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Autore: maka97    03/05/2012    3 recensioni
salve gente!! siamo al mio secondo testo! questa volta però è ambientato nel passato durante la guerra. vorrei dedicare la storia a mia nonna alla quale questa vicenda è ispirta... spero vi piaccia, e soprattutto spero arrivino molte recensioni sia positive(bene) che negative (in modo da migliorarmi)!!!
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era inverno. La neve scendeva lenta e indisturbata. Era mattina e le prime luci del sole filtravano prepotenti dalla coltre di nubi. Sara era stanca, aveva sonno. Sara sbadigliava mentre i suoi piedi affondavano nella neve fresca. La cartella pesava sulle sue spalle di ragazzina e la scuola era ancora lontana. Il suo sguardo era rivolto verso il terreno mentre i pochi capelli che uscivano dai vestiti si tingevano di bianco. Sembrava tutto normale. Niente di diverso. Niente di strano. Sembrava, ma non era così. E Sara lo capì dall’aria. Aveva un odore strano. Sapeva di bruciato. Aveva visto il fuoco. Sara aumentò il passo. Non aveva un motivo, quel gesto, semplicemente erano i suoi piedi  a comandarglielo. Poi iniziò a sentire delle urla, confusione. Cominciò a correre. Ora, però, i piedi le chiedevano di fermarsi, di tornare indietro perché quello che avrebbe trovato non le sarebbe piaciuto, ma Sara li ignorava. Correva. All’inizio, per le strade, non c’era nessuno poi,però, più si avvicinava ai rumori, più incontrava quelle persone che conosceva cosi bene, che vedeva tutti i giorni. Ora, però, anche loro erano strani. Molti avevano ancora il pigiama. Molti avevano un volto stravolto. Una notte, poche ore. Ma su quei volti era come se fossero passati anni.  Poi lo vide. Il disastro. La sua scuola e alcune case lì vicine erano distrutte e in alcuni punti il fuoco scioglieva la neve. Cadde in ginocchio. Li aveva sentiti. Quella notte li aveva sentiti, gli aerei, passare anche sopra casa sua. No, non era possibile. E Davide? Lasciò cadere lo zaino dalle spalle, si alzò e corse verso uno degli uomini che stavano spegnendo le ultime fiamme rimaste.                                                                                                                
–Davide? Dov’è Davide?- chiese. L’uomo la guardò. La faccia stanca, gli occhi tristi.
–quando i tedeschi sono venuti a bombardare, lui era in casa, con la sua famiglia …. Dormivano e non hanno fatto in tempo a uscire-. 
No. Non era possibile.
 
Ciao Davide. Te ne sei andato silenzioso, avvolto dal buio della notte. E mi hai lasciato da sola. Da sola con il mio amore per te. Io ti volevo bene. E anche tu. Anche tu me ne volevi, ma non hai fatto in tempo a dirmelo. Siamo dei ragazzi, abbiamo voglia di vivere, ma l’odio degli adulti ci sta spazzando via, e ha spazzato via te. Te che te ne sei andato veloce e silenzio come un ladro, che di notte, avvolto dall’oscurità, ti deruba e la mattina non c’è più. C’è solo il vuoto che ha lasciato. C’è solo il vuoto che hai lasciato. Un vuoto che non riuscirò a colmare. Un vuoto che racconterò ai miei figli, nati dall’uomo che saresti dovuto essere tu. Un vuoto in cui riecheggia la tua voce, in cui il tuo volto è riflesso, in cui riesco ancora a sentire il tuo profumo. Profumo dolce. Profumo di ragazzo. Profumo che non c’è più. E ora dormi ragazzo, dormi Davide. Dormi con i tuoi dodici anni per sempre, sepolto sotto la polvere, dimenticato anche dal tempo. Dormi Davide. 
  
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