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Autore: Timoria    02/05/2012    1 recensioni
« Ho issato sul capo il drappo nero dell'Angoscia. »
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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APRÈS MOI, LE DÉLUGE

     Ho il cuore pesante - lo stomaco stretto tra le dita ricurve di quel malessere informe.
     Voglio liberarmi.
     Conficcato nello sterno, lì, tra la curva dei seni, un dardo la cui punta arrugginita lacera lentamente la pelle, le ossa, le carni - e si fa strada, inghiottito tra gli spasimi indolenziti di un petto reso inquieto dal ritmo irregolare del respiro.
     La gola graffiata dagli ultimi rantoli di un grido muto, soffocato dall'indolenza del mio stesso orgoglio.
     Sento il cervello compresso in una morsa che lentamente lo accartoccia, annegandolo nell'oceano paralizzante dell'istinto che ancora sento ruggirmi dentro - l'eco di quel ruggito mi incita ad alzare il mento, a scrollarmi di dosso le vesti scure, a lutto di ciò che si è perso.
     Ma cos'è che ho perso? Cos'è che non riesco a trovare?
     Ogni colore ha smarrito la sua vividezza. Il sole si perde in una corona di raggi blandi, pallidi, malati - evoca quel giallo ambivalente, che se da un lato è vita, dall'altro è l'anticipazione sinistra della fine.
 
     Sbaglio o non c'è più distinzione tra iride e pupilla? Sbaglio o questi occhi socchiusi - ombreggiati indolentemente dalle ciglia - hanno perso quell'intimo luccichio cangiante a seconda delle mie intenzioni?
     Contemplo due pozze scure - contemplo l'abisso, quello stesso abisso in cui mi sto perdendo.
     Sono smarrita nel mio Inferno personale - ho svuotato ogni singolo angolo della memoria per poterlo popolare di demoni e creature spaventose.
     Che la Terra altro non è che l'altra metà dell'Inferno. Ed io ho trovato lo spicchio riservato a me ed a me soltanto.
     « Tu duca, tu segnore e tu maestro. »
     Parole vuote.
     Maestro...
     La mia unica bussola - la mano protesa -... l'ho persa. O forse è stata lei a voler farmi perdere ogni sua traccia
     Se Dante fosse stato abbandonato da Virgilio nel bel mezzo di un qualche Girone, sarebbe caduto in ginocchio arrendendosi alla desolazione di ciò che aveva dinnanzi. Di ciò che aveva dentro.
     Sarebbe stato assassinato dalle sue stesse colpe, da ogni singolo rimorso - quei demoni avrebbero finito per torturare lui, arrivando a distruggerlo.
     Ed ora torturano me.
     Mi trapanano il petto con i loro forconi, mordono il mio ventre con bocche mostruose e mai sazie, calpestano il cranio ed arrancano su per l'esofago, bruciandolo.
     Sono caduta anch'io. Col braccio teso e tremante - con la Speranza che silenziosamente scivola vita, fluendo dalle dita che rassegnate si chiudono sul palmo, catturando i brandelli della tua presenza.
     Nel mio cielo scuro, la Stella Polare s'è spenta.
     Io, che nella pastosità delle tenebre ho perso il Sole, dò la caccia alla Luna.
     Ma sembra tramontata. O, forse, non è semplicemente mai sorta.
 
     Ho issato sul capo il drappo nero dell'Angoscia. Se chiudo gli occhi, scorgo ancora rinchiuso il cuore pulsante di qualche bizzarro sogno; ma le palpebre sono prigioni di carne invalicabili, chiuse come sipari dall'essenza viva e velenosa di chissà quale demonietto che sconta la propria perdizione ancorandosi al mio teschio cavo.
 
‹ Note dell'autrice 
Non credo ci sia molto da aggiungere..
Più che una FF è un flusso di pensieri. Una rivisitazione
(IMPROPRIA, oserei dire) in chiave personale del termine
"SPLEEN", o ennui che dir si voglia.
Perché?
Perché credo sia giusto condividere anche questo.
  
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