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Autore: Milla Chan    01/05/2012    2 recensioni
La sveglia sul comodino suonò non appena scattarono le 7.30.
Una mano stanca uscì da sotto le coperte e cercò a tentoni il bottone per spegnere quel fastidioso rumore.
Oh, finalmente un po’ di silenzio.
Nor si rigirò nel lenzuolo, sentendo qualcosa di troppo ingombrante opprimerlo. Socchiuse gli occhi appannati e si stiracchiò lentamente, girando lo sguardo alla sua destra. Dan dormiva ancora profondamente, abbracciato al cuscino come un bambino.
Si alzò a sedere senza fretta, non riuscendo ancora a distinguere bene i contorni delle cose che lo cirdondavano.
Ma non potè non notare di avere una mano impigliata tra dei lunghissimi capelli biondi, ondulati, che pareva fossero proprio i suoi; né ignorare due prosperose sporgenze sotto la maglietta del pigiama.
-Ma che cazz...-
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Danimarca, Nordici, Norvegia
Note: nessuna | Avvertimenti: Gender Bender
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Astrid sbattè per l’ennesima volta contro il vetro della finestra prima di ricordarsi che, accidenti, non ci poteva certo passare, che fatina sbadata!
Ridacchiò e tornò a sedersi sul davanzale, mentre le altre fatine volavano indaffarate per tutta la casa assieme alle altre creature magiche, cariche di ogni tipo di frutto di stagione, barattoli di miele, rami rigogliosi e cornucopie.
Quel tizio con i capelli stupidi, mentre smontava la stanza il giorno prima, si era messo a parlare da solo a proposito di una bambina.
In quel momento era diventato tutto chiaro: ecco cos’era quel pancione che aveva Norge, allora!
Era un evento importante, caspita, dovevano festeggiare! Il ragazzo rumoroso era andato a prendere il loro amato Norvegia: quello stesso giorno sarebbe tornato a casa con una nuova vita tra le braccia.
Tutti erano veramente esaltati e ansiosi, avevano deciso di fargli una sorpresa, addobbando la casa a festa e facendogli tanti meravigliosi regali.
Dopotutto, erano stati loro ad accoccolarsi tra i lunghi capelli di Norge mentre piangeva disperata, tanti mesi prima, sussurrandogli canzoni all’orecchio per farla addormentare e rilassarla.
-Berth, non ti appendere al lampadario, muoviti a spostare quel cesto, non vedi che loro non ce la fanno?!- gridò Astrid, rivolta al troll e indicando un gruppetto di fate che si stavano sforzando per alzare un cestino di rami intrecciati pieno di frutti di bosco appena raccolti.
Berth mugugnò qualcosa, scendendo abbacchiato dal suo gioco preferito per alzare senza fatica il regalo ed appoggiarlo sul divano.
Le creaturine più piccole trasportavano con passione e impegno gusci di noce pieni di nettare, distribuendoli nei posti dove, secondo loro, sarebbero saltati più all’occhio.
Chi sapeva volare, appendeva al muro mazzetti di fiori freschi e rametti carichi di foglie, fieri di essere in grado di farlo.
-Norge, Norge!- urlacchiò improvvisamente un nisse, sbattendo più volte i piedi sul davanzale, indicando il vetro della finestra.
Fuori dalla finestra si vedeva la macchina di quel tipo idiota, ma soprattutto, si vedeva la figura del loro Norge che scendeva...
 
-...Siamo a casa!- esordì Dan spegnendo la macchina, aprendo la portiera e correndo giù.
Norvegia, ignorandolo bellamente, fece tutto con grande calma, prendendo dolcemente la bambina e camminando con un vago sorriso che aleggiava sulle labbra mentre si fermava davanti alla porta di casa, girandosi a guardare Dan che raccattava decine di borse dai sedili posteriori della macchina.
-Guarda Margrethe, quell’idiota impacciato è tuo papà, io mi vergognerei un sacco.- mormorò sarcastica, scuotendo appena la testa.
Trascinandosi fino alla porta, Dan riuscì in qualche disperato modo ad infilare la chiave nella serratura.
 –...Siamo a casa, Margrethe. Guarda che bell....-
Aprì la porta.
-...a.-
Nor intravide un cosino luminoso volare a velocità supersonica verso di lei e spiaccicarglisi in faccia, urlando il suo nome.
Sentì le voci acute e le risate di fate e folletti, i mormorii bassi e docili dei troll, e sbattè più volte le palpebre per la sorpresa, indugiando sulle pareti tanto addobbate da sembrare un bosco .

Oh, dal canto suo, Dan boccheggiò, portandosi le mani tra i capelli.
La sua casa. La sua magnifica casa. Che cavolo era...?
Spostò lo sguardo sulla ragazza, che sembrava letteralmente ammaliata da quel che la circondava, e rimase ancora più sconvolto vedendo il suo sguardo perso, un sorriso davvero strano dipinto in faccia e la sua mano alzata a mezz’aria, mentre con l’altra teneva la bambina. Lui non le vedeva, le creature magiche. Non era mai riuscito a vederle, se non qualche troll che aveva deciso di sua spontanea volontà di rendersi visibile al fine di picchiarlo in nome di Norge.
Però non era tanto stupido da non capire che, in quel momento, fatine e simili avevano agghindato la casa a festa e probabilmente le stavano svolazzando attorno allegramente. Si avvicinò ad uno dei cesti visibilmente fatti a mano, notando così i numerosi mucchietti di mezzi gusci di noci pieni di liquidi densi e dorati sparsi per terra, stando attento perciò a non schiacciarli.

-...Per noi...?- mormorò Norvegia, quasi incredula. Zampettò verso il divano, sedendovisi sopra con lentezza e guardando, piena di gratitutine, tutti suoi amichetti che sembravano appena usciti da un libro fantasy. -...Grazie...-
Lei sapeva quanto le fate considerassero importante una nascita . Era qualcosa di talmente esaltante che non avrebbe saputo spiegarlo a qualcun altro: le fate amano i bambini, tutte le crature magiche amano i bambini, è una specie di dogma, un principio, una verità secolare.
Perché sono ancora innocenti e sentono la loro esistenza. Anzi, sono profondamente convinti che esistano.
Quando i bambini non crederanno più a loro, non saranno più bambini, ma se continueranno a crederci, non saranno altro che adulti che non hanno paura di essere considerati strani.
Questo le fate lo adorano.
Non sono molti gli uomini che credono a loro e ai quali perciò si lasciano vedere.

Astrid fluttuò gongolante davanti a Norvegia, che a sua volta le fece un cenno indicando il povero Danimarca, visibilmente a disagio, impalato sul divano affianco a quello sul quale era seduta la ragazza.
Le fatine ridacchiarono tutte, fiondandosi sul ragazzo. Gli batterono le manine davanti al viso, gli tirarono i capelli e gli soffiarono poi sul naso. Dan sussultò e sgranò gli occhi.
Quando volevano, potevano lasciarsi vedere. In genere non lo facevano, oh, no, non lo facevano assolutamente. Sono timide, orgogliose e riservate.
-Le vedi, ora?- chiese Norvegia in un sussurro, portandosi una mano sulla bocca per coprire una risatina compiaciuta. -...Dovrai ricordarti questo momento. Non ti ricapiterà molto facilmente. È un momento importante, Dan.-
Il ragazzo annuì, tenendo a bocca serrata, provando a non lasciar trasparire la sua ben evidente meraviglia di fronte a tutto ciò che si stava muovendo in quella casa che, santo cielo, gli era sempre sembrata tanto intima...

Un folletto raccolse un po’ di quel liquido aureo da dentro una noce e appoggiò le minuscole manine appiccicose sulla fronte di Margrethe, ridacchiando, mentre la bambina muoveva le braccia per aria e apriva la bocca in una smorfia che avrebbe potuto essere interpretata come un tentativo si sorriso.
Nor inclinò la testa, socchiudendo gli occhi e passandogli il dorso della mano sulla guancia.
-Cosa fa, Norge?- mormorò Dan, allungando il collo per vedere bene. -... Qualcosa tipo un rituale?-
La ragazza alzò appena le spalle. –Qualcosa di simile, sì.-
-...È  tanto importante?- chiese di nuovo, curioso, con un sorrisetto in volto, mentre sentiva qualcosa di sbrilluccicoso e ridente sedersi tra i suoi capelli.
-Non ti immagini neanche quanto.- dichiarò l’altra seriamente -Tu non sai quanto valga per loro tutto questo che ci hanno regalato.- continuò con tono pacato, accettando con un inchino della testa qualche frutto di bosco che un nisse le stava offrendo. -...Vedi tutti questi cesti? Probabilmente sono gran parte delle loro scorte. Dovresti dirgli grazie.-
Dan aprì e chiuse la bocca più volte, prima di riuscire a formulare un ringraziamento.
Un troll enorme, alle sue spalle, gli porse un barattolino di miele grande come un ditale da cucito con un espressione veramente gentile in volto, mentre le creaturine minuscole iniziavano a canticchiare qualcosa in una lingua sconosciuta, volando attorno alla bambina e sedendoglisi accanto, carezzandogli le guance rosee e piene.
Danimarca era davvero, davvero ammirato da tutto ciò che stava accadendo. Anche se lui li aveva visti sì e no una mezza dozzina di volte in secoli e secoli passati con Norvegia, quelle creature erano stato così gentili anche con lui.
Sorrise apertamente e passò un braccio attorno alla spalla di Nor.

-Benvenuta a casa, Margrethe.-

FINE VENTICINQUESIMO CAPITOLO!


Angolo autrice.
Al 25° capitolo della fanfiction non avevo ancora inserito alcun elemento magico! Dopotutto, le fatine di Nor ci sono, non potevo sopprimerle completamente e... Quale miglior occasione di questa!?
Sapete, sabato notte sono tornata da una gita in Sicilia durata una settimana...
E ora vi chiedo di perdonarmi, perché vi avviso che mi prenderò una pausa a tempo indeterminato, devo un attimo... Riorganizzare le idee?
Spero vi siate godute il capitolo, fatemi sapere come vi è sembrato! <3

   
 
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