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Autore: Kanda_90    03/05/2012    1 recensioni
Il mondo di D.Gray-man...la sua storia...i suoi personaggi...
Ma come si sarebbero svolti gli avvenimenti, come sarebbero cambiati gli equilibri tra i membri dell'Ordine, se fin dall'inizio ci fosse stata un'esorcista in più?
Tutto ha inizio in una calda e limpida mattina, alla alba. Una ragazza e il suo cavallo nero si concedono una lunga cavalcata...
Sostano sulle rive di un piccolo specchio d'acqua....
Lei non ricorda il suo passato...non pensa al suo futuro...ma sta per fare un incontro che le cambierà drasticamente la vita.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Yu Kanda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono lentissima ad aggiornare, me ne rendo conto, ma riuscire ad inserire un nuovo personaggio nella storia non mi sta rendendo la vita facile...esatto, mi sono tirata la zappa sui piedi da sola!
Detto ciò, spero che possiate apprezzare la continuazione!!

Hikari

2nd Night: Innocence

Lo stesso simbolo...
No, non poteva essere...
Dopo anni di domande ed incomprensioni su me stessa, quella notizia fu come una meteora per me.
Troppe emozioni mi invadevano. Stupore, felicità, rabbia, paura...curiosità per costui o costei, di cui non sapevo nulla, ma che in quel momento sentivo tremendamente vicino...
Tutto ciò era ai limiti dell’assurdo.
Non fui in grado di proferire alcun suono che somigliasse ad una frase di senso compiuto.
“Kris, stai bene?”
Mio padre era visibilmente preoccupato, dall’espressione che, nel mio momentaneo torpore, vidi sul suo viso, non dovevo avere una bella cera. Probabilmente il mio colore tendeva alle lenzuola di casa.
“Forse è meglio che tu ti sieda, abbiamo ancora molte cose di cui parlare.” Mi disse la donna che, con cautela, fece il giro del tavolo per poggiare le mani sulle mie spalle e mettermi a sedere.
Non opposi alcun tipo di resistenza fisica o verbale a quel gesto.
Ero completamente apatica.
Vedevo e udivo il mondo intorno a me, come avvolto da una foschia, come un sogno...nulla mi sembrava reale...
Fu la scimmietta della donna a svegliarmi, piazzandosi improvvisamente a une centimetri dal mio naso, gli occhi tondi fissi su di me, facendomi trasalire. Quell’animale aveva qualcosa di strano, lo percepivo, ma riuscire a comprendere cosa, andava ben oltre le mie possibilità del momento.
“Ho la ferma intenzione di portarti con me.”
Una pugnalata. Questo furono le sue parole.
“Con lei? Ma di cosa sta parlando?! Io non vengo da nessuna parte!”
Il torpore, che fino ad allora mi aveva avvolta, sparì completamente di fronte all’assurda richiesta di quella donna.
Mai avrei lasciato mio padre.
Mai avrei lasciato Seishin.
Mai avrei lasciato che lei mi sconvolgesse la vita.
Dall’espressione di mio padre però compresi qualcosa di totalmente diverso. Lui già sapeva, dopotutto, con quella donna aveva già parlato prima. Doveva avergli già esposto tutto ciò che si stava accingendo a dire a me. Pareva quasi rassegnato all’idea che dovessi abbandonarlo, come se sapesse che non avrei avuto scelta...ma questo era ridicolo! Nessuno mi aveva mai detto cosa fare o dove andare e non sarebbe certo stata quella donna la prima a farlo! Sarei stata inflessibile.
“Credo che tu non abbia scelta.”
Improvvisamente udii di nuovo quel tintinnio e, di nuovo, vi venni irresistibilmente attratta. La donna pose mano alla sua borsa ed estrasse l’oggetto che mi stava chiamando...era qualcosa su cui non avevo mai posato gli occhi.
Quello che posò al centro del tavolo, di fronte a me, era un cubo verde-azzurro, grande quanto una ciliegia matura, incredibilmente scintillante, circondato da due ruote dentata che si incrociavano tra loro. Era quella cosa a chiamarmi...mi pareva quasi di poterne udire la voce.
“Che cos’è?”
“Innocence.” Fu la risposta breve e diretta che mi diede.
Innocence...qualcosa dentro di me aveva già sentito quel nome...qualcosa aveva già incontrato quel potere...ma tutto ciò poteva essere solo suggestione, dato che mai nella mia vita mi ero imbattuta in qualcosa del genere.
La donna rispose alle mie silenziose domande, mentre io non riuscivo a staccare gli occhi da quel cubetto scintillante.
“Puoi chiamarla anche Cristallo di Dio. È un materiale di origine divina, ce ne sono parecchi frammenti disseminati nel mondo ed il compito degli Esorcisti è trovarli e recuperarli, cosicché i Generali, come me, possano viaggiare alla ricerca dei loro rispettivi Compatibili.”
Esorcisti, Compatibili....ma di che diavolo stava parlando?! Tutto questo non c’entrava nulla con me.
“Tu,” mi disse, indicandomi, “sei Compatibile con quest’Innocence. Lei ti ha scelta e non accetterà nessun’altro all’infuori di te, siete una cosa sola, un’unica entità. È per questo motivo che devo portarti all’Ordine Oscuro, per far si che tu possa essere un’Esorcista.”
La testa mi vorticava furiosamente. Più quella donna parlava, più il mio cervello si rifiutava di assimilare le sue parole.
Improvvisamente, un’ondata di immagini si riversò nella mia mente.

Un enorme torre arroccata su di un dirupo, guarda minacciosamente nella mia direzione...
Una strada...la percorro, avvicinandomi sempre più a quel luogo...
Giungo all’ingresso...un immane portone metallico si para di fronte a me...chiedo di entrare, ma non posso udire la mia voce...
L’ingresso si spalanca...è un’enorme bocca pronta ad inghiottirmi...
Una donna esca dall’ingresso...non vedo i suoi lineamenti...sul petto porta una croce d’argento...

“Kris! Kris!! Mio Dio, cosa ti succede, rispondimi!”
La voce di mio padre arrivò là dove la mia mente si era persa.
Ero accasciata sul tavolo, la testa tra le mani nel tentativo di bloccare quel dolore lancinante.
Cosa avevo visto?
Quella croce...mi ricordava qualcosa, ma non riuscivo a capire cosa!
Alzai gli occhi ed incrociai lo sguardo, assorto e preoccupato, della donna...che portava lo stesso simbolo, ma d’oro. Quindi la donna del sogno era un’Esorcista? Ma si trattava davvero di un sogno? Non ricordavo di aver mai visitato un luogo simile ed ero più che certa, prima di quel fatidico giorno, di non aver mai visto quel simbolo. Ma allora cosa avevo visto?
La testa mi pulsava insistentemente e mi sentivo debole, come mai prima di allora. Con fatica mi rizzai sulla sedia.
“Ora basta! Non vede che la sta facendo soffrire? Mi dispiace, ma non ho intenzione di vedere mia figlia ridotta in questo stato! Devo chiederle di andarsene da casa mia.”
Era il tono più irato che avessi mai sentito in bocca a mio padre. Lui era un uomo gentile ed ospitale, anche con chi non meritava tali attenzioni, e sentirlo intimare fermamente a qualcuno di uscire da casa sua, era un avvenimento che non avrei mai pensato di vedere.
Ma la donna pareva altrettanto ferma.
“Mi dispiace, so che tutto questo vi causa dolore e non conosco Esorcista che non rimpianga le proprie origini, una volta abbandonatele, me compresa...ma purtroppo non è qualcosa di cui l’uomo possa occuparsi. È un dovere che travalica i suoi sentimenti, come quelli di sua figlia. Ha idea di quanto sia raro trovare persona come lei? È per questo motivo che non posso lasciarla qui, perché abbiamo bisogno di lei, come e forse più di quanto ne abbia bisogno lei.”
Erano parole dure da ascoltare ed ancor più da accettare, ma non vi era cattiveria in tutto ciò che la donna stava dicendo. Anche lei pareva aver sofferto una decisione simile, in qualche modo capiva...forse aveva ragione, forse non dipendeva né da me, né da mio padre, ma solo da quel maledetto cubetto verde, che non la piantava di illuminare la stanza. Stavo iniziando ad odiarlo.
Con quel poco di energia che mi era rimasta, dopo quell’attacco, risposi.
“Non riuscirà a convincermi a lasciare mio padre. È vero, io qui non sono accettata da nessuno, vivo nell’esclusione e sarei ben felice di trovare un posto in cui venire accolta...ma l’amore che provo per mio padre, in questi anni, è sempre stato più forte del desiderio di scappare da questo posto. Finchè avrò mio padre, non sentirò il bisogno di cercare null’altro di meglio. Può tentare di convincermi fino allo sfinimento, ma non verrò con lei a questo Ordine, né tantomeno diventerò un’Esorcista.”
Fu il discorso più lungo dall’inizio della giornata e, forse, della settimana. Avevo dato fondo agli ultimi residui di forza rimasti, perciò sperai che la donna non avesse intenzione di contrattaccare.
“Molto bene. Ti lascerò il tempo di riflettere.” Poi si rivolse a mio padre. “Avrei bisogno di un telefono, sa indicarmi gentilmente dove trovarne uno?”
“Certamente. In fondo alla strada, all’emporio. È l’unico telefono del villaggio.”
“La ringrazio.”

Mi fissò negli occhi ancora una volta, prima di sparire dalla stanza, lasciandomi sola con mio padre e quel dannato frammento luminoso.

Aprii gli occhi, dopo un tempo che mi parve infinito. Avevo davvero bisogno di riprendermi e quel sonnellino era proprio ciò di cui avevo bisogno.
Scesi dal letto ristorata e con la mente più lucida di quando mi fossi coricata, sperando che si fosse trattato solo di un sogno, uno scherzo giocato dall’immaginazione. Ora mi sarei vestita, avrei fatto colazione e, dopo essere andata a salutare Seishin, mi sarei precipitata in officina ad aiutare mio padre, prima che potesse riprendermi per il ritardo.
Tutte le mie illusioni svanirono come fumo appena vidi il cubetto luminoso al centro del tavolo da pranzo.
Non era un sogno.
Avrei voluto urlare al mondo la mia frustrazione, ma decisi, almeno per il momento, di ignorare la presenza sul mio tavolo. Mi ero appena riuscita a calmare, non era certo il caso di innervosirsi nuovamente.
Aprii la credenza in cerca di qualcosa da mangiare. A giudicare dalla fame, l’ora di pranzo doveva essere già passata. Purtroppo la vista della scaffalatura semi-vuota, mi costrinse ad uscire, per recarmi all’emporio a fare acquisti.
Mi venne in mente che era proprio lì che si era diretta la donna, dopo aver portato scompiglio nella mia vita, ma pensai che oramai se ne dovesse essere andata.
Passai nel paddock, salutata dai nitrii festanti del mio destriero nero, poi, montata in groppa, mi diressi verso la fine del villaggio. La strada non era molta e avrei potuto tranquillamente percorrerla a piedi in pochi minuti, ma avevo bisogno di pace e stare in compagnia di Seishin era ciò che più di tutto mi tranquillizzava. Con lui ogni pensiero era superfluo.
Con un trotto leggero, che sollevava nuvolette di polvere dal battuto dell’unica via del paese, arrivai al negozio. Scesi e feci per dirigermi all’entrata, quando vidi, attraverso una delle finestre, che quella donna era ancora all’interno, al telefono. Sembrava parlare sommessamente, quasi non volesse essere udita, mentre, al suo fianco, svolazzava uno strano essere romboidale, dotato di ali simili a quelle di un pipistrello, che reggeva il cavo del telefono. Cosa fosse rimase per il momento un mistero, anche perché ciò che più mi premeva sapere, era la conversazione, supposi lunghissima, della donna.
Girai sul retro nell’emporio, in corrispondenza dell’angolo in cui si trovava l’apparecchio. Le travi di legno della costruzione mi avrebbero permesso di udire tutto quanto la donna stesse dicendo.
Raggiunsi il punto e mi acquattai, l’orecchio rasente la parete, il respiro estremamente controllato, perché nessuno mi sentisse. Seishin mi sbuffo in un orecchio, in segno di disapprovazione.
“Sssh. Lo so che queste cose non si devono fare, ma c’è in ballo la mia vita.”
Accostai di nuovo l’orecchio, le parole arrivavano forti e chiare.
“Komui, alla buon’ora! È due ore che cerco di contattarti.”
La fortuna era dalla sua parte, sarebbe riuscita a sentire la conversazione dall’inizio.
“Non voglio sapere quali terribili spasimanti di Linalee hai dovuto inseguire, tanto da non rispondere al telefono, ho cose più importanti a cui pensare.”
Dall’altro capo si udì un brontolio.
“Stammi a sentire, sono in Asia, il nome del villaggio sinceramente non lo conosco, ammesso che ne abbia uno...”
Effettivamente era talmente piccolo che non l’aveva...
“Ho trovato una ragazza, è Compatibile.”
Dall’altro capo dell’apparecchio sembrò esserci approvazione.
“Aspetta un secondo ad esultare, ancora non l’ho convinta, è un osso duro.”
E mai ci sarebbe riuscita.
“Si, non preoccuparti. Ma ho una domanda fondamentale da porti.”
Silenzio.
“Guarda nei documenti di trent’anni fa, in “quel” giorno morirono tre Esorcisti, se non ricordo male, e le rispettive Innocence furono riconsegnate all’Ordine e mandate in Asia per “quel” motivo, dico bene?”
Di nuovo, silenzio.
Il modo in cui accentava “quel” non mi piacque per nulla. Nascondeva qualcosa.
“Komui, maledizione, sono un Generale, certe cose mi è permesso saperle! Anzi, direi che sono tenuta ad esserne informata, comunque...ho bisogno di sapere se il frammento di Innocence che mi hai consegnato due mesi fa...”
Brusio dall’altro lato.
“Esatto, quello che Hebraska custodiva dal giorno in cui “quella cosa” è stata tragicamente conclusa. È fondamentale che tu mi dica se ha mai dato segni di corrosione o simili per via della morte del Compatibile.”
Un urlo. Dall’altro capo del filo l’uomo doveva aver chiamato a gran voce qualcuno, con tale potenza che persino io ero riuscita a carpirne il nome. Reever.
Sempre più nomi senza volto si aggiungevano a questa storia...
Passarono diversi minuti di snervante silenzio. Per qualche motivo ignoto, il mio istinto mi diceva che il frammento a me destinato aveva qualcosa di strano, ma se era strano lui, la cosa riguardava anche la sottoscritta, cosa che mi metteva una certa ansia. Inoltre c’erano troppi eventi non detti in quel discorso ed ero certa che fossero fondamentali per la comprensione.
“Si, dimmi.”
Il dialogo riprendeva.
“Ne sei certo?”
La voce tradiva lo sgomento della donna.
“Maledizione...Komui, ascoltami attentamente, questa ragazza ha il sigillo sul petto, se quell’Innocence è compatibile con lei e, come dici, non si era corrotta, allora ce n’era un terzo e noi non ne sapevamo nulla...”
Sigillo? Il mio tatuaggio? E che cosa avrebbe dovuto sigillare? Era solo un disegno.
Poi...un terzo? Ma di cosa?!
L’angoscia aumentò i miei battiti.
“Ti conviene prendermi sul serio, invece. Ha il sigillo, guarisce miracolosamente da ogni ferita, non ricorda nulla di sé prima dei nove anni, ha strani”incubi”...non ti viene in mente nessun’altro?”
La conversazione era concitata anche all’altro capo.
“No, sono solo rare immagini...cercherò di portarla via di qui, prima che questo posto pulluli di Akuma...spera solo di non avere un altro Kanda tra le mani, o saranno cavoli tuoi.”
Detto ciò chiuse la conversazione.
Ero seduta a terra, gli occhi sbarrati, la tranquillata che ero riuscita a riacquistare scemata completamente. Nomi e domande giravano nella mia mente...
Chi era Komui, con cui quella donna aveva parlato tanto a lungo? Forse una persona di rilievo? Un suo superiore?
E Kanda? Da come ne aveva parlato pareva aver fatto una sorta di associazione tra me e questa persona...dal nome pensai si trattasse di una ragazza. Era un’Esorcista anche lei?
Mi stavo rendendo conto che sfuggire al destino che mi stava venendo imposto si faceva sempre più difficile. in ogni caso, non sarei più riuscita a trascorrere la mia vita come prima di incontrare quella donna.
Poi, questi Akuma di cui aveva accennato. Se voleva che partissi prima del loro arrivo, dovevano essere qualcosa di pericoloso...forse sarei dovuta davvero partire, così, chiunque fossero, non sarebbero arrivati al villaggio.
“Tutto questo è assurdo!”
Dissi, rivolta ai profondi occhi neri del mio cavallo. Avvicinò il muso alla mia guancia, nel vano tentativo di consolarmi. Mi aggrappai a lui con tutta me stessa, cercando un sostegno, ma con scarsi risultati. Ero nel panico.

   
 
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