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Autore: dragon_queen    03/05/2012    1 recensioni
"Non ricordo quando iniziai a vedere i fantasmi, ma sono sicura che sia accaduto molto tempo fa. Forse il primo che vidi fu proprio quello della mia adorata nonna, un paio di giorni dopo il suo funerale. Avevo quattro o cinque anni, non ricordo bene.
Lei mi si era semplicemente avvicinata, mi aveva accarezzato i capelli castano cioccolato e poi, con un sorriso era scomparsa.
Dagli altri ero considerata strana, eccentrica, insomma, da evitare. Fu per questo motivo che, quando un ubriaco stroncò la mia vita investendomi, nessuno venne a piangere sulla mia tomba, ad eccezione di mio padre. Si, forse era lui l'unico per il quale mi dispiaceva davvero lasciare quello schifo di mondo.
Mentre ancora lo guardavo, rassicurandolo in silenzio che non l'avrei mai abbandonato, un fascio di luce mi attrasse a sé.
Da quel momento, iniziò la mia nuova vita..."
****************
Una ragazza obbligata a diventare shinigami e mandata a fare di stanza sulla terra dopo la perdita del suo migliore amico...
Un inaspettato nemico...
Un Grimmjow che sarà costretto a proteggere qualcosa di diverso dal suo orgoglio di guerriero...
Fatemi sapere se vi piace o anche il contrario...Un saluto
[COPERTINA INSERITA NEL PROLOGO XD]
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jaggerjack Grimmjow, Nnoitra Jilga, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Yoko si stava dirigendo verso la scuola a capo basso. La sua testa era affollata da mille pensieri, ai quali non riusciva a dare un senso logico. Era preoccupata, doveva ammetterlo. Lo scontro del giorno prima con quell'Hollow l'aveva ridotta davvero male e ancora percepiva le ferite pulsare all'interno del suo corpo temporaneo.

Era sempre più convinta che quel mostro fosse stato inviato da qualcuno, come se, chiunque fosse, avesse voluto metterla alla prova. Non si era mai sentita così inutile. Fino a quel momento aveva preso sottogamba il suo ruolo di shinigami, considerandolo come un'imposizione che le avevano fatto, un obbligo. Aveva fiducia nella sua forza e nelle sue capacità, tendendo numerose volte a sottovalutare i suoi avversari. Ma essere ad un passo dalla distruzione come era accaduto il giorno precedente le aveva fatto capire che erano ancora molte le cosa da imparare.

Gli allenamenti non procedevano. Non riusciva a vedere lo scopo di quegli scontri contro lo spirito della sua zampakuto.

Poi c'era quel dannato con i capelli turchesi. Aveva giurato di averlo intravisto che la spiava dalla finestra del suo appartamento e, proprio in quel momento, anche senza vederlo, sentiva che la stava osservando.

Giunse davanti al cancello e incrociò un paio di compagne.

Si mise a chiacchierare in modo spontaneo e solare, come una normale adolescente. In fondo si stava divertendo, abituandosi a quella vita, anche se era solo una falsa illusione. Forse in quel frangente le sarebbe servito distrarsi un po', pensare il meno possibile al mondo degli spiriti e ai suoi compiti. Aveva bisogno di staccare la spina.

 

-Ehi Yoko, ti va di venire con noi nel pomeriggio a fare un po' di shopping? Tanto domani non abbiamo compiti in previsione-

La ragazza alzò lentamente lo sguardo, fissando per un istante la ragazza che stava davanti a lei. Se non errava, si era presentata con il nome di Jun, e ricordò di aver pensato la prima volta che era un tipo abbastanza simpatico.

Vedendo che quella aspettava impazientemente la sua risposta, le sorrise:

-Perchè no? Non ho niente da fare, dopotutto-

Si sentiva un po' in colpa per dover saltare l'allenamento, ma Urahara l'avrebbe perdonata.

Quella le rivolse un altrettanto radioso sorriso.

-D'accordo. Allora appuntamento al cancello alla fine delle lezioni-

Guardando la compagna mentre si allontanava, si ritrovò a pensare: in fondo aveva bisogno di un po' di svago.

 

Il gruppetto di quattro ragazze si aggirava per il centro di Karakura, fermandosi ad ogni vetrina, che contenesse abiti, scarpe o anche accessori. Yoko non era mai stata a fare compere, quindi osservava attenta il comportamento delle compagne: non riusciva a capire tutta quell'euforia, ma decise di assumere un'espressione partecipe.

Ad un tratto entrarono in un grande magazzino.

Jun si voltò finalmente verso di lei e, continuando a sorriderle, le disse:

-Yoko, sai vero della festa di primavera del nostro liceo?-

La ragazza rimase spiazzata.

-Sinceramente non ne sapevo nulla-

-Ah, giusto. Forse lo hanno comunicato durante una delle tue permanenze in infermeria-

Lei si ritrovò a sorridere a sua volta.

-Se solo sapessero cosa era a fare in realtà- pensò.

-Bene, adesso che lo sai, hai già un vestito per l'occasione?-

Un vestito? Una tenuta diversa da quella scolastica? Aveva solo qualche indumento che le aveva dato Urahara al suo arrivo, ma era tutta roba abbastanza casual e sportiva.

-Dalla tua espressione immagino di no. Bene, allora è arrivato il momento che te ne compri uno-

-Ma io...- si trovò ad arrossire.

-Che succede?-

-Non ho denaro con me- rispose timidamente.

Non si riconosceva quasi.

-Non devi preoccuparti. Ti presto io i soldi-

-Oh, no. Non posso accettare-

-E invece mi fa piacere. Me li renderai la prossima volta-

Yoko dovette arrendersi.

 

-Non vorranno davvero che mi vesta in questo modo?- stava pensando la shinigami mentre si guardava allo specchio nel suo appartamento.

Il trio l'aveva alla fine convinta a comprare un corto vestitino nero, paricollo, con uno spacco che lasciava la schiena scoperta. Yoko continuava a tirare giù l'orlo della gonna, reputandola troppo corta, in quanto le lasciava scoperte quasi tutte le gambe. Ai piedi un paio di lucide ballerine, anch'esse nere. Jun aveva insistito anche per comprarle un fiore viola da appuntare nei capelli.

Dopo un attimo di smarrimento, però, si ritrovò a guardarsi sotto una luce diversa. Tornò a fissare la sua immagine allo specchio, girando su se stessa per potersi vedere da ogni prospettiva. Doveva ammettere, in fondo, che non stava male vestita in quel modo.

Chissà che avrebbe detto Doi se avesse potuta vederla in quel momento. D'improvviso si fece cupa in volto: ricordare l'amico le metteva sempre una tristezza enorme addosso.

Ad un tratto avvertì una risata alle sue spalle. Si voltò di scatto.

-E tu come diavolo hai fatto ad entrare?-

Poggiato alla parete dietro di lei, le mani in tasca e la testa leggermente inclinata in un'espressione che non faceva presagire niente di buono, se ne stava il tipo con i capelli turchesi.

-Ho i miei metodi, donna-

L'ira prese il posto della tristezza e dello stupore.

-Vedi di andartene, idiota- ringhiò.

Quello, di tutta risposta, le si avvicinò, iniziando poi a girarle intorno. Nei suoi occhi, generalmente privi di espressione, un barlume di qualcosa che fece rabbrividire Yoko.

-Allora, lo spettacolo è di tuo gradimento?- chiese acida.

Stava perdendo la pazienza.

-Direi che non è niente male- rispose quello, abbassandosi per osservare il suo fondoschiena, fasciato completamente dal succinto abito.

Lei fece uno scatto indietro, guardandolo con odio.

-Sei uno schifoso pervertito- sbraitò.

-Sai, tu non mi aiuti di certo-

-Perchè continui ad infastidirmi?- chiese ancora lei, arretrando quando lui fece un passo nella sua direzione.

-Sai cosa voglio, donna- rispose lui, continuando ad avanzare.

-Mi sembra di averti già esplicitamente detto che non ho intenzione di battermi con te. Quindi puoi anche fare ritorno in qualunque sia il posto da cui tu provenga, idiota-

In quel momento avvertì la sua schiena toccare il muro. Gelò. Saettò veloce lo sguardo a destra e sinistra, ma ancor prima di tentare la fuga, fu bloccata dalle due braccia del ragazzo, palmi premuti contro il muro.

Il suo volto era vicinissimo, ma la sua espressione era cambiata: sembrava irritato.

-Sai donna, ho un nome io-

-Ma davvero?-

-Certo. Io sono Grimmjow Jaegerjaques, sesto degli espada. Vedi di ricordartelo-

-Se è per questo anch'io ho un nome, bell'imbusto, e non mi chiamo di certo “donna”-

I loro occhi si incontrarono. Sembrava un duello all'ultimo sguardo.

-E sentiamo...-

-Mi chiamo Yoko-

Quello rimase in silenzio qualche secondo.

-Preferisco donna-

Non se ne rese neanche conto: una ginocchiata gli arrivò dritta nei suoi gioielli di famiglia, facendolo gemere e imprecare con epiteti e vocaboli che è meglio non ripetere.

In quel modo Yoko aveva via libera. Con uno scatto la ragazza raggiunse lo stemma shinigami abbandonato sul divano e in un attimo prese le sembianze di dio della morte.

Grimmjow, piegato ancora a evocare ogni maledizione che gli veniva in mente, alzò lo sguardo, trovandosi la spada di Yoko, ancora racchiusa nel fodero, all'altezza della gola.

-Allora, come la mettiamo adesso?-

L'espada si fermò un attimo ad osservarla: persino il suo kimono nero, sbracciato e con due piccoli spacchi all'altezza dei fianchi che scendevano sino a metà coscia, tenuti insieme da due sottili pezzi di tessuto, era eccitante.

-Ragazzina, dillo che mi vuoi provocare-

Yoko non capì immediatamente, poi, seguendo lo sguardo del ragazzo, capì. Arrossì vistosamente.

-Vedi di sparire, se non vuoi che ti amputi quell'amichetto che ti ritrovi in mezzo alle gambe!!- esclamò.

Grimmjow riprese finalmente la posizione eretta e sorrise sornione.

-D'accordo, per stavolta me ne vado, visto che il mio intento era solo provocarti. Devo dire che, nonostante tutto, hai un buon autocontrollo. Ma troverò il modo di farti perdere la pazienza- e in una sorta di botto era scomparso, lasciando dietro di sé la porta finestra aperta.

Yoko tirò un sospiro di sollievo e si accasciò a sedere sul divano.

 

Il quarto espada camminava verso la sala dove il suo signore lo attendeva. Lo aveva convocato qualche minuto prima, tramite un ridicolo e inutile fracciòn, il quale era già stato adeguatamente punito per aver interrotto la sua meditazione.

Come al solito non aveva fatto una piega: l'aveva semplicemente fatto sparire, senza provocare in sé rimorso o ripensamento. Per la causa occorreva anche qualche sacrificio e di quello stupido essere nessuno avrebbe sentito la mancanza.

In quel momento giunse dinnanzi ad un alto portone avorio, una delle miriade sfumature in quell'ambiente totalmente bianco. Quello si aprì silenziosamente, rivelando una sala quasi totalmente immersa nella penombra.

Si incamminò all'interno, mentre la porta gli si richiudeva alle spalle. Solo allora notò la presenza di qualcun'altro, ma non fece cenni di riverenza o rispetto. La postura rigida, le mani infilate nelle tasche dell'abito candido, lo sguardo impassibile.

In compenso, di colui che gli stava davanti, si intravedeva solo una parte del viso, quanto bastava per notare un sorriso che gli si allargava sulle labbra.

-Benvenuto. Vedo che hai fatto presto- disse.

-I miei rispetti. Il motivo della mia convocazione?- rispose piatto l'espada.

-Ho necessità dei tuoi servigi-

-Mi dica in che modo posso servirla-

-Devi andare sulla terra. Là c'è qualcosa che mi interessa molto, ma ho bisogno di capire ancora alcune cose. Devi tenere gli occhi aperti e aggiornarmi su ciò che scoprirai. So che sarai un ottimo osservatore-

-Come lei desidera-

Mentre quello gli voltava le spalle per allontanarsi, l'altro lo fermò ancora:

-Ah, un'ultima cosa. Mi è giunta voce che uno dei tuoi compagni si è preso una libera uscita senza permesso. Non vorrei che creasse problemi. Nessuno è al corrente del mio piano, ancora-

Il quarto espada fece un cenno impercettibile con la testa e se ne andò.

Se ci fosse stato Grimmjow, gli avrebbe dato sicuramente del leccaculo.

  
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