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Autore: Titinina    30/04/2012    1 recensioni
Eccoci qui! So che non mi sopportate più!
"Remind Me" è una fanfiction dai toni più cupi rispetto alle precedenti, è stato faticoso scriverla, ma mi ha dato la soddisfazione con la S maiuscola. Forse perché c'è tantissimo di me qui dentro! Spero davvero che vi piaccia!
La storia si svolge a conclusione del manga, ma vedremo che un episodio davvero tristissimo sconvolge la vita dei nostri eroi. p.s. Per chi ha visto il drama coreano basato su City Hunter noterete che ho utilizzato alcune location e nomi riferiti proprio al drama, erano lì ed era impossibile non sfruttarlo! A prestissimo! Titinina ^__________^
Genere: Azione, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kaori/Greta, Ryo Saeba/Hunter, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Uscì dal suo nascondiglio, con passi fermi e regolari, assisteva all’ultimo atto dello spettacolo. Impugnando la sua fedele arma, il suo corpo, il suo istinto, seguirono, come in un automatismo, tutti i gesti rituali della battaglia: i sensi in allerta, lo sguardo acceso, la camminata sicura, predatrice, la sua mano sull’impugnatura della sua arma, il contatto con il metallo freddo. Era un guerriero.

Guardava, guardava quello che in teoria doveva essere il suo capo, ma che lo considerava meno del tacco della sua scarpa, e guardava la donna, quella donna che si toccava il braccio ferito da un proiettile vagante, con lo sguardo fiero e deciso nonostante la stancante battaglia.

Era dietro di loro, era il momento della sua scena che decretava la fine della battaglia.

- Esatto, City Hunter è formato da un uomo e una donna.
- Steve! Falli fuori! Immediatamente!

Baiko strepitò sudando copiosamente, guardando l’uomo con in mano la pistola che era uscito di soppiatto fregando i suoi nemici. Il suo asso nella manica, tutto finalmente cominciava a girare a suo favore, niente lo avrebbe più fermato.

- Steve…

Kaori sussurrò quel nome lentamente, tra le sue labbra sembrava un soffio, guardava quell’uomo, come se fosse irreale, come se fosse una chimera, eppure era lì davanti a lei. Il respiro sconnesso, gli occhi larghi, il cuore che pulsava forte nelle tempie, tutto era successo in pochi secondi. Lui era lì di fronte a lei. Non era un allucinazione, vero? Si girò verso Mick per chiedere conferma e quando vide il suo compagno bianco, come se avesse visto un fantasma, allora si disse che davvero ciò che vedeva di fronte a lei era reale. Cercò di muoversi, di fare un passo verso di lui, di toccarlo, di percepire il fiato del suo respiro. Non sentiva niente, neanche gli strepiti di quel tizio dietro di lei, tutto era ovattato. Però le sue stupide gambe non si muovevano, incollate al suolo, pesanti. Sentiva solo il rumore del suo respiro affannoso, e rimaneva incollata a quello sguardo.

Poi la sua mente registrò qualcosa. Un rumore. Quel rumore tanto familiare, tanto rassicurante, nonostante non fosse quello il suo scopo.

Il giro del tamburo della pistola.

Occhi negli occhi.
Respiri all’unisono.
inspirare, espirare. Inspirare, espirare.
L’aria elettrica, una sfida tagliente.

- Steve, tu sei Steve.

Kaori aveva pronunciato quel nome di nuovo, scandendolo in maniera chiara, mentre la sua mano afferrava d’impulso la pistola di Mick.

- Kaori, cosa stai facendo?

Mick era imbambolato, Kaori gli aveva praticamente strappato la pistola dalle mani per puntarla contro Ryo.
Ryo era lì di fronte a loro, che diavolo stavano facendo? Chi cazzo era questo Steve?

- Kaori, cosa diavolo fai?

Questa volta aveva urlato verso Kaori, mentre lei faceva girare il tamburo della pistola.

- Mick, levati, non è affar tuo.
- Kaori, smettila, lui è…
- Lui è Steve. E’ con lui che devo sfidarmi, fatti da parte, ora.

Kaori era irremovibile, una strana calma si era impadronita di lei, non staccava gli occhi dallo sguardo dell’uomo di fronte a lei, quegli occhi neri e profondi, imperscrutabili, duri. Uno sguardo tagliente.
Fece un passo verso di lui, le mani si alzarono all’unisono, al rallentatore.
L’uno contro l’altra.
Pistola contro pistola.
Respiro contro respiro.
Occhi contro occhi.
Aura contro aura.
Steve contro Kaori.
Ryo contro Kaori.

Kaori sentì quel respiro attraversagli il naso, scendere nella gola e arrivare ai polmoni, per poi fare il giro contrario, in un gesto involontario, si portò la mano al collo, mentre teneva sotto tiro l’uomo davanti a sé, cercando il suo proiettile, il suo talismano, sentendolo tra le dita si sentiva protetta.

Steve continuò a fissare la donna, la donna che aveva tirato fuori da quell’auto, la donna che aveva seguito a rotta di collo, la donna di cui il profumo lo stregava come pochi, tutto in lei lo richiamava. Quello sguardo duro, quel viso serio, quel suo sollevarsi del petto per far entrare il respiro.

Baiko assisteva a quella scena eccitato, sapeva che il suo uomo non avrebbe fallito. Era ad un passo dalla conquista, sì, tutto quanto sarebbe caduto tra le sue mani, come una volta, lui sarebbe di nuovo stato il primo, e cominciò a ridere soddisfatto.

Mick guardò la scena davanti a lui, come erano arrivati a quel punto? Quando era successo? Doveva fermarli. Doveva.
Ma l’ultimo sguardo di Kaori lo fece rimanere sul posto.

Kaori prese il suo proiettile fece scivolare la catenina dal suo collo e lo prese tra le dita. Lo lanciò per aria, il proiettile volò in mezzo a loro, sembrava ci mettesse una vita a cadere, avrebbe scandito il tempo, appena il proiettile avesse toccato il suolo, la loro sfida sarebbe cominciata.
Il rumore del metallo che toccò il suolo risuonò per tutto il capannone.

Gli spari partirono quasi all’unisono, Mick trattenne il fiato, i proiettili viaggiarono alla velocità della luce, il rumore degli spari si propagarono e coprirono il rumore di un tuono.

Infine, il rumore di un proiettile che attraversò la carne decretò la fine.

Kaori cadde sulle ginocchia, facendo scendere il braccio, con cui teneva la pistola, lungo il fianco.
Cercò aria, aria che le arrivasse ai polmoni, ma il suo stupido torace non ne voleva sapere. I suoi occhi si svuotarono, come se la stanchezza degli ultimi due anni si presentasse improvvisamente in quel momento, facendole dolere tutto il suo corpo ormai esausto.

Lui si toccò la guancia, una nuova cicatrice, una battaglia conclusa, toccò quel rivolo di sangue e poi si guardò le dita, sentendo il liquido vitale attraverso il suo tatto.

Mosse i primi passi lentamente, dapprima prese la catenina della donna, poi si portò di fronte a lei, immobile.

Baiko smise di ridere, improvvisamente.
Smise di ridere nel momento stesso in cui un proiettile gli trafisse il cuore, facendolo accasciare per terra in un lago di sangue. La fine della battaglia fu la sua morte.

- Kaori

Era lei, era Kaori, la donna che sognava tutte le notti, che il suo cuore reclamava anche quando la sua mente non la ricordava. Quella notte, la notte in cui l’aveva salvata dall’incidente, improvvisamente la sua mente aveva ricordato tutto, quando aveva toccato le sue labbra con le sue, tutto quanto tornò al suo posto, sapeva chi era, sapeva per chi viveva. E l’avrebbe protetta a costo della sua vita, da Black Panther, che aveva stanato, a Baiko, che voleva ucciderla. Quella era la sua missione, e non avrebbe per niente al mondo spezzato la sua promessa.
Ryo soffiò quel nome quando si inginocchiò di fronte a lei e cercò di accarezzarle il viso, non gli sembrava vero, era impossibile, eppure stava per carezzarle il volto dopo tanto tempo, doveva riaverla al più presto tra le braccia, doveva stringerla, farle capire che lui era tornato, che lei lo aveva richiamato a sé. Per la prima volta ebbe paura che lei non fosse reale, ma nel momento stesso in cui lui le sfiorò il viso, una lacrima di
Kaori solcò la sua guancia, finendo sulle sue dita, e il mondo sembrò che riprendesse il suo corso, sentì il calore della sua pelle solo attraverso le dita, ma gli sembravano che bruciassero e che finalmente anche lui emanasse il calore della vita, tanto fragile quanto forte e desiderato.

Il tocco della sua mano sulla sua guancia, lieve e vitale. Allora era vero. Era lui. Anche con quella barba, anche con quei capelli più lunghi del solito. Il suo istinto le aveva detto cosa fare nel momento in cui lui le puntò la pistola: doveva fidarsi di lui. E lei lo aveva fatto, aveva sparato a vuoto, gli aveva solo sfiorato il viso, e inesorabilmente aveva avuto fiducia in lui.
Ora era lì in ginocchio con lei, due anni di patimenti, di dolore, ed era lui. L’aria riprese a circolare nel momento del suo tocco, la lacrima sfuggì tra le sue ciglia per andarsi a posare sulle sue dita, si sentiva stanca e svuotata, e anche arrabbiata, l’ira le montò improvvisamente, perché dopo tutto le sue emozioni erano confuse, quel miscuglio le pulsava nel petto. Si alzò improvvisamente e mentre lui faceva lo stesso, un sonoro schiaffo lo colpì sul viso e scappò fuori dal capannone.

Il temporale investiva Tokyo, la pioggia le cadeva copiosa tra i capelli, sui vestiti e finalmente riuscì ad urlare tutto il suo dolore, liberandosene. Le lacrime cominciarono a mischiarsi con la pioggia e rialzò la testa verso il cielo per sentire quell’acqua che le bagnava il viso, sentiva finalmente quell’acqua sul viso, i suoi sensi, appena avevano incrociato lo sguardo di Ryo, avevano ripreso a vivere. Rise e pianse, rise e pianse sotto la pioggia, finché due braccia non l’avvolsero e lei si poté abbandonare come non le accadeva da tempo.
Ryo la strinse, zuppa di pioggia, mentre le pieghe del viso di lei si aprirono in un sorriso, il sorriso tanto amato.
Le accarezzò i capelli, che si appiccicavano sul volto bagnato, guardandola come mai aveva fatto prima, imprimendo in quella carezza la sua appartenenza a lei.

- Sei un bastardo.

Gli sussurrò sottovoce.

- Anche io ti amo, Sugar.

Le loro labbra finalmente si toccarono, l’emozione di ritrovarsi fu indescrivibile, in quel momento anche le loro anime, che tanto si cercarono, si stavano ritrovando.
La fiamma delle loro vite riprese a bruciare, nel mol 47.


Continua....
   
 
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