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Autore: Bloodred Ridin Hood    04/05/2012    3 recensioni
Tutto quello che successe dall'arrivo di Xiaoyu in Giappone, sino al Terzo Torneo di Tekken.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Heihachi Mishima, Hwoarang, Jin Kazama, Ling Xiaoyu
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Non sapevo come dovevo comportarmi.
Buttai giù il mio secondo bicchiere d’acqua, poi posai il bicchiere sul tavolino davanti al divano sul quale ero seduta.
Davanti a me, seduto su una poltrona, Jin mi osservava da quasi venti minuti.
Era un’elegante e accogliente stanza d’albergo, non troppo distante dal quartiere nel quale alloggiavamo io e Hwoarang.
Era lì che mi aveva portato, dove presumibilmente ora alloggiava.
- Sei insolitamente silenziosa… - disse infrangendo quella barriera di silenzio – È il rancore o sei semplicemente diventata più taciturna in questi mesi? -
Rancore. Rabbia.
Dovevo essere arrabbiata. E certamente lo ero.
Affrontai il suo sguardo.
Forse cominciavo a capire cosa volesse farmi tirare fuori Hwoarang, quando insisteva nel farmi per forza esprimere il mio risentimento con Jin.
Ma sapevo anche che Hwoarang era certo che in ogni caso… anche davanti ad un Jin in torto marcio, io mi sarei sciolta come se niente fosse…
Ed era fastidiosissimo. Fastidioso da morire.
Come potevo essere abbastanza forte da mostrare il mio risentimento ora che finalmente lui era davanti a me, come stavo desiderando altro da mesi?
- Ti devo delle scuse. – cominciò Jin prima che io potessi rispondere qualcosa.
Era per lo meno un inizio. Incrociai le dita sulle ginocchia, sperando che non sentisse il mio cuore che martellava, e che non percepisse la guerra che era in corso nella mia mente.
- Ma per me era molto importante fare questa cosa da solo. -
Lo guardai, cercai di schiarirmi la voce.
- Dove sei stato? -
- A Yakushima. – rispose subito – È dove sono nato. Avevo bisogno di vedere e cercare delle cose. -
Prima che potessi rispondere, lui aveva già ripreso.
- Era davvero molto importante. – ripeté ancora una volta.
Annuii. Aveva senso fargli notare che non ero d’accordo?
- Almeno… hai trovato quello che cercavi? – cercai di limitare il tono della mia voce per farlo sembrare più naturale possibile.
Mi stupii di quanto suonasse calmo.
- Sì. – rispose subito – E poi sono tornato qua a Tokyo dopo poco tempo. -
Un orologio da parete ticchettava scandendo i secondi. Se non fosse stato per quello, probabilmente non mi sarei neanche resa conto dello scorrere stesso del tempo.
- Vi ho aspettato. – riprese Jin dopo un po’ – Aspettavo fuori dalla Zaibatsu ogni giorno, per vedere quando sareste andati ad iscrivervi al torneo. -
- È così che ci hai trovato… - ragionai a mezza voce.
Lui fece di sì con la testa.
- E… Heiachi? – mi venne subito da chiedere.
- Heiachi non è più un problema. – tagliò corto lui – Sono andato a parlargli il giorno stesso in cui sono tornato. -
Spalancai gli occhi e la bocca sorpresa.
- Davvero? – chiesi sbigottita.
- Stiamo collaborando. – mi spiegò evasivo.
Se prima ero rimasta stupita, adesso stentavo a credere alle mie orecchie.
- Ma io pensavo… -
- Sì, è lui il responsabile dell’incursione in casa sua la notte di capodanno. – spiegò prima che io potessi fare una qualsiasi domanda – Ma non ci farà del male adesso, per lo meno prima del torneo… -
- Che?! – ero ancora più confusa.
Non credevo alle mie orecchie.
- Capisco la tua perplessità. – cercò di chiarire lui – So che non meriterebbe il mio perdono per ciò che ha fatto… tuttavia, abbiamo parlato… e siamo giunti alla conclusione che sarebbe opportuno collaborare per il momento. -
Stavo per riprendere a parlare, ma lui mi anticipò di nuovo.
- Ogre è una minaccia troppo grande. – aggiunse – Per il momento, è meglio lasciare da parte i rancori familiari. -
- Rancori familiari? – ripetei esterrefatta.
Mi veniva quasi da ridere.
- Spero tu ti renda conto che qui si va ben oltre ad una faccenda di rancori familiari. – continuai – Heiachi voleva usarci. – finii a denti stretti.
-  Non mi aspetto che tu mi comprenda… -
Doveva essere impazzito. Ma sembrava così sicuro del fatto suo che decisi di lasciar morire lì la discussione.
Si alzò e andò davanti ad uno degli enormi vetri di una vetrata che faceva da finestra.
La città illuminata da quell’altezza era veramente un panorama mozzafiato.
Jin guardava fuori, io gli seguivo il profilo con lo sguardo.
C’erano così tante cose che avrei voluto dirgli, frasi che avevo costruito tante volte, immaginandomi un milione di volte possibili dialoghi, ma ora che ce l’avevo davanti, tutti questi pensieri non avevano più senso e qualsiasi cosa mi sembrava fuori luogo.
Lui si voltò verso di me e notò che lo stavo guardando.
- A che pensi? – mi chiese.
Mi strinsi nelle spalle.
- Al fatto che mi sento come se non ci vedessimo da un secolo. -
Lui si appoggiò con le spalle al muro e mise le mani in tasca.
- Raccontami un po’ di questo secolo. -
Annuii. Poteva essere una buona idea per sciogliere un po’ quel ghiaccio.
- Siamo stati in Cina, come forse avrai immaginato… - cominciai – Abbiamo raggiunto il mio vecchio paese, la casa di mio nonno. -
Mi fermai un attimo per fare spazio nei miei ricordi.
- È stato… strano tornare lì dopo tutto questo tempo. – ammisi – Abbiamo cercato il diario della madre di Julia… -
- L’avete trovato? – chiese subito Jin con interesse.
Annuii.
- L’abbiamo trovato, ma… - mi bloccai – Non abbiamo trovato più di tanto al suo interno. -
- Perché? – fece lui – Che diceva? -
Mi schiarii la gola.
Jin mi ascoltava con attenzione. Mi ricordai quanto fosse delicato per lui questo argomento. Lui era convinto di aver visto Ogre, era probabilmente disposto a credere a tutto ciò che gli avrei raccontato.
Cosa avrebbe fatto se gli avessi parlato del sacrificio umano?
Mi risposi da sola. Se avevo veramente capito qualcosa di come era fatto, non potevo escludere che gli sarebbe potuto saltare in testa di fare qualcosa di azzardato.
Dovevo stare estremamente attenta e per il momento questo dettaglio poteva aspettare. Ne avrei parlato prima con Hwoarang, magari.
Scrollai appena le spalle.
- Te l’ho detto, niente di utile. C’erano alcuni appunti riguardo a degli avvistamenti… -
Gli raccontai degli avvistamenti in America centrale e in Asia, senza fare alcun riferimento al rito.
Quando ebbi finito, tornò a sedersi davanti a me. Appoggiò una mano sulla fronte. Inspirò ed espirò profondamente.
- Quindi nessun riferimento ad un possibile modo per sconfiggerlo? Non avete scoperto niente? -
Il suo tono era strano, non mi piaceva.
Sembrava irritato, come se in qualche modo pensasse che queste informazioni gli fossero dovute.
Mi concentrai per apparire più calma possibile, e non lasciare intravedere alcun segnale della mia piccola bugia.
- No. – dissi ferrea – Niente. -
- Merda! – Jin diede una manata sul bracciolo della poltrona.
Cercai di apparire il più naturale possibile.
- Quindi non abbiamo niente? – chiese acidissimo.
- Abbiamo? – il mio tono non era di certo più zuccheroso del suo.
Era troppo, non potevo più far finta di niente.
Avevamo scambiato soltanto qualche parola, ma mi sembrava di aver davanti una persona completamente diversa.
- Jin ma cosa diamine hai in testa?! – sbottai - Sei sparito… – gli ricordai gelida – Pensavi forse che fossimo in missione per conto tuo, mentre tu beatamente pensavi ai fatti tuoi? -
Lui mi lanciò un’occhiataccia.
- …beatamente? I fatti miei?! – ripeté a denti stretti, poi scrollò la testa ridendo amaramente – Non sai di che parli. -
- Certo che non so di che parli… – ripetei con sarcasmo alzando le spalle – Tu non mi dici niente. -
Lui spostò lo sguardo altrove, contrariato.
- Pensavo foste disposti a collaborare. – disse dopo un po’ cambiando argomento – Non ho mai detto di aspettarmi un lavoro per mio conto. -
- Collaborare? – mi venne di nuovo da ridere – Non vuoi dire una parola su ciò che sei andato a fare… ma pretendi di avere il resoconto di ciò che possiamo aver trovato noi. È questa la tua idea di collaborazione? -
Mi alzai in piedi. Ne avevo avuto abbastanza di quella conversazione.
- No, aspetta. – cercò di richiamarmi quando mi vide allungare la mano verso la giacca – D’accordo, scusa.
- Mi dispiace… - cominciai nervosissima - Non ho più intenzione di stare qui a sentirti brontolare su come secondo te non ci siamo rivelati abbastanza utili… -
Non sarei scoppiata a piangere, anche se c’ero sempre più vicina. Ma dovevo vincere a tutti i costi contro i miei sentimenti, non gli avrei dato anche quella soddisfazione.
Ero una combattente dopo tutto.
Lui si avvicinò e mi prese un polso.
Il suo contatto. Era qualcosa di quasi surreale, dopo tanto tempo, riavvertire il calore della sua pelle, anche se erano soltanto i polpastrelli.
Maledizione, sentivo di stare come per impazzire.
- È incredibile che dopo tutto quello che è successo, dopo quello che tu hai fatto, tutto ciò a cui riesci a pensare è che non abbiamo scoperto abbastanza cose… - esplosi adirata.
Mi fermai.
Per forza, Jin si era avvicinato ancora.
- Oh… per favore… – disse esasperato.
Poi mi baciò.
Un brivido lungo la schiena. Sperai con tutta me stessa che non se ne accorgesse. Dannato Hwoarang, aveva ragione. Io ero una fiera combattente, non potevo farmi infiacchire così da uno stupido affare sentimentale.
Ma era più facile a dirsi che a farsi.
- Non è solo quello… tutto ciò a cui riesco a pensare. – sussurrò scostandosi appena dalle mie labbra – Mi… sei mancata… -
Adesso la sua fronte era poggiata sulla mia. Anche solo quel contatto era sufficiente per mettere in repentaglio la mia sanità mentale.
Ero arrabbiatissima, infuriata. Ancora di più, visto che mi faceva sentire così.
Ma, diamine… nessun torto era abbastanza grave per convincermi ad allontanarmi da quegli occhi.
Chiusi i miei, per impedirmi di vederlo. Provai a cercare un nuovo equilibrio mentale, ma niente da fare.
Le sue labbra stavano di nuovo sfiorando le mie.
Le sfioravano, esplorandole, mordicchiandole ogni tanto.
Le schiusi appena, come se incerta di voler davvero partecipare o meno.
Lui in ogni caso accolse l’invito, riprese a giocare cercando più contatto. Sempre più contatto.
Provò a chiamarmi a partecipare al suo gioco, quando la sua lingua accarezzò la mia.
Bramavo ogni suo respiro sulla mia pelle, e le mie labbra bruciavano ad ogni suo passaggio. Mi chiamava, ed era una vera tortura resistere.
- Devi essere completamente impazzito. – sussurrai scostandomi appena di qualche centimetro per poter parlare.
Non volevo dargliela vinta, non doveva dimenticare chi era dalla parte del torto.
Ma ne valeva veramente la pena continuare a combattere?
- Potresti non avere torto su questo… - rispose alla mia affermazione.
Poi si spostò sul mio collo e cominciò ad assaggiare la mia pelle provocandomi un nuovo brivido lungo la schiena. Inclinai la testa leggermente all’indietro, per lasciargli fare il suo gioco. Mi mordicchiai le labbra, ancora bollenti dopo il suo passaggio.
Era una tortura. Una vera tortura. La sfida più difficile che una combattente possa incontrare nella sua strada.
Mi arresi, lo seguii, rispondendo cauta e lentamente ai suoi movimenti.
I miei pensieri volavano come se non mi appartenessero. Avevo deciso di chiudere da parte la razionalità. Non avrei permesso al rancore di rovinarmi questo momento. E per il momento non mi interessavano nemmeno i rimorsi.
I pensieri nella mia testa seguivano un ordine confuso, era come stare in una stanza con poco ossigeno.
E il mio cuore… era come impazzito. Mi sentivo come a metà tra la completa disperazione e una gioia incredibile.
Ci separammo un attimo e ci guardammo negli occhi. Era sempre lui, anche se l’avevo definito pazzo, era sempre il mio Jin… quello che avevo incontrato la prima volta dentro un fosso in un giardino.
Quello con cui avevo avuto paura di morire la notte di capodanno, quello che avrei voluto strangolare quando se n’era andato lasciandomi con un patetico bigliettino.
Era sempre lui, quello che avevo sognato di rivedere tutto questo tempo… e che ora mi aveva ritrovato.
Jin mi scostò uno stupido ciuffo dagli occhi.
Non era facile connettere, non lo era per niente. Era come se non fossi io a dettare legge nel mio corpo in quel momento.
Non era facile nemmeno capire se fosse veramente vero, o se quella realtà fosse tutto frutto della mia immaginazione. Per un attimo ebbi paura che fosse tutto un sogno. Un sogno dal quale non avrei mai voluto svegliarmi. Non potevo credere che stava veramente per succedere…
Squillò il telefono nella stanza.
Rimasi di sasso, non per il telefono che squillava, ma per quello che successe subito dopo.
Jin reagì al telefono che squillava come se si fosse risvegliato da un sogno o come se improvvisamente si fosse ricordato di avere qualcosa da fare.
Mi guardò, un po’ imbarazzato, un po’ dispiaciuto.
- Scusa… - disse – Devo… rispondere. -
Mi limitai ad osservarlo, rifiutandomi di pensare, mentre si allontanava verso il comodino e prendeva la cornetta del telefono.
- Sì… - rispose cercando di tenere il tono di voce basso.
Si passò una mano fra i capelli.
- Adesso? – chiese tra i denti – Ma ho… -
Avevo già capito come sarebbe andata a finire. Magari dall’altro capo del telefono c’era proprio Heiachi.
- D’accordo… dammi un quarto d’ora. -
Fu come una doccia fredda. Non avevo bisogno di sentire altro.
Era di spalle e continuava ad ascoltare la voce dall’altra parte.
Lentamente mi diressi verso l’ingresso della stanza. Le mie scarpe erano affianco alla porta.
Uscii e la chiusi lentamente per fare in modo che non mi sentisse.


 
 
 
 
 
  
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