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Autore: roxy_xyz    05/05/2012    11 recensioni
Il vento aveva spalancato la finestra bruscamente, facendo cadere uno dei tanti portafotografie per terra. La fotografia di loro tre, abbracciati e felici, cadde vicino ai suoi piedi.
“Quando sei entrata, Hermione?”
“Che buffo. Se ci pensi bene, Harry, esistiamo solo grazie all’altro.”

Prima Classificata all'Auror Power Flash Contest, indetto dal gruppo "Cercando chi dà la roba alla Rowling [Team Harry/Hermione]"
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Harry Potter, Hermione Granger, James Sirius Potter | Coppie: Harry/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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"Questa storia partecipa all'Auror Power Flash Contest, indetto dal gruppo "Cercando chi dà la roba alla Rowling [Team Harry/Hermione]"



Existence



Le lenzuola sembravano quasi soffocarlo quel giorno; si erano appiccicate al corpo come una seconda pelle e Harry aveva provato a scalciarle via più di una volta. Era veramente stanco, anche se si era appena svegliato: troppo lavoro, troppi pensieri e di certo le urla dei figli al piano di sotto, non agivano su di lui come un balsamo, piuttosto il contrario.
L’anno scolastico era finito e i suoi tre figli erano ritornati a casa, rendendolo felice ed esasperato allo stesso tempo. Era stanco di rimproverare Albus o James per ogni sciocchezza, e ancora di più di riparare là dove questi passavano.
Si ripeteva sempre di essere troppo buono, ma anche se usciva dalla camera, nervoso e con i nervi a fior di pelle, gli bastava vedere il ghigno di James o gli occhioni timorosi di Albus, e tutto passava, anche i peggiori disastri.
Per questo, aveva deciso di creare una sua bolla, uno spazio nel quale potersi rifugiare. Perché, anche se amava i suoi piccoli tornado, una parte di sé cercava il silenzio, lo bramava, come se volesse tornare in quell’angusto sottoscala di Privet Drive. E gli stessi figli avevano capito che non dovevano oltrepassare quella porta, imparando a rispettare i suoi spazi.
Con un gesto spazientito, spinse il cuscino dalla parte opposta del letto e guardò l’orologio al polso. Le sette e mezza.
Possibile che urlassero anche di mattina presto?
Scese le scale e si diresse verso la cucina, o forse lo doveva definire ring, sembrava che i suoi figli stessero gareggiando a chi alzava di più il tono della voce.
“Buongiorno, famiglia!” disse, scandendo bene le parole e rivolgendo uno sguardo infuriato che non passò inosservato.
James fece cadere il giornale che stava usando a mo’ di bastone e Albus prese un biscotto da mangiucchiare.
“Ciao pa’” dissero, quasi in coro.
“Ciao?” ripeté, un tantino incredulo.
“Cosa vuoi mangiare? Mamma è andata al mercato con Lily, però ha preparato già le uova, come piacciono a te…”
“James, respira. E no. Non voglio le uova. Sapete cosa desidero, invece?”
“Cosa?” sussurrò il figlio maggiore, che aveva cominciato a capire quanto fosse nervoso e arrabbiato con loro. Ne aveva combinate troppe e ormai sapeva i tempi e i modi di reazione di suo padre. Prima di proseguire, gettò uno sguardo veloce al fratello che stava in silenzio e con il capo chino verso il tavolo.
Harry si era avvicinato e aveva cominciato a rimproverarli, superando di parecchi decibel le tonalità dei figli. “Che non urliate alle sette e mezza! Di sabato mattino! Del mio primo giorno di vacanza!”
“È tutta colpa di James!” aveva detto il minore per giustificarsi.
“Io? Semmai è la tua, dato che…”
Dovette battere il pugno sul tavolo per metterli a tacere. “Continuiamo a non capirci. Ditemi perché stavate litigando.”
“Sono cose personali.” Era stato Albus a parlare, mettendo da parte la sua naturale sottomissione ai voleri del padre.
“Anche il mio sogno lo era, prima che voi due lo interrompeste!”
“Ok, ok, non fare così, solo che è un po’ strano per noi farti delle confidenze. Litigavamo per una ragazza,” aveva confessato James, facendo scendere di colpo la pressione a Harry che si era alzata ai massimi storici.
“Una ragazza? Stavate litigando per una ragazza?”
“Sì.”
“E chi è?” aveva domandato Harry, ormai completamente calmo.
“Ehi, ora non ti allargare troppo! Accontentati di quel poco che possiamo dirti,” era stata la risposta di James, con la quale si era guadagnato un’altra occhiata torva.
“Non vi ho mai visto litigare per una ragazza. Deve essere molto bella.”
“Non è solo bella, lei è…”
“… quella giusta” aveva continuato Albus, completando la frase del fratello.
“Siete adolescenti, ogni ragazza vi sembrerà quella giusta!”
“Papà, tu e la mamma vi siete innamorati in piena adolescenza!” La risposta di Albus fu accompagnata da un mezzo sorrisino. A volte Harry poteva comportarsi come un mulo con i paraocchi, perché era convinto che, non essendoci più guerre o maghi oscuri, la vita dovesse proseguire con più calma.
Che fretta c’era di innamorarsi, quando si poteva procedere a piccoli passi?
“Non è la stessa cosa,” aveva cercato di dire, trovando poco convincenti le sue stesse parole.
“James me la vuole rubare. Io l’ho sempre amata in silenzio, appoggiata, gli sono stato accanto ad ogni difficoltà e lui… si è accorto di lei solo ora, quando prima passava il tempo a prenderla in giro! Lei è sempre stata bella, solo che lui era troppo idiota per vederlo.” Gli occhi verdi di Albus sembravano ardere. Erano pieni di furore, e mai Harry l’aveva visto così forte e sicuro si sé.
“Oh, e allora? Mica questo ti permette di averla! Non funziona che chi prima arriva, vince la ragazza.”
“Ma tu non la ami!”
“E tu che ne sai, Al? Sei patetico.”
“Silenzio!” Harry si era portato le mani ai capelli, rendendoli anche più spettinati del solito. “James non voglio mai più sentirti rivolgere a tuo fratello in quel modo, siamo intesi? E poi, mi sembra che vi stiate dimenticando la cosa più importante. Sbaglio o nessuno di voi due si è chiesto cosa vuole lei?”
Le ultime parole sembrarono aver fatto centro e Harry si era alzato dalla sedia, con un sorrisetto compiaciuto. “Non voglio più sentirvi fiatare, vado nello studio e voglio leggere la Gazzetta in santa pace, altrimenti…” Aveva lasciato la frase in sospeso e, preso il caffè e il giornale, era uscito dalla stanza.
Una volta entrato nel suo rifugio, aveva atteso per qualche minuto con l’orecchio appoggiato allo stipite della porta, per vedere se le sue parole avevano ottenuto l’effetto desiderato.
Quando aveva udito solo il ronzare di una mosca, si era seduto sulla poltrona e aveva chiuso gli occhi.
Essere genitori non era mai facile, e con l’adolescenza sembrava che tutto fosse anche più complicato. Il tempo sembrava volare e anche Lily, la piccola Lily, presto li avrebbe lasciati soli. Poteva lamentarsi all’infinito, ma sapeva che una volta lasciato il nido, avrebbe avuto nostalgia di loro e rimpianto anche quei momenti in cui era esasperato, arrabbiato o deluso.
“Ciao, Harry.” Una voce femminile lo aveva fatto sobbalzare per la sorpresa.
Harry aveva aperto gli occhi di scatto confuso, trovando Hermione Granger al centro della stanza e proprio di fronte a lui.
“Quando sei entrata, Hermione?”
“Sembri stanco. Non hai dormito?” aveva chiesto, invece di rispondere alla domanda.
“Ho avuto un incubo.”
“Cosa hai sognato?”
“Nulla di importante, non ti preoccupare per me, Hermione.”
“Io non smetterò mai di preoccuparmi per te.” Gli aveva sorriso e lo aveva guardato, come solo lei sapeva fare: fin dentro l’anima.
“Dovresti invece.” Sul viso di Harry si era aperto un sorriso, storto, un po’ amaro. “Non sono in pericolo, non devi più rischiare la vita per me.”
“E chi l’ha mai fatto! Lo facevo perché mi hai permesso di fare solo quello. Avevi già scelto tu per me.”
Una mosca si era fermata sulla mano di Harry che, infastidito, l’aveva cacciata con un gesto secco.
“Hermione…”
“Non permettere ad Al di arrendersi. Deve lottare per lei.”
“Stiamo parlando dei miei figli o di noi?” aveva chiesto Harry.
Non ebbe alcuna risposta dalle labbra di Hermione, così aveva continuato a parlare. “Non avevo scelta, non avrei mai potuto fargli del male.”
Era una scusa, una di quelle più insulse e ingiuste, ma non voleva ammettere, nemmeno a se stesso, quanto era stato vigliacco. Aveva combattuto il Male, aveva dovuto stringere i denti e soffrire in silenzio e poi… si era tirato indietro, nascosto nell’ombra. Come poteva ferire lui, Ron, il suo migliore amico?
Era meglio fingere che tutto andasse bene, scacciando qualsiasi sentimento pericoloso.
Ginny lo amava, l’aveva sempre amato e lui era stanco di lottare.
Scendere dal ring e abbandonare la gara era stato anche fin troppo semplice.
“Io ho sempre scelto te. Hermione Granger non esiste senza Harry Potter.”
“Non dire assurdità, io sarei morto subito, al primo anno, se non ci fossi stata tu.” Non era stato difficile per lui rivelarlo, perché sapeva che senza l’appoggio della sua migliore amica, starebbe cercando ancora la Pietra Filosofale.
“Allora Harry Potter non esiste senza Hermione Granger, contento?”
Il vento aveva spalancato la finestra bruscamente, facendo cadere uno dei tanti portafotografie per terra. La fotografia di loro tre, abbracciati e felici, cadde vicino ai suoi piedi.
“Quando sei entrata, Hermione?”
“Che buffo. Se ci pensi bene, Harry, esistiamo solo grazie all’altro.”
La mosca si era poggiata nuovamente sulla sua mano, ma quando aveva cercato di allontanarla, il vento aveva fatto volare alcuni fogli, facendoli volteggiare in aria, davanti allo sguardo sempre più confuso di Harry.
La porta si era spalancata quasi nello stesso attimo in cui i fogli si erano poggiati sul tappeto. Inermi, privi di vita.
Aveva visto Ron entrare come una furia, e non aveva avuto il bisogno di sentire le sue parole per capire cosa era successo. La sua lingua aveva saggiato qualcosa di salato sulle labbra: quando aveva iniziato a piangere?
“Harry! Hermione è…”
Harry lo abbracciò, senza dargli la possibilità di continuare, perché non voleva sentire quella parola.
Lo abbracciò e pianse con lui. In silenzio. Sapendo che una volta pronunciata quella verità, Hermione Granger avrebbe cessato di esistere, portando con sé Harry Potter. O quello che rimaneva di lui.



Ok, non mi picchiate. Questa storia è stata partorita in un giorno un po’ particolare: un evento accaduto nella mia vita mi ha fatto riflettere molto e, anche se volevo scrivere una commedia, non ci sono riuscita, perché questa shot voleva essere scritta.
È particolare e con essa voglio esprimere il mio concetto di Auror: Harry e Hermione sono complementari, si completano e anche se loro possono dire “Harry, hai fatto tutto tu con il tuo sangue freddo!”, o “Hermione, come farei senza di te?”, non si accorgono che loro non possono fare a meno l’uno dell’altro. Ingarbugliato e strano, direte voi.
Se siete arrivati fin qui, vi ringrazio!
Alla prossima.


   
 
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