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Autore: Gwendin Luthol    06/05/2012    4 recensioni
Questa potrebbe essere considerata la fine di un lungo cammino della vita,vissuta da quattro occhi e sentita da un cuore. Ma chi sono io per assicurarvi che quest’amicizia indistruttibile sia giunta al capolinea? Di sicuro però,sarò io a raccontarvi questa storia che probabilmente prenderà una piega diversa ad ogni parola scritta..o forse no?
Sullo sfondo di un Giappone che sembra morire e risorgere in continuazione,la vita di un sedicenne presuntuoso e pieno di se si mescolerà all’esistenza tormentata di un professore di filosofia,odioso e puzzolente,creando un legame fantastico. Nella misteriosa misticità dell’amicizia che neanche la morte potrebbe mai spezzare.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fior di Ciliegio
Capitolo sedicesimo

In Aprile c’è una grande frenesia per le strade di Tokyo, o proprio quelle del Giappone in generale.
E’ l’inizio di un nuovo semestre scolastico e la primavera da una strana carica a tutte le cose che la circondano.
Il vialetto che precedeva l’entrata della scuola era tappezzato di dolci petali bianchi la quale estremità oscillava sul rosa.  Nel piccolo parco che anticipava il corridoio interno che dava sulle aule, le panchine e i tavoli erano impregnati di rugiada. L’aria mattutina era un po’ umida, come tutte le volte d’altronde.
Scocca l’orologio dell’edificio, attaccato su una grande colonna di pietra.
Però c’è da dire che il cielo non è molto azzurro.
Nuovamente, il vociare degli studenti riempie di vita quelle mura grigio fumo.
Le risate annullano quel senso di pesantezza dei giorni passati, sembra così strano che si sia già dimenticato tutto.
 
“Ei Tarō” salutò un ragazzone dalle spalle grosse.
“Oh, Akira. Tutto bene?” domandò con finto interesse Tarō, sistemando la sua sacca strabordante di libri.
“Bè, io sì… piuttosto tu, come stai?” chiese rammaricato Akira.
“Non c’è male, la solita vita” rispose Tarō sorridendo.
Sorrideva per nervosismo, per scollarselo di dosso, insomma lo imbarazzava averlo lì davanti.
Sta provando pena per me?
“Bè… Tarō, per qualsiasi cosa io ci sono. Buona lezione” e detto questo, con un cenno della mano, sparii dietro a un orda di studentesse che ridacchiavano per le solite stupidaggini.
Akira non mi sembra mi abbia dato mai tanto retta. Muore mia madre e comincia a corrermi dietro? Ora capisco tutto, l’ipocrisia delle persone.
“Ragazzi, vedete di andarvene dentro nelle vostre aule!” gridava un bidello a un gruppo di alunni che ancora non aveva ben capito che la prima ora era già iniziata.
Tarō si diresse verso le scale che lo avrebbero portato nel corridoio dove, prima delle vacanze primaverili, c’era la sua classe.
“Dovrebbero rimanere sempre le stesse aule”, pensò guardandosi le punte delle scarpe mentre camminava.
“Queste scarpe sono orribili, odio dover portare la divisa” pensò nuovamente.
Boom!
Non fece caso all’uomo che percorreva la sua stessa traiettoria.
E l’uomo non fece caso a Tarō che percorreva la sua stessa traiettoria.
“Signor Nobu!” gridò il ragazzo con gli occhi illuminati “da quanto tempo!”
“Signorino Bekku, cos’è tutto quest’entusiasmo? Cosa sono queste grida? Un po’ di silenzio!” lo rimproverò il professore non reggendo la sua parte da severo e arido maestro, crollando in una risata alla fine della frase.
Anche Tarō sorrise, dopo tanto tempo.
“Ancora sei qui? La prima ora è iniziata da un pezzo!” esclamò l’uomo guardando il ragazzo.
“Sono stato interrotto da un compagno, mi doveva parlare” si giustificò Tarō.
“Anche noi dobbiamo parlare, Tarō” disse Nobu tornando subito serio.
“Certo professore, non aspetto altro che questo” concluse il ragazzo.
 
La campanella suonò, stavolta per rintoccare la fine delle lezioni.
Tarō cominciò a correre verso l’uscita, ancora con i libri in mano.
Non desiderava incontrare nessuno, per il momento.
“Tarō, aspetta!”
Ecco, tutto quello che desideravo insomma…
Si voltò. Era Midori, ma lo aveva ugualmente capito udendo la sua voce.
“Ei…” disse lei facendosi sbocciare un lieve sorriso sulle labbra.
Però è carina quando sorride così.
“Ehm, mi chiedevo… come stavi, insomma…” continuò Midori.
“Sto come la scorsa volta, o forse meglio. Non lo so…” rispose Tarō, avvicinandosi un pochino a lei.
“Uh, bene… ehm, se vuoi un giorno usciamo”  disse lei imbarazzatissima.
“Sì boh, si può fare. E’ che ho molto da studiare, poi vedremo” rispose il ragazzo.
“Sì, giusto… non ci avevo pensato, hai ragione” lo assecondò tristemente Midori.
“Allora ci si vede, ciao Midori” la salutò Tarō, andandosene immediatamente, come se non avesse rimorsi.
“Sì, alla prossima Tarō” concluse lei.
Tarō, sei uno stupido.
Lo pensarono più o meno entrambi.



Spazio autrice/oquellascemaacuièvenutoinmentetuttoquestodelirio:
Ok, potete anche menarmi siccome avevo promesso di aggiornare con una certa regolarità, invece sono sparita per quasi un mese.
Il punto è che non trovavo mai un momento libero in cui sedermi e con penna e foglio, buttare giù il sedicesimo capitolo.
Poi qualche ora fa ho deciso che lo avrei scritto al computer, cosa che non amo particolarmente, però devo ammettere che mi sono piuttosto divertita.
Come potete notare ho cambiato un po' (ho totalmente stravolto), la grafica del capitolo. 
Ho deciso una cosa senza troppi fronzoli, anche perchè ogni volta ci mettevo sempre tantissimo a stilare il capitolo per l'HTML.
Odio le cose lunghe e agonizzanti, sìsì proprio così.
E poi tutto questo black molto minimalista, mi piace tanto.

Credo di aver detto tutto, basta con le note... anzi, sono state pure troppe!
ps. grazie ai lettori e alle (im)probabili recensioni!
  
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