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Autore: AngelOfSnow    01/05/2012    2 recensioni
Salve a tutti.
Con questa storia spero tanto di farvi immergere in un mondo non troppo lontano dalla realtà dei giorni nostri.
La protagnista si ritroverà a fare i conti con le "Gocce di memoria" scombussolate dalla presenza di un uomo a cui deve molto dando modo al loro passato di fondersi per divenire un unico futuro.
Dal capitolo:
Della mia vita a Milano ricordo solamente il volto sfigurato dal tempo di un bambino.
Nient’altro, a parte che mi trovavo spesso a casa sua per colpa del lavoro dei miei genitori e che fosse oramai parte integrante di quella vita: una vita che sinceramente amavo da ogni punto di vista perché non avevo la consapevolezza di quello che avrei realmente lasciato dopo.
Adesso, che ho compiuto 16 anni, non posso fare a meno di domandarmi “chi” e “cosa” rappresentasse per me, anche se so per certo che nessuno mi avrebbe detto alcunché. Eppure sono ottimista pesando che il mio passato mi abbia formata a come sono oggi...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Scena Quinta: VI Atto.

Scena Quinta: VI Atto.

Stavo guardando attentamente le foto davanti al mio naso non riconoscendomi proprio.

<< Ma sono davvero io? >>

E lei annuiva, tutte le volte. Tutte le volte dopo quell’assenso la coda dell’occhio cadeva sul borsone.

<< E tu mi stai dicendo che il soggetto in tutte le foto è Davide?! >>

<< Non te lo sto solo dicendo, te lo sto anche mostrando!  >>

E li mi cadevano sulle foto in questione, dove ero ripresa in mille modi con Davide: sulle altalene, mentre tentava di farmi i codini, con il grembiule e lo zaino, in costume da bagno, mentre mi imboccava, una in cui tiene in mano uno dei miei dentini da latte, una sui castelli di sabbia, una al parco, una con dei gelati enormi in mano, una in cui lo macchio di panna sul volto e viceversa, con il pigiama e addirittura una dentro lo stesso lettino dormienti.

<< Quindi, ti ricordi qualcosa? >>

Sono ombre sfocate che si muovono troppo velocemente per poterle afferrare che mi stanno facendo male alla testa.

<< Un po’ più del nulla, ma aspetta, chi te le ha date? >>

Esita nel rispondermi e cerca di far cadere lo sguardo e le mie attenzioni su una foto dove siamo sdraiati su dell’erba ricoperti di fango. Ok, lo ammetto, siamo carinissimi insieme. Ignoro i pensieri e le farfalle nello stomaco guardandola con sospetto.

<< Davide, ok? >>

Sbotta in una volta dandomi l’ennesima stoccata prima dell’entrata dei miei genitori in salone.

<< Buongiorno... >>

Mormora Sam, io mi limito ad un ciao soffocato e strozzato partito dalla gola.

<< Dai tesoro, ancora seccata con noi? >>

<< No. >>

Bofonchio rassegnata: non valeva a nulla comportarsi come bambina viziata. Non quando partono, almeno.

<< Oh, vieni qui! >>

Li abbraccio tutti e due con vigore stringendomi  loro il più possibile.

<< Starete bene? >>

Dico loro anticipandoli.

<< Non prenderci in giro! >>

Annuisco baciando le guance di entrambi.

<< Starò bene. Chiamatemi quando arrivate in Tanzania. >>

<< Tesoro lo faremo, sta tranquilla. >>

Vedo mia mamma armeggiare con il proprio cercapersone e sorrido stampandole un’enorme bacio sulla guancia.

<< Ti chiameremo ad ogni scalo, ok? >>

Annuisco porgendo la borsa a mia madre come se fosse un oggetto così mistico da dover maneggiare con cura.

Quando attraversano la porta, con un mezzo sorriso sulle labbra sconsolato, sento distintamente la mano sulla spalla che Sam poggia in segno di conforto.

<< Andiamo? >>

 

 

Dopo quasi venti minuti di strada sull’autobus e dieci a piedi, la casa di Davide ci si para contro come un pugno nello stomaco.

<< Wow. >>

L’unico commento decente alla Villetta isolata in periferia vicino al quartiere Messinese più agiato. Assurdo.

<< Tesoro, sai che ti verrò a far visita più spesso? >>

Do uno scappellotto a Sam che i rimando mi fa una timida linguaccia e, seppur con malumore, suono al campanello con lettere vergate in uno stile elegante e raffinato.

Nei minuti in cui aspettiamo che qualcuno ci venga ad aprire, posso notare che lo stile semplice ma imponente della casa, con statuette da giardino ( si perché, diamine c’è anche un giardino! ) fiori e finestre, tante finestre. Con mio sommo piacere, quando mi tiro un po’ indietro per vedere le condizioni delle altre abitazioni, noto che la nostra, sia molto raffinata. Ridiamo quando Sam risuona il campanello come una perfetta cameriera.

<< Scema! >>

<< Se, se... >>

Mi arresto all’istante quando la voce di Davide chiede chi fosse.

<< Emh... E-Elisa! >>

Mormoro imbarazzatissima. Dannazione non va bene partire così!

Il cuore mi si ferma in petto quando lo vedo con la camicia sbottonata e un paio di jeans a fasciargli perfettamente le gambe e il bacino. Lo sguardo risale lentamente e posso contare perfettamente i fasci di addominali che partono dal basso in una perfetta V.

<< Oh... >>

Biascico chiudendo di scatto la bocca dando una gomitata a Sam.

Non va, completamente!

<< Prego, che ci fate ancora lì sulla porta? >>

Contro ogni mia prerogativa però, quando afferra il mio borsone così delicatamente, non posso fare a meno di arrossire come una perfetta bambina alla prima cotta.

<< Sam, vuoi rimanere per cena? >>

Il suo tono di voce è così caldo e dolce che mi ricorda qualcosa di... lontano. Quasi lo stesso tono di una ninnananna.

<< Ma Davide, hai cambiato casa? Non abitavi in un appartamento in centro? >>

Faccio cadere la testa di lato stupendomi del fatto che sapesse dove abita. Mha!

<< Mh, si. Ma ho voluto lasciare l’appartamento a Lucrezia. Sai, da quel giorno ci siamo lasciati. >>

<< Aaaah! Come sta la stronzetta? Ricorda ancora quel pugno in pieno viso? >>

Aggrotto le sopracciglia senza riuscire a collegare la miriade di eventi.

Chi è Lucrezia? Come fa a conoscerla Sam?

 

Mi duole ammetterlo, ma quel bisogno soffocato di ricordare cosa fosse accaduto prima dei miei dieci anni e in quell’anno, si fa prepotentemente avanti. Si fa avanti e prepotente proprio come la distanza che si riduce visibilmente tra Sam e Davide e la distanza che si crea da me a tutti e due.

<< Ehi... >>

Dopo molti minuti in cui ridono e scherzano e parlano di questa – com’è raccapricciante il nome! – Lucrezia, ritornano entrambi sulla mia stessa linea d’onda.

<< Mh? >>

<< Vieni, ti faccio vedere la tua camera. >>

Era grande, come ambiente, e ben illuminato se devo essere sincera. La cosa più dolce in assoluto è il fatto che avesse pensato ad ogni comfort possibile ed immaginabile.

Entro estasiata e poggio il borsone vicino al lettino notando il fatto che si sia fermato proprio allo stipite della porta, e che si sia appoggiato ad esso, assumendo un’aria... sensuale.

<< Ti piace? >>

Il suo sorriso mi ruba un battito.

<< Si! >>

Sorriso che adesso si allarga e li occhi illuminano. Noto un particolare solo adesso: gli mancano  gli occhiali.

<< Cosa c’è? >>

Mormora.

<< N-no, nulla... grazie. >>

Rimango a fissare la sua mascella e i lineamenti del viso così belli, sorridendo alla sua esitazione.

<< Prego... vieni giù, avanti: vi preparo qualcosa da mangiare. >>

Annuisco con vigore stanziandolo di pochi passi alle sue spalle.

<< Senti... >>

<< Si? >>

Dico incantata dai suoi movimenti cadenzati e dalle sue spalle così larghe... oddio!

Sorrido scuotendo la testa alla mia stupidaggine. La mia attenzione viene catturata dalle scale e dalla sua figura avvicinarsi ad esse.

<< DAVIDE ! >>

Urlo terrorizzata. Non so da cosa, ma il panico si insinua velocemente mentre gli afferro il polso con vigore tirandolo a me. Tremo dalla paura stringendomi a lui come meglio posso.

<< Elisa, Calmati! Calmati! >>

Immagini veloci e dolorose mi passano davanti senza che io ne possa capire il senso e poi li vedo... due occhi verdi alla mia altezza, che mi guardano con preoccupazione.

<< Elisa... cosa ti è preso? >>

Scoppio a piangere singhiozzando.

<< Ho provato paura... >>

<< Ho provato paura per te, quando ti sei avvicinato alle scale... scusami io... io non... >>

Lentamente mi faccio scivolare al suolo, mentre lui mi abbraccia comprensivo.

<< Su, su, guarda, ti tengo per mano e scendiamo insieme lentamente...ok? >>

Annuisco alzandomi dal suolo grazie al suo aiuto, e prendo la sua mano, tremante. Mi tranquillizzo tantissimo quando tocco l’ultimo scalino notando quanto sia grande la sua in confronto la mia.

 

Il nostro ingresso in salotto, sotto lo sguardo curioso e stralunato di Sam, mano nella mano, sarebbe stato l’ultimo contatto fisico di quel mese.

   
 
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