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Autore: vampiredrug    03/05/2012    3 recensioni
Questa storia vorrebbe essere la riscrittura di una piccola parte del 4° libro della Harris (la parte che tutte noi abbiamo consumato a furia di leggere e rileggere), una mia visione personale, insomma. Anche se la pubblico solo ora, è stata scritta prima che la quarta stagione di True Blood andasse in onda, per cui il mio smemo-Eric si discosta abbastanza da quello della serie, è più allegro e ha conservato un barlume di dignità, pur esternando abbondantemente i suoi sentimenti per Sookie.
Scusate il primo capitolo assai palloso (- e gli altri no? – direte giustamente voi), ma un minimo di riassunto e introduzione a tutta la situazione mi sembrava d’obbligo, anche per chi magari non conosce bene la saga. Perdonatemi! :)
Genere: Erotico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Eric Northman, Sookie Stackhouse
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi avviai mestamente verso casa, riflettendo sull’ineffabilità dei sentimenti e su come si possa passare in un soffio dal sospetto all’amore verso una stessa persona.

Parcheggiai nel vialetto in maniera automatica e risalii i gradini della veranda ancora persa nelle mie riflessioni etiche, quando d’improvviso mi ritrovai sollevata in aria.

Eric mi aveva presa in braccio al volo, a velocità fulminea, e ora mi stava facendo roteare ridendo e baciandomi allo stesso tempo.

 

Dio, quando rideva a quel modo era di una bellezza assurda, non ce l’avrei mai fatta a lasciarlo andare.
 

Il cuore mi si ruppe in mille pezzi all’idea di separarmi da lui: il solo vederlo mi rendeva così felice!
 

Ed era bastato un solo giorno, ammisi sgomenta.

No, dovevo smetterla. Avevo deciso di vivere questa storia giorno per giorno, finché fosse durata, e così avrei fatto.
Nel mentre, ero stata portata dentro casa e posata a terra. Eric mi stava fissando col suo solito sopracciglio alzato, rivolgendomi una muta domanda a cui mi sentii in dovere di rispondere, riscuotendomi.

 

- Sto bene, Eric, non preoccuparti. Ero solo sovrappensiero, sai, il lavoro…

- Sookie, amore, sicura che sia il lavoro? Avevi un’espressione davvero seria. Sei per caso pentita di quello che è successo stanotte? Se ti ho forzata in qualche modo mi dispiace, è che io…

 

Lo zittii con un lungo bacio, prima che potesse dire che mi amava, o peggio.

Nello stato d’animo in cui mi trovavo avrebbe fatto crollare la mia già vacillante risolutezza e avrei potuto dire o fare cose sbagliate per entrambi.

 

Anche se ero così maledettamente felice.

 

Eric, rassicurato dalla mia reazione, mi stringeva tra le braccia, il viso affondato nei miei capelli, e continuava a mormorare frasi in svedese di cui ignoravo il significato letterale ma di cui intuivo perfettamente il senso.

Era così felice di vedermi che mi faceva commuovere.

Quell’uomo, anzi, quel vampiro, era meraviglioso. E solo. Da sempre. Come me.

 

La consapevolezza di quanto io e lui ci somigliassimo, mi colpì all’improvviso come un pugno allo stomaco.

D’un tratto compresi quanto poteva essersi sentito solo Eric, durante i suoi 1000 lunghi anni, nonostante Pam, Godric e nonostante le avventure che sicuramente aveva vissuto.

Non potersi affezionare a nulla, perché nulla sarebbe durato quanto lui. Nascondersi. Cambiare continuamente posto per non destare sospetti… e io che mi commiseravo per la mia telepatia… lui aveva sopportato ben di peggio, e per un tempo infinitamente lungo.

 

Ora le nostre solitudini si erano trovate.

E io… avrei dovuto fare lo sforzo sovrumano di rinunciare a tutto questo.

 

Una singola, enorme lacrima mi sgorgò dall’occhio destro senza che potessi farci nulla e prese a rotolarmi giù dalla guancia. Eric la bloccò con un bacio, poi si ritrasse per guardarmi, scuro in volto.

 

- Ok, Sookie, non prendiamoci in giro. Tutto questo non ha nulla a che fare col tuo lavoro. Dimmi cosa diavolo succede e io farò tutto quello che posso per aiutarti o consolarti.

 

Il suo tono aveva l’inflessione decisa e autoritaria propria dello sceriffo dell’Area 5. Per un attimo, vidi due persone sovrapporsi. Il vecchio Eric stava lentamente riaffiorando? Questa considerazione mi fece stare ancora peggio, perché mi avvicinava d’un passo alla mia separazione da lui.

 

Scoppiai a piangere a dirotto.

 

- No, Sookie, non volevo farti piangere! Perdonami, so che a volte sono aggressivo ma non credev…

 

- Non è colpa tua, Eric - mormorai tristemente - è colpa mia. Solo mia. Sono così stupida….

 

- Non chiamare stupida la donna che amo - disse dolcemente Eric, accarezzandomi entrambe le guance con quelle grandi mani, così delicate quando si posavano su di me.

 

Ecco, era fatta. L’aveva detto. E adesso?

 

Il suo sguardo inquieto sondava il mio viso, cercando di cogliere un indizio, e nei suoi occhi percepivo una profonda apprensione mista a… ad altro.

 

Sembrava che volesse rendere tutto più difficile, ma naturalmente non era così, ero io che nel mio delirio privato ammonticchiavo idee senza senso su idee idiote.

Eric tentava di consolarmi, un po’ goffamente in effetti (non credo fosse pratico nel rimettere insieme i cocci di donne affrante), e la cosa mi provocava vere e proprie fitte al cuore in un’altalenarsi di tenerezza e pura disperazione.

Mai nessuno si era preoccupato così per me, a parte la nonna ovviamente, e la cosa mi faceva sentire così al sicuro, protetta, amata… stavo sprofondando in un baratro da cui non sarebbe stato facile riemergere.

Continuando a singhiozzare senza ritegno, mi appallottolai sul divano, mentre Eric, seduto sul tavolino di fronte a me, aspettava con pazienza che mi calmassi, senza toccarmi e senza parlare.

Dopo un tempo indefinito, le lacrime cominciarono a scemare e il mio corpo smise di tremare.

 

Cercai di racimolare tutto il mio coraggio e di spiegare perché mi fossi abbandonata a quella crisi isterica.

Ma ammettere i miei sentimenti ad alta voce non ci avrebbe legati ancor di più?

Anzi, avrebbe legato me, lui sarebbe tornato alla sua vita al Fangtasia, una volta riacquistata la memoria, e io sarei rimasta in questa casa vuota a struggermi di rimpianti…

Ma glielo dovevo.

Lui adesso era completamente indifeso (so che può sembrare ridicolo applicare quest’aggettivo ad uno come Eric, ma credetemi, era davvero così) e non sarei stata certo io a ingannarlo.

 

- Eric, ti prego, ascoltami senza interrompere, o non ce la farò. Tu sai che hai perso la memoria, ovviamente…

Lui annuì e restò in silenzio.

- Certo che sì, te lo abbiamo detto sia io che Pam cos’è successo e cos’eri… cosa sei.

Non ti abbiamo detto però chi sei. Sai di essere un vampiro e sai di essere lo sceriffo dell’Area 5, con tutto il potere e la responsabilità che ciò comporta, ma non sai nulla della tua precedente personalità. Non ti ho detto nulla per non condizionarti, volevo che la memoria ti tornasse spontaneamente e non per essere stato “imbeccato” da me o da altri. Questo, naturalmente, prima di… ecco… di innamorarmi di te… -

 

Vidi una luce accendersi nel suo sguardo, non sorrise ma i suoi occhi parlavano per lui. Era felice, felice come non l’avevo mai visto. Stava per dire qualcosa ma alzai una mano per fargli capire che non avevo finito.

 

- Ora è tutto diverso, almeno per me. Io… io sono così felice ora… e non voglio che finisca ma… finirà. Finirà e io non potrò farci niente e tu tornerai il vampiro di prima, mi lascerai e sarò di nuovo sola…

 

- Perché dovrebbe finire? - chiese lui, risentito - possiamo restare qui per sempre, se lo desideri. Dirò a Pam di sospendere le ricerche della strega. Immediatamente.

 

Mi sfuggì un lungo sospiro.

 

- Sì, sarebbe stupendo. Per me. Ma che ne sarebbe della tua vita, della tua vera vita? Come potrei starti accanto sapendo che hai rinunciato al tuo ruolo e a tutti i tuoi ricordi per me?

 

- Non sarebbe una rinuncia. Sarebbe una scelta. Non è la stessa cosa.

 

- Semantica, Eric. Prima o poi vorresti di più, è nella tua natura.

 

- La mia natura? Che ne sai della mia natura? Ma perché devi essere sempre così testarda, Sookie… ho solo perso la memoria, non sono un povero infermo, posso ancora scegliere ciò che è meglio per me! - si scaldò lui, la voce incrinata dalla frustrazione.

- Accidenti, ragazzina, è da quando hai messo piede al Fangtasia per la prima volta che punti i piedi come un mulo per ogni dannata cosa, possibile che debba passare tutto il mio tempo a persuaderti a fare come ti dico? Sai, avrei modi decisamente più piacevoli per occupare il tempo invece di stare qui a discutere… - accennò un sorrisetto obliquo, sperando di distrarmi in modo da finirla lì.

 

Un momento.

 

- Eric.

- Dimmi tesoro, vuoi andare in camera anche tu ad occupare il tempo? - ammiccò speranzoso.

- Ripeti quello che hai detto prima.

- Perché? Lo sai benissimo che voglio andare di là per…

- No. Quello che hai detto prima.

- Prima cosa? Non potremmo dedicarci più tardi all’angolo della polemica?

 

Mi irrigidii all’istante, mentre una terribile idea si faceva strada nel mio cervello.

 

- Tu… hai parlato del nostro primo incontro al Fangtasia. Che ne sai?

- Niente… solo quello che mi hai raccontato tu - rispose guardingo.

- Io non ti ho raccontato un bel niente! Eric, Cristo santissimo, mi stai prendendo per il culo? Sei… sei tu? Sei TORNATO?

 

Ogni mia cellula tremava di rabbia, sdegno e frustrazione. Iniziai ad urlare come una pazza, mentre le lacrime di poco prima mi bagnavano ancora il volto.

 

- Brutto figlio di puttana! Dovevo saperlo che era tutta una macchinazione per portarmi a letto!

Non pensavo che qualcuno potesse arrivare a tanto, nemmeno tu! E per cosa poi, per avere la meglio su Bill, per toglierti lo sfizio di sentirmi dire che sono innamorata di te? Sei un fottuto bastardo, esci immediatamente da qui e non farti più vedere, e ringrazia che in casa non ho paletti!

 

Eric non si mosse di un millimetro, fissandomi accigliato. Molto, accigliato. Nel mio cervello passò fuggevolmente il pensiero che avrebbe anche potuto attaccarmi, che quella era l’espressione che assumeva quando stava per scattare… poi il suo viso si ridistese e disse qualcosa a voce bassissima, occhi al pavimento.

 

- Non ho sentito. Cosa diavolo hai detto, maledetto bugiardo? Se credi che potrai mai dire qualcosa che ti riscatti, ti sbagli di grosso. Ti ho detto di uscire! ADESSO!

 

Lui rialzò la testa e mi fissò con lo sguardo più triste che avessi mai visto.

 

- Ho detto che ti amo.

 

- Bel modo di dimostrarmelo - ringhiai sarcastica.

 

- Io… non volevo ingannarti. La memoria l’ho persa davvero e tutto quello che è accaduto tra noi era... è reale! Oggi, quando mi sono svegliato, ricordavo tutto. Non so perché… forse hanno catturato la strega, oppure le è successo qualcosa… non m’importa, comunque. Voglio solo che tu mi creda. Te lo giuro, e sai che non do la mia parola come se niente fosse.

 

Una piccola crepa si stava formando nel muro che avevo appena eretto tra noi. Sembrava davvero… contrito.

 

- Metti anche che decida di crederti, secondo te dovrei essere felice che tu mi abbia mentito? Tu non mi hai detto niente! NIENTE!

 

- Cos’avrei potuto dire, senza scatenare la reazione che stai avendo ora? Lo  ricordo bene che non ti sei mai fidata di me, che dovevo fare?

 

- Dovevi dirmelo. Subito. Sulla porta di casa. Non volarmi incontro e baciarmi come se nulla fosse cambiato…

 

- Ma è così! Nulla è cambiato! - la voce di Eric, più alta di un paio di toni rispetto al solito, cominciava a suonarmi disperata.

 

- Questo lo dici tu, ora so che non sei più quello che mi cullava ieri sera, ora so che sei di nuovo Eric lo sceriffo.

 

- Anche quello di ieri ero io, o almeno una parte di me. La parte migliore, se vuoi. E quella parte è riservata solo a te. I miei sentimenti non sono cambiati, Sookie! Non voglio andare via…

 

Si accovacciò di fronte a me, prendendo le mie mani tra le sue. Mi guardò e lessi solo disperazione sul suo viso. Aveva la medesima espressione che gli avevo visto a Dallas, mentre pregava Godric di non uccidersi.

 

- Ti prego. Tu devi credermi!

 

Eh? L’orgoglioso, strafottente sceriffo  dell’Area 5 mi stava implorando? Non poteva umiliarsi così solo per potermi portare a letto di nuovo, non era possibile.

 

La crepa si allargò.

 

- Non volevo ferirti, volevo solo che tutto questo continuasse, che tu mi volessi. Volevo solo stare con te… riesci a credermi?

 

Una singola lacrima di sangue scivolò sulla sua guancia, lentamente.

 

La crepa si allungò in mille ramificazioni serpeggianti, vedevo distintamente il muro che iniziava a sgretolarsi, come al rallentatore.

 

Infine crollò.

 

- Eric… io posso, ecco… prendere in considerazione l’idea di crederti, ma in ogni caso non può funzionare.

 

- Perché.

 

- Perché tu sei un vampiro, io no, perché sei uno sceriffo, perché…

 

- Fino a ieri le nostre differenze non sembravano turbarti, mi pare.

 

- Fino a ieri sono stata una vera incosciente. Stavamo vivendo un momento irreale, Eric… ho sbagliato a concedermi quell’attimo di felicità e adesso ne sto già pagando le conseguenze.

 

- Non vedo perché dobbiamo porci dei limiti, perché non vuoi continuare quel momento. Possiamo avere tutto quello che vogliamo! Ti darò tutto tutto ciò che è in mio potere darti, i miei sottoposti ti tratteranno come una principessa, non dovrai lavorare se non ti va. Sookie…

 

- … Ok, ok, ok. Non so che dire, ora come ora. Io… devo pensare. Devo cercare di mettere ordine in questo casino.

 

- Va bene, lo capisco. Posso… restare qui, stanotte?

 

- Sì, puoi restare, ma non ti garantisco niente, potrei arrabbiarmi di nuovo con te e decidere di sbatterti fuori. A calci.

 

- Correrò il rischio - disse lui, ormai rasserenato - andiamo a letto, ora.

   
 
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