14
Passarono
alcune settimane.
Laguiole tentò un
altro paio di attacchi, tutti facilmente respinti, poi il conte Valat fu costretto a rinunciare a lanciare i suoi attacchi
lampo per risistemare la sua disastrata provincia, rivolgendo anche le proprie
ambizioni ad altre regioni più facilmente assoggettabili.
Per un po’, la vita a Grasse scorse
sostanzialmente tranquilla, tanto che Saito fece richiamare Kaoru a palazzo,
visto che per il momento la sua presenza al confine non sembrava necessaria.
Tuttavia, da qualche tempo, sembrava avere
altro per la testa, e non era solo un’impressione.
Kaoru infatti non aveva mai smesso di
interrogarsi sull’identità di Maschera di Ferro, e sul perché della strana
sensazione che aveva provato entrambe le volte in cui si erano affrontati. Per
questo, all’insaputa dei suoi stessi signori, aveva inviato una serie di
staffette in giro per tutte le province vicine nella speranza di stanare quella
specie di fantasma, che colpiva e spariva senza che nessuno riuscisse a
prenderlo né a vederlo in volto.
A quanto sembrava, Maschera di Ferro non si
era limitato solo al generale Deville; nell’ultima
settimana in particolare, aveva fatto rotolare più di qualche testa, quasi
sempre governatori di province o alti ufficiali dei loro eserciti, e le sue
azioni stavano cominciando a renderlo un bersaglio per molti, oltre che un nome
conosciuto ormai in tutta la nazione.
Inoltre, correva voce che facesse anche opere
di bene, come difendere villaggi da razzie e battaglie spregiudicate o regalare
denaro a destra e a sinistra a famiglie che avevano perso tutto a causa delle
guerre, cosa che ne stava facendo un vero paladino tra la gente comune.
Se non altro, il clima che si respirava nel
palazzo sembrava un po’ più calmo e rilassato del solito.
Louise e Saito avevano preso persino
l’abitudine di invitare alla loro tavola, oltre a Kiluka, anche Joanne, Seena e
Kaoru.
Sembrava di essere tornati ai tempi del loro
primo periodo di convivenza a De Ornielle, quando in casa c’era sempre
qualcuno, e non ci si sentiva mai soli.
L’atmosfera durante questi pranzi era molto
rilassata e tranquilla, e prendervi parte era un vero piacere.
Un pomeriggio, i sei amici stavano mangiando
insieme come al solito, nella grande sala da pranzo al pianterreno.
Era una situazione molto favorevole, così
Louise ne approfittò per esporre a Saito un’idea che aveva iniziato a frullarle
in testa già da un po’ di tempo.
«Una festa!?» disse Saito
«Sì. Una grande festa campestre. Stavo
pensando di organizzarne una.»
«Ad essere sincero, non credo che questo sia
il momento migliore.»
«Ti sbagli, è esattamente l’opposto. Ci sono
molti nobili più o meno importanti qui a Grasse, come in qualsiasi altra
provincia. La maggior parte di loro ci supporta e ci è amica, ma alcuni sono
ancora scettici circa la nostra posizione di governatori.
Un ricevimento sarebbe l’occasione giusta per
testimoniare a tutti la nostra buonafede, e dimostrare che intendiamo essere
dei buoni reggenti.»
«Non sembra affatto una cattiva idea.»
commentò Kiluka
«Stavo anche pensando che potremmo invitare
anche i nobili di altre province limitrofe.»
«Maestà, potrebbe essere pericoloso.» disse
Joanne «Far entrare gente che non conosciamo nel castello in questo modo.»
«Veramente, stavo pensando di organizzarla da
un’altra parte.»
«E dove?» chiese Seena
«Il generale Deville
aveva una villa di campagna non lontano da qui. Ci sono stata l’altro giorno.
Ha un bel giardino e un grande salone da ballo, e so che anche lui ci dava
spesso delle feste».
Saito posò la forchetta e si prese un momento
per riflettere.
In fin dei conti, non era poi un’idea così
malvagia. Invitando i nobili e i governatori delle province limitrofe, quelle
non belligeranti e disposte al dialogo, si sarebbe dato loro un segnale di
pacifica amicizia, che avrebbe permesso magari di stringere qualche alleanza.
Il ragazzo si girò verso Siesta, che stava ritirando
i piatti ormai vuoti.
«Si può fare?»
«Credo di sì.» rispose lei «Ho visto anch’io
il palazzo. Ha grandi cucine e molte stanze. L’ideale per cucinare per tante
persone e ospitare gli invitati per la notte.»
«Inoltre, so che ha anche un muro di cinta, ed
è facilmente difendibile.» disse Seena «Quindi, sarebbe anche sufficientemente
sicura.»
«E tu Kaoru? Tu cosa ne dici?».
Il generale restò un momento in silenzio,
quasi soprapensiero.
«Penso che di questi tempi, le amicizie sono
un bene prezioso. Meglio averne quante più possibile.»
«Anche questo è vero.» disse Saito, che quindi
sorrise e batté un momento le mani «D’accordo. Mi avete convinto. Daremo
l’incarico ad Auguste di organizzare tutto. Sono certo che sarà perfetto.»
«Certo che sarà perfetto.» disse Louise
baldanzosa «È stata una mia idea».
Quasi per un segno del destino, proprio in
quel momento Auguste bussò alla porta.
«Chiedo scusa, signori. C’è un ospite che
desidera incontrarvi.»
«Di chi si tratta?» chiese Louise
«Un tale signor Colbert.»
«Il professore è qui!?» disse Saito «Fatelo
passare.»
«Subito, signore».
Il professore si presentò in sala da pranzo
dopo qualche minuto; era sorridente come al solito, ma sembrava esserci un che
di preoccupazione nel suo sguardo.
«Felice di rivedervi, ragazzi. A quanto vedo,
vi siete sistemati bene.»
«È un piacere vederla qui, professore.» disse
Louise.
Joanne, a differenza degli altri, guardò molto
male il professore, che se ne accorse e distolse lo sguardo.
Anche lei, in quanto nuova seconda di Agnes,
conosceva bene i trascorsi di quell’uomo, e sapeva di cosa fosse responsabile.
A lei in particolare non aveva fatto nulla, ma essendo molto legata ad Agnes, e
per il suo carattere votato sinceramente alla vera giustizia, non aveva mai
potuto mandare giù il fatto che quell’uomo non avesse mai pagato per il crimine
commesso.
In linea teorica c’erano addirittura gli
estremi per la forca, ma ogni volta che Joanne aveva provato ad avviare
un’indagine era stata ostacolata, incredibile a dirsi, proprio da Agnes, che nel
tempo sembrava essersi lasciata alle spalle ogni sentimento di vendetta nei
confronti di quell’uomo.
Inoltre, a ben pensarci, non c’era niente che
potesse essere usato contro di lui; tutte le prove del suo coinvolgimento nel
caso di Dungletale erano andate in fumo nella
biblioteca dell’accademia o erano coperte da segreto di stato, e comunque si
trattava di un caso vecchio di vent’anni, al quale non importava più niente a
nessuno e che nessuno aveva interesse di andare a rivangare.
«La prego, professore. Si accomodi.» disse
Saito indicandogli uno scranno «Il cibo è ottimo.»
«Ti ringrazio, ma sono qui in missione.»
tagliò corto il professore, che poi si fece improvvisamente molto più serio
«Che è successo?» chiese allora Louise
«Mi manda il direttore Osmund.
Chiede di vedervi con la massima urgenza.»
«Perché? Che è accaduto?» domandò Saito
«Ormai è chiaro che il Paese è in piena guerra
civile. Credevamo di poter tenere l’accademia al riparo da tutto questo, ma la
verità è che al momento nessuno è al sicuro.
Non chiedetemi di cosa voglia parlarvi nello
specifico, perché non saprei rispondervi».
Saito e Louise si guardarono tra di loro, poi
entrambi si alzarono dai loro scranni.
«D’accordo, partiamo subito.» disse Saito
«Mi fa piacere.» rispose il professore
tornando a sorridere «Ho già preso accordi con Lord Venceny,
della provincia di Surbein. Ci lascerà passare dalle
sue terre senza problemi.»
«Faccio preparare subito una scorta.» disse
Joanne
«Non sarà necessario.» rispose calma Louise
«Lord Venceny è nostro amico, e il suo è l’unico
feudo che dobbiamo attraversare per arrivare all’accademia. Non ci saranno
problemi.»
«Però…»
«E comunque.» disse Saito «È opportuno che
qualcuno resti qui per garantire la sicurezza e amministrare la provincia».
Alla fine, Joanne si arrese.
Mezz’ora dopo, Saito e Louise avevano fatto
preparare il loro calesse ed erano pronti a partire; il professor Colbert li aveva raggiunti a cavallo, ma dietro insistenza
dei suoi studenti preferiti accettò di salire in carrozza assieme a loro.
«Posso venire anch’io?» domandò Kiluka «Ho
sempre sognato di visitare l’accademia.»
«È pericoloso per te uscire dal castello.»
rispose dolcemente ma fermamente Louise «E comunque, non temere. Ci andrai
presto. Appena questa guerra sarà finita.»
«Sempre ammesso che finisca.» mugolò Kaoru tra
sé a voce bassissima.
A quel punto, Saito e Louise salirono in
carrozza.
«Lascio tutto nelle vostre mani.» disse Saito
a Joanne e Kaoru «Noi saremo di ritorno al massimo per domani pomeriggio.»
«Contate su di noi, mio signore.» rispose
rispettosamente Joanne.
La carrozza dopo poco partì, ma Joanne e Kaoru
non fecero neanche a tempo a rientrare nel palazzo che un soldato a cavallo li
raggiunge tutto trafelato.
«Capitano!» disse a Joanne «La guardia cittadina
è scesa in sciopero.»
«Che significa!? Il loro aiuto è
indispensabile!»
«Dicono di non aver ricevuto il loro ultimo
stipendio, e così hanno iniziato una protesta. Stanno cercando di convincere
anche i soldati di forza sulle mura ad aderire.»
«Quella massa di stupidi. Eppure gliel’avevo
spiegato che questo mese le paghe sarebbero arrivate in ritardo. Come se i
nostri forzieri traboccassero in questo periodo».
Di solito in casi simili si ricorreva alla
forza, ma Joanne decise che non era il caso di esasperare ulteriormente gli
animi; chiamò un servo e si fece portare il proprio cavallo, e subito dopo due
compagne la raggiunsero per farle da scorta.
«Io vado in città.» disse a Kaoru «Cercherò di
far ragionare quegli esagitati. Pensa tu al castello per un po’.»
«D’accordo». Tagliò corto lui.
Anche Joanne a quel punto se ne andò, e Kaoru
si ritrovò da solo. La giornata andava sempre meglio. Rimasto solo, il ragazzo
volle spendere un po’ di tempo in biblioteca a leggere.
Erano giorni che gli impegni ufficiali lo tenevano
occupato, e ora che la situazione sembrava abbastanza tranquilla voleva
approfittarne.
Invece, proprio quando era riuscito a
rilassarsi del tutto, un soldato si presentò in biblioteca.
«Mi perdoni, generale.»
«Che c’è?»
«Abbiamo appena ricevuto un messaggio da uno
degli esploratori. Pare che Maschera di Ferro sia stato trovato».
Nel sentire quel nome, il ragazzo scattò in
piedi.
«Dici sul serio!? E dove si trova?»
«Pare che sia stato visto aggirarsi tra le
macerie del vecchio villaggio di Dungletale, a est di
qui».
Senza perdere altro tempo Kaoru corse alle
scuderie e montò in groppa al suo cavallo.
«Avvisa Joanne, e digli dove sto andando.»
disse al soldato che lo aveva avvisato e che gli era andato dietro «Che mi
raggiunga appena possibile. E avvisate anche il lord di quella provincia che
transiterò dalle sue terre.»
«Sarà fatto, generale».
Siesta, intenta in quel momento a stendere il
bucato, vide Kaoru correre via dal castello attraverso il ponte mobile come se
avesse avuto un mostro alle calcagna.
«Kaoru…» disse.
Non sapeva perché, ma avvertiva una strana
sensazione, accompagnata da un senso di minaccia incombente.
Durante
il viaggio verso la scuola, l’argomento principale della discussione fu
ovviamente l’attentato in cui era morta la principessa Henrietta,
visto anche che il professor Colbert era appena
tornato dalla Gallia dove aveva condotto una approfondita indagine per ordine
di sua maestà la regina madre.
«Allora?» domandò ad un certo punto Saito,
proprio mentre lasciavano il feudo di Surbein per
entrare in quello amministrato dall’accademia «Ha scoperto qualcosa sull’attentato
all’Ostland?»
«Non molto, purtroppo.» rispose Colbert a capo chino «Tutto quello che siamo riusciti a
scoprire per ora è che ci sono state due distinte esplosioni.
La prima è avvenuta sul ponte, e in base alle
testimonianze di chi ha assistito all’incidente non è stata particolarmente
forte, infatti pare che la nave abbia continuato a navigare ancora per un po’;
tuttavia deve aver dato fuoco a molto materiale infiammabile, e in poco tempo
le fiamme devono aver raggiunto alcuni barili di polvere da sparo che si
trovavano nella stiva.»
«Ma non ha senso.» disse Louise
«Infatti. L’Ostland
non è stata concepita come una nave da guerra, e anche in base ai registri non
risulta essere stata imbarcata polvere da sparo.»
«Questo avvalora l’ipotesi dell’attentato.»
disse Saito
«Infatti. E c’è un’altra cosa che mi lascia
perplesso.»
«Che cosa!?»
«Tra le macerie abbiamo ritrovato dei resti di
armature che non appartengono al nostro esercito. Per essere sincero, non avevo
mai visto niente dal genere. Avevano una forma e un disegno completamente
sconosciuti.»
«Forse erano degli attentatori.»
«Probabile. E se così fosse, vuol dire che
sono rimasti uccisi dal loro stesso attentato.»
«E della principessa ha qualche notizia?»
domandò Louise preoccupata
«Abbiamo identificato alcuni corpi, quelli
conservatisi meglio, ma per ora ne abbiamo trovati solo di maschili.»
«Quindi, forse la principessa è
sopravvissuta!»
«Non saprei. Purtroppo, non siamo stati in
grado di stabilire se e quante scialuppe manchino ancora all’appello. Tabitha ha ordinato delle ricerche al tappeto in tutta la
regione. Se la principessa è viva, la troveranno di sicuro».
In quella, il calesse giunse alfine in vista
della scuola di magia.
Vedendola, Saito e Louise quasi si commossero;
quanto tempo era passato dall’ultima volta che ci avevano messo piede.
Sembrava solo ieri, quando Louise aveva
partecipato alla consegna dei diplomi ottenendo la certificazione di maga alla
presenza delle più alte cariche e della stessa principessa Henrietta.
Quando varcarono il cancello, però, si resero
subito conto di quanto la situazione fosse diversa rispetto a un tempo; gli
studenti e gli insegnanti erano stati rimpiazzati dai soldati, e l’atmosfera
gioiosa di un tempo era del tutto scomparsa.
Come raggiunsero l’ingresso venne loro
incontro un inserviente.
«Le mie scuse, signori.» disse «Il direttore
in questo momento è impegnato in un’altra discussione. Vi riceverà il prima
possibile.»
«Non fa niente.» disse Saito, che poi si
rivolse a Louise «Che ne dici? Andiamo a fare un giro?»
«Sì.» rispose lei quasi con esitazione.
Inevitabilmente, il primo ed unico posto dove
tornarono fu quella stanza letto dove avevano passato la maggior parte del loro
tempo, e dove erano accadute tante di quelle cose da non poterne tenere il
conto; sui muri, sul soffitto e sul pavimento erano ancora visibili i segni
delle esplosioni che Louise aveva rifilato al suo stupido cane per ogni sgarro
commesso.
«Quanti ricordi.» disse Saito poggiando la
mano sul tavolo.
Il suo sguardo cadde poi su quell’angolino ai
piedi del letto dove, all’inizio, si trovava la sua “cuccia”, e che la sua
schiena non aveva ancora dimenticato.
Era un’atmosfera troppo malinconica ed onirica
perché i due ragazzi non riuscissero a non ripensare a tutte le prove
affrontate, a tutto il tempo trascorso, e all’illusione che ciò che stavano
vivendo non fosse altro che un sogno, un incubo dal quale si sarebbero presto
risvegliati, trovandosi immersi nel solito, amorevole abbraccio in quel letto
soffice.
Si guardarono, stringendosi l’un l’altra.
«Saito…»
«Louise…».
Stavano quasi per baciarsi, quando il solito
inserviente spalancò la porta, cogliendoli quasi sul fatto.
«Il direttore può ricevervi adesso.»
«D’accordo, arriviamo.» rispose Saito cercando
di darsi un contegno.
Poco dopo, il direttore Osmund
accolse i due ragazzi nel proprio ufficio.
«Benvenuti, ragazzi miei.» disse invitandoli ad
accomodarsi
«È un piacere rivederla, direttore.» disse
Louise
«Mai quanto per me. Ho saputo che avete avuto
parecchie grane di recente.»
«Beh, sì.» rispose Saito «Abbastanza».
Osmund guardò in
basso preoccupato.
«Credetemi. Non avrei voluto coinvolgervi in
tutta questa faccenda. L’ultima cosa che voglio è dare problemi ai miei
studenti.
Ma questa, purtroppo, è una situazione davvero
difficile.»
«Ne siamo consapevoli.» disse Louise «Dica
pure.»
«Ciò che più mi preoccupa, in questo momento,
è Laguiole. Ogni giorno che passa, il duca Valat diventa sempre più forte, e molte delle province
limitrofe sono già cadute sotto il suo controllo.
Ho saputo che state anche offrendo asilo alla
duchessa Kiluka, e che per questo avete anche subito un attacco.»
«Non dipende dalla duchessa.» tagliò corto
Saito «Anche se lei non ci fosse, ci avrebbero attaccati comunque. Come ha
puntualizzato lei, Valat aspira solo e unicamente a
ottenere il controllo della nazione.»
«È così. Come anche molti altri nobili di
tutto il Paese. Nel sud, ad esempio, Lord Santin sta assoggettando una
provincia dopo l’altra, e molti altri governatori per paura gli hanno già
giurato obbedienza.
Io ho sperato fino all’ultimo di tenere l’accademia
lontana da tutto questo, ma al punto in cui siamo temo sia ormai impossibile. Per
questo ho voluto rivolgermi a voi.»
«Che cosa vuole che facciamo?» domandò Louise
«Sia inteso, non posso chiedere un’alleanza né
altro. L’accademia deve restare il più possibile al di fuori di qualsiasi
questione politica. Quello che vi propongo è un tacito accordo di reciproco
supporto.
Tutto quello che vi chiedo è di darmi una mano
se un domani qualcuno tentasse di profanare l’inviolabilità di questa scuola.»
«Perché lo sta chiedendo a noi?» chiese Saito
«Molti degli studenti più facoltosi provengono
da province distanti e periferiche, mentre molti altri hanno dei genitori dei
quali ho sempre diffidato. Non mi sentirei tranquillo ad affidare l’incolumità
di questa scuola a gente del genere.
Voi d’altra parte risiedete qui vicino, e non
c’è nessuno di cui mi fidi più di voi.
So bene che è una cosa riprovevole, ma vi
prego di comprendere che agisco solo nel bene di questa scuola».
Louise e Saito si guardarono e sorrisero.
«Direttore, non c’era neanche bisogno che
chiedesse.» disse Saito «Così come cerchiamo di proteggere Tristain dai suoi
stessi governanti corrotti, e ovvio che proteggeremo anche quest’accademia.»
«Dunque, voi…» disse
Osmund ad occhi sbarrati
«Può contare sul nostro aiuto.» disse Louise
«Vi ringrazio, ragazzi. Avete già fatto tanto
per noi, e ora fate anche questo. L’accademia avrà un debito eterno nei vostri
riguardi.»
«Non lo dica neanche per scherzo.» disse Saito
«Anche a noi sta molto a cuore la sorte di questo posto.»
«Molto bene. Allora, in questo caso,
permettetemi di offrirvi una cena come si deve. Non posso garantirvi i livelli
di una volta, ma anche il nostro nuovo cuoco si difende bene».
Il
vecchio villaggio di Dungletale si trovava nel feudo
di Surbein, lo stesso che Louise e Saito avevano
attraversato per andare all’accademia, ma un po’ fuorimano rispetto alle strade
più frequentate.
Kaoru ci arrivò a metà pomeriggio, quando il
sole aveva ormai cominciato a scendere sotto l’orizzonte. Il ragazzo sapeva già
cosa fosse successo in passato in quel luogo, ci aveva letto alcuni libri, ma trovandosi
di fronte quel macabro spettacolo un brivido lo attraversò in tutto il corpo.
Del vecchio agglomerato urbano non restavano
ormai che cumoli di macerie annerite dal fumo e dalle fiamme, immersi in una
bassa vallata; tutti gli edifici erano crollati, qualcuno del tutto qualcuno
solo in parte, e il muschio e la boscaglia si erano ormai impadroniti dei
ruderi, mentre sul terreno ancora si vedevano della cenere e della fuliggine, a
riprova di quanto quell’incendio fosse stato spaventoso.
Kaoru provò subito una sensazione strana ed
opprimente come mise piede nel villaggio; anche il suo cavallo sembrava
nervoso, tanto che dovette abbandonarlo in periferia legandolo ad un albero per
poi proseguire a piedi.
Regnava un silenzio spettrale e raggelante. L’unico
rumore che si sentiva era il gracchiare dei corvi; probabilmente si erano
ingozzati per così tanto tempo dei corpi carbonizzati degli abitanti che quel
posto aveva lasciato loro un così bel ricordo da spingerli a tornarci di continuo,
nella speranza una nuova abbuffata.
«Mio Dio.» disse aggirandosi tra i ruderi «Che
uomo è uno che ha potuto fare una cosa simile?»
«Credimi, amico mio.» disse Derf, che invece conosceva la vera storia «A volte la
verità è molto più complessa di quanto possa apparire.»
«Io di vero vedo solo quest’orrore».
Kaoru sentiva di aver sempre convissuto con la
dura realtà della guerra, ma una cosa del genere era troppo perfino per lui. Sembrava
quasi di sentire ancora le grida, i pianti, i lamenti, e l’insopportabile odore
del fumo e della carne bruciata.
Quale scopo poteva giustificare un massacro
del genere? Persino chiamarlo il Massacro di Dungletale
sembrava riduttivo.
Improvvisamente, sentì un rumore, ricordandosi
di colpo il motivo per il quale era venuto fin lì, e sguainata la spada si
appiattì contro un muro, gettando uno sguardo dall’altra parte.
Maschera di Ferro era lì, proprio come gli era
stato detto, seduto in terra con la schiena appoggiata quanto restava di un
muro angolare, le gambe inarcate e le braccia buttate sulle ginocchia.
Sembrava quasi che dormisse, o che fosse
soprapensiero.
Accanto a lui c’era un cavallo, nero come il
carbone, il suo senza dubbio, che brucava la poca erba presente in quella
distesa di fuliggine e cenere.
Perché Maschera di Ferro usava come covo un
posto simile?
Che fosse un abitante scampato al massacro di
venti anni prima? Poteva essere, e così si spiegava anche il motivo per il
quale si accaniva contro i nobili.
Kaoru si perse a tal punto a fare congetture
dal dimenticare di prestare attenzione a ciò che gli accadeva intorno; il muro
al quale era appoggiato non era molto solido, piegato com’era dal tempo e dalla
muffa, e quando non fu più in grado di sopportare il suo peso inevitabilmente
crollò. Lui riuscì ad evitare di cadere, ma il suo nascondiglio scomparve d’un
tratto, per non parlare del baccano assordante che fece scattare sull’attenti
Maschera di Ferro.
I due avversari si ritrovarono così, per l’ennesima
volta, l’uno di fronte all’altro, ma stavolta era Kaoru il primo a voler combattere.
A prescindere dal fatto che potesse avere o meno qualcosa a che fare con la sua
amnesia e la sua vera identità, e che avesse aiutato loro o Kiluka, Maschera di
Ferro aveva pur sempre tentato di fare del male a Saito, Louise e Siesta, oltre
che a lui personalmente, e quindi andava fermato.
Entrambi sguainarono le spade, e come il
silenzio tutto attorno venne rotto dal rumore di un sasso che cadeva a terra
corsero l’uno contro l’altro prendendo a duellare.
Come sempre Maschera di Ferro si rivelò un combattente
eccezionale, tanto che Kaoru si trovò più volte messo in difficoltà; c’era poi
anche il fatto che Kaoru non voleva uccidere il suo nemico, perché altrimenti
addio risposte, mente al contrario Maschera di Ferro non sembrava volersi porre
alcun limite.
Ma non era solo per quello.
Da quando aveva messo piede tra le macerie di Dungletale Kaoru aveva iniziato ad avvertire uno strano
malessere, come una specie di formicolio accompagnato da un fischio nelle
orecchie, e più il tempo passava più quella sensazione si faceva forte, al
punto che gli pareva quasi di avvertire delle voci nella propria testa.
Inevitabilmente, Maschera di Ferro si portò
ben presto in netto vantaggio, ma Kaoru non voleva saperne di arrendersi e
continuava a combattere cercando di ignorare il fastidio, che stava diventando
vero e proprio dolore.
Con la forza della disperazione Kaoru riuscì a
tenere testa al suo nemico, e ad un certo punto, sfruttando una sua
distrazione, persino a portarsi in vantaggio.
Poi, accadde una cosa incredibile.
Tentando di portare un fendente, Maschera di
Ferro si sbilanciò eccessivamente in avanti, Kaoru schivò e rispose con un
affondo alla spalla. Il nemico se ne avvide in tempo e riuscì a schivare, ma la
punta della lama recise uno dei cordoncini della maschera.
Maschera di Ferro si allontanò spiccando un
salto, e dando prova una volta di più delle sue abilità fuori dal comune, ma
quando tornò a terra la maschera si staccò mettendone a nudo i lineamenti;
subito si coprì il volto con una mano, ma nonostante ciò Kaoru riuscì comunque
a riconoscerlo, restando letteralmente di sasso. Non aveva mai visto quella
faccia prima d’ora, ma sapeva chi fosse.
«Tu… tu sei…» balbettò sconvolto
«Non ci credo.» disse Derf.
Improvvisamente, Maschera di Ferro sembrò
perdere la testa. Lanciato un urlo di rabbia alzò la spada, che fu circondata
da una specie di piccolo tornado che poi venne lanciato violentemente contro
Kaoru, raddoppiando la propria potenza.
Kaoru riuscì ad evitare di essere spazzato
via, ma gli finì parecchia cenere negl’occhi che lo accecò temporaneamente, e
quando fu in grado di vedere di nuovo Maschera di Ferro, col volto nuovamente
celato, era di nuovo in sella al suo cavallo e si era già dato alla fuga.
«Aspetta!» tentò di dire, ma fu inutile.
Rimasto solo, il ragazzo cadde sulle
ginocchia.
«Compare, và tutto bene?».
In realtà non andava affatto bene. Quella
sensazione si era ormai fatta autentico dolore, e ora che i suoi pensieri non
erano più rivolti al combattimento Kaoru lo sentiva in tutta la sua violenta
portata.
Strinse i denti, cercando di soffocare le
grida.
Quel fischio era talmente insopportabile che
avrebbe voluto strapparsi le orecchie, e la sua testa minacciava di scoppiare;
gli sembrava di sentire delle voci all’interno di quel suono, voci indistinguibili
e spaventose, che facevano gelare il sangue.
Anche l’atmosfera tutto intorno, tornato il
silenzio, sembrava essersi fatta improvvisamente molto più spaventosa; i muri e
le macerie sembravano tremare, e pareva quasi di vedere delle ombre scure
muoversi in tutte le direzioni, scomparendo e riapparendo in continuazione.
«Che cos’è?» disse «Basta…
Basta… Smettetela… Non ce
la faccio più… Basta!».
Kaoru lanciò un urlo terrificante, tenendosi
la testa con tale forza da dare l’idea che volesse staccarsela; i suoi occhi si
erano fatti bianchi come quelli di un morto.
«Compare?» gridò Derf
spaventato «Che ti succede? Compare?».
D’un tratto Derf
ebbe come la sensazione di venire risucchiato via, come una presenza minacciosa
sembrasse volerlo trascinare a fondo perché non potesse comunicare col ragazzo.
A terra, poco lontano, c’era un uccellino,
rimasto rintronato a causa del vortice prodotto da Maschera di Ferro ma in
procinto di riprendersi. Agitandosi e dimenandosi come un pazzo, Kaoru lo
toccò, permettendo a Derf di entrarci e di spiccare
il volo per correre in cerca di aiuto.
Kaoru, rimasto da solo, continuò a dimenarsi e
ad urlare per quasi un minuto, per poi crollare apparentemente svenuto tra le
macerie.
Qualche ora dopo, Joanne, alla guida di un
manipolo di moschettiere, arrivò al villaggio di Dungletale,
ma di Kaoru trovò soltanto il suo cavallo, legato ad un albero e apparentemente
terrorizzato.
«Deve essere ancora qua attorno.» disse la
giovane «Cercatelo!»
Verso
mezzanotte notte, mentre quasi tutti dormivano, un’ombra nera prese ad
aggirarsi come uno spettro per i corridoi della scuola, talmente silenzioso e
sfuggente da essere passata inosservata a tutte le guardie e i soldati.
Camminava lentamente, quasi scivolando sul
pavimento, con una postura leggermente ondeggiante.
Nello stesso momento, il professor Colbert era nel suo ufficio, e stava finendo di redigere il
rapporto sull’indagine all’Ostland che l’indomani
avrebbe portato personalmente al palazzo reale.
Da quando era stato nominato vicepreside aveva
ottenuto un proprio studio, proprio vicino a quello del direttore Osmund, quello dove si trovava in quel momento, anche se ogni
tanto gli piaceva tornare al suo vecchio seminterrato per dedicarsi ai suoi
studi e alla sua alchimia.
In particolare, passava molto del suo tempo a
studiare e analizzare alcuni oggetti che Saito gli aveva portato dal suo mondo,
oggetti affascinanti e straordinari che funzionavano grazie ad un cosa che
Saito aveva sempre chiamato elettricità, una specie di versione scientifica
della magia, che tutti potevano usare.
Era anche per questo che il mondo di Saito lo
affascinava tanto; perché non c’erano distinzioni, e perché tutti potevano
imparare a usare e sfruttare qualsiasi cosa semplicemente con lo studio e l’esperienza.
Il tipo di mondo che aveva sempre sognato.
Ad un certo punto, stanco e provato, si fermò
un momento, dandosi una stiracchiata e strofinandosi un momento gli occhi,
affaticati dal dover scrivere alla luce di poche candele.
Stava per rimettersi al lavoro quando udì la
porta aprirsi, ed alzato lo sguardo vide Kaoru in piedi davanti all’uscio.
«Ah, Kaoru-kun.»
disse alzandosi «Che cosa ci fai qui? Credevo fossi rimasto al castello».
Sorridendo come al suo solito si alzò,
avvicinandosi a lui; quel ragazzo era sempre stato un tipo introverso, ma ora
era anche più silenzioso del solito. Teneva perfino lo sguardo basso, quasi
avesse paura.
«C’è qualcosa che non và?» chiese ancora il
professore «Posso aiutarti?».
All’improvviso si udì un rumore, come un colpo
secco, e il sorriso sul volto di Colbert si tramutò
in una smorfia sofferente. Attonito, guardò in basso, scorgendo il pugnale del
comando simbolo del comandante dell’esercito di Grasse piantato nel suo fianco
fin quasi all’impugnatura.
«Ka… Kaoru… che cosa…».
A quel punto, il ragazzo alzò leggermente la
testa, e Colbert rimase sconvolto da ciò che vide: i
suoi occhi blu erano diventati rosso sangue, come rosse si erano fatte d’un
tratto anche le rune sulla sua mano. Anche la sua espressione si era fatta
piatta, priva di emozioni.
Il professore si guardò nuovamente la ferita,
e come Kaoru ritrasse il pugnale riuscì a malapena a fare qualche passo
indietro prima di cadere in ginocchio tenendosi il fianco.
Era dunque giunto il suo momento? La morte giustiziera
alla quale già una volta era ingiustamente scappato, era infine venuta ad
esigere il suo tributo?
Nota dell’Autore
Eccomi qua!^_^
Scusate l’aggiornamento
flash, ma avevo troppa voglia di scrivere questo capitolo, e probabilmente “qualcuno”
immagina anche il perché, e così mi ci sono messo per un giorno intero senza
sosta riuscendo a finirlo rapidamente.
Che dire, questo era
uno dei capitoli angolari, come chiamo quelli che creo nella mia mente fin da quando
inizio a progettare la storia, e attorno ai quali poi creo poco per volta tutto
il resto.
Per giovedì dovrei
poter aggiornare ancora, ma non datelo per scontato.
Grazie come sempre ai
miei recensori seldolce
e shawnfrost.
A presto!^_^
Carlos Olivera