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Autore: MollieRMS    24/11/2006    24 recensioni
La Tana, una notte qualsiasi alla fine del VI anno. Mentre la paura toglie il sonno e un'ansia profonda logora l'anima e il corpo, Hermione si trova a chiedersi se è davvero possibile rinunciare alle persone che si amano.
Ci si può pentire dell'amore che si prova?
Ci si può rimproverare di essere deboli solo perchè si ama?
Il ritorno di una grande autrice per una storia che arriva dritta al cuore, ed emozionerà Kickers e Leos, parola di ramona55 ^_-
Genere: Romantico, Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hermione Granger | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Dopo una breve assenza, vi propongo, finalmente, un’altra storia della bravissima MollieRMS, di cui potete trovare l’originale qui. Se They Found Out vi è piaciuta, se avete apprezzato anche le altre storie di questa autrice pubblicate su questo sito, sapete già che non resterete delusi da questa nuova storia.
E vi dirò di più: preparatevi ad emozionarvi come forse non vi è ancora mai capitato di fare davanti al pc...
Non aggiungo altro, permettetemi solo un ringraziamento sentito a chi ha letto e corretto questa mia traduzione, Loren Smith, come sempre preziosissima e a chi ha commentato Why Ron waits, tutti complimenti davvero graditissimi. Magari, chissà, arriverò presto con una nuova traduzione per strapparvi un altro sorriso innamorato.
Grazie di cuore intanto e buona lettura, perchè stavolta ancora di più, credetemi, ne vale la pena. ^_-

Vostra,
Ramona55 alias Patsan


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No Apologies


Hermione era sveglia. Non era riuscita a dormire nemmeno un pò. La stanza era buia, ma non silenziosa. Poteva sentire dei piccoli singhiozzi provenire dall’altro letto.
Ginny.

Hermione fissò il muro di fronte a sè, chiedendosi se doveva andare da lei. L’avrebbe respinta? Ginny si sarebbe imbarazzata dall’essere scoperta a piangere a letto? La fronte di Hermione si corrugò quando sentì Ginny rigirarsi sopra il cuscino con un lamento da spezzare il cuore. Stava proprio per buttar all’aria le coperte quando la porta si aprì lentamente.

Chiuse gli occhi. Non sapeva chi era entrato in camera, ma non aveva importanza. Non voleva che qualcuno sapesse che era ancora sveglia alle tre del mattino, probabilmente non più di quanto Ginny volesse far sapere che stava piangendo. I singhiozzi di Ginny smisero all’istante e la stanza rimase in silenzio, eccetto il suono dei passi della persona che era entrata, e il cuore di Hermione che martellava nel suo petto.

La signora Weasley che veniva ad assicurarsi che la sua bambina stesse bene? Il signor Weasley che faceva un giro di controllo? O Ron? E se fosse stato Ron? Hermione trattenne il respiro, senza sapere cosa avrebbe fatto se davvero fosse stato Ron. Tese le orecchie per cercare di determinare l’identità della persona.

Sentì il cigolio delle molle quando la persona si sedette sul letto di Ginny, e Ginny si rigirò sotto le coperte. Hermione non era sicura se essere sollevata o dispiaciuta che non fosse qualcuno per lei - che non fosse Ron.

“Mi dispiace” sussurrò lo sconosciuto. Harry.

Hermione si sentì improvvisamente a disagio. Cosa era venuto a fare alle tre del mattino? Non lo sapeva che lei era proprio lì, incapace di dormire, ma perfettamente in grado di ascoltare ogni singola cosa che dicevano? Chiuse gli occhi più forte, cercando di tener fuori ciò che sarebbe successo. Era personale, e lei non avrebbe dovuto essere lì.

Ginny tirò su col naso. “Per cosa?” sussurrò in risposta.

“Perchè ti faccio piangere.”

“Vattene, Harry.”

Silenzio, e intanto Hermione lo pregava mentalmente di ascoltare Ginny. Il suo dispiacere fu presto sostituito dalla preoccupazione per Ginny. La loro rottura era già abbastanza dura senza che Harry si infilasse in camera di lei in piena notte per scusarsi, continuando a torturarla. Ginny era forte e buona, ma era ancora ferita. Hermione sapeva che l’unico momento che Ginny si concedeva per soffrire era questo, nel bel mezzo della notte, quando nessuno avrebbe notato la sua debolezza.
Hermione lo sapeva perchè non dormiva più. Era il suo modo di reagire allo stress. Rimaneva sveglia ogni notte, ascoltando Ginny piangere, e nessuna delle due aveva mai detto niente all’altra o a qualcun altro.

“Non posso” sussurrò infine Harry.

Ginny si rigirò nel letto, ed Hermione immaginò che si fosse voltata a guardare Harry.

“Smettila e tornatene a letto” disse Ginny.

Harry probabilmente scosse la testa perchè Ginny chiese: “Perchè no?”

“Mi dispiace” mormorò di nuovo lui.

“Per cosa?” chiese Ginny stancamente.

Hermione voleva spingere Harry fuori dalla stanza. Gli voleva bene, davvero bene, ma i ragazzi erano insopportabili. Sembrava che volesse che Ginny fosse infelice.

Le molle cigolarono di nuovo e improvvisamente Ginny disse “No.” Doveva aver provato a toccarla. “Non puoi più farlo” disse.

“Ho bisogno…” Hermione sentì il suo sussurro solo in parte e il suo cuore si riempì di pena per lui. Questa cosa lo stava uccidendo.

“Harry-”

“Mi dispiace” disse di nuovo, la voce un pò più forte.

“Smettila!” soffiò Ginny duramente, ed Hermione sentì che si sedeva. “Smettila di scusarti. Cosa vuoi?”

Silenzio. Harry non era mai stato bravo a parlare alla gente di quello che provava.

Hermione sentì ancora qualcuno voltarsi e poi un gemito soffocato di Ginny.

“Shhh” sussurrò Harry. “Shh, non piangere più.”

“Mi dispiace, Harry” gemette Ginny.

“Cosa hai fatto tu per doverti scusare?” sussurrò Harry.

Ginny non rispose, ma Hermione lo sapeva. A Ginny dispiaceva di essere debole. Le dispiaceva di aver ancora bisogno di Harry. E le dispiaceva che ora Harry lo sapesse.

“Perdonami, Ginny” disse Harry e le coperte frusciarono quando tirò Ginny verso di sè. Lei protestò debolmente, ma poi Hermione sentì il suono delicato di due paia di labbra che si toccano. Le lacrime le punsero gli occhi e cercò di pensare a qualcos’altro, ma riusciva solo a pensare a Ron che baciava Lavanda. Il dolore nel suo cuore si acuì e lei strinse forte gli occhi.

Harry amava Ginny? Hermione non lo sapeva. Era pressocchè certa che Ginny amasse Harry. L’aveva guardato per anni. Ma ora erano lì, stretti l’uno all’altra nel buio, le lacrime di Ginny dimenticate, a sussurrarsi scuse tra un bacio e l’altro.

Scuse per cosa poi? Per voler essere felici? Perchè si amavano, anche se non avevano usato esattamente quelle parole? Era sbagliato per loro voler stare insieme? Harry pensava di sì. Ma Harry era un idiota quando si trattava di questioni di cuore. Non aveva capito nulla e, francamente, non ci aveva davvero provato. Lasciava che fosse la testa a guidare il cuore. Ma l’amore non è una cosa per cui scusarsi, invece, non importa se fa soffrire.

Hermione si girò senza pensarci, e i suoni provenienti dall’altro lato della stanza cessarono. Morì di vergogna, ma poi Harry sussurrò: “Farei meglio ad andare.”

Tutto rimase quieto per un momento prima che le molle cigolassero ancora una volta ed Harry si avvicinasse alla porta. Questa si aprì ed Harry si fermò per un istante sulla soglia prima di chiuderla delicatamente dietro di sè. Hermione lo sentì salire le scale e Ginny tirò su col naso prima di infilarsi di nuovo sotto le coperte.

Hermione si girò sulla schiena e si mise a fissare il soffitto. I suoi occhi divennero pesanti all’improvviso e sbattè lentamente le palpebre. I suoi pensieri si spensero sulle scuse frammentate di Harry e Ginny.


***


Hermione poggiò la fronte contro il vetro della finestra e guardò Grattastinchi avanzare lentamente attraverso il giardino. Ovviamente le faceva male la testa, ma faceva male sempre adesso. Sapeva che era a causa della mancanza di sonno e avrebbe potuto curarla con una pozione, ma Hermione non era mai stata una che ricorreva alle medicine senza che ce ne fosse assoluto bisogno, preferiva che il suo corpo guarisse da sè.

Avrebbe potuto semplicemente prendere un’aspirina. O una pozione, si corresse mentalmente. Qualunque cosa i Weasley usassero per curare il mal di testa. Hermione si accigliò.

Al funerale di Silente, lei e Ron avevano detto ad Harry che non lo avrebbero lasciato, e non lo avevano fatto. Avevano passato due settimane orribili a Privet Drive prima di venire alla Tana.

Hermione sapeva quanto fosse importante stare con Harry. Sapeva quello che avrebbero intrapreso dopo il matrimonio di Bill. Ma le mancava casa sua. Le mancavano i suoi genitori e la sua camera e l’odore delle sue asciugamani. Le mancava il modo in cui i loro bicchieri per il succo si adattavano alla sua mano. Voleva andare a casa.

Si sfregò la tempia con due dita e sospirò pesantemente.

“Mal di testa?” sentì da dietro. Spostò le mani e le intrecciò sul grembo, gli occhi di nuovo sul giardino.

“Solo un pò” disse vaga.

“Vuoi una pozione?” chiese Ron, sedendosi accanto ad Hermione sul davanzale della finestra.

Hermione scosse la testa senza guardarlo. Ron non rispose, ma si sistemò più comodamente sul davanzale, poggiando la schiena alla finestra. Rimasero seduti in uno strano silenzio per un pò, guardando ognuno in una direzione diversa.

Hermione sentì il familiare dolore al petto alla vicinanza di Ron, ma era cambiato nell’ultimo anno. Ora era rafforzato da un’orribile senso di amarezza e disperazione. L’immagine delle braccia di Ron strette attorno a Lavanda si fece largo nella sua testa e lei chiuse gli occhi prima che si potessero formare delle lacrime. Voleva sua madre. Perchè era stata d’accordo con questo? Aveva bisogno di andare a casa.

“Ehi” disse Ron dolcemente.

Hermione aprì gli occhi e si voltò trovando Ron che la guardava preoccupato. Sorrise involontariamente. Anche lui sorrise e si voltò un pò per vederla meglio. Guardò verso il basso e il cuore di Hermione le saltò in gola quando la mano di Ron si mosse e iniziò a giocherellare con l’orlo della sua manica.

“Triste?” chiese semplicemente Ron, gli occhi sull’orlo della manica mentre lo rigirava tra le dita.

La gola di Hermione si serrò, perciò annuì soltanto, gli occhi totalmente concentrati sulla mano di Ron così vicina alla sua.

“Per Silente?” chiese Ron tranquillamente.

E per Harry. E Ginny. E Voldemort. Mamma e Papà. Per te. Hermione alzò le spalle in risposta.

Un piccolo sorriso di comprensione aleggiò sulle labbra di Ron. Non si decideva ancora ad incontrare i suoi occhi, ma le sue dita si erano mosse e ora sfioravano il retro del polso di Hermione, giocando incessantemente con l’orlo della sua maglietta.

Hermione chiuse di nuovo gli occhi e la gola le bruciò. Sapeva che avrebbe dovuto spostarsi, che avrebbe dovuto andar via da Ron. Le stava facendo solo del male in quei giorni con la sua gentilezza, con il suo tocco caldo.
Era troppo.
Se non la voleva non avrebbe dovuto trattarla in quel modo. Non avrebbe dovuto starle così vicino.

Fin dalla loro riconciliazione il giorno del suo compleanno, Ron era diventato molto più ‘fisico’ nei suoi confronti. Era più in confidenza col suo corpo adesso, dopo Lavanda, pensò Hermione amaramente, e la toccava senza arrossire.

Ma lei non poteva.
Si odiava per questo, ma nonostante il veleno dell’amarezza, poteva sentire la speranza nascere nel suo cuore. Cercava di resistere, ma quella galleggiava negli angoli più nascosti e la faceva star male. Un singhiozzo silenzioso la scosse all’improvviso e lei lo soffocò, ma poi la mano di Ron si strinse gentilmente sul suo polso e la tenerezza di lui distrusse il suo proposito.

Un piccolo gemito le sfuggì dalle labbra e lei si piegò con decisione verso il basso, poggiando la fronte sul dorso della mano che Ron teneva sul suo polso, mentre calde lacrime iniziarono a scorrere nonostante stesse serrando stretti gli occhi.

Un attimo dopo Hermione sentì l’altra mano di Ron sulla sua testa. Ve la poggiò lievemente, senza muoverla. Fu la sensazione migliore e peggiore della sua vita. Hermione emise un gemito, e voltò la testa verso la mano di lui, sentendone la pelle bagnata dalle sue stesse lacrime.

Ron tirò leggermente il polso di Hermione e lei lo guardò con gli occhi arrossati. Lui la guardò serio, il volto confuso e preoccupato.

“Ron” disse Hermione rauca, senza sapere cosa voleva dire, ma certa di dover comunicare con lui in qualche modo.

Le labbra di Ron si torsero, come se lui volesse sorriderle, ma non riuscisse a farlo correttamente. I suoi occhi blu la fissavano, tuttavia, ed Hermione sentì il suo cuore barcollare di nuovo. Non riuscì a fermare il singhiozzo che le uscì, e si gettò addosso a lui, nascondendo il viso nel suo collo.

Lo sentì irrigidirsi contro di lei per un attimo prima di rilassarsi, mentre le sue lunghe braccia la circondavano strettamente.

“Sono così stanca, Ron” disse, strofinando gli occhi chiusi contro la pelle calda del suo collo.

Ron non disse nulla, la tirò semplicemente più vicina a sè. Hermione prese un respiro tremante e l’odore di Ron la colpì. Iniziò a piangere di nuovo.

Lui la tenne stretta per molto tempo prima che lei fosse in grado di parlare. Non disse nulla, la abbracciava soltanto. A volte le faceva scorrere una mano sulla schiena. Una volta le spostò i capelli dal viso e le sue dita le sfiorarono la guancia. Hermione poteva sentire il battito del suo cuore contro il proprio volto.
Era troppo.
Si stava rompendo in un milione di pezzi.

Hermione sospirò pesantemente e finalmente il suo corpo rimase immobile. Non credeva di avere ancora lacrime. La sua mano scivolò giù dal collo di Ron e si fermò sul suo petto. Aprì gli occhi ed osservò la sua mano, guardandola alzarsi e abbassarsi ad ogni respiro di Ron. Sbattè gli occhi e le sue ciglia sfiorarono la pelle di lui.

“Mi dispiace” disse sottovoce.

“Cosa?” chiese lui, senza muoversi. Hermione sentì la voce di Ron vibrare attraverso il suo petto e involontariamente piegò le dita sopra la sua maglietta.

“Mi dispiace” disse di nuovo, la voce roca.

Ron scosse leggermente la testa, sfregando il mento ispido di barba contro la sua fronte. Spostò una mano e coprì quella di lei sul suo petto.

“Per cosa?” chiese. “Per aver pianto?”

Hermione alzò le spalle colpevolmente, le lacrime che spuntavano di nuovo dagli occhi.

“Voglio andare a casa” disse lei infine, la voce rotta.

Le dita di Ron circondarono quelle di lei. Non disse nulla per un momento.

“Definitivamente?” chiese infine cautamente.

Hermione si mise seduta, ma Ron non lasciò la presa sulla sua mano e l’altro suo braccio rimase attorno alla vita di lei. Hermione si sfregò gli occhi, stancamente.

“No” rispose. “Io solo... Mi manca. Voglio mia madre. Mi manca mio padre. Voglio... voglio solo andare a casa” finì miseramente.

Il viso di Ron sembrò addolorato, ma le scostò i capelli dalle spalle e le spostò alcune ciocche bagnate dal viso.

“Non voglio lasciare te ed Harry” continuò Hermione con voce roca “e voglio aiutarvi a cercare gli Horcrux, ma sono così stanca e triste, e voglio bere dai miei bicchieri per il succo. Capisci?”

Ron buttò fuori un respiro profondo e alzò le spalle. “Penso di sì” disse tranquillamente, sempre stringendo la mano di Hermione sul suo petto.

“Non sono spaventata” disse lei, stringendo la sua maglietta. “Non lo sono. Ma ho bisogno di andare a casa. Io... sono così sola...”

Guardò altrove, sentendo che la gola le si stringeva di nuovo.

“Va bene” mormorò Ron, e le strinse gentilmente la mano.

Hermione sbattè rapidamente le palpebre, cercando di riprendere il controllo di sé. Era difficile, ora che Ron l’aveva abbracciata e lasciata sfogare su di sé, e anche adesso che le stringeva la mano che aveva sul suo petto.

“Mi dispiace che tu sia sola” disse Ron lentamente.

Hermione scosse la testa. “Non lo sono.” Scosse di nuovo la testa. “Voglio dire, sì, lo sono, ma non è colpa tua.” Lo guardò, ma senza incontrarne gli occhi. “Non è colpa tua. E’ solo che io... oh, non lo so cosa voglio dire...”

“Possiamo andarci, sai,” disse Ron dolcemente. “a casa tua.”

Allora Hermione incontrò i suoi occhi e vide il suo amico.
Il ragazzino che la faceva ridere e sentire coraggiosa. Il ragazzo che feriva i suoi sentimenti e la difendeva senza pensarci un attimo. Il ragazzo che era quasi morto, più di una volta. Il ragazzo che le aveva spezzato il cuore e poi lo aveva guarito con parole dolci e carezze.

La fronte di Ron si rilassò e lui sorrise esitante. “Potremmo andare adesso se vuoi. Tu puoi smaterializzarti ed io posso usare la metropolvere... Oh, dannazione!” disse improvvisamente “Casa tua non è collegata alla rete! Ma potremmo fare una camminata, comunque, no? E stare là tutto il giorno se vuoi. Se ne parlo con papà forse potremmo addirittura restare per la notte. Potremmo farlo” disse velocemente, il sorriso innocente ed eccitato.

Hermione sentì spuntare di nuovo le lacrime, e tirò su col naso prima di sorridere a sua volta. Lui sorrise largamente e poi, impulsivamente, la strinse a sé, sorprendendo entrambi. Ron si irrigidì, ed Hermione capì che si aspettava che lei si tirasse indietro. Invece lei si accoccolò meglio nel suo abbraccio. La presa di Ron si ammorbidì, ma lei poteva sentire il suo cuore martellarle sotto l’orecchio.

Hermione si sentì di nuovo come una bambina, ma non le importava davvero. Le mani di Ron su di sé la stavano calmando, il suo respiro regolare, quasi ipnotico. Si sentì più al sicuro adesso che non in tutte le notti passate a Privet Drive o trascorse finora alla Tana. I suoi occhi gonfi si chiusero e stava quasi per addormentarsi quando sentì il respiro di Ron nei suoi capelli e poi una breve pressione.
L’aveva baciata.

Stava seduta immobile, la mente esausta che tentava di mettere insieme un pensiero coerente. Alla fine sollevò la testa quel tanto che bastava per guardare Ron in viso. Lui la stava guardando, gli occhi grandi e seri.

Hermione si accigliò e Ron sorrise appena. Gli bastò spostarsi solo un poco per toccare con le labbra la fronte corrucciata di Hermione. Le sue labbra erano fredde contro la sua pelle surriscaldata, ed Hermione lo fissò, gli occhi sgranati. Prese un respiro tremante quando Ron fece scorrere il pollice sotto il suo occhio e asciugò via una lacrima vagante.
Hermione non sapeva come ci erano arrivati o perché non si sentisse più strana. Non era mai stata così vicina a Ron, e lui non le era mai stato così intimo. Ma non era una sensazione strana. Era come se si fossero sempre abbracciati, come se lui avesse sempre mandato via le sue preoccupazioni con un bacio.

“Harry è venuto nella nostra stanza stanotte” disse Hermione all’improvviso.

Ron la guardò sorpreso. Allentò la sua presa attorno a lei, ma Hermione si tenne a lui ancora più saldamente, tirando di nuovo il volto di lui vicino al suo. Ron inspirò profondamente, ma si mosse un po’, sistemando meglio Hermione sul suo petto.

“E...?” chiese, ancora un po’ confuso per la piega improvvisa che aveva preso la conversazione.

“Continuava a scusarsi con Ginny, a chiederle di perdonarlo” disse Hermione, passando di nuovo un braccio attorno al collo di Ron, e lasciando per la prima volta che le sue dita toccassero i capelli sul suo collo.

Ron sollevò un po’ le sopracciglia. “Cosa ha detto lei?” chiese piegando la testa per sfiorarle il braccio con una guancia.

“Si è scusata lei con lui. Piange per lui ogni notte e si è scusata perché è debole mentre lui è forte” replicò Hermione, poggiando il palmo della mano contro il collo di Ron.

Ron fece scorrere piano le sue dita sul braccio di Hermione, senza che i suoi occhi ne lasciassero il viso. Portò la mano di lei sul suo volto e la posò sulla propria guancia, mormorando nel suo palmo “Stanno di nuovo insieme?”

Hermione fece un mormorio indeciso, del tutto presa dalle labbra di Ron sulla sua pelle. Sentì il suo volto bruciare ed era assolutamente consapevole di ogni punto in cui i loro corpi si toccavano. Riusciva a malapena a respirare.

“Ron” sussurrò, e lui la guardò di nuovo, un sorriso giocava sulle labbra.

“Non devi essere sola” disse dolcemente. “Io non voglio che tu sia sola.”

Hermione inghiottì a fatica, ma si sforzò di continuare a parlare. “Ero lì stanotte,” disse cercando di ignorare il respiro di Ron sulla sua mano e le implicazioni di quello che lui aveva appena detto “e ho pensato che fosse orribile che loro si scussassero di amarsi. Non l’hanno detto,” spiegò quando Ron si immobilizzò “ma anche se si piacciono solamente, non è amore? E stavano lì tutti e due a chiedersi scusa e a piangere, ed è stato orribile. Nessuno dovrebbe mai scusarsi per l’amore. E’ ciò che ci rende umani, ciò che ci rende buoni.”

Guardò ancora Ron ed i loro occhi si incontrarono. “Non credi?” chiese seria.

Ron annuì e la avvicinò a sé ancora di più, cosicchè i loro nasi quasi si toccavano. “Sì” mormorò.

“E’ impossibile pentirsi dell’amore” sussurrò Hermione. “Il peccato di amare non esiste.”

Ron annuì, anche se la sua fronte si aggrottò leggermente nel vedere lo sguardo vulnerabile sul volto di Hermione. Lei sussurrò di nuovo, come per convincere sè stessa: “Il peccato di amare non esiste.”

“Sì, Hermione” confermò Ron, spostandole di nuovo all’indietro i capelli.

Gli occhi di Hermione tornarono a Ron e lei fece passare le dita sulla sua guancia. Una parte di lei sapeva che avrebbe dovuto essere scioccata dal suo comportamento. Non era mai arrivata a questo punto con un ragazzo. In tutti i loro anni di amicizia, non gli era mai stata così vicina. Ma non poteva fermarsi e il rossore sulle guance di Ron era troppo invitante.

Quel sorriso giocò ancora sulle labbra di Ron quando la guardò. Sbattè lentamente le palpebre e il suo sguardo si spostò alla bocca di lei. Hermione sapeva cosa sarebbe successo. Il cuore le batteva freneticamente in petto e all’improvviso non poteva più respirare. Aprì la bocca per prendere un piccolo respiro e il sorrisetto di Ron comparve di nuovo.

Lui piegò un po’ la testa verso destra e si abbassò lentamente, come a darle ancora il tempo di sottrarsi. Ma, come prima, Hermione non poteva farlo.
Non voleva.
Voleva sua madre e suo padre. Voleva sentire la sicurezza della sua casa, anche se solo per un pomeriggio. Ma soprattutto, voleva Ron. Non sarebbe più stata sola.
Forse avrebbe potuto dormire la notte.

I suoi occhi si chiusero nel momento esatto in cui le labbra di Ron toccarono le sue. Erano calde e asciutte. Le premette dolcemente contro quelle di lei e la mano di Hermione si appoggiò alla sua guancia. Ron schiuse la bocca e le loro labbra si mossero le une sulle altre lentamente, assaporandosi a vicenda.
Hermione non sapeva cosa stava facendo, ma non le importava. Tutto si limitava al respiro di Ron sul suo viso e alla morbidezza delle sue labbra e ai suoi capelli che le solleticavano la fronte. Era questo il loro primo bacio? Davvero non l’avevano sempre fatto?

Ron si scostò ed emise un respiro lento. Hermione aprì gli occhi e guardò Ron, così vicino che poteva vedere se stessa riflessa nei suoi occhi. Lui fece un sorriso storto e le sfiorò scherzosamente il naso col suo.

Hermione rise, senza fiato. Il suo sorriso si calmò un pò e Ron si accigliò.

“Cosa? Oh, dannazione, ho forse-?” balbettò, diventando rosso e poi subito bianco.

“Dicevi sul serio quando hai detto che mi avresti portato a casa?” lo interruppe Hermione e Ron rise, sollevato.

Annuì. “Certo. Possiamo andare adesso.”

Si alzò all’improvviso, trascinando Hermione con sè.

“Dov’è la tua bacchetta?” chiese, guardandosi attorno.

Hermione sorrise. Non importava cosa era appena successo, quello era ancora Ron. E lei era ancora Hermione.

“Dovremmo parlare a tua madre” disse con calma. “Rimarrebbe sconvolta se scomparissimo così da casa, non credi?”

Ron annuì e afferrò la mano di Hermione, tirandosela dietro mentre cercava sua madre.

Hermione si asciugò il volto con la mano libera e sospirò felice.
Non era più sola.



  
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