"Ti odio."
Non erano parole difficili, anzi.
Anche un bambino avrebbe capito perfettamente cosa intendeva la rossa quando con voce irata gli aveva sibilato quelle parole, anche se al bambino il significato poteva sfuggire il tono era abbastanza delucidante: non voleva più averlo fra i piedi.
Il concetto era facile, facilissimo, e Suigetsu era un tipo abbastanza sveglio da capire perfettamente quelle due piccole paroline.
Ti stava a indicare che era rivolto a lui, interlocutore che stressante si era divertito e massacrare la poca pazienza di Karin, e odio voleva dire che non solo non lo sopportava più ma anche che, se avesse potuto, lo avrebbe ammazzato seduta stante.
Il concetto era semplice, quindi, ed era chiaramente poco gentile.
Chiunque, conoscendo poi la fama della rossa più che mai, avrebbe levato le tende di fronte a quella risposta, ma Suigetsu era tutto fuorché chiunque e in risposta sorrise divertito.
“Allora è un si?” domandò con una faccia tosta che avrebbe invogliato chiunque a picchiarlo.
Karin indurì lo sguardo e fece per rispondergli con un urlo ma lui non le diede il tempo di dir nulla, alzò le spalle con fare scialbo e le sorrise di nuovo.
“Ti vengo a prendere alle otto, fatti trovare pronta” le disse voltandosi e sparendosene per i corridoio della scuola.
Karin, immobile, come se pietrificata, lo guardò allontanarsi e solo dopo svariati minuti ebbe la forza per riaversi e quel punto pestò con forza il piede per terra generando un suono parecchio secco e forte.
Di sicuro quella sera lo avrebbe ammazzato.