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Autore: Carlos Olivera    01/05/2012    3 recensioni
Sono passati due anni dalla distruzione del Drago Antico.
Saito e Louise, ora sposati, vivono felicemente nel loro feudo di De Ornielle, facendo continuamente avanti e indietro da Tokyo per stare con i genitori di Saito. Per Saito, inoltre, è in arrivo una notizia inattesa e bellissima. D'improvviso, una serie di inquietanti e terribili imprevisti giungono a distruggere una pace così difficilmente conquistata. Da un momento all'altro, per qualche misterioso motivo, Saito perde nuovamente i suoi poteri di Gandalfr, e Louise la possibilità di evocare i portali dimensionali. Contemporeamente, la morte improvvisa della regina Henrietta genera lotte sanguinose per la successione al trono tra i nobili; da un momento all'altro, Tristein conosce la sua epoca Sengoku, sprofondando nella guerra civile. Mentre Saito e Louise devono scegliere che ruolo avere in questi eventi, la misteriosa comparsa di un giovane senza memoria, ma che per qualche strano motivo sembra aver "rubato" a Saito le rune di Gandalfr, sarà destinata a cambiare per sempre le loro vite.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Passarono alcune settimane.

Laguiole tentò un altro paio di attacchi, tutti facilmente respinti, poi il conte Valat fu costretto a rinunciare a lanciare i suoi attacchi lampo per risistemare la sua disastrata provincia, rivolgendo anche le proprie ambizioni ad altre regioni più facilmente assoggettabili.

Per un po’, la vita a Grasse scorse sostanzialmente tranquilla, tanto che Saito fece richiamare Kaoru a palazzo, visto che per il momento la sua presenza al confine non sembrava necessaria.

Tuttavia, da qualche tempo, sembrava avere altro per la testa, e non era solo un’impressione.

Kaoru infatti non aveva mai smesso di interrogarsi sull’identità di Maschera di Ferro, e sul perché della strana sensazione che aveva provato entrambe le volte in cui si erano affrontati. Per questo, all’insaputa dei suoi stessi signori, aveva inviato una serie di staffette in giro per tutte le province vicine nella speranza di stanare quella specie di fantasma, che colpiva e spariva senza che nessuno riuscisse a prenderlo né a vederlo in volto.

A quanto sembrava, Maschera di Ferro non si era limitato solo al generale Deville; nell’ultima settimana in particolare, aveva fatto rotolare più di qualche testa, quasi sempre governatori di province o alti ufficiali dei loro eserciti, e le sue azioni stavano cominciando a renderlo un bersaglio per molti, oltre che un nome conosciuto ormai in tutta la nazione.

Inoltre, correva voce che facesse anche opere di bene, come difendere villaggi da razzie e battaglie spregiudicate o regalare denaro a destra e a sinistra a famiglie che avevano perso tutto a causa delle guerre, cosa che ne stava facendo un vero paladino tra la gente comune.

Se non altro, il clima che si respirava nel palazzo sembrava un po’ più calmo e rilassato del solito.

Louise e Saito avevano preso persino l’abitudine di invitare alla loro tavola, oltre a Kiluka, anche Joanne, Seena e Kaoru.

Sembrava di essere tornati ai tempi del loro primo periodo di convivenza a De Ornielle, quando in casa c’era sempre qualcuno, e non ci si sentiva mai soli.

L’atmosfera durante questi pranzi era molto rilassata e tranquilla, e prendervi parte era un vero piacere.

Un pomeriggio, i sei amici stavano mangiando insieme come al solito, nella grande sala da pranzo al pianterreno.

Era una situazione molto favorevole, così Louise ne approfittò per esporre a Saito un’idea che aveva iniziato a frullarle in testa già da un po’ di tempo.

«Una festa!?» disse Saito

«Sì. Una grande festa campestre. Stavo pensando di organizzarne una.»

«Ad essere sincero, non credo che questo sia il momento migliore.»

«Ti sbagli, è esattamente l’opposto. Ci sono molti nobili più o meno importanti qui a Grasse, come in qualsiasi altra provincia. La maggior parte di loro ci supporta e ci è amica, ma alcuni sono ancora scettici circa la nostra posizione di governatori.

Un ricevimento sarebbe l’occasione giusta per testimoniare a tutti la nostra buonafede, e dimostrare che intendiamo essere dei buoni reggenti.»

«Non sembra affatto una cattiva idea.» commentò Kiluka

«Stavo anche pensando che potremmo invitare anche i nobili di altre province limitrofe.»

«Maestà, potrebbe essere pericoloso.» disse Joanne «Far entrare gente che non conosciamo nel castello in questo modo.»

«Veramente, stavo pensando di organizzarla da un’altra parte.»

«E dove?» chiese Seena

«Il generale Deville aveva una villa di campagna non lontano da qui. Ci sono stata l’altro giorno. Ha un bel giardino e un grande salone da ballo, e so che anche lui ci dava spesso delle feste».

Saito posò la forchetta e si prese un momento per riflettere.

In fin dei conti, non era poi un’idea così malvagia. Invitando i nobili e i governatori delle province limitrofe, quelle non belligeranti e disposte al dialogo, si sarebbe dato loro un segnale di pacifica amicizia, che avrebbe permesso magari di stringere qualche alleanza.

Il ragazzo si girò verso Siesta, che stava ritirando i piatti ormai vuoti.

«Si può fare?»

«Credo di sì.» rispose lei «Ho visto anch’io il palazzo. Ha grandi cucine e molte stanze. L’ideale per cucinare per tante persone e ospitare gli invitati per la notte.»

«Inoltre, so che ha anche un muro di cinta, ed è facilmente difendibile.» disse Seena «Quindi, sarebbe anche sufficientemente sicura.»

«E tu Kaoru? Tu cosa ne dici?».

Il generale restò un momento in silenzio, quasi soprapensiero.

«Penso che di questi tempi, le amicizie sono un bene prezioso. Meglio averne quante più possibile.»

«Anche questo è vero.» disse Saito, che quindi sorrise e batté un momento le mani «D’accordo. Mi avete convinto. Daremo l’incarico ad Auguste di organizzare tutto. Sono certo che sarà perfetto.»

«Certo che sarà perfetto.» disse Louise baldanzosa «È stata una mia idea».

Quasi per un segno del destino, proprio in quel momento Auguste bussò alla porta.

«Chiedo scusa, signori. C’è un ospite che desidera incontrarvi.»

«Di chi si tratta?» chiese Louise

«Un tale signor Colbert

«Il professore è qui!?» disse Saito «Fatelo passare.»

«Subito, signore».

Il professore si presentò in sala da pranzo dopo qualche minuto; era sorridente come al solito, ma sembrava esserci un che di preoccupazione nel suo sguardo.

«Felice di rivedervi, ragazzi. A quanto vedo, vi siete sistemati bene.»

«È un piacere vederla qui, professore.» disse Louise.

Joanne, a differenza degli altri, guardò molto male il professore, che se ne accorse e distolse lo sguardo.

Anche lei, in quanto nuova seconda di Agnes, conosceva bene i trascorsi di quell’uomo, e sapeva di cosa fosse responsabile. A lei in particolare non aveva fatto nulla, ma essendo molto legata ad Agnes, e per il suo carattere votato sinceramente alla vera giustizia, non aveva mai potuto mandare giù il fatto che quell’uomo non avesse mai pagato per il crimine commesso.

In linea teorica c’erano addirittura gli estremi per la forca, ma ogni volta che Joanne aveva provato ad avviare un’indagine era stata ostacolata, incredibile a dirsi, proprio da Agnes, che nel tempo sembrava essersi lasciata alle spalle ogni sentimento di vendetta nei confronti di quell’uomo.

Inoltre, a ben pensarci, non c’era niente che potesse essere usato contro di lui; tutte le prove del suo coinvolgimento nel caso di Dungletale erano andate in fumo nella biblioteca dell’accademia o erano coperte da segreto di stato, e comunque si trattava di un caso vecchio di vent’anni, al quale non importava più niente a nessuno e che nessuno aveva interesse di andare a rivangare.

«La prego, professore. Si accomodi.» disse Saito indicandogli uno scranno «Il cibo è ottimo.»

«Ti ringrazio, ma sono qui in missione.» tagliò corto il professore, che poi si fece improvvisamente molto più serio

«Che è successo?» chiese allora Louise

«Mi manda il direttore Osmund. Chiede di vedervi con la massima urgenza.»

«Perché? Che è accaduto?» domandò Saito

«Ormai è chiaro che il Paese è in piena guerra civile. Credevamo di poter tenere l’accademia al riparo da tutto questo, ma la verità è che al momento nessuno è al sicuro.

Non chiedetemi di cosa voglia parlarvi nello specifico, perché non saprei rispondervi».

Saito e Louise si guardarono tra di loro, poi entrambi si alzarono dai loro scranni.

«D’accordo, partiamo subito.» disse Saito

«Mi fa piacere.» rispose il professore tornando a sorridere «Ho già preso accordi con Lord Venceny, della provincia di Surbein. Ci lascerà passare dalle sue terre senza problemi.»

«Faccio preparare subito una scorta.» disse Joanne

«Non sarà necessario.» rispose calma Louise «Lord Venceny è nostro amico, e il suo è l’unico feudo che dobbiamo attraversare per arrivare all’accademia. Non ci saranno problemi.»

«Però…»

«E comunque.» disse Saito «È opportuno che qualcuno resti qui per garantire la sicurezza e amministrare la provincia».

Alla fine, Joanne si arrese.

Mezz’ora dopo, Saito e Louise avevano fatto preparare il loro calesse ed erano pronti a partire; il professor Colbert li aveva raggiunti a cavallo, ma dietro insistenza dei suoi studenti preferiti accettò di salire in carrozza assieme a loro.

«Posso venire anch’io?» domandò Kiluka «Ho sempre sognato di visitare l’accademia.»

«È pericoloso per te uscire dal castello.» rispose dolcemente ma fermamente Louise «E comunque, non temere. Ci andrai presto. Appena questa guerra sarà finita.»

«Sempre ammesso che finisca.» mugolò Kaoru tra sé a voce bassissima.

A quel punto, Saito e Louise salirono in carrozza.

«Lascio tutto nelle vostre mani.» disse Saito a Joanne e Kaoru «Noi saremo di ritorno al massimo per domani pomeriggio.»

«Contate su di noi, mio signore.» rispose rispettosamente Joanne.

La carrozza dopo poco partì, ma Joanne e Kaoru non fecero neanche a tempo a rientrare nel palazzo che un soldato a cavallo li raggiunge tutto trafelato.

«Capitano!» disse a Joanne «La guardia cittadina è scesa in sciopero.»

«Che significa!? Il loro aiuto è indispensabile!»

«Dicono di non aver ricevuto il loro ultimo stipendio, e così hanno iniziato una protesta. Stanno cercando di convincere anche i soldati di forza sulle mura ad aderire.»

«Quella massa di stupidi. Eppure gliel’avevo spiegato che questo mese le paghe sarebbero arrivate in ritardo. Come se i nostri forzieri traboccassero in questo periodo».

Di solito in casi simili si ricorreva alla forza, ma Joanne decise che non era il caso di esasperare ulteriormente gli animi; chiamò un servo e si fece portare il proprio cavallo, e subito dopo due compagne la raggiunsero per farle da scorta.

«Io vado in città.» disse a Kaoru «Cercherò di far ragionare quegli esagitati. Pensa tu al castello per un po’.»

«D’accordo». Tagliò corto lui.

Anche Joanne a quel punto se ne andò, e Kaoru si ritrovò da solo. La giornata andava sempre meglio. Rimasto solo, il ragazzo volle spendere un po’ di tempo in biblioteca a leggere.

Erano giorni che gli impegni ufficiali lo tenevano occupato, e ora che la situazione sembrava abbastanza tranquilla voleva approfittarne.

Invece, proprio quando era riuscito a rilassarsi del tutto, un soldato si presentò in biblioteca.

«Mi perdoni, generale.»

«Che c’è?»

«Abbiamo appena ricevuto un messaggio da uno degli esploratori. Pare che Maschera di Ferro sia stato trovato».

Nel sentire quel nome, il ragazzo scattò in piedi.

«Dici sul serio!? E dove si trova?»

«Pare che sia stato visto aggirarsi tra le macerie del vecchio villaggio di Dungletale, a est di qui».

Senza perdere altro tempo Kaoru corse alle scuderie e montò in groppa al suo cavallo.

«Avvisa Joanne, e digli dove sto andando.» disse al soldato che lo aveva avvisato e che gli era andato dietro «Che mi raggiunga appena possibile. E avvisate anche il lord di quella provincia che transiterò dalle sue terre.»

«Sarà fatto, generale».

Siesta, intenta in quel momento a stendere il bucato, vide Kaoru correre via dal castello attraverso il ponte mobile come se avesse avuto un mostro alle calcagna.

«Kaoru…» disse.

Non sapeva perché, ma avvertiva una strana sensazione, accompagnata da un senso di minaccia incombente.

 

Durante il viaggio verso la scuola, l’argomento principale della discussione fu ovviamente l’attentato in cui era morta la principessa Henrietta, visto anche che il professor Colbert era appena tornato dalla Gallia dove aveva condotto una approfondita indagine per ordine di sua maestà la regina madre.

«Allora?» domandò ad un certo punto Saito, proprio mentre lasciavano il feudo di Surbein per entrare in quello amministrato dall’accademia «Ha scoperto qualcosa sull’attentato all’Ostland

«Non molto, purtroppo.» rispose Colbert a capo chino «Tutto quello che siamo riusciti a scoprire per ora è che ci sono state due distinte esplosioni.

La prima è avvenuta sul ponte, e in base alle testimonianze di chi ha assistito all’incidente non è stata particolarmente forte, infatti pare che la nave abbia continuato a navigare ancora per un po’; tuttavia deve aver dato fuoco a molto materiale infiammabile, e in poco tempo le fiamme devono aver raggiunto alcuni barili di polvere da sparo che si trovavano nella stiva.»

«Ma non ha senso.» disse Louise

«Infatti. L’Ostland non è stata concepita come una nave da guerra, e anche in base ai registri non risulta essere stata imbarcata polvere da sparo.»

«Questo avvalora l’ipotesi dell’attentato.» disse Saito

«Infatti. E c’è un’altra cosa che mi lascia perplesso.»

«Che cosa!?»

«Tra le macerie abbiamo ritrovato dei resti di armature che non appartengono al nostro esercito. Per essere sincero, non avevo mai visto niente dal genere. Avevano una forma e un disegno completamente sconosciuti.»

«Forse erano degli attentatori.»

«Probabile. E se così fosse, vuol dire che sono rimasti uccisi dal loro stesso attentato.»

«E della principessa ha qualche notizia?» domandò Louise preoccupata

«Abbiamo identificato alcuni corpi, quelli conservatisi meglio, ma per ora ne abbiamo trovati solo di maschili.»

«Quindi, forse la principessa è sopravvissuta!»

«Non saprei. Purtroppo, non siamo stati in grado di stabilire se e quante scialuppe manchino ancora all’appello. Tabitha ha ordinato delle ricerche al tappeto in tutta la regione. Se la principessa è viva, la troveranno di sicuro».

In quella, il calesse giunse alfine in vista della scuola di magia.

Vedendola, Saito e Louise quasi si commossero; quanto tempo era passato dall’ultima volta che ci avevano messo piede.

Sembrava solo ieri, quando Louise aveva partecipato alla consegna dei diplomi ottenendo la certificazione di maga alla presenza delle più alte cariche e della stessa principessa Henrietta.

Quando varcarono il cancello, però, si resero subito conto di quanto la situazione fosse diversa rispetto a un tempo; gli studenti e gli insegnanti erano stati rimpiazzati dai soldati, e l’atmosfera gioiosa di un tempo era del tutto scomparsa.

Come raggiunsero l’ingresso venne loro incontro un inserviente.

«Le mie scuse, signori.» disse «Il direttore in questo momento è impegnato in un’altra discussione. Vi riceverà il prima possibile.»

«Non fa niente.» disse Saito, che poi si rivolse a Louise «Che ne dici? Andiamo a fare un giro?»

«Sì.» rispose lei quasi con esitazione.

Inevitabilmente, il primo ed unico posto dove tornarono fu quella stanza letto dove avevano passato la maggior parte del loro tempo, e dove erano accadute tante di quelle cose da non poterne tenere il conto; sui muri, sul soffitto e sul pavimento erano ancora visibili i segni delle esplosioni che Louise aveva rifilato al suo stupido cane per ogni sgarro commesso.

«Quanti ricordi.» disse Saito poggiando la mano sul tavolo.

Il suo sguardo cadde poi su quell’angolino ai piedi del letto dove, all’inizio, si trovava la sua “cuccia”, e che la sua schiena non aveva ancora dimenticato.

Era un’atmosfera troppo malinconica ed onirica perché i due ragazzi non riuscissero a non ripensare a tutte le prove affrontate, a tutto il tempo trascorso, e all’illusione che ciò che stavano vivendo non fosse altro che un sogno, un incubo dal quale si sarebbero presto risvegliati, trovandosi immersi nel solito, amorevole abbraccio in quel letto soffice.

Si guardarono, stringendosi l’un l’altra.

«Saito…»

«Louise…».

Stavano quasi per baciarsi, quando il solito inserviente spalancò la porta, cogliendoli quasi sul fatto.

«Il direttore può ricevervi adesso.»

«D’accordo, arriviamo.» rispose Saito cercando di darsi un contegno.

Poco dopo, il direttore Osmund accolse i due ragazzi nel proprio ufficio.

«Benvenuti, ragazzi miei.» disse invitandoli ad accomodarsi

«È un piacere rivederla, direttore.» disse Louise

«Mai quanto per me. Ho saputo che avete avuto parecchie grane di recente.»

«Beh, sì.» rispose Saito «Abbastanza».

Osmund guardò in basso preoccupato.

«Credetemi. Non avrei voluto coinvolgervi in tutta questa faccenda. L’ultima cosa che voglio è dare problemi ai miei studenti.

Ma questa, purtroppo, è una situazione davvero difficile.»

«Ne siamo consapevoli.» disse Louise «Dica pure.»

«Ciò che più mi preoccupa, in questo momento, è Laguiole. Ogni giorno che passa, il duca Valat diventa sempre più forte, e molte delle province limitrofe sono già cadute sotto il suo controllo.

Ho saputo che state anche offrendo asilo alla duchessa Kiluka, e che per questo avete anche subito un attacco.»

«Non dipende dalla duchessa.» tagliò corto Saito «Anche se lei non ci fosse, ci avrebbero attaccati comunque. Come ha puntualizzato lei, Valat aspira solo e unicamente a ottenere il controllo della nazione.»

«È così. Come anche molti altri nobili di tutto il Paese. Nel sud, ad esempio, Lord Santin sta assoggettando una provincia dopo l’altra, e molti altri governatori per paura gli hanno già giurato obbedienza.

Io ho sperato fino all’ultimo di tenere l’accademia lontana da tutto questo, ma al punto in cui siamo temo sia ormai impossibile. Per questo ho voluto rivolgermi a voi.»

«Che cosa vuole che facciamo?» domandò Louise

«Sia inteso, non posso chiedere un’alleanza né altro. L’accademia deve restare il più possibile al di fuori di qualsiasi questione politica. Quello che vi propongo è un tacito accordo di reciproco supporto.

Tutto quello che vi chiedo è di darmi una mano se un domani qualcuno tentasse di profanare l’inviolabilità di questa scuola.»

«Perché lo sta chiedendo a noi?» chiese Saito

«Molti degli studenti più facoltosi provengono da province distanti e periferiche, mentre molti altri hanno dei genitori dei quali ho sempre diffidato. Non mi sentirei tranquillo ad affidare l’incolumità di questa scuola a gente del genere.

Voi d’altra parte risiedete qui vicino, e non c’è nessuno di cui mi fidi più di voi.

So bene che è una cosa riprovevole, ma vi prego di comprendere che agisco solo nel bene di questa scuola».

Louise e Saito si guardarono e sorrisero.

«Direttore, non c’era neanche bisogno che chiedesse.» disse Saito «Così come cerchiamo di proteggere Tristain dai suoi stessi governanti corrotti, e ovvio che proteggeremo anche quest’accademia.»

«Dunque, voi…» disse Osmund ad occhi sbarrati

«Può contare sul nostro aiuto.» disse Louise

«Vi ringrazio, ragazzi. Avete già fatto tanto per noi, e ora fate anche questo. L’accademia avrà un debito eterno nei vostri riguardi.»

«Non lo dica neanche per scherzo.» disse Saito «Anche a noi sta molto a cuore la sorte di questo posto.»

«Molto bene. Allora, in questo caso, permettetemi di offrirvi una cena come si deve. Non posso garantirvi i livelli di una volta, ma anche il nostro nuovo cuoco si difende bene».

 

Il vecchio villaggio di Dungletale si trovava nel feudo di Surbein, lo stesso che Louise e Saito avevano attraversato per andare all’accademia, ma un po’ fuorimano rispetto alle strade più frequentate.

Kaoru ci arrivò a metà pomeriggio, quando il sole aveva ormai cominciato a scendere sotto l’orizzonte. Il ragazzo sapeva già cosa fosse successo in passato in quel luogo, ci aveva letto alcuni libri, ma trovandosi di fronte quel macabro spettacolo un brivido lo attraversò in tutto il corpo.

Del vecchio agglomerato urbano non restavano ormai che cumoli di macerie annerite dal fumo e dalle fiamme, immersi in una bassa vallata; tutti gli edifici erano crollati, qualcuno del tutto qualcuno solo in parte, e il muschio e la boscaglia si erano ormai impadroniti dei ruderi, mentre sul terreno ancora si vedevano della cenere e della fuliggine, a riprova di quanto quell’incendio fosse stato spaventoso.

Kaoru provò subito una sensazione strana ed opprimente come mise piede nel villaggio; anche il suo cavallo sembrava nervoso, tanto che dovette abbandonarlo in periferia legandolo ad un albero per poi proseguire a piedi.

Regnava un silenzio spettrale e raggelante. L’unico rumore che si sentiva era il gracchiare dei corvi; probabilmente si erano ingozzati per così tanto tempo dei corpi carbonizzati degli abitanti che quel posto aveva lasciato loro un così bel ricordo da spingerli a tornarci di continuo, nella speranza una nuova abbuffata.

«Mio Dio.» disse aggirandosi tra i ruderi «Che uomo è uno che ha potuto fare una cosa simile?»

«Credimi, amico mio.» disse Derf, che invece conosceva la vera storia «A volte la verità è molto più complessa di quanto possa apparire.»

«Io di vero vedo solo quest’orrore».

Kaoru sentiva di aver sempre convissuto con la dura realtà della guerra, ma una cosa del genere era troppo perfino per lui. Sembrava quasi di sentire ancora le grida, i pianti, i lamenti, e l’insopportabile odore del fumo e della carne bruciata.

Quale scopo poteva giustificare un massacro del genere? Persino chiamarlo il Massacro di Dungletale sembrava riduttivo.

Improvvisamente, sentì un rumore, ricordandosi di colpo il motivo per il quale era venuto fin lì, e sguainata la spada si appiattì contro un muro, gettando uno sguardo dall’altra parte.

Maschera di Ferro era lì, proprio come gli era stato detto, seduto in terra con la schiena appoggiata quanto restava di un muro angolare, le gambe inarcate e le braccia buttate sulle ginocchia.

Sembrava quasi che dormisse, o che fosse soprapensiero.

Accanto a lui c’era un cavallo, nero come il carbone, il suo senza dubbio, che brucava la poca erba presente in quella distesa di fuliggine e cenere.

Perché Maschera di Ferro usava come covo un posto simile?

Che fosse un abitante scampato al massacro di venti anni prima? Poteva essere, e così si spiegava anche il motivo per il quale si accaniva contro i nobili.

Kaoru si perse a tal punto a fare congetture dal dimenticare di prestare attenzione a ciò che gli accadeva intorno; il muro al quale era appoggiato non era molto solido, piegato com’era dal tempo e dalla muffa, e quando non fu più in grado di sopportare il suo peso inevitabilmente crollò. Lui riuscì ad evitare di cadere, ma il suo nascondiglio scomparve d’un tratto, per non parlare del baccano assordante che fece scattare sull’attenti Maschera di Ferro.

I due avversari si ritrovarono così, per l’ennesima volta, l’uno di fronte all’altro, ma stavolta era Kaoru il primo a voler combattere. A prescindere dal fatto che potesse avere o meno qualcosa a che fare con la sua amnesia e la sua vera identità, e che avesse aiutato loro o Kiluka, Maschera di Ferro aveva pur sempre tentato di fare del male a Saito, Louise e Siesta, oltre che a lui personalmente, e quindi andava fermato.

Entrambi sguainarono le spade, e come il silenzio tutto attorno venne rotto dal rumore di un sasso che cadeva a terra corsero l’uno contro l’altro prendendo a duellare.

Come sempre Maschera di Ferro si rivelò un combattente eccezionale, tanto che Kaoru si trovò più volte messo in difficoltà; c’era poi anche il fatto che Kaoru non voleva uccidere il suo nemico, perché altrimenti addio risposte, mente al contrario Maschera di Ferro non sembrava volersi porre alcun limite.

Ma non era solo per quello.

Da quando aveva messo piede tra le macerie di Dungletale Kaoru aveva iniziato ad avvertire uno strano malessere, come una specie di formicolio accompagnato da un fischio nelle orecchie, e più il tempo passava più quella sensazione si faceva forte, al punto che gli pareva quasi di avvertire delle voci nella propria testa.

Inevitabilmente, Maschera di Ferro si portò ben presto in netto vantaggio, ma Kaoru non voleva saperne di arrendersi e continuava a combattere cercando di ignorare il fastidio, che stava diventando vero e proprio dolore.

Con la forza della disperazione Kaoru riuscì a tenere testa al suo nemico, e ad un certo punto, sfruttando una sua distrazione, persino a portarsi in vantaggio.

Poi, accadde una cosa incredibile.

Tentando di portare un fendente, Maschera di Ferro si sbilanciò eccessivamente in avanti, Kaoru schivò e rispose con un affondo alla spalla. Il nemico se ne avvide in tempo e riuscì a schivare, ma la punta della lama recise uno dei cordoncini della maschera.

Maschera di Ferro si allontanò spiccando un salto, e dando prova una volta di più delle sue abilità fuori dal comune, ma quando tornò a terra la maschera si staccò mettendone a nudo i lineamenti; subito si coprì il volto con una mano, ma nonostante ciò Kaoru riuscì comunque a riconoscerlo, restando letteralmente di sasso. Non aveva mai visto quella faccia prima d’ora, ma sapeva chi fosse.

«Tu… tu sei…» balbettò sconvolto

«Non ci credo.» disse Derf.

Improvvisamente, Maschera di Ferro sembrò perdere la testa. Lanciato un urlo di rabbia alzò la spada, che fu circondata da una specie di piccolo tornado che poi venne lanciato violentemente contro Kaoru, raddoppiando la propria potenza.

Kaoru riuscì ad evitare di essere spazzato via, ma gli finì parecchia cenere negl’occhi che lo accecò temporaneamente, e quando fu in grado di vedere di nuovo Maschera di Ferro, col volto nuovamente celato, era di nuovo in sella al suo cavallo e si era già dato alla fuga.

«Aspetta!» tentò di dire, ma fu inutile.

Rimasto solo, il ragazzo cadde sulle ginocchia.

«Compare, và tutto bene?».

In realtà non andava affatto bene. Quella sensazione si era ormai fatta autentico dolore, e ora che i suoi pensieri non erano più rivolti al combattimento Kaoru lo sentiva in tutta la sua violenta portata.

Strinse i denti, cercando di soffocare le grida.

Quel fischio era talmente insopportabile che avrebbe voluto strapparsi le orecchie, e la sua testa minacciava di scoppiare; gli sembrava di sentire delle voci all’interno di quel suono, voci indistinguibili e spaventose, che facevano gelare il sangue.

Anche l’atmosfera tutto intorno, tornato il silenzio, sembrava essersi fatta improvvisamente molto più spaventosa; i muri e le macerie sembravano tremare, e pareva quasi di vedere delle ombre scure muoversi in tutte le direzioni, scomparendo e riapparendo in continuazione.

«Che cos’è?» disse «Basta… Basta… Smettetela… Non ce la faccio più… Basta!».

Kaoru lanciò un urlo terrificante, tenendosi la testa con tale forza da dare l’idea che volesse staccarsela; i suoi occhi si erano fatti bianchi come quelli di un morto.

«Compare?» gridò Derf spaventato «Che ti succede? Compare?».

D’un tratto Derf ebbe come la sensazione di venire risucchiato via, come una presenza minacciosa sembrasse volerlo trascinare a fondo perché non potesse comunicare col ragazzo.

A terra, poco lontano, c’era un uccellino, rimasto rintronato a causa del vortice prodotto da Maschera di Ferro ma in procinto di riprendersi. Agitandosi e dimenandosi come un pazzo, Kaoru lo toccò, permettendo a Derf di entrarci e di spiccare il volo per correre in cerca di aiuto.

Kaoru, rimasto da solo, continuò a dimenarsi e ad urlare per quasi un minuto, per poi crollare apparentemente svenuto tra le macerie.

Qualche ora dopo, Joanne, alla guida di un manipolo di moschettiere, arrivò al villaggio di Dungletale, ma di Kaoru trovò soltanto il suo cavallo, legato ad un albero e apparentemente terrorizzato.

«Deve essere ancora qua attorno.» disse la giovane «Cercatelo!»

 

Verso mezzanotte notte, mentre quasi tutti dormivano, un’ombra nera prese ad aggirarsi come uno spettro per i corridoi della scuola, talmente silenzioso e sfuggente da essere passata inosservata a tutte le guardie e i soldati.

Camminava lentamente, quasi scivolando sul pavimento, con una postura leggermente ondeggiante.

Nello stesso momento, il professor Colbert era nel suo ufficio, e stava finendo di redigere il rapporto sull’indagine all’Ostland che l’indomani avrebbe portato personalmente al palazzo reale.

Da quando era stato nominato vicepreside aveva ottenuto un proprio studio, proprio vicino a quello del direttore Osmund, quello dove si trovava in quel momento, anche se ogni tanto gli piaceva tornare al suo vecchio seminterrato per dedicarsi ai suoi studi e alla sua alchimia.

In particolare, passava molto del suo tempo a studiare e analizzare alcuni oggetti che Saito gli aveva portato dal suo mondo, oggetti affascinanti e straordinari che funzionavano grazie ad un cosa che Saito aveva sempre chiamato elettricità, una specie di versione scientifica della magia, che tutti potevano usare.

Era anche per questo che il mondo di Saito lo affascinava tanto; perché non c’erano distinzioni, e perché tutti potevano imparare a usare e sfruttare qualsiasi cosa semplicemente con lo studio e l’esperienza. Il tipo di mondo che aveva sempre sognato.

Ad un certo punto, stanco e provato, si fermò un momento, dandosi una stiracchiata e strofinandosi un momento gli occhi, affaticati dal dover scrivere alla luce di poche candele.

Stava per rimettersi al lavoro quando udì la porta aprirsi, ed alzato lo sguardo vide Kaoru in piedi davanti all’uscio.

«Ah, Kaoru-kun.» disse alzandosi «Che cosa ci fai qui? Credevo fossi rimasto al castello».

Sorridendo come al suo solito si alzò, avvicinandosi a lui; quel ragazzo era sempre stato un tipo introverso, ma ora era anche più silenzioso del solito. Teneva perfino lo sguardo basso, quasi avesse paura.

«C’è qualcosa che non và?» chiese ancora il professore «Posso aiutarti?».

All’improvviso si udì un rumore, come un colpo secco, e il sorriso sul volto di Colbert si tramutò in una smorfia sofferente. Attonito, guardò in basso, scorgendo il pugnale del comando simbolo del comandante dell’esercito di Grasse piantato nel suo fianco fin quasi all’impugnatura.

«Ka… Kaoru… che cosa…».

A quel punto, il ragazzo alzò leggermente la testa, e Colbert rimase sconvolto da ciò che vide: i suoi occhi blu erano diventati rosso sangue, come rosse si erano fatte d’un tratto anche le rune sulla sua mano. Anche la sua espressione si era fatta piatta, priva di emozioni.

Il professore si guardò nuovamente la ferita, e come Kaoru ritrasse il pugnale riuscì a malapena a fare qualche passo indietro prima di cadere in ginocchio tenendosi il fianco.

Era dunque giunto il suo momento? La morte giustiziera alla quale già una volta era ingiustamente scappato, era infine venuta ad esigere il suo tributo?

 

 

Nota dell’Autore

Eccomi qua!^_^

Scusate l’aggiornamento flash, ma avevo troppa voglia di scrivere questo capitolo, e probabilmente “qualcuno” immagina anche il perché, e così mi ci sono messo per un giorno intero senza sosta riuscendo a finirlo rapidamente.

Che dire, questo era uno dei capitoli angolari, come chiamo quelli che creo nella mia mente fin da quando inizio a progettare la storia, e attorno ai quali poi creo poco per volta tutto il resto.

Per giovedì dovrei poter aggiornare ancora, ma non datelo per scontato.

Grazie come sempre ai miei recensori seldolce e shawnfrost.

A presto!^_^

Carlos Olivera

  
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