Anime & Manga > No. 6
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Autore: R e d_V a m p i r e     02/05/2012    1 recensioni
Persino il teatro, persino Eve, ecco, persino quello aveva lasciato. Ma ancora, per quanto poco di nostalgia creasse il pensiero, ecco ancora non era abbastanza per dire 'ehi, che ho fatto?'.
Di ciò che aveva abbandonato veramente, però, preferiva non star troppo a pensare.
Faceva dannatamente male tutto quel bianco davanti agli occhi, anche quando tutto in torno non c'era che il blu, il verde e infinite possibilità.

[Nezumi Centric; accenni NezumiShion]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nezumi, Shion
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ciò che hai perso
-non è mai scomparso-
Andando via, quel giorno di quattro anni prima, l'unico superstite del Popolo della Foresta si era lasciato tante cose dietro. Forse più di quante, dando le spalle al muro distrutto di una No.6 finalmente libera, aveva creduto ne stesse abbandonando. Dopotutto non c'era niente di veramente suo, lì.
Si era sempre sentito così, libero di una libertà fasulla e vuota, privo di ogni vincolo che non fosse quello della sua vendetta. E quando, finalmente, questa s'era compiuta e non era rimasto più nulla di quelle catene che lo avevano legato alla città che tanto odiava, allora si era ritrovato privo di ogni scopo.
Libero, di una libertà futile.
Quel cagnaccio randagio di Inukashi avrebbe sicuramente pagato oro, per poter dire di sè lo stesso. Almeno, per quanto la conosceva - davvero molto poco, nonostante gli anni - era facile credere questo.
Ma lei, appunto, aveva i suoi cani e il suo hotel - poco importa fosse andato distrutto, come tante altre cose - e per quanto ne dicesse, non li avrebbe abbandonati per una libertà di cui non avrebbe saputo godere.
Ma, d'altronde, a pensarci bene cos'è che si era veramente lasciato dietro?
Forse quella casa sotterranea, che neanche casa poteva definirsi, così piena di tutto e ingombra di niente - non quando non c'era lui a riempirla -.
Forse quella miriade di libri, unica eredità di un passato mai esistito. Unica ricchezza, di un cuore fin troppo povero.
Persino il teatro, persino Eve, ecco, persino quello aveva lasciato. Ma ancora, per quanto poco di nostalgia creasse il pensiero, ecco ancora non era abbastanza per dire 'ehi, che ho fatto?'.
Di ciò che aveva abbandonato veramente, però, preferiva non star troppo a pensare.
Faceva dannatamente male tutto quel bianco davanti agli occhi, anche quando tutto in torno non c'era che il blu, il verde e infinite possibilità.
Nella sua fuga - perchè di fuga si era trattata, sì - cosa aveva avuto la presunzione di cercare? Della sua gente non era rimasto che il ricordo fra le foglie nuove di alberi bruciati anni prima.
Ma sì, , aveva finito solo per scappare da quanto aveva.
Perchè non era mai stato abituato a possedere niente, e in fondo non aveva certo la pretesa di poter dire che quello sciocco, strano, fin troppo innocente ragazzino fosse suo. Con che coraggio avanzare dei diritti su quanto aveva lui stesso deciso, arbitrariamente o meno, di abbandonare?
Certo, si consolava pensando che quella era soltanto libertà. Aveva voluto regalare un futuro a un amico - che bugiardo - un futuro dove lui non era previsto, tutto qua.
Aveva già fatto fin troppo, entrando nella sua vita. L'aveva sconvolta abbastanza.
O forse, forse, era stato Shion a sconvolgere la sua?
Era tutto così semplice, prima.
Prima di intrufolarsi nella sua stanza, dopo averlo sentito urlare alla pioggia come un ossesso.
Prima di poter capire quanto calde potessero essere le persone vive.
Prima di finire irrimediabilmente, totalmente, irreparabilmente dipendente da lui.
Non aveva mai avuto bisogno di nessuno. E non avrebbe di certo avuto bisogno di quel Principino viziato, di quello sciocco sognatore dagli occhi rossi che avrebbero dovuto terrorrizzare, se solo fossero stati incastonati in un altro volto.
Già, era più semplice pensarla così. Dannatamente più semplice.
Faceva meno male - al suo orgoglio, o forse solo al suo cuore -.

"Nel momento in cui trovi qualcosa da proteggere sei già morto"

La Signora dei Cani glielo aveva ricordato più di una volta, no?
Però... però... avrebbe, ecco, avrebbe preferito morire, alla fine. Di una morte di cui ne sarebbe valsa la pena.
Morire di questa morte, morire per qualcosa da proteggere, che vivere di una vita così priva di significato.
Aveva tanto cercato, in quegli anni, tanto cercato qualcosa che non avrebbe mai potuto trovare lì, dove lo cercava.
Ovunque volgeva gli occhi, ovunque non vedeva che le stradine di Kronos. Non vedeva che quella casa, poco più di un buco è vero, il vento che soffiava nel Distretto Ovest.
Non c'erano che quelle pareti piene di libri, quel divano e quel misero fornelletto, quel letto fin troppe volte condiviso.
E poi c'era Shion.
C'era il suo sorriso, c'era il suo sguardo. C'era la sua voce, la sua risata.
C'era il calore delle sue labbra.
Chissà com'era diventato, in quei quattro anni di libertà - fasulla e mai richiesta - il Principino? Era forse cambiato?
Era ancora Shion?
Forse aveva semplicemente paura di trovarselo davanti e non riconoscerlo più. Oppure di riconoscerlo, riconoscerlo fin troppo bene, eppure vederlo lo stesso diverso e lontano.
Avrebbe fatto male, il rimpianto.
Ciò che è perso non torna indietro.
Lo aveva perso? Definitivamente. Oh, sarebbe stato come morire davvero, quello.
Meglio stare lontano e non sapere. Meglio vivere di ricordi e false speranze.
Meglio, meglio, meglio così - vigliacco, codardo, topo di fogna -.

Eppure sei lì. Fermo ai piedi di una città ricostruita. Non ci sono mura. Non ci sono divisioni. Non c'è più nulla di quello che hai lasciato.
Il tuo sguardo vaga fra le stradine, fra le persone che ridono e scherzano e lavorano e vivono - e sono libere, libere loro! -.
E poi si ferma, lì, su quel giovane uomo che sorride, i capelli bianchi illuminati dal sole, gli occhi rossi semplicemente dal sorriso che rivolge ai due bambini aggrappati alle sue mani. Non si è accorto di te.
Ma ecco, la più grandicella lancia un gridolino, ridendo poi quando il più piccolo addita la bestiolina che gli si è arrampicata, svelta svelta, lungo il braccio.
< Nezumi-san! >
Non indietreggi, anche se vorresti farlo, ricambiando quello sguardo rosso in cui leggi tutto quello che hai perso, che ti sei lasciato dietro.
E che è sempre rimasto lì ad aspettarti.
   
 
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