi, che furono fatti
immediatamente alzare in volo; il loro scopo però non era tanto quello di
abbattere i draghi nemici, in numero decisamente superiore per poter essere
affrontati ad armi pari, quanto piuttosto di attuare una strategia mordi e
fuggi che distraesse il nemico e distogliesse quanto più possibile la loro
attenzione dal colpire il forte.
Nella prima ora di battaglia, gli assediati
riuscirono a respingere due tentativi di assalto alle mura, costringendo i
nemici a rifugiarsi dietro a delle palizzate mobili per non finire investiti da
cannonate, proiettili e frecce. Tuttavia le bordate nemiche non cessarono in
momento, diventando sempre più precise; colpivano sempre nello stesso punto, così
da incrinare il più possibile mura, che prima o poi avrebbero finito per
crollare.
Kaoru si sentiva come un topo in gabbia.
Quel forte era come una prigione, dove
venivano attaccati senza sosta da tutte le direzioni, per terra e per aria; d’altra
parte però, circondati e sottonumero com’erano, tentare una sortita era un vero
suicidio.
«Compare, la situazione si fa brutta.»
commentò ad un certo punto Derf.
L’unica cosa da fare era aspettare l’arrivo
dei rinforzi, sperando di riuscire a resistere fino a quel momento e che il
nemico non si accorgesse del loro arrivo.
Quello che seguì fu un lungo e snervante
periodo di attesa.
Gli assedianti, ora che l’impeto iniziale era
stato fermato, se ne stavano a distanza, protetti dalle loro barriere mobili, avanzando
di tanto in tanto quando le bordate che arrivavano dalle retrovie costringevano
i difensori a rintanarsi, mentre le due batterie si scambiavano colpi senza
sosta nel tentativo di mettersi fuorigioco a vicenda.
In cielo, i draghi continuarono a darsi
battaglia per alcune ore, e i cavalieri di Grasse riuscirono anche ad
abbatterne alcuni, ma poi entrambe le parti dovettero ritirarsi perché ormai
gli animali erano esausti, e senza più una briciola di energia da imprimere
nelle loro fiammate.
Kaoru restava sui bastioni, gettando di tanto
in tanto lo sguardo oltre le mura per scoprire i movimenti del nemico e agire
di conseguenza, e intanto contava febbrilmente i minuti che mancavano all’arrivo
dei rinforzi.
Quello che non poteva immaginare era che
qualcuno fosse già penetrato nel forte, qualcuno non appartenente all’esercito
nemico ma che, inspiegabilmente, sembrava volerlo morto.
All’improvviso, due soldati che facevano la
ronda su di una parte di bastioni non soggetta ad attacchi vennero raggiunti e tramortiti
da un’ombra nera, che subito dopo prese a correre verso la parte opposta del
forte senza curarsi nemmeno di non essere vista e di agire furtivamente.
Un soldato che la vide diede immediatamente l’allarme.
«Nemici all’interno!» urlò, mettendo tutti sul
chi vive.
Kaoru ordinò che tutti restassero al proprio
posto e scese a controllare, e da un secondo all’altro si vide venire contro
una vecchia conoscenza che da già da qualche tempo non vedeva più, ma che non
aveva mai dimenticato.
Maschera di Ferro gli piombò addosso come un
angelo della morte, ma il ragazzo evitò l’affondo rotolando sul selciato e
sguainò la spada pronto a difendersi.
«Scusa, ma adesso non ho proprio tempo per
te!».
Ciò nonostante lo scontro ebbe luogo comunque,
e fu senza esclusione di colpi. Maschera di Ferro si rivelò ben presto un
avversario formidabile, agile e veloce come un maestro spadaccino, e dotato
della forza necessaria a portare colpi che avrebbero potuto trapassare anche un’armatura.
Kaoru riuscì ad evitare parecchi colpi, e
alcuni li portò lui stesso, ma i due avversari erano sostanzialmente in parità,
e nessuno dei due riusciva ad essere in grande vantaggio sull’altro.
Fiumi di soldati presero ad arrivare da tutte
le parti per dare man forte al loro generale, ma Maschera di Ferro riusciva a
difendersi senza troppi problemi anche in una situazione di dieci contro uno.
«No, fermi!» tentava di dire Kaoru «Non
lasciate le posizioni!».
All’esterno, i soldati di Laguiole
si erano accorti che doveva stare succedendo qualcosa all’interno del forte, perché
da dentro giungevano schiamazzi, urla e rumori di spari.
Dapprincipio si pensò ad una rivolta, poi al
fatto che qualche unità fosse riuscita a fare breccia, poi ancora all’intromissione
di una terza forza, magari qualcuno di qualche altra provincia vicina che
avendo constatato la situazione sperava di ricavarne un vantaggio personale.
Ciò nonostante, non si poteva certo ignorare
questa opportunità.
«Attacco frontale!» disse il duca «Prendiamo
quelle mura!».
A quel punto l’assalto riprese, e stavolta,
essendo impegnati anche a contrastare l’insidiosa ed inspiegabile venuta di
Maschera di Ferro, gli assediati opposero una resistenza molto inferiore, tanto
che il nemico riuscì a raggiungere le mura senza quasi subire perdite.
Usando corde, scale e rampini, i soldati di Laguiole riuscirono ben presto a scalare i bastioni di Fort
Segoile e a raggiungere i camminamenti, mentre una
bordata ben piazzata riuscì ad abbattere i portoni, aprendo la strada agli
assedianti che dilagarono all’interno del forte.
«Hanno fatto breccia!» urlò Kilyan «Soldati, pronti a respingere!».
Ebbe quindi inizio un sanguinoso e violento
scontro corpo a corpo, e nonostante la loro superiore abilità le forze di
Grasse si ritrovarono ben presto messe all’angolo dalla schiacciante differenza
numerica.
Per nulla toccato da quello che succedeva
intorno a lui, Maschera di Ferro continuò insistentemente a battersi contro
Kaoru, eliminando nel contempo tutto quelli che si paravano sulla sua strada,
fossero essi soldati di Grasse o di Laguiole.
Kaoru era sinceramente e positivamente colpito
dall’abilità del suo avversario, e se avesse potuto avrebbe continuato a
combattere lui anche per un giorno intero, ma non poteva certo permettersi di
perdere tempo mentre tutto attorno a lui i suoi uomini venivano massacrati.
Sfortunatamente il nemico non aveva nessuna
intenzione di lasciarlo in pace, e alla fine ci volle una connata giunta da
chissà dove per convincerlo ad allontanarsi.
Kaoru e tutti gli altri alzarono agli occhi al
cielo, solcato all’improvviso da una enorme flotta di navi dalle quali presero
a calarsi ininterrottamente centinaia di uomini di Grasse giunti in aiuto dei
loro compagni.
«I rinforzi! Sono arrivati i rinforzi!».
Guidava la flotta la nave ammiraglia di
Grasse, la White Dragon, a bordo della quale c’erano anche Saito e Louise.
«Scusa il ritardo!» esclamò Louise sporgendosi
dal parapetto «Abbiamo fatto il più in fretta possibile!»
«Fuoco!» disse Joanne «E attenti a dove
sparate!».
Dalle navi presero a giungere bordate, frecce
e incantesimi che piovvero sui nemici come una tempesta mortale, dando nuova
linfa alla riscossa degli assediati.
Dal canto suo, Maschera di Ferro continuò
ostinatamente a confrontarsi con Kaoru ancora per qualche minuto, fino a quando
Saito non saltò giù dalla nave tenendosi ad una cima e raggiunse l’amico per
dargli man forte nello scontro.
«Si può sapere chi diavolo sei tu?» chiese
Saito al misterioso nemico.
Nei giorni che erano trascorsi, Kiluka e Seena
avevano raccontato a lui e a Louise di come fossero riuscite a salvarsi grazie
all’aiuto di Maschera di Ferro, ma quello che stava succedendo ora andava
contro ogni logica; perché Maschera di Ferro stava attaccando Kaoru, impegnato
a combattere contro coloro che lui stesso aveva combattuto solo fino a pochi
giorni prima?
Possibile che fosse passato dalla loro parte?
La cosa era di un’assurdità pazzesca, e
venirci a capo sembrava impossibile.
Quando sulla scena si presentarono anche
Joanne e Louise, Maschera di Ferro probabilmente si rese conto che le forze in
campo erano cambiare, e che pensare di vincere contro tutti quegli assi era una
cosa impensabile; per questo, rinfoderata la spada, velocemente se ne andò,
scomparendo nel mezzo della battaglia, e vani furono i tentativi di Saito e
Kaoru di fermarlo.
Intanto, il bombardamento ininterrotto della
flotta di Grasse, unito all’arrivo di una squadriglia di cavalieri dei draghi,
aveva ormai sfiancato il morale dei nemici, che alle prime luci dell’alba
presero a indietreggiare.
Nella boscaglia, Monroy
assisteva attonito alla fuga dei suoi soldati, e aveva dentro di sé tanta di
quella rabbia che si sarebbe mangiato le mani.
«Tornate a combattere, schifosi conigli!»
urlava ai soldati in rotta, ma era tutto inutile
«Lasci stare, capitano.» rispose invece il
duca, che al contrario si mostrava quieto e calmo come l’acqua di uno stagno
«Basta così.»
«Signore, possiamo ancora farcela. Abbiamo i
nostri troll.»
«Niente da fare. La loro flotta è arrivata,
mentre la nostra è ancora lontana. Non intendo rischiare i miei assi nella
manica in una situazione tanto incerta, e soprattutto contro un misero forte di
confine.» quindi guardò un momento la donna, che gli fece come un cenno di
assenso «Ritiriamoci».
Il capitano digrignò i denti per la rabbia, ma
non poté fare altro che obbedire.
«Suonare la ritirata!» ordinò al trombettiere.
Il suono delle trombe di Laguiole
salutò il sorgere del sole, e prima che la sua ascesa fosse del tutto
completata le truppe nemiche si erano già date alla fuga, tra le grida di
esultanza dei soldati e dei marinai di Grasse.
La prima, vera battaglia tra un esercito
guidato da Saito e Louise e una forza nemica era dunque vinta.
Saito si avvicinò a Kaoru, che si sorreggeva
sulla sua spada.
«Come stai? È tutto a posto?»
«Abbastanza.»
«Dunque…» disse
Louise «Abbiamo vinto?»
«No maestà.» rispose cupa Joanne «Temo proprio
di no.»
«Questo è stato solo un attacco dimostrativo,
temo.» osservò Kaoru
«Già.» disse Saito «Un modo in più per farci
capire che non stanno scherzando».
Tutti abbassarono gli occhi sconfortati.
«Quindi, adesso cosa succederà?» domandò
Louise
«Atto dimostrativo o no» disse Saito «Mi
sembra evidente che gli abbiamo inflitto una bella batosta. Con il colpo di
stato ancora fresco di attuazione e questa offensiva mancata, di sicuro il duca
Valat ci metterà un po’ a consolidare e stabilizzare
il suo dominio.
Detto in altri termini, per un po’ credo che
possiamo stare tranquilli.»
«Sì.» disse Joanne «Ma quanto durerà?».
Quella era la domanda a cui nessuno era in
grado di rispondere.
E poi, c’era anche la questione di Maschera di
Ferro.
Chi diavolo era quella specie di fantasma? Che
cosa voleva? Quale era il senso delle sue azioni?
Tra tutti, quello a cui queste domande
bruciavano di più era Kaoru. In entrambe le occasioni in cui si era battuto con
Maschera di Ferro aveva avvertito qualcosa, qualcosa di strano, e per certi
versi famigliare; inoltre, a differenza di quanto accaduto con molti altri suoi
amici, non era stato capace di vedere nei suoi occhi, e non certo per colpa
della maschera, cosa che lo inquietava ulteriormente.
Voleva assolutamente saperne di più sul suo
conto. Doveva sapere.
Nota dell’Autore
Eccomi qua, di nuovo
tra voi!^_^
Come vi avevo
preannunciato, questa è stata una settimana tremenda, assolutamente da
dimenticare, e pertanto non sono riuscito quasi mai a trovare il tempo per
scrivere in santa pace.
Il tempo in questione
ha cominciato ad arrivare seriamente solo ieri, e l’ho immediatamente
sfruttato, anche perché sapevo che questo capitolo, oltre che lungo, sarebbe
stato anche molto difficile da scrivere.
Vi preannuncio fin da
ora che tutti i capitoli in cui appariranno delle battaglie saranno piuttosto
prolissi, perché mi piace molto scrivere di queste cose, e anche se cerco di
trattenermi poi puntualmente mi faccio sempre prendere la mano.
Ecco, ho detto tutto.
Grazie ai miei
affezionati recensori.
Aspettatevi un nuovo
capitolo scioccante e sconvolgente! (e anche in tempi brevi, spero e credo)
A presto!^_^
Carlos Olivera