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3 Mamma Chioccia suo Malgrado
Davvero Shane non
sapeva cosa pensare di quello stranissimo ragazzo che si era autonominato suo
tutore: i suoi modi erano bruschi e acidi, non lo stava a sentire e lo trattava
come una specie di bagaglio appresso ma, in sostanza, non aveva fatto altro che
aiutarlo ad ambientarsi nel nuovo ambiente spiegandogli, anche se
sgarbatamente, cos’erano e a cosa servivano tutti gli strani meccanismi di cui
quel luogo sembrava essere pieno. Gli aveva anche dato degli abiti che, per
quanto gli fossero ridicolmente enormi, erano meglio di nulla con la promessa
che poi ne avrebbe avuti altri della giusta misura, un posto comodo in cui
poter riposare e una bella tazza colma di latte tiepido quindi doveva essere
grato ad Arthur, ma non poteva fare a meno di pensare che quel tipo aveva un
bel po’ di rotelle fuori posto.
~♥~
Occhi grandi e
luminosi di uno splendido verde foresta, un’indomabile chioma scarlatta e un
bel visetto pallido dai tratti delicati, quasi femminei… osservando
distrattamente il proprio ex fratello maggiore mentre si rigirava tra le manine
il telecomando della TV cercando di capire come funzionasse, Arthur si ritrovò
a pensare che Shane con quell’aspetto tanto inusuale aveva un’aria stranamente
carina e, anche se l’idea gli faceva un certo effetto, in qualche modo gli
ricordava America. Erano entrambi piccoli e arruffati come bestiole selvatiche,
curiosi e un po’intimoriti dalle novità in quella maniera adorabile tipica dei
cuccioli ma, si rese conto con una certa delusione, che per il resto erano
totalmente differenti, infatti a quell’età America era tanto affettuoso e
dolce, invece Scozia non aveva fatto altro che soffiare e graffiare peggio di
un gatto selvatico.
Il piccolo Shane
nel frattempo si era stancato del proprio passatempo e, sceso goffamente dal
divano, aveva preso a svuotare mobili e cassetti ridendo di gusto ogni volta
che un prezioso soprammobile finiva a terra in pezzi.
Al quarto gatto
di ceramica irrimediabilmente distrutto Arthur scattò in piedi esasperato: fino
ad allora aveva tentato in tutti i modi di ignorare lo scempio che quel piccolo
terremoto stava causando alla sua bella casa ma dopo un po’ ne ebbe davvero
abbastanza. Attraversò il salotto a passo di marcia ben deciso a porre fine
all’opera di distruzione “Ehi, you!”
abbaiò inviperito “Stop it!” sollevò
di peso il piccolo combinaguai allontanandolo dai cocci, Shane ritrovandosi
improvvisamente sospeso a mezz’aria, prese a strillare indignato divincolandosi
come un pesce preso all’amo, con grande irritazione del più grande che, già
provato dagli eventi, faceva una gran fatica a trattenere il fratello evitando
contemporaneamente di inciampare nei vari oggetti sparsi sul pavimento.
“Cielo, quanto
pesi!” esclamò Arthur sedendosi scompostamente sul divano dopo aver deposto il
più piccolo accanto a sé: era stanco, esasperato, in crisi d’astinenza da the e
pure piuttosto dolorante per via di un paio di calci che quel selvaggio gli
aveva rifilato cercando di scappare, per tutta la giornata non aveva avuto un
momento libero: ogni volta che tentava di fare qualcosa veniva bruscamente
interrotto da rumori di roba che andava in pezzi o peggio ancora da strilli
isterici e gli toccava correre a vedere cosa fosse successo.
Oltretutto
ridotto in quello stato imbarazzante gli era molto difficile perfino fare le
cose più semplici: se voleva prendere qualcosa da uno scaffale doveva salire su
uno sgabello per arrivarci, gli oggetti erano diventati troppo grandi e gli
sfuggivano continuamente di mano, per non parlare della fatica incredibile che
faceva a tenere in braccio Shane… Ma come diavolo facevano i bambini umani a
sopravvivere senza impazzire? Ah sì, non avevano una casa nonché un intero
stato da mandare avanti!
"La situazione é a dir poco
tremenda" si disse
abbattuto, lui ora aveva circa dodici anni umani e Scozia meno di quattro e
nessuno dei due aveva la minima idea di come uscire da quel gigantesco casino!
Certo non si poteva pretendere molto dal piccoletto ma, che diavolo, almeno
poteva evitare di distruggergli la casa!
Troppo preso ad
auto commiserarsi, Arthur non si accorse che erano passati addirittura dieci
minuti di assoluta tranquillità, quando se ne rese finalmente conto, invece di
tirare un sospiro di sollievo si preoccupò non poco: nei pochi attimi in cui si
era distratto poteva essere capitato di tutto! Invece grazie al cielo non era accaduto
praticamente nulla a parte il fatto che Shane si era addormentato usando le sue
gambe come materasso, ma c’era da aspettarselo: tra il caldo a cui
probabilmente non era abituato, l’incantesimo e le forti emozioni, il piccolo
doveva essere esausto, talmente stanco da crollare tra le braccia della persona
che fino a poco prima aveva proclamato di detestare.
Non l’avrebbe mai
ammesso neppure sotto tortura, ma Arthur aveva un debole per le cose carine.
Si era sempre
considerato una persona razionale, che non si lasciava distrarre facilmente dai
propri obiettivi, insensibile lo consideravano alcuni, ma gli bastava avere
davanti un bambino dagli occhioni luccicanti, una fatina o un coniglietto
arruffato perché secoli di spine e gelo si sciogliessero come un pupazzo di
neve sotto il sole d’agosto. E in quel momento, si trovava in una posizione
molto, ma molto scomoda: da una parte non voleva assolutamente che la sua
appena scoperta autorità di fratello maggiore venisse messa in dubbio, ma
dall’altra si stava rendendo conto che
prendersi una rivincita su qualcuno che neppure ricordava quali fossero le sue
colpe era stupido e anche un tantino crudele, se poi quel qualcuno aveva
l’aspetto di un'adorabile angioletto, la scelta si faceva ancor più difficile.
In quel momento Shane aveva un’aria
così innocente e indifesa che al solo pensiero di fargli anche solo un piccolo
innocuo dispetto, Arthur si sentiva l’essere più orribile mai esistito. Ma cosa
andava a pensare! Non c’era alcuna ragione per sentirsi in colpa, alla fine era
solo una questione di forza come lo era sempre stato
fra loro due: chi aveva il coltello dalla parte del manico opprimeva e
tiranneggiava sull'altro senza farsi troppi scrupoli… almeno in apparenza. Dopo
ogni battaglia, per quanto cruenta, uno si introduceva segretamente
nell’accampamento dell’altro per accertarsi che “quell’idiota di mio fratello non si sia fatto ammazzare” e, con una
scusa inventata sul momento, passare la notte uno a vegliare sull’altro in
silenzio e un po’ a disagio perché non sapevano proprio cosa dire.
Era sempre stato
uno strano rapporto quello tra i fratelli Kirkland fatto di parole taglienti,
piccole cattiverie e, nei momenti di bisogno, gesti impacciati d’affetto subito
nascosti, così avevano funzionato le cose e così avrebbero continuato a essere.
Non c’era nulla
per cui sentirsi in colpa, punto e basta!
“Finalmente un attimo di pace” sospirò
Arthur alzandosi con cautela dal divano in modo da non svegliare il piccolo,
ora che non doveva tenere a bada il mostriciattolo poteva pensare ad un modo
per rendere la situazione un pochino più vivibile: prima di tutto doveva
procurare degli abiti decenti per entrambi visto che non potevano restare per
sempre con addosso i vecchi vestiti che tra l’altro erano a dir poco
indecorosi, rimettere a posto la sala prima che si presentasse qualcun altro e
-visto che era già pomeriggio- pensare a preparare qualcosa per cena.
Per prima cosa
andò in soffitta dove teneva tutti i vecchi oggetti: la stanza era piuttosto
grande, ricavata dal sottotetto e ingombra di ogni genere di cianfrusaglia
-tutto quello che non sapeva dove mettere finiva lì dentro. Facendosi largo a
fatica tra scatoloni, bauli e sacchi raggiunse finalmente quello che stava
cercando, la cassa in cui aveva gelosamente conservato i vecchi vestiti di
America: i vestitini lunghi di quand’era ancora una minuscola colonia, i
completini eleganti che Alfred non voleva mai indossare e... No! Non era quello
il momento di fare i nostalgici sentimentali. Adesso era molto più urgente
trovare qualcosa di decente da mettersi per uscire e procurarsi dei vestiti
della giusta epoca.
Dopo un bel po’
di tempo passato a rovistare tra varie robe inutili -perché diavolo aveva
tenuto quel dannato costume da infermiera, poi?- ricordi preziosi e a sfrattare
qualche grosso ragno, finalmente Arthur riuscì a recuperare quello che gli
serviva: una bella camiciola di pizzo con calzoncini e scarpine coordinate per
Shane e per sé stesso, un completino vittoriano di velluto blu forse un po’
troppo vistoso, ma che per il momento andava benissimo.
Adesso però la
vera impresa sarebbe stata convincere il piccolo highlander a mettersi quella
roba.
~♥~
Nei suoi sogni
Shane era ancora a casa propria, libero di correre per le foreste selvagge e le
distese d’erica che tanto amava, non sperduto in un mondo che non capiva. Ma
una cosa gli era chiara: voleva tornare a casa il prima possibile.
Il bambino dai
capelli rossi emise un piccolo lamento simile ad un miagolio e si mosse un
pochino nel sonno, sistemandosi più comodamente sul divano: c’era una sola cosa
di buono nel nuovo mondo, i cuscini erano così morbidi che quasi quasi ci si
poteva sprofondare come in una soffice nuvola. Un bel cambiamento per qualcuno
abituato a dormire sugli alberi per non farsi sbranare dalle bestie feroci.
Ad un certo punto
Shane avvertì qualcosa sfiorargli leggermente un braccio, e infastidito si girò
su un fianco scacciando la presenza
fastidiosa
“Shane” il
piccolo highlander si sentì chiamare ma fece finta di non aver sentito: aveva
deciso che, finché Britannia non si fosse degnato di chiamarlo nel modo giusto
e non con quello stupido nome umano, non avrebbe risposto.
“Shane Kirkland
Sinclair! Smettila con questa commedia e preparati che non ho tempo da perdere”
"Prepararsi? Per andare dove?" La
curiosità ebbe la meglio sulla testardaggine e Shane scattò immediatamente a
sedere, impaziente di scoprire il perché di tanta fretta
“Britannia”
chiamò entusiasta “Dove andiamo? Mi porti a caccia?” domandò ancora il piccolo
sorridendo tutto contento alla prospettiva di poter dimostrare la propria
abilità con arco e frecce: forse così Britannia avrebbe smesso di trattarlo
come un bagaglio appresso… No! Un momento, ma che gliene importava di avere
l’approvazione di quel tizio dalle sopracciglia abnormi?! "Assolutamente niente!" si disse,
però …
“Usciamo” tagliò
corto il più grande “e adesso muoviti altrimenti non faremo in tempo” continuò
appoggiando sul divano la roba che aveva in mano, Shane prese immediatamente ad
esaminare gli strani vestiti che Britannia gli aveva portato, sperando di
trovare qualcosa di interessante tipo un bel mantello di pelliccia o meglio
ancora delle armi.
Invece non c’era
nulla di tutto questo, solo ridicoli vestiti da femmina “Se quello stupido pensa che io mi metta questa roba, si sbaglia di
grosso!” pensò indispettito “Sono un guerriero io, mica una ragazzina!”
~♥~
Ecco! Al
mostriciattolo il vecchio vestito di America non piaceva proprio, ma del resto
c’era da aspettarselo: Shane sia da adulto che in questa nuova bizzarra forma
era un gran polemico e arrogante, però vedere come aveva gettato rabbiosamente
il prezioso completino a terra come uno straccio qualsiasi faceva lo stesso
male.
Arthur raccolse
pazientemente i vestiti dal pavimento trattenendosi a stento dall’imprecare
contro quel piccolo demone pestifero, se si fosse fatto prendere dall’ira non
avrebbe fatto altro che stare al gioco dell’ex fratello maggiore, invece doveva
assolutamente restare calmo e non farsi distrarre -da quanto fosse adorabile il
piccolo Shane così imbronciato.
All’improvviso
gli venne in mente un particolare che fino a quel momento gli era sfuggito:
Shane per obbedire a qualcuno aveva bisogno che questi gli desse un’innegabile
dimostrazione di forza e solitamente per raggiungere lo scopo ci volevano un
paio di guerre, ma in quella forma sarebbe bastato fare leva sulle insulse
paure presenti nei bambini di quell’età.
“Beh, io non ti
obbligo certo ad obbedirmi se non vuoi” buttò lì con studiata noncuranza “però
poi non venire a piangere da me quando i ragni mannari verranno a darti la
caccia” Arthur fece una gran fatica a non scoppiare a ridere per le sue stesse
parole: non sapeva neppure lui da dove gli fosse venuta una trovata tanto
balorda ma, ci avrebbe scommesso, avrebbe potuto funzionare.
Scozia odiava i
ragni e, già da adulto, non poteva fare a meno di rabbrividire ogni volta che
vedeva una ragnatela -anche se vuota- figurarsi ora: sarebbe bastato un
ragnetto di gomma per tenere in scacco il piccolo selvaggio… anche se in fondo
era un tantino umiliante per un ex-impero con gloriosi trascorsi di pirateria
doversi inventare storielle balorde per farsi rispettare da un mocciosetto alto
manco un metro, ma se poteva risparmiarsi una crisi isterica, anche la dignità
di gentleman passava in secondo piano.
“Ra-ragni
mannari?” domandò il piccoletto visibilmente preoccupato “E cosa sarebbero?”
aggiunse poi riprendendo il solito tono arrogante anche se un minimo più acuto
della norma.
“Non so se faccio
bene a dirtelo” temporeggiò il più grande in modo da potersi inventare una
spiegazione decente “ma se proprio vuoi saperlo, sono delle bestie che si
nascondono sotto i mobili, negli armadi e nei posti bui in genere.” Era
divertente in fondo vedere come il mini-combinaguai, a mano a mano che la
storia proseguiva, si faceva sempre più calmo e silenzioso “Escono di notte,
dondolandosi sulle loro zampe lunghe che sembrano rami secchi e vanno a caccia
di piccole Nazioni ribelli da portarsi nelle tane… nessuno sa cosa succeda poi
là sotto, ma una cosa è certa: chi è finito in un nido di ragni mannari non ne
è mai più uscito…”
Perfetto! Ora che
aveva finalmente il completo controllo della situazione poteva dedicarsi a come
uscire da quella brutta situazione, o meglio come trovare il modo più semplice
per entrambi di condurre un’esistenza dignitosa nonostante le circostanze avverse.
Nel frattempo il
piccoletto si era sfilato l’ enorme maglietta e anche se in maniera un po
goffa, si era messo i pantaloncini e ora stava cercando di capire come
funzionassero i bottoni della camiciola, ma con pochi risultati visto che era
rimasto incastrato con la testa nel colletto che non riusciva ad aprire e
Arthur dovette ammettere che Shane con quell’aspetto e quella goffaggine era a
dir poco adorabile e, sinceramente, la cosa era discretamente inquietante. Se
solo pensava che poche ore prima avrebbe potuto dire di tutto su suo fratello,
tranne che fosse carino, dolce o simili e la cosa gli faceva venire i brividi.
Ma perché
dovevano sempre capitare a lui certe cose? Sembrava che i guai lo seguissero
come cagnolini fedeli e, si rese conto con non poco disappunto, di solito la
colpa era di quegli idioti dei suoi fratelli… un motivo in più per
vendicarsi ora che ne aveva l’occasione.
“Come here!”
ordinò al più piccolo col tono più secco e perentorio di cui fosse capace
“fatti sistemare quella camicia che sei imbarazzante”
Beh, in effetti
più che imbarazzante era corretto dire carinissimo, ma se avesse affermato una
cosa simile avrebbe dato a Shane l’ennesima occasione per rivoltargli contro le
proprie debolezze: poteva anche avere l’aspetto innocente di un bambino, ma
dentro restava il solito contorto manipolatore di sempre… o no?
~♥~
Per il piccolo
Shane, Britannia era un autentico mistero: a parole non faceva altro che
rimproverarlo e ripetergli quanto fosse fastidioso averlo tra i piedi, ma al
contrario nei fatti l’aveva aiutato in ogni modo possibile, dall’ambientarsi e
capire il nuovo mondo in cui era capitato, al districargli i capelli che gli
erano rimasti impigliati nell’allacciatura della camicia, stando ben attento a
non fargli male inavvertitamente. Borbottava come un pentolone lasciato troppo
sul fuoco eppure non lo lasciava mai solo, gli aveva raccontato quella storia
orribile sui ragni mannari, ma gli aveva anche detto di non avere paura degli
strani meccanismi di cui era piena la casa… perché non poteva semplicemente
mostrare il proprio affetto in maniera normale, invece di confondere il povero
ragazzino con tutti quei segnali contraddittori? Cercare di capire Britannia e
i suoi strani comportamenti gli dava il mal di testa.
"Meglio lasciar stare
allora" si disse la
piccola Nazione scuotendo vigorosamente la testa come per schiarirsi le idee e
concentrarsi solo sull’imminente missione di esplorazione nel nuovo mondo: in
un ambiente sconosciuto, gli avevano insegnato gli elfi dei boschi, bisognava
tenere la mente sgombra e stare all’erta come i conigli selvatici in modo da
poter percepire chiaramente i possibili pericoli. L’ultima cosa che gli serviva
al momento era farsi un sacco di paranoie per colpa di quel tizio
lunatico.
~♥~
Un altro grosso svantaggio di essere un
impero pluricentenario bloccato nel corpo di un dodicenne era che perfino
alcune semplici attività quotidiane come fare la spesa diventavano un’impresa:
normalmente gli bastava salire in macchina e guidare fino al più vicino
supermercato, ma ora... con quell’aspetto, non poteva neppure avvicinarsi ad un
auto! Era a dir poco seccante avere la patente di guida praticamente per ogni
mezzo esistente, sia civile che militare e non poterle usare perché, beh, era
troppo basso per arrivare ai comandi!
Impossibile o
meno, fatto stava che bisognava per forza uscire a fare compere, Shane aveva
bisogno di abiti della giusta misura, un passeggino, qualche giocattolo e...
tutte quelle stupide cose di cui i bambini hanno bisogno, si disse scoraggiato
da quella nuova prospettiva di vita.
L’unica
soluzione possibile per raggiungere il dannato centro commerciale era armarsi
di pazienza e prendere l’autobus, ovviamente trascinandosi dietro il
mostriciattolo che, c’era da scommetterci, avrebbe fatto di tutto per rendere
il breve tragitto un vero inferno. Però ormai si erano già preparati entrambi e
sarebbe stato uno spreco e una seccatura rinunciare al giro di
-necessarie- compere, quindi tanto
valeva mettersi in marcia e affidarsi alla buona sorte.
Con
tutto quel susseguirsi di strani eventi Arthur non s’era neppure chiesto come
avesse fatto quel pazzo di suo fratello ad introdursi in casa sua senza
permesso e soprattutto senza che lui s’accorgesse di nulla, ma non tardò ad
ottenere la risposta quando, tenendo sempre saldamente per mano il piccolo
Shane, si avviò verso il corridoio d’ingresso.
“What
the hell?!” squittì la Nazione britannica sull’orlo dell’ennesima crisi di
nervi della giornata “Che diavolo è successo qua?!”
Il
povero Arthur continuava a spostare lo sguardo dal bambino dai capelli rossi al
suo fianco allo sfacelo inimmaginabile che si era impossessato del corridoio
d’ingresso solitamente ordinato: non poteva credere che la versione più grande
e violenta di quel soldo di cacio avesse seminato una tale distruzione.
La porta
d’ingresso era inutilizzabile, miseramente schiantata a terra come una bestia
agonizzante e da un certo distorto punto di vista era quasi una fortuna: in
quella forma Arthur era molto più basso del normale e non sarebbe riuscito a
recuperare il mazzo con le chiavi di casa imboscato per sicurezza dentro un
vaso di biscotti vuoto posto sul più altro degli scaffali della cucina, nemmeno
salendo in piedi su una sedia! Imbarazzante. Certo il fatto che il suo
normalmente impeccabile corridoio d’ingresso fosse ridotto in una stato che si
poteva vedere solo dopo un pesante bombardamento era piuttosto seccante, ma al
momento era piuttosto irrilevante rispetto alla lunga lista di contrarietà fin
ora capitategli e che dovevano ancora accadere. Probabilmente trascinare la
personificazione di un’antichissima tribù barbara in un moderno centro
commerciale era una delle idee più folli che gli fossero mai passate per la
testa da sobrio e probabilmente presto, molto presto se ne sarebbe amaramente
pentito.
-COMUNICAZIONI DI SERVIZIO-
Ed eccoci qua^^ se devo essere sincera questo cap è stato davvero un parto epocale ma alla fine ha visto la luce...
I più sentiti rinfraziamenti vanno come al solito alla mia totalmente favolosa compagna di malefatte che molto pazientemente ha corretto e reso presentabile questa cosa*w*
Ah un'ultima cosa: ho intenzione di far diventare questa storia una raccolta quindi aspetto impazientemente idee, suggerimenti o anche solo sapere se e cosa vi piace o piacerebbe vedere in questa storia^^
Grazie mille in anticipo a chi commenterà o anche solo leggerà in silenzioX3
Marsie