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Autore: NikOttina    01/05/2012    4 recensioni
La nobile e antichissima casata dei Black possedeva una casa con giardino, un bel giardino.
Un giardino che, per occhio Babbano, era impossibile vedere.
Sì tanto impossibile da vedere che capitò che nemmeno tutti i Black ne fossero a conoscenza.
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Sirius si ritrova a pensare a quel giardino nascosto che aveva scoperto per caso un'estate di tanti anni prima.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Regulus Black, Remus Lupin, Sirius Black
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, II guerra magica/Libri 5-7
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Disclaimers: I personaggi descritti appartengono a J.K. Rowling. Io ne abuso solo un po', senza scopo di lucro.

La nobile e antichissima casata dei Black possedeva una casa con giardino, un bel giardino.
Un giardino che, per occhio Babbano, era impossibile vedere.
Sì tanto impossibile da vedere che capitò che nemmeno tutti i Black ne fossero a conoscenza.
E non era mica un giardino indifferente! Parecchi ettari di terreno sia erboso che boscoso, attraversati da un fiumiciattolo calmo, frutto di una polla creata con la Magia, che spuntava dal terreno e vi ritornava nell’altra estremità del giardino.

I due fratelli Black, Sirius e Regulus, rispettivamente 9 e 8 anni, avevano scoperto quel luogo per mero caso.
Il maggiore stava tramando nell’ombra dell’incavo d’una delle tante porte della loro casa.
Un semplice trucchetto Babbano, dispettoso e sleale: una cordicella robusta tesa orizzontalmente a 20 centimetri dal terreno. Una bella insidia, per il minore. Tutto sarebbe stato più facile, per Regulus, se Sirius non avesse usato la Magia per celare la corda. Sirius aveva iniziato sin dalla tenera età a sviluppare doti magiche, e spesso e volentieri, quando riusciva a controllarla, la utilizzava per dispettucci infantili.
L’agguato era pronto, mancava solo la vittima. Lo scopo era deturpare il bel visino tondo e glaciale di Regulus, anche se solo con un bernoccolo od un livido violaceo od ancora una crosta di sangue sul mento.
La preda stava arrivando, i passi cadenzati e traballanti, il tonfo dei piedi sul pavimento attutito da un paio di graziose scarpette morbide in pelle.
Ma Sirius aveva un udito canino, e sentì bene il balzello del coniglio che si avvicinava inesorabilmente verso la tagliola. Aveva teso la corda, influendo più potere magico che gli riuscisse. Nel caso Sirius avesse avuto difficoltà nel rendere invisibile la corda, il colore di essa, color tabacco come il pavimento, lo avrebbe aiutato. L’aveva scelto apposta, nel negozio di tessuti ove si era recato con la madre un paio di settimane prima per la creazione di nuovi abitini eleganti, utilizzabili durante le sere di gala a cui la nobile e antichissima casata dei Black partecipava ormai da anni.
I tonfi si erano fatti più marcati.
Sirius aveva teso di più, la Magia che non cedeva.
La corda si era adagiata sull’esile caviglia di Regulus, accompagnando il piede fino al nuovo passo. Sirius, però, non aveva permesso a quella minuscola estremità d’arto di toccare nuovamente il suolo: aveva tirato forte la corda, e il più piccolo era caduto, le mani tese in avanti pronte ad attutire il colpo contro il muro, gli occhi sgranati per la sorpresa.
Ma le sue mani, quando ebbero toccato la parete d’avorio, l’avevano trapassata, portandosi seco il resto del corpo.
Sirius, sconvolto, era balzato fuori dal suo nascondiglio ed era andato a tastare la parete in tutta la sua lunghezza: aveva scoperto che essa non scompariva interamente, ma solo in una sezione tagliata a forma di porta, una porta semplice, misera in confronto a quelle cui i fratelli Black erano abituati.
Sirius si era deciso, aveva passato il valico.
Spaesato, si era ritrovato in un giardino mozzafiato, florido di piante d’ogni natura e colore, il fulgido salice, l’impetuosa quercia, il fitto castagno, la vivace felce. Un torrente argentato secava il paesaggio, sibilando impetuoso.
Sirius si era riscosso, guardando in giro.
“Reg?” aveva chiamato.
Ma nessuna risposta gli era giunta.
Spaventato, si era inoltrato nella macchia verde, gridando il nome del fratello.
Ancora nessuna risposta. Nemmeno un cenno.
Poi, in lontananza, i passetti esili e soffocati dall’erba delle scarpette di Regulus erano stati captati dalle acute orecchie di Sirius.
Il giovane si era diretto verso quel suono, sì familiare, ma lontano e tetro per qualche ignoto motivo.
La figura di Regulus era chinata, schiena al fratello, davanti ad una recinzione e dal movimento delle spalle si poteva intuire che stesse smanettando con qualcosa.
Sirius gli aveva toccato una spalla, Regulus si era girato.
“Non ti trovavo più…” gli aveva detto Sirius. “Cos’è successo?”
“Con te non ci parlo!” gli aveva risposto un offeso Regulus, voltandogli nuovamente le spalle.
“Che stai facendo?”
“Ho detto che con te non ci parlo!”
Sirius lo aveva afferrato per un braccio e lo aveva fatto voltare. “Si può sapere che… oh!”
Lo sguardo del fratello maggiore si era posato sull’oggetto dell’interessa del fratello minore: un uccellino piccino picciò, dal piumaggio grigiolino/azzurro e degli occhioni lucidi pigolava come un dannato, incastrato in una maglia della recinzione.
Sirius si era chinato per aiutare il fratello a liberare la creaturina e Regulus, nonostante la stizza, lo aveva lasciato fare.
Dopo una certa fatica, l’uccellino aveva fatto un paio di saltelli, aveva scrollato le ali ed era partito in volo, acquistando quota pian piano, battito dopo battito.
I due fratelli erano rimasti a guardarlo andare via, pallino sempre più piccolo contro il cielo d’estate.
Sirius aveva successivamente passato un braccio intorno alle spalle del fratello, che aveva cercato di scappare. Sirius però lo aveva trattenuto dolcemente, si era scusato per lo scherzo.

I due fratelli erano spesso tornati al giardino per giocare e svignarsela da quella madre severa.
Era capitato che facessero domande vaghe riguardo al giardino, per setacciare il terreno, per capire se qualcun altro era a conoscenza di quel luogo.
La madre non sembrava capire di cosa stessero parlando, e così il padre.
Avevano deciso, dunque, che quello era un buon posto per nascondersi.

A Sirius era mancato parecchio, il giardino, nei momenti in cui era triste e non poteva tornare a casa.



---

Sirius si mosse con uno scatto sulla sedia di legno.
Gli era appena tornata in mente una cosa che pensava non avrebbe mai dimenticato.
Il giardino…
Nonostante la presenza di tante persone sedute a quel tavolo vecchio e impolverato, l’unico ad accorgersi del movimento sgraziato di Sirius fu Remus, che lo guardò preoccupato, poggiandogli una fredda mano sull’avambraccio.
Il giardino…
“Tutto bene, Sirius?” gli chiese con premura.
Il giardino…
Sirius guardò spaesato la mano di Remus posata sul suo braccio.
Il giardino…
Successivamente il suo sguardo si incastonò in quello dell’amico, grigio nell’ambra.
Il giardino…
Sirius boccheggiò.
Il giardino… Remus deve sapere che c’è un giardino. Deve sapere che non ci ho pensato per tutto questo tempo. E’ scomparso dalla mia mente quando me ne sono andato. Loro potevano nascondersi lì. Gliel’avrei dovuto dire, che c’era posto nel giardino.

Regulus stava rincorrendo un pesce, che nuotava frenetico nel fiumiciattolo del giardino.

“Sto bene, Remus. Non ti preoccupare” rispose Sirius con un sorriso poco convincente, ma Remus lo lasciò stare.

Regulus era caduto nel fiume, Sirius lo stava aiutando ad alzarsi.

Sirius si alzò da tavola senza aver finito il suo piatto, e si diresse in camera sua sotto gli sguardi stupiti dei presenti.



---

“Posso entrare?” chiese Remus bussando alla porta della camera di Sirius.
La cena era finita da poco. Molly aveva chiesto una mano ai ragazzi, dicendo loro di sparecchiare: aveva notato anche lei lo scatto di Sirius, ma essendo dall’altra parte del tavolo aveva preferito non intervenire, vedendo Remus già in azione. Così, dopo che tutti ebbero mangiato, lei gli aveva fatto un cenno del capo, facendogli intendere “Va’ da lui, parlagli.”
Remus aveva annuito, ringraziandola mentalmente. Si era diretto verso quella camera che racchiudeva anni di incomprensione e ora si trovava lì davanti, a chiedere il permesso per entrare.
Come risposta ottenne un mugolio, che Remus ritenne un “sì”.
Scostò la porta cigolante ed entrò.
La camera era nella penombra ed una figura si intravedeva sdraiata sul letto sfatto.
Remus gli si distese accanto, senza troppi complimenti: conosceva Sirius, sapeva che stava pensando a qualcosa che lo turbava.
Per un po’ non dissero niente, sentivano che non ce n’era bisogno. Poi Remus si fece avanti.
“Posso sapere a cosa stavi pensando, Sirius?”
Niente di più schietto. Con Sirius funzionava così.
“C’è una giardino, Remus.”
Si era deciso a dirglielo, Remus doveva sapere che razza di persona orribile lui fosse.
“Un giardino?”
“Un giardino.”
“Dove?”
“Qui, in questa casa.”
“Sei serio, Sirius? Non c’è abbastanza spazio per un giardino, qui.”
“Non lo vedi da fuori. Devi… devi…”
Sirius gli spiegò tutto quello che era successo, come aveva fatto a scoprire quel giardino. Remus doveva sapere.
Entrambi rimasero in silenzio, dopo il resoconto.
“Perché il giardino? Cosa ti preoccupa tanto?”  gli chiese Remus dopo un po’.
“James e Lily” rispose l’altro semplicemente.
“Eh?”
“Loro due potevano nascondersi lì. E io non m-me lo sono ricorda-ato...  C-come ho pot-tuto n-non di-dirglie-elo?” Sirius a stento trattenne i singhiozzi, poi cedette.
Si avvinghiò al petto di Remus, sfogando tutta la sua frustrazione.
Remus gli accarezzava lentamente la schiena, sussurrando qualche “shh” sparuto: anche lui aveva gli occhi lucidi.
Quando Sirius si fu calmato, Remus cercò di ragionare con lui.
“Sirius… Non avrebbe funzionato. Li avresti portati tra le braccia di Tu-Sai-Chi. Sarebbe stato inutile averli nascosti."
Remus si chiese come Sirius avesse potuto pensare ad una cosa così sciocca.
L’altro ci rifletté su.
“Hai ragione. Ma era un giardino così bello, sembrava tutto così tranquillo…”
Per forza, si disse Remus. Lo avrà trovato un posto in cui poter scappare dopo ogni lite con i genitori. 
“Immagino, ma in questo caso non sarebbe servito.”
Di nuovo silenzio. I respiri erano lenti.
“Remus… Vuoi vedere il giardino?”



Note dell'Autrice
Mia madre Lunedì mattina mi ha svegliata un'ora prima rispetto al solito. L'ha fatto per sbaglio, non per cattiveria, sia chiaro. Quindi io mi sono preparata e ho aspettato che arrivasse l'ora giusta per uscire. Ero allegramente appoggiata alla ringhiera del terrazzo sul retro, quando ho visto un uccellino appoggiato sulla rete che cinge il giardinetto di casa mia. E' stata ispirazione a prima vista.
La mia mente ha iniziato a ideare situazioni, poi è venuta fuori questa storia. 
Se vi chiedete perché il quinto capitolo della mia long sia così trascurato, il motivo è questa fan fiction.
Ringrazio chiunque leggerà e lascerà una recensione!
*Nick.

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