Life is a
game. Playing is life
La prima mossa: l’entrata in scena
del Fante di Cuori.
Remus continuava a fissare la
ragazza davanti a lui in biblioteca. Non che lo facesse apposta. Semplicemente
era immerso nei suoi pensieri e nemmeno si accorgeva che qualcun altro oltre lui
era in quel momento nella grande stanza.
Stava ancora ripensando alla
litigata avuta proprio quella mattina con Sirius a causa… bhè, la causa di
quella litigata nemmeno lui l’aveva capita a fondo, se non forse l’assurda
convinzione di Sirius di essere al di sopra di tutti. E di potersi permettere
qualunque affermazione.
Remus non si era quindi accorto che
la ragazza lo stava fissando di rimando, chiedendosi cosa potesse passare nella
mente pensierosa del Prefetto di Grifondoro. Infatti lei, Tassorosso,
frequentando un anno differente da quello del ragazzo, sapeva ben poco di lui. A
parte che era Prefetto. Che amava studiare, perché l’aveva visto spesso in
biblioteca. Che aveva per amici i più grandi scavezzacollo di Hogwarts, ovvero
Potter e Black – nessuno a Hogwarts si sognava di non conoscere quei due, tanti
erano i guai che procuravano. Ma nient’altro. Nemmeno il nome.
Eppure quel ragazzo che la stava
fissando intensamente, senza nemmeno vederla – di questo si era accorta subito,
lui non fissava lei, ma il vuoto in realtà, probabilmente immerso in cupi
pensieri a giudicare dall’ombra di tristezza nei suoi occhi – la incuriosiva
molto. Non era uno di quei ragazzi decisamente carini. Era più un tipo
particolare, diciamo. I capelli castani, tagliati in modo da lasciare una strana
frangetta che gli coprisse a volte gli occhi, sembravano in ordine ma poco
curati. Alcune strane cicatrici solcavano il suo volto, una delle quali gli
scendeva proprio lungo il naso, un naso non regolare di suo, ma che diveniva
decisamente ‘importante’ proprio a causa di quella cicatrice. Ma ciò che
attirava di più in lui erano i suoi occhi grigi venati da pagliuzze dorate.
Occhi che spesso erano tristi, ma che lei aveva visto assumere un’aria maliziosa
e birichina quando era in compagnia dei suoi amici.
E lei, ultimamente, si era scoperta
a fissare spesso quegli occhi. Proprio come in quel momento. Ma non osava
avvicinarsi a lui. Qualcosa nel suo modo di fare, tanto calmo e posato, ma allo
stesso tempo come se continuamente dovesse trattenersi, le impediva di sentirsi
completamente tranquilla con lui.
E questo era uno di quei
momenti.
Ed allora fece l’unica cosa che le
venne in mente per distrarlo e per distrarsi. Mandò un leggero colpo di tosse,
in modo da disturbare il ragazzo e fargli intendere che si sentiva a disagio
perché lui la fissava.
Ma il risultato non fu quello
sperato. Il ragazzo era talmente immerso nei suoi pensieri che non si accorse
del colpo di tosse. Lei se ne stupì.
E provò con un altro metodo. Fece
cadere un libro dal tavolo. E si affrettò ad abbassarsi per raccoglierlo,
sperando che per quando si fosse raddrizzata il ragazzo avesse smesso di
guardarla. Ma non solo non fu così. Addirittura ora il ragazzo la stava fissando
volutamente. E lei si sentì ancora di più in imbarazzo.
Remus aveva notato ad un certo punto
che la ragazza di fronte a lui lo osservava. Aveva finto di essere perso nei
propri pensieri per poter continuare ad osservarla indisturbato, mentre lei
osservava lui.
Era una ragazza minuta, con corti
capelli corvini che le incorniciavano un viso dai tratti quasi orientali.
Sembrava più piccola di lui, ma Remus sapeva bene che lei frequentava l’ultimo
anno lì a Hogwarts. Avendo per amici i tre più grandi impiccioni di Hogwarts,
lui conosceva i nomi, e spesso anche particolari che avrebbe volentieri evitato
di conoscere, di tutte le ragazze della scuola. E di molti dei ragazzi.
Quella di fronte a lui era Melinda
Bones, sorella minore di Amelia Bones, ex-capitano di Quidditch di Corvonero,
uscita due anni prima, ed ora intenta a seguire il corso di Auror al Ministero
della Magia.
Di Melinda lui sapeva anche che
nessun ragazzo di Hogwarts era mai riuscito ad ottenere da lei un appuntamento,
con la scusa di essere troppo impegnata con lo studio per potersi permettere
“distrazioni”. O almeno, questo era quanto Peter Minus, uno dei suoi amici, era
riuscito a scoprire.
Eppure Remus, osservandola, aveva la
netta impressione che quella fosse solamente una scusa per nascondere un altro
motivo, probabilmente più personale, ma di sicuro maggiormente ragionevole.
E Remus si accorse che questi
pensieri lo riportavano alla litigata con Sirius.
Quella mattina, infatti, Sirius
aveva tentato di convincere James che
Si ricordava ancora come si era
infuriato a quelle parole. E come aveva sgridato Sirius.
- Che cavolo stai dicendo, Felpato?
Non puoi davvero pensare che una persona, se decide di non frequentare altre
persone, sia per forza per una… Come l’hai chiamata? Ah, sì, “deviazione
sessuale”, qualunque cosa tu voglia intendere con questo termine. E no, non
voglio che tu me lo spieghi! – Sirius aveva infatti sogghignato aprendo bocca
per parlare – Voglio che tu capisca che ci sono persone che decidono di
aspettare, di dare differenti priorità alle cose. Magari
Remus era rosso come un peperone. Si
era molto infervorato in quel discorso. Probabilmente perché sentiva una strana
affinità con il comportamento della Evans. E Sirius se ne accorse
subito.
- E certo. La difendi solamente
perché hai paura che dato che il TUO comportamento è simile, pensi che io possa
dire certe cose anche di te. Ma io so che la tua è solo PAURA, Moony. Tu hai una
maledettissima, strafottente PAURA di rivelare i tuoi sentimenti a qualcuno non
sapendo quale possa essere la risposta. Ma per
- SMETTILA! IO NON HO PAURA! – aveva
gridato Remus, diventando, se possibile, ancor più rosso.
- Ah no? – commentò Sirius con un
sogghigno, avvicinandosi poi a Remus con fare cospiratorio e facendogli passare
un braccio sulle spalle. Remus arrossì maggiormente a quel gesto, non capendo
dove l’altro volesse arrivare. – Ed allora perché non mi dimostri che non hai
paura? Io so per certo – perché l’hai confessato a tutti e tre – disse Sirius
mandando un’occhiata complice in direzione di James e Peter, che annuirono – che
ritieni che ci sia una persona che ti piace. Dichiarati, allora. Così mi
dimostrerai che non sei un codardo. –
Remus era impallidito. Non si
ricordava di quella ammissione. Aveva cercato di dimenticarla, scordandosi che
invece Sirius certi particolari non li dimenticava facilmente. Soprattutto se
erano particolari che, come quello, stuzzicavano la sua fantasia e la sua
curiosità. E quello di sfidarlo era per Sirius un modo veloce e, dal suo punto
di vista, efficace per ottenere un’informazione che da un po’ non lo faceva
dormire tranquillo. Ma questo Remus non poteva
saperlo.
Sapeva solo che il fatto di non aver
risposto all’amico per l’imbarazzo aveva fatto sì che l’amico prendesse sul
serio quella sfida.
E lui di sicuro non poteva realmente
dire alla persona che gli piaceva quello che provava, visto che si trattava
proprio di…
Remus scosse la testa. Ma a quel
punto un’idea gli era balenata nella testa. Quella ragazza che lo fissava
intensamente da circa mezz’ora, proprio come lui fissava lei, poteva essere la
soluzione ai problemi di Remus con Sirius.
Magari poteva dichiararsi a lei e
zittire così l’amico, almeno ancora per un po’. Fino a quando, perlomeno, lui
non avesse trovato il coraggio di dichiararsi alla persona
giusta.
Ma in realtà quella idea era
veramente assurda. Lui non poteva dichiararsi a qualcuno che nemmeno conosceva
solo per zittire l’amico. Non era da lui.
- Te lo dicevo che non è in grado,
Prongs. – un ragazzo dai capelli corvini era accucciato dietro uno dei grandi
armadi della libreria e fissava il ragazzo e la ragazza seduti allo stesso
tavolo.
- Dagli tempo, Padfoot. Cavoli,
l’hai sfidato solo stamattina. Conoscendo Moony ci impiegherà almeno una
settimana a decidersi… Sai che ha la mania di valutare i pro e i contro di
qualsiasi cosa, anche di alzarsi dal letto la mattina in orario, invece di
poltrire come facciamo noi. – gli rispose il ragazzo al suo fianco. Anche lui
aveva i capelli neri, ma molto spettinati, quasi ribelli, e si
contraddistingueva per un paio di occhiali tondi sul viso che incorniciavano due
occhi nocciola. Entrambi i ragazzi erano nascosti da un mantello speciale, che
impediva a chiunque di scorgerli: il Mantello dell’Invisibilità. Con loro vi era
un terzo ragazzo, che però non si poteva scorgere. Questo perché la sua
particolarità era di essere un Animagus non registrato e di potersi trasformare
in un topolino. Ed ora stava squittendo a più non posso dalla tasca del secondo
ragazzo.
- Zitto, Wormtail, vuoi che ci
scoprano? – disse il primo ragazzo, che altri non era che Sirius.
- Se ci scoprono non sarà di certo
colpa di Peter, Sirius, ma tua che stai urlando. – ribadì James al suo
fianco.
Sirius lanciò un’occhiata di
traverso all’amico, ma non rispose.
Era troppo concentrato su Remus.
Erano orami due mesi che si stava arrovellando il cervello nel tentativo di
scoprire chi era la ragazza che piaceva a Remus. Aveva fatto passare tutta la
popolazione femminile di Hogwarts, scartandole tutte ad una ad una. E non perché
non fossero carine. Ma perché, come lui ben sapeva, Remus era un tipo difficile
e non si sarebbe certo innamorato solo di un bel faccino.
Le uniche che erano rimaste nel
dubbio, nel cervello di Sirius, erano
- Ridimmi ciò che sappiamo di lei,
Prongs.
James sbuffò leggermente, ma
rispose: - Tassorosso del settimo anno, quindi più grande di noi di un anno,
sorella di Amelia Bones, il suo nome è Melinda. Non ha frequentato nemmeno un
ragazzo a Hogwarts, nonostante i continui inviti, perché “deve dedicarsi allo
studio per ora e non può permettersi distrazioni”. Non ha vere amiche tra i
Tassorosso, anzi, nel suo anno si chiedono come abbia fatto a finire tra di loro
quando sembra maggiormente una Corvonero, come la sorella. La sorella era una
Cacciatrice a Quidditch, Melinda non si avvicina nemmeno ad un manico di scopa,
dicono che soffra di vertigini. Sembra che voglia entrare al Ministero della
Magia e che stia studiando sodo per quello. Ma non è diventata Prefetto e
nemmeno Caposcuola. Segue le regole della scuola, ma solamente perché le fa
comodo farlo.
- Wow, in gamba, però. Ma come può
un tipo così solitario e taciturno piacere a Remus? So per certo che lui adora
stare ad ascoltare anche per ore le persone… -
- Diciamo piuttosto che è veramente
bravo a sopportare i tuoi sproloqui per ore senza addormentarsi, Sirius. Ma
questo non significa che una tipa silenziosa non possa piacergli, sai, quella
cosa conosciuta anche come “il fascino del mistero”? -
Sirius rispose solo con un grugnito
all’amico. Perché la sua attenzione era stata nuovamente catturata dai due e dal
fatto che la ragazza avesse fatto cadere un libro e si fosse abbassata per
raccoglierlo.
Melinda si trovò spiazzata nel
vedere che il Prefetto non aveva smesso di fissarla, ma che anzi, ora fissava
proprio lei. La sua normale reticenza le diceva di lanciargli uno sguardo
infuocato e di rimettersi a studiare, ma non ci riusciva. Quegli occhi… insomma,
era stata catturata da quel paio di occhi tristi e voleva capirne il
motivo.
All’improvviso vide il ragazzo
sobbalzare ed alzarsi allungando una mano verso di lei. Non capiva che voleva,
perché si comportava in quel modo e ne rimase un po’ spaventata fino a quando
non lo vide catapultarsi sull’angolo del tavolo dove c’era lei e tentare di
afferrare…
- AHHH!
Melinda era scattata in piedi.
Proprio davanti ai suoi libri c’era ora un topolino che, ergendosi dritto sulle
zampette posteriori, la fissava, mentre con le zampe anteriori andava a pulirsi
e lisciarsi il pelo del musetto lungo. E poi la fissava.
- Wormtail, vieni qui. Brutto
cattivo, non si fanno certi scherzi.
Non si era accorta che il Prefetto
le fosse così vicino. Era proprio alla sua destra e stava allungando il braccio
per prendere il topo, che però sembrava non essere della stessa idea, visto che
fuggiva zampettando a destra e a manca del tavolo.
- E’ tuo? – gli chiese
infine.
Lui si voltò a guardarla, come
sorpreso della domanda o del fatto che lei si fosse decisa a rivolgergli la
parola. Ma così facendo si distrasse e il topo gli sfuggì dalla mano,
dirigendosi a passo veloce verso di lei.
Che con mano ferma lo prese in mano
e addolcendo gli occhi lo accarezzò amorevolmente con un dito. Il topo sembrava
gradire il trattamento, tanto da accucciarsi sulla sua mano, permettendole così
di fargli maggiori carezze.
- E’ carino e dolce. Anche se mi
sembra ti faccia disperare un poco. – gli disse ancora lei, fissando i suoi
occhi sul ragazzo che ancora stava semi-sdraiato sul tavolo, con il braccio
allungato, nella stessa posizione di quando il topo gli era sfuggito. E sembrava
non volersi decidere a muoversi.
Rimasero in quella posizione,
entrambi, per un tempo che a loro sembrò infinito, ma che fu scandito dagli
squittii dell’animaletto, che cercava in quel modo di risvegliare il ragazzo dal
suo torpore.
Finalmente sembrò che ci riuscisse,
perché lui si alzò dal tavolo, ricomponendosi e facendo scorrere le mani sulla
divisa, nel tentativo di spolverarla da immaginaria
polvere.
- Scusa. – disse guardando la
ragazza. – Non volevo disturbare il tuo studio. – ed abbassò gli occhi a
fissarsi la punta dei piedi.
- Perdonato. Ma ora è meglio se
entrambi ci dedichiamo a quello, visto che è più di un’ora che non lo facciamo.
– commentò la ragazza avvicinandosi a lui e porgendogli il topo che teneva con
entrambe le mani.
Lui allungò la mano per prenderlo e
nel farlo toccò quelle della ragazza. Entrambi si bloccarono ed avvamparono per
l’imbarazzo, mentre i loro occhi si fissavano. Fino a che lei non iniziò a
ridacchiare, prima sommessamente e poi, quando vide sorridere anche lui, di
gusto.
- Sei buffo, Prefetto.
- Grazie mille,
Melinda.
- Come sai il mio nome? – chiese lei
tornando immediatamente seria e con un pizzico di ansia negli
occhi.
- Bhè, ho le mie spie nel
castello…
- Potter e Black? – stavolta il tono
era maggiormente calmo. E di nuovo i suoi occhi
sorridevano.
- Loro. E Peter Minus. I miei
amici.
- Lo so. Tutto il castello vi
conosce voi quattro. Almeno come facce. Ma non per i nomi. A parte i
due…
- Scavezzacollo? Piantagrane?
Completi disastri? Pazzi furiosi? Rompiscatole all’ennesima potenza? Impiccioni
sopra ogni altra cosa? Stramaledettisimi cospiratori? … - il ragazzo sembrava
non fermarsi più nel trovare aggettivi per descrivere la coppia di amici, mentre
con le mani contava gli epiteti che stava affibbiando
loro.
- Calma! – gli disse lei
appoggiandogli una mano sul braccio, gesto che oltre che attirare la sua
attenzione, lo fece anche arrossire, nuovamente. – Ho capito. E per fortuna sono
tuoi amici, altrimenti chissà come li avresti definiti. –
Lui sbuffò, abbassando rassegnato le
braccia e lasciandole pendere lungo il corpo. Poi le rispose
sommessamente.
- Hai ragione. E’ solo che ogni
tanto mi fanno veramente arrabbiare con il loro modo di fare. Cercano sempre di
spingermi a fare cose che non sono ancora pronto per fare e…
-
- Basta, Prefetto. Non voglio sapere
i fatti tuoi. Non mi piace impicciarmi. – Melinda aveva bruscamente interrotto
il ragazzo. Come bruscamente aveva cambiato espressione. Non c’era più l’aria
dolce che l’aveva caratterizzata fino a poco prima. Né l’ombra del precedente
sorriso. Le sue labbra erano ora sottili e incurvate verso il basso. E non
guardava più il ragazzo. Anzi, si era addirittura allontanata per tornare al
proprio posto.
Remus c’era rimasto di sasso. Non
che gli importasse veramente. Ma si era trovato, per la prima volta in sei anni,
a suo agio con una ragazza. E gli dispiaceva che lei avesse così bruscamente
cambiato atteggiamento. Soprattutto perché non capiva se aveva detto o fatto
qualcosa di male, per farla cambiare a quel modo.
Per cui si mosse lentamente per
tornare al proprio posto e ai propri libri. Senza guardarla più.
Ma continuando a pensare a
lei.