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Autore: WillowPurple    01/05/2012    0 recensioni
Cosa fareste voi se vi trovaste al punto di rottura? se l'unica soluzione possibile fosse la più semplice ma anche la più sbagliata?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si dice che una persona, trovandosi sul punto di morire, venga colta da una folgorazione improvvisa, che si manifesta sotto forma di luce e che invita ognuno a seguirla, facendolo allo stesso tempo redimere da tutti i peccati compiuti durante la vita terrena e portandolo nell’al di là.  Balle, dico io. E voi direte: chi sei tu per venire qui e confutare questa verità assoluta? E io vi risponderei solo questo: io sono come Galileo per Aristotele, poiché ho avuto l’ardire, come Galileo, di provare a confutare una massima assoluta, come lui con quella di Aristotele, e alla fine credo che faremo la stessa fine, lui ucciso da qualcun altro, io da me stesso, ma alla fin fine poco cambia, rimarremo ugualmente entrambi sotto un fosso. E voi naturalmente mi prendereste per matto, confermando allo stesso tempo a voi stessi che io abbia detto un’eresia, negando la frase detta in precedenza, non essendo nel pieno delle mie facoltà mentali.
Ora, io non so quanto per voi questo discorso possa apparire senza senso o completamente fuori luogo, ma ha senso per me, e per colei senza la quale oggi non sarei qui a parlare. Ve lo garantisce uno, che fuori luogo, ci si è sentito tutta una vita e che pensava che quella di porvi fine, alla vita s’intende, fosse l’unica soluzione possibile.

 

***

Roma, 15 luglio 2011

 
Tutti dicono che il suicidio sia un gesto spinto da un impulso momentaneo, non dettato dalla ragione, ma da un istinto sconosciuto che in quel momento riesce a prevalere quanto basta a far compiere quel gesto estremo.
Non so quanto questo possa essere vero, ma io mi trovo nuovamente a contraddire una massima assoluta, non perché io sia un anticonformista che per puro principio si mette nella posizione contraria a chiunque gli stia davanti, no. Io ci ho ragionato sopra e, proprio ragionando, sono arrivato alla conclusione che dovevo morire e che solo morendo avrei trovato la soluzione a quel problema che mi attanagliava da tutta una vita. Vedete quindi? Al contrario di quelli che dicono che sia un impulso improvviso, io, per arrivare alla soluzione del suicidio, ci ho messo la bellezza di vent’anni, senza contare i primi cinque, che ho passato come tutti i bambini a riempire, prima di vomito e pannolini, poi di pianti e capricci, la vita dei miei genitori, che non potrebbero essere più felici della decisione che ho preso. E già, non ve lo aspettavate vero? Non sono uno di quei pazzi suicidi che sparisce dal mondo senza come e perché, no. E’ proprio perché la mia decisione era razionale, che ho deciso di farla comprendere razionalmente anche a tutti gli altri, evitando che riempissero pagine di ipotesi sciocche e prive di senso alcuno, come spesso capita in casi del genere. E’ probabile che voi mi riteniate comunque pazzo, viste le intenzioni che ho, ma quello è solamente un problema vostro, che non riuscite a vedere al di là, è proprio il caso di dire, del gesto in sé, e quindi di quello che rappresenta.
Questo scritto può essere considerato una specie di diario, potrebbe addirittura essere utilizzato come storia, non sarebbe una cattiva idea. “Diario di un pazzo suicida”, non suona male, voi che ne dite? E’ proprio per questa folgorazione improvvisa, che nulla ha a che vedere con quella di cui si parlava prima, perché non sono in punto di morte, non ancora perlomeno, che ho deciso di fare le cose proprio per bene, facilitando il lavoro di qualcuno a cui potrebbe venire l’idea di rendere pubblica questa storia e concedendogli i diritti d’autore checché ne dicano i futuri destinatari del mio testamento, chiunque fossero, non ho ancora deciso bene.
 
Il mio nome è Lorenzo Fiorini, come credo avrete letto sui giornali ultimamente, sono nato la bellezza di 25 anni fa a Roma, e oggi, giorno peraltro prima del mio 26esimo compleanno, ho deciso di porre fine alla mia vita, qui, sul ponte Milvio, ponte tanto famoso e tanto noto grazie a Moccia, che ne ha deturpato per sempre l’immagine, con tutta quella storia sui lucchetti e sull’eterno amore giurato, attraverso di essi, da due persone che probabilmente il giorno dopo non sarebbero già più state insieme. Ho scelto apposta questo posto per ridargli un po’ della serietà che si addice ad un luogo del genere, terreno di tante e battaglie e scontri armati, ridotto ormai solamente al ruolo di “portatore di lucchetti” da quello sconsiderato scrittore. Ma dico io, lo sapeva che questo ponte è stato luogo di aspre lotte per la supremazia sia territoriale che spirituale, come quella tra Costantino I e Massenzi, per la diffusione della religione cristiana? E che è stato più volte distrutto e ricostruito? Io non credo, altrimenti non ne avrebbe deturpato il nome con i suoi romanzi insulsi.
Chissà che cosa penseranno adesso di me i miei venticinque lettori. Concedetemi di usare questa forma, magari molti di voi non ci avranno fatto caso, ma è una citazione liberamente presa dal Manzoni e io non intendo assolutamente paragonarmi a lui, ma ha detto e ha scritto opere meravigliose, che di certo avrete letto, magari non con la mia stessa passione, ma forzati durante quelle noiose ore scolastiche di italiano; probabilmente ora non vi ricorderete nulla, ma io, ai miei tempi, ne sono rimasto profondamente colpito.
Vi starete comunque chiedendo perché un pazzo suicida nella sua lettera di addio si metta a perder tempo a citare autori morti e sepolti. La risposta è molto semplice, infatti ribadisco che lo scopo di questa lettera è di rispondere pienamente a tutte le possibili questioni che possono sorgere, un po’, e qui ritorniamo di nuovo, come aveva progettato di fare Alessandro Manzoni nell’introduzione de “I Promessi Sposi”, spiegando il perché volesse trascrivere la storia del manoscritto da lui ritrovato. Voglio solo farvi conoscere una parte di me e ridurre al minimo tutte le possibili speculazioni sul mio conto.
Quindi, fatte le presentazioni del caso, direi che non mi resta altro che spiegare il motivo della mia scelta e direi che ho concluso. Fosse semplice.. Dire che sono insoddisfatto della mia vita però potrebbe essere un buon punto da cui cominciare, anche se quasi banale e scontato direi. Ma da qui in avanti la faccenda sarà bel diversa dai classici motivi che spingono al suicidio. Tutti sono convinti che il suicida per antonomasia sia una persona insoddisfatta dalla vita, che magari abbia subìto qualche trauma o qualche perdita fin dalla giovane età, e che questo abbia determinato irrimediabilmente il suo modo di comportarsi, la sua visione della vita, magari. Spesso si legge di personaggi caratterizzati da un’infanzia difficile, magari all’insegna della povertà, da un padre o una madre assenti, se non morti addirittura, da un grave incidente stradale che li ha fatti chiudere in se stessi, escludendo il resto del mondo; da abusi, violenze, sia fisiche che mentali, che hanno stroncato loro la voglia di vivere, portandoli quindi, al suicidio; oppure da genitori che li ignoravano e ai quali non interessava nulla della vita del proprio figlio, abbandonandolo in uno stato di solitudine e di tristezza infinita. Il mio è un caso opposto: ho una vita troppo piena, vivo nell’agio e non mi manca nulla, ho dei genitori troppo presenti, a dir poco asfissianti, ma non come quelli dei libri, che alla fine si rivelano al protagonista come delle persone fantastiche, magari grazie all’aiuto del compagno di turno che si rivela poi essere il loro grande amore e con il quale vivono una vita lunga e felice, no. I miei genitori sono della peggior specie, sono quel tipo di genitori che devono decidere dell’evolversi della tua vita, solo per il puro gusto di farlo, senza prenderne parte veramente, non partecipando emotivamente con te né ai tuoi successi, né ai fallimenti, rinchiudendoti in una bolla d’indifferenza e delusione che pian piano si rimpicciolisce sempre più, finendo col soffocarti. Ecco quello che è successo a me, sono stato riempito così tanto dalla vita, come rinchiuso in una bolla, che è finita con lo scoppiare, proprio come quelle di sapone, quando ho provato ad afferrarla e a direzionarla dove volevo io. Magari queste motivazioni potranno sembrarvi sciocche e insensate, ma non posso farci niente, l’unica cosa che posso fare è salutare per sempre questa vita bastarda, che ignora le leggi di uguaglianza che gli uomini si sono dati proprio perché lei ne era priva, che continua imperterritamente a dividere le sue ricchezze come vuole, a chi troppo, a chi troppo poco, condannando entrambe le parti ad essere infelici, quando invece potrebbe decidersi a comprare una nuova bilancia, visto che quella che continua ad usare non sembra funzionare bene, magari evitando di prenderla su Media Shopping e concedendosi di spendere qualche fottuto soldo in più, che potrebbe considerare come un buon investimento sulla felicità della gente, che, ne sono sicuro, sarebbe maggiore.

Lorenzo Fiorini.

 

***

 
Finii di scrivere il mio addio con la mano ferma, nessuna emozione a penetrarmi la pelle, quelle le avevo già sprecate tutte in quei ventisei oramai anni di vita. Era passata la mezzanotte e il cielo era terso, non una nuvola solcava quel cielo trapuntato di stelle, un leggero alito di vento si librava nella profondità della notte, scompigliandomi leggermente i capelli. Non ci badai, anzi, mi fermai un momento ad assaporare quegli ultimi attimi di vita che mi ero concesso, inspirai a pieni polmoni quell’aria estiva calda e rassicurante, che sembrava accompagnarmi e cullarmi dolcemente in quella mia scelta, trasmettendomi ancora più sicurezza di quella che sentivo di avere già. Era una serata ideale per passeggiare, ma per mia fortuna non una persona era in giro, tutto taceva, si sentiva solamente il fruscio che fan le foglie, causato dal vento. Piegai in due il foglio e poi ripetei nuovamente l’operazione, mentre sentivo un gre-gre di ranelle accompagnare quelle mie azioni, quasi delineandone il ritmo. Dovevano trovarsi da qualche parte sotto di me, e mi infusero una pace interiore che non sentivo da molto tempo, che forse, non avevo mai provato. Presi dalla tasca del mio giubbotto in pelle una busta bianca, immacolata, che pensai volesse evidenziare la purezza delle mie azioni. Ero un folle a cercare in ogni elemento qualcosa che approvasse la mia scelta e che mi accompagnasse in quella sera, la mia sera,ma in quel modo era come se mi sentissi rassicurato e più propenso a portare a termine tutto quanto, quasi come se avessi ancora bisogno di motivazioni che giustificassero quello che volevo fare, come se tutto quello che avevo scritto in quella lettera non fosse abbastanza. Chiusi la busta con un colpo secco, mettendovi all’interno i fogli scritti e sigillando il tutto con un pezzo di scotch, che di poetico aveva ben poco, ma che era assolutamente necessario, come anche mettere in un sacchetto di plastica quella busta di carta, così fragile, così malleabile, cosi inerme, come l’animo umano di fronte ad un’entità superiore.
In quel momento l’entità superiore ero io, io che cercavo di superare addirittura la volontà di Dio, intervenendo sugli eventi a mio piacimento, come avevo fatto con quel foglio, piegandolo e facendo in modo che entrasse nella busta di carta, cosa che non avrebbe potuto fare prima che ne modificassi la natura. Quel Dio di cui tutti parlavano, a cui tutti si rivolgevano quando avevano bisogno, quel Dio che io non credevo esistesse, e contro il quale mi misi ad inveire una volta salito in piedi sul muretto, sorreggendomi ad un lampione. Ero talmente concentrato a esprimere il mio disappunto che non sentii dei passi rapidi avvicinarsi, finché non udii qualcuno parlare: ”Dimmi.. tu credi in Dio?” mi chiese una voce cristallina, cogliendomi di sorpresa, tanto che quasi rischiai di cadere, giù dal ponte; non che alla fine non intendessi farlo, ma una caduta accidentale non era quello che mi ero prefissato. Mi girai lentamente e la guardai tra lo stupito e l’arrabbiato, cosa voleva questa adesso da me?
“Come scusa..?” le chiesi, fingendo di non averla sentita, volevo solo sbarazzarmene nel minor tempo possibile.
“Dimmi.. tu credi in Dio?” ripeté lei, come se fosse la prima volta.
“No” le risposi seccamente, non capendo né il senso di quella domanda, né perché me la stesse facendo, né perché semplicemente non se ne andasse avanti per i fatti suoi, temendo che potesse capire le mie intenzioni e chiamare qualcuno per fermarmi.
“Allora perché ti metti ad inveire contro qualcuno che non credi che esista? Non ha molto senso” continuò imperterrita lei, incurante di quanto mi stesse dando fastidio.
“ E perché invece tu non te ne vai per la tua strada e non mi lasci in pace, fingendo che IO non esista?” le risposi, punto sul vivo dalla sua affermazione.
“ Si certo” sbottò lei, come se fosse normalissimo che due persone parlassero mentre una di queste era arpionata ad un palo sul ponte Milvio “ permettendoti così di fare un’idiozia colossale come buttarti giù dal ponte?” ecco, appunto.
“Cosa ne vuoi sapere tu ..eh? Cosa ne vuoi sapere tu? Chi ti dice che io voglia buttarmi di sotto? E se anche fosse? Non sai nulla di me, quindi lasciami in pace e vattene via!” le urlai contro, oramai preso dall’ira.
“Io ne so abbastanza” ribatté secca lei, non un grido, non un’inflazione, non un emozione traspariva dalla sua voce. Sorpreso e arrabbiato feci per parlare, ma lei mi interruppe: “ne so abbastanza perché anch’io sono stata sul punto di farlo, e voglio evitare che tu rischi di commettere il mio stesso errore”
Io quasi non ci vidi più: ”Pure tu, che non ti conosco nemmeno, vuoi decidere della mia vita come aggrada a te?? beh io sono stufo che gli altri mi obblighino sempre a fare quello che dicono loro” gridai, ero quasi al punto di rottura.
Lei se ne accorse e si avvicinò lentamente, ma, quando io mi sporsi un po’ di più si arrestò del tutto e proseguì con voce pacata e una punta di dolcezza, quasi a rassicurarmi:  “Sono convinta che non sia stato semplice vivere facendo quello che volevano gli altri, ma ti stai impuntando sulla decisione sbagliata, se ora non ti butti, puoi cambiare vita e iniziarne una nuova come vuoi, senza che nessuno ti dica più cosa fare”
“Non mi interessa” gridai ” io non ne voglio più sapere di questa vita, voglio finirla e tu non me lo impedirai”
E cambiò ancora, sorprendendomi di nuovo, e si mise a gridare anche lei: “ E allora buttati! Spreca la tua vita! Falla finita e tutti si ricorderanno di te solo come “quello che non ha avuto le palle di prendere la sua vita in mano”! SE se ne ricorderanno, cosa che dubito, visto che tempo qualche giorno e i notiziari saranno pieni di notizie di altri 20 codardi come te che non hanno avuto il coraggio di dire basta, di cercare una soluzione al loro problema che non fossa la più semplice, e allo stesso tempo la più sbagliata, di quegli egoisti che non hanno pensato che al mondo c’è un sacco di gente che lotta, costantemente, ogni giorno, ogni minuto, ogni secondo, pur di sopravvivere, perché hanno capito che la vita è un dono meraviglioso, unico e insostituibile! E tu che fai? Te la batti come un vigliacco, dai forfait, game over, partita persa, a tavolino per giunta, senza nemmeno aver perlomeno provato a lottare! Adesso ti chiederai: chi è questa pazza isterica che si mette a gridare contro uno sconosciuto? Perché, nonostante tutto, è ancora qui a cercare di fargli cambiare idea, quando nel resto del mondo ce ne sono migliaia di situazioni del genere? Perché non si fa i fatti suoi e si intestardisce proprio con lui? Beh te lo dico io: tu, come gran parte del resto del mondo, siete accecati, proprio così, siete cechi, perché non volete vedere, o vi ostinate a non voler vedere cosa succede nel mondo, e in questo modo contribuite a distruggerlo! Perché non sono la guerra, la crisi, la carestia, le malattie, i criminali ad ucciderlo, ma l’indifferenza di fronte a tutte queste atrocità! E' questo che ci sta inesorabilmente trascinando nell’abisso! E se tu non vuoi lottare, fa pure, ma io almeno posso dire di averci provato, di aver provato a migliorare questo mondo, perché neanche io ho scelto la vita che mi è stata assegnata, ma cerco di fare il meglio che posso con quello che ho! Possa pure io cadere dieci, cento, mille volte, puoi star sicuro che finchè avrò fiato in corpo, finchè la vita non sarà costretta con la forza ad abbandonarmi, io non mollerò. Ora sta a te decidere se vale la pena di lottare. Ma, se sei un egoista e basta, allora fallo almeno per te, perché visto che non credi in Dio, allora devi anche essere convinto che non ti attenda nulla, al di là, né paradiso, né inferno, nulla. E allora, se sei egoista come credi di dimostrare, come puoi anche solo pensare di rischiare di buttare quel visino che ti ritrovi per nulla? Pensaci, ce ne sono infinite, di buone ragioni, per scendere ora da quel ponte, perché infinite sono le situazioni in cui uno ci si può trovare, e se non infinite, almeno una, di soluzione, diversa da quella che hai trovato tu, c’è! Sta solo a te ora scegliere, io ti ho mostrato la via che potresti prendere, e davanti a te, anzi, sotto di te, ne hai un’altra, sei ad un bivio, spetta solo a te imboccare la strada più giusta” finì così di parlare, fissandomi con i suoi occhi scuri, carichi di una determinazione che non avevo mai visto, e che probabilmente non avrei visto mai più, e che in quel momento mi sembrò come una luce, nel mio tunnel di oscurità e disperazione, che mi guidò per la “diritta via”, e non portandomi nell’al di là, ma dandomi una speranza nuova di vita, giusto nell’istante in cui stavo per morire. Di quante contraddizioni è fatto l’animo umano, prima pensiamo una cosa, e poco dopo un’altra, ma se la seconda è anche solo un briciolo migliore della precedente, allora vale la pena crederci, perché io quel giorno imparai che non serve a nulla rimanere fermi nelle proprie posizioni, se c’è almeno uno, che con giuste motivazioni, ci spinge a cambiare idea, perché, alla fine, solo gli sciocchi, non la cambiano mai.


***

Note dell'autrice:
Salve, non ho molto da dire, tutto quello che sentivo l'ho scritto in questa one-shot. Spero che vi abbia fatto provare qualcosa e sarei davvero felice se me lo faceste sapere.
Un bacio
S.
  
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