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Autore: ChiiCat92    30/04/2012    2 recensioni
- Ehi vacci piano bambola, ho il diritto di essere sconvolto! Insomma tu...sei... -
La ragazza alzò gli occhi al cielo.
"- Una Sirena. Evviva. Sì, sono una Sirena, adesso che l'abbiamo appurato, mi liberi? -
- Va...bene...ok... -
Tom si avvicinò lentamente, stando ben attento a non sfiorare la coda della...Sirena."
Tratto dal Cap 1
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- 19 -

Il dolore alle volte può essere positivo. Aiuta a comprendere un errore commesso; rende maturi; fa crescere lo spirito e il corpo.
Il dolore aiuta gli Esseri Umani a capire di essere solo Esseri Umani.
Il dolore rende ciechi alla verità, anche se colpisce con la verità.
Non sempre se ne riconosce la necessità, non sempre viene capito e accolto.
Quello è un buon tipo di dolore. È il dolore buono che salva l'Umanità da se stessa.
Ma il dolore alle volte può essere mostruoso. Può far desiderare di morire per evitare di doverlo patire ancora. Può essere insensato, senza fondamento, puro nel suo scopo distruttore, divoratore di anime, distruttore di vita.
È il dolore silente che coglie di notte, nell'attimo di panico in cui ci si sveglia dopo un incubo, nel momento prima di addormentarsi quando tutto sembra più buio. È il dolore dimenticato nel giorno che brucia alla luce del Sole e che latita agli angoli della coscienza, sempre pronto a mordere e strappare e graffiare.
È il dolore della morte.
Sordo, silenzioso, nero, rapido, si diffonde a ondate di frustate al cuore, all'anima, sbriciola i muri della comprensione, dell'accettazione, diventa tutt'uno con la paura.
Quello non è un buon tipo di dolore. Quello lascia i segni, quello non rimargina le ferite, anzi le imputridisce, le avvelena, gli impedisce di guarire, deforma il corpo e lo spirito.
Maryll provava quel tipo di dolore. Il suo dolore le toglieva la parola. Le toglieva l'aria, le dava l'impressione di non aveva più sangue nelle vene e lacrime negli occhi. Le gelava il petto.
Stringeva il corpo di Tom, piangendo, gemendo, in una lingua sconclusionata che neanche lei più riconosceva.
Non poteva esistere altro in quel momento dell'atroce certezza della sua perdita e di quel dolore che non l'ammazzava. No, non l'avrebbe fatto, quel dolore non uccide, si limita a spingere oltre i confini della pazzia per poi tirarsi indietro e tornare a colpire ancora e ancora quando sembra che sia sparito.
L'uomo vestito in nero osservava il suo dolore, e lo rispettava. Lo conosceva bene, era diventato un compagno perenne delle sue notti più buie, e una spia abilissima durante i giorni soleggiati.
Anche lui aveva perso, senza potere a sua volta perdersi.
Quel dolore non permetteva a nessuno di avvicinarsi, a nessuno di essere di conforto, a nessuno di comprendere, quel dolore rende soli al mondo, soli in compagnia di 7 miliardi di persone.
Ma c'era un rimedio, una cura che era peggiore della malattia stessa.
L'uomo alzò lo sguardo verso il cielo che s'intravedeva dall'apertura sul soffitto. La Luna era grande, come mai prima d'ora, una piccola falce d'ombra andava allargandosi sulla sua superficie.
- C'è qualcosa che faresti perché in lui ci sia ancora vita? -
Maryll non ebbe la forza di rispondere. Non aveva la forza neanche per tenere gli occhi aperti. Voleva solo accasciarsi sul petto di Tom e dormire, dormire, dormire, per sempre, finché qualcuno non avesse trovato i loro corpi vicini. Non l'avrebbe lasciato per niente al mondo.
L'uomo si abbassò a guardarla negli occhi, quegli occhi spenti, tristi, gonfi di lacrime.
Da qualche angolo remoto la sua voce rispose:
- Sì. -
Non si sentiva più presente, era come se qualcuno avesse preso possesso del suo corpo e lo stesse manovrando e tenendo in vita automaticamente. Qualcuno che spingeva su e giù il diaframma per riempire e svuotare i polmoni, qualcuno che le faceva battere il cuore. Nel momento in cui avesse smesso, lei si sarebbe abbandonata all'inevitabile.
- Va' sull'altare. L'eclissi è cominciata. -
- Perché? -
Perché se ormai la Morte aveva mietuto la sua anima? Perché quando avrebbe solo dovuto aspettare cha facesse lo stesso con lei?
- Perché puoi ancora fare un sacrificio per lui. -
Maryll fissò il volto sereno di Tom. Se non fosse stato per tutto quel sangue avrebbe detto che dormiva tranquillamente. Come quando era svenuto sul suo letto in fondo all'Oceano ormai secoli prima. Perché erano passati dei secoli da allora, no? Non potevano essere passati solo pochi giorni.
Accarezzò le guance terree del giovane e si alzò. Le gambe non reggevano il suo peso, traballavano e rischiavano di farla cadere, ma scostò il braccio che l'uomo in nero le porse. Sarebbe arrivata all'altare con le sue forze.
L'uomo intanto prese in braccio il corpo senza vita del ragazzo e seguì Maryll. Sembrava una strana processione dei fedeli, per festeggiare chissà qualche Santo, chissà quale Martire. Nessuno però oltre loro avrebbe pianto la morte di Tom.
Maryll si fermò davanti all'altare. Le venne istintivo guardare verso il cielo. Tutte quelle stelle, tante quante il dolore sulla Terra, e nessun Dio a fermarlo. Perché li aveva resi capaci di amare se poi dovevano così tanto patire?
L'uomo adagiò il corpo sull'altare.
L'ombra sulla Luna avanzava, divorando sempre più la sua superficie, il disco rotondo scompariva, inghiottito da quel nero senza redenzione.
La Sirena si perse di nuovo ad osservare Tom. Non smetteva di amarlo neanche adesso. Neanche adesso che, toccando la sua mano, la sentiva fredda, gelida, senza il battito vitale del cuore. Neanche adesso che i suoi occhi dietro le palpebre chiuse non l'avrebbero più guardata con dolcezza. Neanche adesso che non c'era alito di vita in lui.
Come poteva accettare che il suo corpo si sarebbe disfatto, si sarebbe scomposto e poi sarebbe scomparso nella nuda terra? Come poteva accettare che quelle ciglia lunghe, adagiate sulle guance, quel viso affilato, quelle labbra carnose, scomparissero?
Come poteva accettare che non avrebbe mai più sentito la sua voce dirle “ti amo”? Lei avrebbe continuato a farlo, sempre, avrebbe continuato a dirgli “ti amo”, anche se lui non poteva più sentirla.
Gli sfiorò le trecce nere, spesse e folte, ricordò la prima volta che le aveva viste e le emozioni scomposte che aveva provato.
- Che cosa posso fare? -
L'uomo in nero le poggiò una mano sulla spalla.

*

Bill non guardava mentre un uomo con la tunica azzurra gli ricuciva le ferite sui polsi. Una flebo attaccata al braccio gli stava restituendo il sangue che aveva perso. Inevitabilmente non riuscì a non pensare che quel sangue non era suo, non veniva de dentro di sé, e che si stava mischiando con quello di Tom con cui lo condivideva dalla nascita. Sembrava che qualcuno volesse cancellare la presenza di suo fratello in tutto e per tutto.
Ma lui non avrebbe lasciato che succedesse.
Non piangeva, non sapeva se ne era ancora in grado. Batté le palpebre, gli occhi erano rossi e irritati, gli facevano male, ma se li teneva chiusi per troppo tempo vedeva Tom cadere con il pugnale conficcato nel petto, ancora e ancora, in un eterno replay che non gli lasciava scampo. Se strapparsi gli occhi avesse cancellato quelle immagini, forse l'avrebbe fatto.
L'uomo finì di mettergli i punti. Tagliò il filo di sutura e disinfettò ancora la ferita prima di bendarla stretta con garze bianche.
Bill le fissò senza troppo interesse. Chissà cosa avrebbe pensato il mondo vedendolo in quel modo. Forse che aveva finalmente tentato di suicidarsi e che non ci era riuscito. Nessuno avrebbe mai immaginato cosa era successo realmente, cosa Tom aveva fatto per salvargli la vita. Avrebbero forse insinuato che Tom era vittima della sua vita sregolata e che lui non aveva fatto altro che seguirlo; sarebbero girate voci su voci, ma l'unica che non avrebbe mai sentito era quella della verità.
Non poteva dire a nessuno quello che era successo quella notte, non gli avrebbero creduto, anzi, gli avrebbero dato dello psicopatico e avrebbero così giustificato il gesto del tentato suicidio.
Era un mondo triste. Neanche la sua famiglia poteva sapere come si erano svolti i fatti. Era una verità agghiacciante.
Cosa avrebbe detto a sua madre? A suo padre? A Gordon? A Gustav? A Georg? Cosa avrebbe detto ai suoi affetti, ai suoi amici, ai conoscenti vicini e lontani? E cosa loro avrebbero detto di lui? Che nascondeva qualcosa, che sapeva cosa era successo, che forse c'entrava qualcosa con quella storia?
Inaspettatamente una lacrima gli solcò il volto, non perse neanche tempo ad asciugarsela, ormai aveva le guance incrostate di sale.
- Quando finiremo con la trasfusione potrai tornare a casa. -
Gli disse l'uomo in azzurro.
Bill non lo guardò neanche in faccia.
- Voglio tornare alla chiesa, subito, da mio fratello. -
- E' il caso che tu ti riposi e riprendi le forze, ci occuperemo noi delle pratiche per la sepoltura... -
- Mio fratello non è morto. -
L'uomo non gli rispose, ma Bill sapeva esattamente cosa stava pensando. Pensava che era la prima fase inevitabile del lutto: la negazione. Ma non era così. Semplicemente Tom non era morto. Non c'era nessuna negazione né niente di psicologico dietro. Ma già mentre se lo stava dicendo la sua parte più consapevole e lucida gli comunicava l'esatto opposto.
- Mi dici chi diavolo siete voi? -
Continuò Bill, sempre con lo sguardo lontano, come a non voler incrociare quello dell'uomo. Forse non voleva accettare la sua esistenza. Riconoscerlo come vero doveva per forza fargli riconoscere anche quello che era successo a Tom.
- Siamo i Salvatori. -
- I Salvatori? -
Commentò il ragazzo, le sopracciglia sollevate e un'espressione di sorpresa sul volto. Che cosa avevano salvato? Un bel niente avevano salvato. Represse la rabbia e le urla stringendo i denti.
- Sì, siamo i Salvatori. Da millenni la nostra congrega cerca di sconfiggere i Cacciatori. Stanotte abbiamo ucciso uno dei più crudeli Cacciatori di tutti i tempi, era quasi al vertice della sua scellerata setta. È stata una grande vittoria. -
“E' stata una grande vittoria”, si ripeté Bill nel silenzio della sua mente, “è stata una grande vittoria”, quelle parole gli aprivano una voragine dentro il petto, “è stata una grande vittoria”, il sacrificio di suo fratello era stata una grande vittoria, sulla sua vita loro avevano ottenuto una grande vittoria.
- Non siete così diversi dai Cacciatori. -
Disse tra i denti, nuove lacrime gli solcarono il volto e singulti senza suono gli scuotevano il petto.
- Mi dispiace per la tua perdita. Ci siamo impegnati più che abbiamo potuto per salvarvi, le nostre indagini ci hanno portati molto lontano prima di capire dove fossero realmente i Cacciatori e quando siamo arrivati...bhè, sai com'è andata. -
- Per la vostra grande vittoria una persona è morta. -
- Ce ne rendiamo conto. -
Ma da come l'aveva detto sembrava che non si rendesse conto, invece, di come lui se la potesse prendere tanto per la perdita di una vita contro quelle che erano state salvate. Sembrava che non gli importasse niente di Tom.
Bill avrebbe voluto saltare al collo di quell'uomo vestito d'azzurro, rimasto con il cappuccio nonostante fossero al chiuso. Gli avrebbe voluto chiedere se avesse mai perso qualcuno di caro nella sua vita, se capisse cosa si provava, se gli sarebbe piaciuto farlo, che cosa avrebbe fatto se lui, con le sue mani, fosse andato ad ammazzare sua moglie, i suoi figli.
Ma l'apatia del dolore rendeva Bill inerme come un pupazzo di gomma.
La flebo terminò, l'uomo gliela staccò con gentilezza dal braccio e ci mise sopra un cerotto.
- Ora possiamo andare se vuoi. -

*

- Non avevo mai sentito parlare dei Salvatori. -
Replicò Maryll. L'uomo in nero era stato parecchio ermetico nelle sue spiegazioni, ma non aveva ancora avuto il coraggio di guardarlo in faccia. Non faceva altro che accarezzare il volto di Tom, rigirarsi tra le dita le trecce nere.
- Noi agiamo nel buio, pochi ci conoscono dato che non ci avviciniamo molto alle vostre città sottomarine. -
- Se vi avvicinaste di più forse ci sarebbe più conforto nelle nostre vite. -
Maryll non avrebbe potuto dirlo, lo vide solo con la coda dell'occhio, ma l'uomo in nero stava sorridendo sotto il suo cappuccio, un sorriso mesto e triste.
- Noi non possiamo più avvicinarci al nostro mondo. -
- Nostro? -
L'uomo annuì.
- Noi siamo tutti Tritoni. - finalmente la Sirena ebbe la forza di alzare lo sguardo sull'uomo, ma i suoi occhi erano celati nel buio - Abbiamo fatto un Patto Sacro con il sacrificio delle persone che abbiamo amato, abbiamo giurato che avremmo distrutto i Cacciatori. -
- Un Patto...Sacro? -
L'uomo annuì ancora.
- Quello che adesso farei anche tu. -
- Non...capisco... -
- Capirai. -
Lui alzò lo sguardo al cielo e Maryll lo imitò. La Luna era diventata rossa, grande e tonda come una ferita nel cielo notturno.
La Sirena si sentì fortemente attratta da quella luce, qualcosa la stava chiamando e incatenava i suoi occhi sul rosso satellite.
Avrebbe voluto cogliere dal cielo quel frutto, lucente come una mela.
L'uomo le parlò con voce suadente e pesante.
- Maryll, faresti qualsiasi cosa per il tuo amore? Per quest'uomo? -
Lei strinse la mano di Tom, la strinse come se potesse darle il sostegno che voleva, per accertarsi che fosse ancora lì.
- Sì, sì sono pronta, qualsiasi cosa! -
L'uomo divenne serio di colpo, prese un profondo sospiro.
- C'è ancora qualcosa che puoi fare, c'è il Patto Sacro, l'estrema scelta che siamo chiamati a fare per salvare la persona che amiamo. Sotto questa Luna Rossa, questa notte, ridona la vita a quest'Umano, ma rinuncia per sempre alla tua vita di Umana. -
Il cuore di Maryll batteva piano, con dolcezza. Non era agitata, non aveva paura, sapeva che quello che stava facendo era giusto, era quello che aspettava di fare da sempre, era il suo Destino che la chiamava a compiere la giusta scelta.
- Rinuncio. -
Disse chiara, sillabando bene tutte le lettere della parola.
L'uomo provò un enorme dolore nel sentire quella parola. Anche lui, in una vita che gli sembrava lontana, aveva fatto quel Patto per salvare la donna che amava, una Sirena, con cui aveva passato il suo ultimo giorno prima di un eclissi. I Cacciatori li avevano trovavi, riuscivano sempre a trovarli, come anche i Salvatori; ma quando erano arrivati, era già troppo tardi: gli era stato strappato dalle braccia l'amore della sua vita. Come quella ragazza adesso anche lui aveva detto “rinuncio”, aveva rinunciato alla sua vita negli Abissi e aveva deciso di intraprendere il cammino dei Salvatori. Fu con grande rispetto e con grande cordoglio che continuò a parlare, consapevole del dolore che stava per infliggerle:
- Da questo momento in poi uno dei due Mondi ti sarà per sempre precluso. In questo caso la tua rinuncia comprende il mondo degli Umani. Non ci sarà più modo per te di avvicinarti alla superficie, se lo farai il dolore che proverai ti dilanierà le carni e se ti esporrai ad esso troppo a lungo, ti ucciderà. - Maryll pensò con tranquillità che il dolore fisico che avrebbe provato non sarebbe mai stato al livello di quello provato dalla sua anima per la morte dell'uomo che amava; ed era così felice della scelta che stava facendo che non aveva nessun ripensamento, nessun pensiero nero le offuscava la mente, era tutto lucido e chiaro dentro di lei. - Manterrai la tua capacità di mutare forma, starà a te decidere quanto puoi spingerti prima che il dolore ti tolga la vita. I tuoi piedi sanguineranno ad ogni passo e le tue gambe saranno trafitte da milioni di coltelli. Se sopravvivrai, il dolore sparirà con la vita di questo Umano, e sarai libera dal Patto. - la piccola Sirena riusciva solo a muovere la testa su e giù; “sì, sì, sì” ripeteva la sua mente - Queste sono le condizioni su cui si basa il Patto Sacro, ma perché la vita torni in lui, tu dovrai rinunciare alla cosa che più ti sta a cuore... La Luna Rossa si prenderà la tua relazione con questo ragazzo. - l'uomo riprese a parlare solo dopo qualche secondo - Qualora anche dovesse rincontrarti, qualora doveste di nuovo trovarvi l'uno in presenza dell'altro, non potrai mantenere lo stesso rapporto che avevi con lui. Non ritroverà mai i frammenti di memoria che riguardano il suo rapporto con te. Ecco qual'è il prezzo. Che intendi fare? -
Maryll non riuscì a trattenere le lacrime, benché non volesse piangere.
Non disse una parola. Si sdraiò accanto a Tom, stringendolo in un abbraccio che non avrebbe mai più voluto sciogliere.
Lo baciò, impresse il suo sapore sulle sue labbra dove sarebbe rimasto per sempre.
Non le importava, non le importava a cosa avrebbe dovuto rinunciare perché Tom tornasse a ridere, e vivere; non le importava di sparire per sempre dal suo cuore: lei avrebbe continuato ad amare per tutti e due.
- Ti amo, ti amo tanto, ti amo davvero tanto. - diceva tra le lacrime, e nel frattempo non smetteva di baciarlo, di accarezzarlo - Accetto, accetto il prezzo da pagare. -
L'uomo abbassò in capo, quasi afflitto. Impose una mano su di lei e improvvisamente la luce della Luna sembrò concentrarsi sull'anello che portava al dito. Era d'oro e aveva incastonata in cima un'enorme pietra bianca che presto si colorò di rosso sangue. Il fascio di luce che scaturì dall'anello avvolse la Sirena che si vide strappare dal corpo di Tom da un paio di poderose mani. Provò a scalciare, a cercare di tornare da lui, ma quando vide le sue ferite risanarsi sotto i suoi occhi, il colorito del suo viso tornare di un salubre rosa, il suo petto prendere un profondo respiro e i suoi occhi spalancarsi, si abbandonò a lacrime di gioia.
Gli indirizzò un ultimo bacio, poi chiuse gli occhi.

*

- Voglio andare da mio fratello. -
- Sei ancora troppo debole, è il caso che torni a casa... -
- Non me ne frega un cazzo specie di puffo troppo cresciuto, io voglio andare da mio fratello! Adesso! -
Gli uomini in azzurro che stavano seguendo la discussione ebbero un fremito, lo strillo isterico e acutissimo di Bill li fece scattare sull'attenti.
- Va bene, allora andiamo. -
Disse quasi sconvolto l'uomo, quello che aveva pensato a ricucirlo e a fargli la trasfusione.
Bill annuì tra sé e sé e lo seguì verso l'uscita.

Durante il tragitto non riuscì a tenere la mente lontana da quello che era successo. E aveva paura. Una paura atroce di trovare esattamente quello che si aspettava di trovare in quella chiesa sconsacrata: Tom, esangue, a terra.
Bill si tormentò in quei pensieri finché il suo sguardo non toccò la luce della Luna.
Era rossa. L'eclissi. In tutto quello aveva completamente dimenticato l'eclissi. Chissà che cosa avrebbe deciso di fare Maryll.
- Siamo arrivati. -
Gli disse qualcuno, lui neanche ascoltò, aprì la portiera e s'incamminò a grandi falcate verso l'entrata della chiesa.
Si bloccò sul primo scalino della piccola scalinata. Quella forte luce rossa illuminava i riccioli gotici della facciata della chiesa rimandando strani riflessi, sembravano tutti imbevuti di sangue, eppure non gli ispiravano un senso di timore.
Si obbligò a salire il secondo, il terzo e il quarto gradino, finché non si ritrovò davanti alla porta divelta della chiesa.
Ricordava gli uomini con le tonache azzurre che la sfondavano ed entravano come uno sciame impazzito di vespe. La porta era di legno decorato, e adesso era in frantumi sul pavimento di marmo, un vero peccato.
L'odore del sangue e della morte era talmente forte che lo stomaco di Bill ebbe un fremito, sentì le budella attorcigliarsi e gli venne voglia di vomitare l'anima.
Il pavimento era sporco, ad ogni passo si aveva la sensazione di immergere i piedi in un pantano viscido, ma i corpi dei Cacciatori erano spariti, qualcuno doveva averli portati via, ma quel sangue ricordava a tutti la guerra terribile che si era combattuta solo qualche momento prima.
La cosa che più sconvolse Bill fu che mancava anche il corpo di Tom.
Lo cercò con lo sguardo in lungo e in largo ma di lui nessuna traccia, era come se qualcuno l'avesse inghiottito. Che l'avessero portato via insieme a quello dei Cacciatori?
Un fremito gli fece traballare il cuore.
Poi i suoi occhi caddero sull'altare, e il sollievo fu immediato.
Tom era lì, steso sotto il fascio di luce rossa.
Si avvicinò a piccoli passi, timoroso.
In alto l'ombra nera si stava ritirando e la Luna cominciava a tornare del suo normale colorito bianco avorio.
Bill si tirò indietro quando vide che il petto di Tom si alzava e si abbassava.
Stava respirando.
Rimase immobile per un secondo.
Respirava. Non era morto.
Si lanciò in corsa verso di lui, urlando il suo nome come non aveva mai fatto prima in vita sua.
Tom aprì piano gli occhi, sbattendoli, contrariato dal rumore che gli riempiva le orecchie. Era come un terribile ronzio, doveva avere un alveare infilato in testa, o qualcosa del genere.
Mosse la testa, che gli sembrava troppo pesante per essere la sua, a destra e sinistra, scocciato.
Sentì qualcuno che lo chiamava, incessantemente, ma non aveva voglia di rispondere, né di scoprire chi fosse a essere così insistente.
Bill si gettò su di lui, abbracciandolo.
Tom allora spalancò gli occhi e si ritrovò i capelli del fratello tra le ciglia, in bocca, dentro il naso, la sua voce squillante come una tromba dritta nelle orecchie.
Farfugliava qualcosa che non riusciva bene a capire, qualcosa tipo “non sei morto, stai bene!”.
- Bill mi stai soffocando, spostati! -
Con le mani scostò malamente il fratello che rimase un attimo perplesso.
L'uomo in nero fissava la scena da lontano come una silente sentinella, era pronto ad agire al momento giusto.
- Tom, Dio mio sono così felice di vedere che stai bene! E la ferita? Perdi ancora sangue? -
Bill volle accertarsi che il taglio fosse stato sistemato e gli infilò le mani sotto la maglietta per dare un'occhiata. Con suo sommo stupore incontrò solo la pelle liscia del suo addome. Nessuna ferita, almeno al tatto. Alzò la stoffa e vide con i suoi occhi che non c'era un segno, sembrava che si fosse richiuso, come per magia. - Ma...cosa... -
Riuscì a balbettare il ragazzo.
Tom, stizzito, gli tolse le mani e si ricoprì l'addome.
- Ferita? Sangue? Ma cosa dici! Ho solo ricevuto una botta in testa, e sto benissimo. Per fortuna è arrivata la polizia a salvarci. -
- Po...polizia? - Bill cominciava seriamente a preoccuparsi - Intendi...i Salvatori? -
- Chiamali come vuoi, d'altronde ci hanno salvati. Bella prova rapirci, non credevo che qualcuno ci sarebbe mai riuscito. Almeno non abbiamo scucito un soldo per il riscatto. Ah, la mia testa, mi scoppia! -
E dicendo questo si afferrò la testa tra le mani, piegato in due dal dolore.
Bill stava quasi per ribattere quando l'uomo in nero gli poggiò una mano sulla spalla.
- Dobbiamo parlare. -
Lo fece allontanare di qualche passo, così che Tom non lo sentisse.
- Che cosa...sei stato tu...la ferita...il sangue... -
L'uomo, di slancio, lo abbracciò, stringendolo forte tra le sue braccia poderose.
Non poteva parlare del Patto Sacro con lui, ma col tempo anche la sua memoria si sarebbe modificata come quella del fratello, avrebbe perso tutti i ricordi di quella notte, di quegli avvenimenti, avrebbe rimosso qualsiasi cosa sostituendola con le spiegazioni e i ricordi che più gli erano congeniali, avrebbe riempito il vuoto con l'autoconvincimento.
Fece una breve e precisa pressione sul collo di Bill con due dita. Lui ebbe solo il tempo di rendersi conto che stava perdendo i sensi prima di cadere svenuto.

The writer says

Dunque dunque, siamo arrivati a questo sudatissimo 19esimo capitolo!
Però, certo che Bill fa pessime figure in ogni capitolo,
sviene in continuazione!
Deve cercare di difendersi meglio questo povero ragazzo XD
Che dire, tutto il resto è stato scritto con le lacrime
ma era necessario che succedesse,
c'è forse ancora qualcosa in serbo
ma molto poco
poi si vedrà,
Maryll non mi permette di chiudere questa storia con serenità!
Vuole ancora che scrivi qualcosa, ma non so neanche io cosa.
Voi cosa pensate potrebbe succedere? Mandatemi i vostri suggerimenti :)
Grazie, sempre, alle mie commentatrici perseveranti Asja Writers_Alien e Ginger Snaps,
come voi aspettate me io aspetto voi!
Al prossimo capitolo :)
   
 
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