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Autore: LaU_U    01/05/2012    2 recensioni
Robin e la sua banda hanno scoperto che lo sceriffo e i Cavalieri Neri stanno architettando un piano per uccidere il cugino del Re così da eliminare un rivale di Giovanni al trono dell'Inghilterra. Decidono quindi di partire per salvarlo.
In un viaggio fra avventura, battibecchi, comicità e azione... riusciranno a raggiungere la capitale e compiere la loro missione?
Genere: Avventura, Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 CAPITOLO 1 – NOI ANDIAMO A LONDRA
PARTE 4




Locanda, strada maestra, II giorno, sera
«Aaaaaah, finalmente!»
Much si accarezzò lo stomaco con aria soddisfatta, appoggiandosi al muro alle sue spalle mentre sorrideva al resto della banda, seduta insieme a lui intorno ad un rozzo tavolo di legno su cui troneggiavano numerosi piatti vuoti e altrettanti boccali più o meno colmi.
«Padrone, lasciatevelo dire: fermarsi qui è stata un'ottima idea.»
Robin annuì distrattamente, la mente che calcolava rapida quanto tempo sarebbe loro servito per raggiungere Londra: ogni istante era prezioso e poteva fare la differenza tra la riuscita della missione e la morte di Edgardo.
Vedendolo immerso nei propri pensieri, Little John poggiò i gomiti sulla tavola, chinandosi verso di lui: «Robin!»
L'interpellato si riscosse di colpo, guardando un attimo John prima di girare lo sguardo sull'intera banda.
 «Bene. Ora che abbiamo mangiato, ci conviene andare a riposarci. Domattina ripartiremo appena spunta il sole.»
A quella notizia, Allan sbuffò e Much emise un gemito di protesta: «Padrone, no... Perché all'alba? E' troppo presto!»
«Much, se non ci sbrighiamo non arriveremo a Londra in tempo.»
«Se solo avessimo dei cavalli...» mormorò Djaq. «Riusciremmo ad arrivare prima ed avremmo più tempo per raccogliere informazioni ed organizzarci.»
«Be', questa è una locanda» s'intromise Allan a bassa voce. «Un luogo di passaggio, intendo. Non dovrebbe essere difficile procurarsi cavalli per tutti...»
«Non abbiamo il denaro per comprare otto cavalli» gli fece notare Little John.
«Ho forse usato la parola "comprare"?»
«E che vorresti fare? Rubarli?» sibilò Will.
Il tono del giovane carpentiere spinse il biondo a voltarsi verso di lui: «Senti, dobbiamo andare a Londra, giusto? E dobbiamo arrivarci il più in fretta possibile. A cavallo impiegheremmo la metà del tempo. E comunque, credo che la nostra missione sia abbastanza importante da meritarsi qualche sacrificio!»
«Qualche sacrificio!?» ripeté Will, indignato.
«Non ruberemo niente a nessuno» intervenne Robin, interrompendo quella discussione che, benché si fosse svolta a voce bassissima, aveva tutta l'aria di poter degenerare in un litigio. «Credo che nessuna delle persone che alloggiano qui possa permettersi di essere derubata del suo cavallo. Ora andiamo, abbiamo bisogno di recuperare le forze per affrontare la tappa di domani.»
Allan sbuffò, distogliendo lo sguardo e alzandosi insieme agli altri. Era ancora del parere che camminare fino a Londra fosse una mezza follia e che i cavalli fossero più che necessari.
 
 
Esterno della locanda, strada maestra, II giorno, notte
Robin non riusciva a dormire. Sapeva di aver bisogno di riposare, ma non riusciva a prendere sonno. Il pensiero che potessero non arrivare in tempo, o che qualcosa potesse rallentarli lo angustiava. Djaq aveva ragione, se avessero potuto procurarsi dei cavalli sarebbe stato tutto più semplice, ma non poteva accettare l'idea di rubarli a ignari viaggiatori che, con ogni probabilità, non potevano permettersi di perdere le loro cavalcature.
Continuò a camminare intorno alla locanda senza realmente badare a dove metteva i piedi, sforzandosi di trovare una soluzione, anche solo un compromesso accettabile.
«E potrebbero arrivare in qualsiasi momento?»
«Già. Non si sa mai quando potrebbe arrivare un inviato dello sceriffo di Nottingham con una missiva da consegnare al più presto. Per questo teniamo sempre pronti gli animali più robusti e veloci.»
Robin oltrepassò la stalla senza badare alla conversazione dei due stallieri, ma si bloccò di colpo quando sentì uno dei due esclamare con tono curioso: «Lo Sceriffo deve avere un sacco di affari importanti in tutta l'Inghilterra, per tenere sempre pronti tutti questi cavalli così lontani da Nottingham.»
Robin si acquattò nell'ombra, avvicinandosi lentamente alla porta aperta della stalla, attraverso le quali poteva intravedere i due uomini, posizionati uno di fronte all'altro accanto a quelli che dovevano essere i cavalli per i messaggeri dello sceriffo.
«Non ne ho idea. Tutto quello che devi fare tu è restare sveglio nel caso occorresse consegnare uno degli animali. Il messaggero ti mostrerà il sigillo e tu gli darai il cavallo.»
«Va bene.»
«Buonanotte, allora» disse uno dei due uomini, per poi uscire dalla stalla; Robin si ritrasse nell'ombra per evitare di essere visto, mentre un sorriso vittorioso si faceva strada sul suo viso. Appena fu certo che lo stalliere si fosse allontanato, si alzò e raggiunse di corsa i compagni.
«Sveglia ragazzi! Ho buone notizie.»
«Che succede adesso?» chiese Djaq, stropicciandosi gli occhi e guardandosi intorno.
«Credo di aver trovato una soluzione al nostro problema. Preparatevi a partire.»


Pressi di Leicester, strada maestra, III giorno, poco prima dell'alba
Otto cavalieri galoppavano in gruppo lungo la strada maestra, rapidi come se temessero di essere inseguiti o come se avessero fretta di raggiungere la loro destinazione.
«Allora, non trovate che con i cavalli sia tutta un'altra storia?» rise Allan, rivolgendosi a nessuno in particolare.
«Decisamente» ammise Djaq, cavalcando appena dietro di lui «Spero solo che quello stalliere non abbia troppi problemi.»
Allan scrollò le spalle: avevano i cavalli e se li erano procurati rubandoli allo sceriffo. L'aver dovuto legare lo stalliere e nasconderlo, privo di sensi, in mezzo al fieno, era un dettaglio trascurabile.

 

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Strada Ovest per Londra, III giorno, mattina.
Erin iniziava a perdere il senso del tempo. Si era fermata lungo la strada, quella notte, più che altro per lasciare che il cavallo si rifocillasse e recuperasse le forze. Lei, d’altro canto, non era riuscita a chiudere occhio. La strada ovest era la più rapida, ma anche la più pericolosa, e aveva paura che qualcuno la sorprendesse nel sonno. Inoltre, temeva che se si fosse riposata troppo a lungo, Gisborne e i suoi avrebbero guadagnato tempo e lei non sarebbe riuscita a raggiungere Robin prima di loro. Aveva l’animo in subbuglio, e passò la notte sveglia.
La stanchezza aveva iniziato a farsi sentire la mattina dopo. Si stava avvicinando al punto in cui la strada ovest si congiungeva a quella maestra, e non poteva fermarsi proprio in quel momento. Doveva andare avanti, adesso più che mai. Presto si sarebbe trovata sullo stesso percorso di Gisborne.
Quella marcia forzata iniziava a spossarla. Non si rendeva più conto delle ore che passavano: sembrava tutto un momento interminabile. Erin cercò di farsi forza e spronò il cavallo: non avrebbe avuto pace finché non avesse raggiunto Robin e la sua banda.
 
 
Pressi di Leicester, strada maestra, III giorno, mezzogiorno.
Quando la sagoma della locanda si profilò sul margine della strada, Gisborne ne fu più che contento. Avevano cavalcato a lungo, con poche pause essenziali, e le bestie erano esauste. Lo sceriffo aveva predisposto una postazione presso la locanda, dove i suoi cavalieri avrebbero potuto lasciare i cavalli stanchi e procurarsi animali freschi e riposati. Era esattamente quello di cui Gisborne e le sue guardie avevano bisogno.
Quando furono di fronte alla locanda, Gisborne smontò dal cavallo e si diresse a grandi passi verso le stalle. In quel momento un uomo, probabilmente il locandiere, uscì di corsa dalla struttura.
«Perdonatemi, signore!» iniziò a balbettare l’uomo, palesemente terrorizzato. «Non abbiamo… non sapevo…»
Gisborne non fece una piega. «Cos’è successo?» chiese soltanto.
«Qualcuno… dei… fuorilegge… i cavalli… ci hanno derubato».
Già alla parola “fuorilegge”, qualcosa era scattato dentro Gisborne. Già, doveva aspettarselo.
«Locksley» sibilò tra i denti. Poi, ignorando l’uomo, proseguì con decisione verso le stalle.
«Ci sono altri cavalli qui?» domandò.
«Sì, due» mormorò timidamente l’uomo, ancora tremante. «Ma… sono i miei. Mi servono per…»
Gisborne si voltò verso di lui. «Allora farete un dono gradito allo sceriffo di Nottingham».
Davanti a loro, le guardie stavano già sellando gli animali.
 
 
Pressi di Luton, strada maestra, III giorno, notte.
Si erano accampati in una radura poco lontana dalla strada maestra. Robin sembrava ancora restio all’idea di fermarsi e riposare, ma Will gli aveva fatto notare che con i cavalli avevano guadagnato moltissima strada e con ogni probabilità sarebbero arrivati a Londra entro il pomeriggio del giorno seguente. Alla fine, Robin aveva acconsentito.
Much aveva immediatamente allestito un fuoco da campo e si era messo a cucinare senza perdere tempo. La cosa che era nella pentola aveva un aspetto strano, ma tutto sommato il sapore era buono.
Allan si era offerto volontario quando avevano organizzato i turni di guardia. Adesso se ne stava seduto su una roccia poco distante, sorvegliando l’accampamento. Allan sorrise: quella era una posizione privilegiata. Da lì non gli sfuggiva niente di ciò che gli altri componenti della banda facevano. Per un po’ trovò divertente osservare Jamie che cercava di dormire – senza riuscirci, perché Cathy non ne voleva sapere di stare zitta e addormentarsi. Dopo qualche minuto, però, una strana sorta di malinconia iniziò a strisciare dentro di lui. Non era per osservare gli altri che si era proposto di guardia, era perché sapeva che non ce l'avrebbe fatta ad addormentarsi tranquillamente. Era agitato, anche se non riusciva veramente a capire il perché.
Lanciò uno sguardo all’accampamento improvvisato. Sotto un albero, Djaq dormiva di già, avvolta in una coperta. Will era poco distante, ma era palese agli occhi di Allan come si fosse casualmente sistemato vicino a lei. Aveva gli occhi chiusi, ma Allan sapeva che non stava dormendo. Si rigirava di continuo, e ogni tanto lanciava uno sguardo alla sagoma di Djaq, addormentata nel buio.
Poi c’erano Jamie e Cathy, un po’ in disparte. Jamie aveva voltato le spalle a Cathy, in un disperato tentativo di riuscire ad addormentarsi. Sembrava che la ragazzina avesse deciso di desistere dalle sue chiacchiere, e stesse provando anche lei a dormire. Ad un certo punto, però, Allan vide Jamie voltarsi di nuovo verso Cathy e darle un bacio. Sorpresa, la ragazzina aveva sorriso ridacchiando, prima di baciarlo di nuovo.
Allan distolse lo sguardo. Possibile che tutti, lì dentro, fossero innamorati? Will aveva già ammesso di essere interessato a Djaq, Jamie e Cathy si beccavano di continuo quasi solo per il gusto di fare pace, Robin aveva uno straordinario successo praticamente con tutte le donne che gli capitavano a tiro, e John aveva una famiglia. Anche Much, si ricordò, aveva avuto una storia di qualche sorta, anche se nessuno aveva indagato. E lui? Improvvisamente si sentì furioso. Volse le spalle all’accampamento, rivolgendo lo sguardo verso la strada maestra.
Fu svegliato da un violento scossone. Era John, per il turno di guardia successivo.
Si era addormentato.
Si scusò, ancora intontito dal sonno, e andò a coricarsi sbuffando. Non riuscì subito a riaddormentarsi. Gli era rimasta addosso una rabbia feroce, ma non ricordava più per cosa.
 





 

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Capitoletto scritto da Darma ed  _Eleuthera_. Il prossimo sarà breve e sarà l'ultimo prima dell'arrivo a Londra!
Grazie a lettori e commentatori!
Darma, Eleu, Lau 

   
 
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