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Autore: Clover GD    06/05/2012    8 recensioni
Duncan e Jo sono amici da una vita, insieme ad Alejandro e Scott, ma come ben si sa, quei quattro sono subdoli vendicatori, per cui.. Sarà per le frecciatine che Duncan tira sempre a Jo o magari per il suo modo di guidare come un matto in moto che Jo attuerà uno scherzo crudele ai danni del punk? E come reagirà Duncan?
Un modo un po' diverso di aprire gli occhi agli amici firmato Dikastèrion, leggete, giudicate e ditemi voi :)
One-Shot | AU - Lime | Duncan - Jo - Alejandro - Scott - Courtney - Gwen
Pairing principale Duncan/Courtney | Accenni alla Duncan/Gwen
Storia incompleta!
Storia classificatasi seconda al Wrong Mail Contest indetto da Hidden Writer sul forum di Efp
Genere: Comico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alejandro, Courtney, Duncan, Gwen, Scott | Coppie: Duncan/Courtney
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Contesto generale
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Di stanzini e blackberry con la fotocamera


-Ahahah, Dio, che roba da diabete!-

Duncan soffocò queste poche parole tra le labbra, mentre il film romantico e strappalacrime che la sorella di Jo, una delle sue amiche, stava guardando mostrava due innamorati che, sciogliendosi in un pianto paragonabile ad un'onda anomala, si scambiavano l'ultimo bacio, anche definibile come l'ultima pomiciata, del lungometraggio, che dal titolo che scorreva in basso si sarebbe detto chiamarsi Hold me in my last breath.

-Fa' silenzio, stupido! Se mia sorella ci becca, puoi scordarti di poter affermare di conoscermi!-

Secca e decisa come sempre, Jo diede un leggero spintone a Duncan, che sogghignò e le porse uno dei due caschi che teneva in mano.

-Cammina, idiota, che Al e gli altri ci stanno aspettando!-

L'Al in questione, che se solo avesse sentito Duncan chiamarlo così gli avrebbe tirato la prima cosa che gli sarebbe capitata sotto mano, altri non era che un altro componente della loro cerchia di amici, Alejandro Burromuerto, un ragazzo tanto subdolo quanto affascinante, che si mormorava fosse riuscito ad avere tre ragazze contemporaneamente senza che nessuna delle tre si accorgesse delle altre due. Lui e Scott Wallis erano i due a completamento del gruppo di quattro ragazzi che vedeva come componenti anche Duncan e Jo, che insieme agli altri si dilettavano nel passare le giornate a raccontare barzellette sporche o a fare scherzi improbabili a gente che non se lo sarebbe mai aspettato, tra una sigaretta ed una lattina, di birra o coca cola che fosse.





Avviatisi verso la moto e messi i caschi, i due salirono in sella e Duncan, posizionatosi al volante, lasciò che il motore cantasse come a lui piaceva che facesse.

-Lo faresti mai?- chiese d'un tratto Jo.

-Cosa?- rispose Duncan.

Jo digrignò i denti, odiava quando qualcuno rispondeva ad una sua domanda con un'altra domanda, ed odiava anche dover riconoscere di non essersi esplicata per bene.

-Quella roba schifosa che mia sorella si stava mangiando con gli occhi. Lo faresti mai?-

Duncan scoppiò a ridere, staccando una mano dal manubrio -e Jo non se ne curò né si preoccupò minimamente tanto era abituata a quando Duncan levava una o addirittura entrambe le mani dal volante della motocicletta- e portandosela al casco grigio piombo con sfumature metallizzate.

-Nemmeno sotto tortura. Ma mi ci vedresti, tu, a sbaciucchiarmi in uno sgabuzzino una tipa senza nemmeno un po' di tette come quella lì?-

Jo, senza reggersi troppo strettamente alle spalle dell'amico, roteò gli occhi tornando a godersi l'ebbrezza che le dava il viaggiare in moto a pochi millimetri dal corpo vibrante di adrenalina di Duncan che, da come guidava, si sarebbe detto amare il rischio.

-Non si sa mai, magari sei un cretino e te la fai sotto a dirmelo.-

Ci mancò poco che il punk inchiodasse, spedendo Jo ed il suo corpo definibile con ogni aggettivo non prettamente inerente all'universo femminile a schiantarsi di nuovo contro la sua schiena, coperta solamente da una maglietta a maniche corte verde brillante, che riprendeva lo stesso colore della sua cresta, e che recava davanti una qualche scritta che sembrava essere stata lasciata da uno di quelli che scrivono graffiti dappertutto con la propria fidata bomboletta.

-Ti sembro il tipo? Onestamente, ti sembro il tipo?- ribatté, fermando la moto sul bordo del marciapiede a pochi metri dal loro solito posto di ritrovo.

Gli occhi indaco della ragazza si strinsero a fessura.

-Ascolta un po', romanticone, ho una faccia che fa così paura che persino Capitan Piscina non ha avuto il coraggio di_

-Di confessarti il suo amore? Oh, ma guarda che carini, il maschiaccio e il pisciasotto!-

Per poco Jo non lo strozzò e Duncan si vide costretto a dover fare ricorso al suo tono più suadente, imparato pochi mesi prima da Alejandro.

-Scherzavo, scherzavo, so bene quanto tu sia insensibile verso quel cretino di Brick! A.. Almeno quanto io lo sono riguardo a Co_

Si interruppe all'istante, timoroso di dire troppo o di aver detto troppo poco.

S'avviarono in direzione del luogo di ritrovo, nel quale Alejandro e Scott ancora non figuravano.

-Beh, signor sbrigati-che-arriviamo-in-ritardo, questa come la giustifichi?-

A momenti Jo non riuscì a finire la frase che si ritrovò la maglietta impastata di una pappa strana che Duncan identificò immediatamente come vomito finto.

La ragazza guardò con forte disappunto la chiazza giallognola che giaceva sulla maglia blu, in seguito girò lo sguardo intenzionata a trovare quel -o quei, chi avrebbe potuto dire che fosse stato uno solo a farlo?- burlone.

-Scott, ti conviene venir fuori, perché se ti becco io ti strappo quei capellucci rossi che ti ritrovi uno per uno!-

Da dietro una macchina verde targata Ontario, che recava anche il classico yours to discover inciso a lettere azzurre appena sotto i sette segni tra lettere e numeri, spuntò un ridacchiante Alejandro.

-Madre de Dios, l'aveva detto Scott che la tua faccia sarebbe stata divertente!-

Le labbra di Jo si schiusero a pronunciare una serie di parolacce ed imprecazioni, che trovarono fine soltanto quando la ragazza si mise a correre in direzione di Alejandro, che sgranò gli occhi verde giada e si mise a correre in direzione di Scott.

Il rosso, non essendosi accorto che il ragazzo gli stava correndo incontro, era girato verso la strada con gli occhi persi nel nulla, e si vide arrivare addosso l'altro, capitombolando insieme a lui sul duro asfalto.

-Alejandro, serve che prenda il mio fucile o sei capace da solo di non mirarmi, mentre corri?-

L'interpellato, dopo essersi stirato con le mani la camicia azzurra che portava, mormorò sommessamente qualche parolaccia in direzione di Scott e si girò verso quella che ormai era una piuttosto adirata Jo.

-Scott..- asserì subito con una calma quasi sprezzante della ragazza che lo stava guardando in cagnesco -Penso ci tocchi scappare.-

-E perché mai? Da piccolo cacciavo i topi dalla cucina, ma l'anno scorso ho iniziato a tirare i colpi anche alle volpi che irrompevano nel recinto delle galline di mio padre. Figurati se ho paura di le__

Non riuscì a terminare di parlare che gli arrivò un po' di quella poltiglia classificabile come vomito finto dritta dritta sul cavallo dei pantaloni.

Duncan batté il cinque a Jo.

-L'avevo detto, io, che hai un'ottima mira- disse, fermandosi con la voce sull'iniziale di ottima in una perfetta presa in giro degli altri due.

Scott si guardò schifato i pantaloni.

-Suppongo che debba tornare a casa a cambiarmi. Del resto- aggiunse inarcando le sopracciglia -Anche Jo ne avrebbe bisogno.-

Duncan sgranò gli occhi.

-Stai seriamente dicendo di rimandare la visita al vecchio Smith?-

Il vecchio Smith, come l'aveva chiamato il punk, era un avvocato di una cinquantina d'anni, di nome Darren Smith, al quale la combriccola di ragazzi amava fare strani scherzi, che spesso includevano pizze consegnate a casa da pagare, pacchi dalle forme equivocabili e con i simboli dei sexy shop più rinomati lasciati davanti alla porta e, per qualche mese, varie copie di Playboy fattegli trovare all'interno della sua cassetta della posta, con annessa lettera di ringraziamento per l'abbonamento che in realtà Smith non aveva mai richiesto.

-Sì, e se la tua amichetta non mi avesse tirato questa pappa di certo ora ce la staremo spassando con uno di quegli scherzi che inventa sempre Al!-

Così dicendo, Scott trafisse Jo con lo sguardo più cattivo che riuscisse a fare, mentre Duncan scuoteva la testa e si riavviava verso la moto ed Alejandro aveva digrignato i denti e sibilato qualcosa di incomprensibile nella sua lingua madre al solo sentire quell'Al.

La bionda lo seguì, e i quattro si separarono ponendo fine a quello strano pomeriggio.





Durante il viaggio di ritorno, Duncan, preso da un moto di stizza verso la ragazza che gli aveva negato qualche ora di risate fino alle lacrime (perché la faccia di Smith che osservava la copertina dell'ultima copia di Playboy mentre la moglie lo guardava contrariata era veramente, veramente esilarante), decise di riprendere il discorso interrotto un'oretta prima.

-E quindi, con Brick..-

Le continue allusioni che Duncan faceva al ragazzo infastidivano decisamente Jo, il cui animo faticava a sopportare tutte quelle dannatissime frecciatine.

-Con Brick niente, quel pisciasotto non ha avuto ancora il coraggio di d_

S'interruppe di botto: si era appena fatta scappare non un'informazione a caso, ma l'informazione di troppo.

-Il coraggio di fare cosa? Di dichiararsi? Confessa, Jo, confessa e dimmi che non vedi l'ora che lui_

Un cazzotto sulla schiena datogli dalla ragazza, che, viaggiando in moto con lui, gli restava costantemente aggrappata ai muscoli che guizzavano sotto la pelle e la maglietta, lo mise a tacere.

Il punk riportò la ragazza sotto casa; Jo, dal canto suo, si limitò a schiaffargli stizzita il casco in mano, non perdendo occasione di colpirlo anche sullo stomaco. Si diresse poi verso il cancello di ferro arrugginito del vialetto che l'avrebbe portata alla porta di casa che, dall'alto dei suoi due metri e pochi centimetri, riluceva nel suo marrone scuro mogano.

Duncan non fece nemmeno in tempo a borbottare un ci vediamo domani a scuola.





La cresta smeraldina svettava altezzosa sulla classe di diciassettenni immersi apparentemente in quella che voleva sembrare la lezione di matematica fondamentale all'accrescimento delle loro capacità in materia in vista del compito in classe che sarebbe avvenuto la settimana successiva, ma che in realtà era soltanto una stupida chiacchierata riguardante argomenti come seno e coseno.

Duncan si guardava intorno, alzando gli occhi cerulei di tanto in tanto al soffitto incrostato e maledicendosi ripetutamente per non aver marinato anche quella lezione, come invece aveva fatto l'ora precedente con quella di biologia.

Si guardò intorno, poi schioccò un paio di volte le dita per richiamare l'attenzione di un suo compagno, un tale Geoff. Quando il biondo si girò, Duncan gli rifilò una delle sue tante battutine.

-Che palle, sempre seno, coseno, seno, coseno.. Ci facessero vedere pure un po' di f_

Il suo compagno di banco, un ragazzo mingherlino dagli occhi verdi e dai capelli rossi, gli tirò una gomitata nelle costole impedendogli di terminare la parola, fulminandolo poi con uno sguardo assai troppo serioso per un ragazzo della sua età.

-Duncan, ti prego! Non vedo che sto cercando di stare attento?-

Il punk alzò lo sguardo al cielo, ripromettendosi, un giorno, di strozzare quel nerd.

Lo rivolse poi verso il secondo banco della fila di destra, soffermandosi sulle curve di una delle due ragazze che lo occupavano.

Courtney, dall'alto dei suoi diciotto anni -era stata infatti una delle primissime della classe a compierli, data la sua nascita in Gennaio-, era una ragazza con dei tratti decisi e marcati, aveva due occhi scuri che avevano sempre una scintilla di critica e d'ira all'interno ed un cervello che lavorava costantemente. Si poteva affermare senza troppi sensi di colpa che fosse una bella ragazza, peccato solo che a volte il carattere lasciasse piuttosto a desiderare. Aveva una carnagione abbronzata, dei capelli castani che le accarezzavano dolcemente le spalle e una spruzzata di lentiggini al cioccolato fondente sugli zigomi.

Lo sguardo di Duncan, però, non si era soffermato nemmeno quaranta secondi sui capelli di lei o sul suo profilo (dal secondo banco della fila al centro non riusciva a veder poi così tanto): quegli occhi malandrini puntavano a ben altro.

Si soffermò sul seno, poi sul sedere della ragazza; lasciò vagare la mente ed ecco che, tutto d'un tratto, i pantaloni erano diventati troppo stretti.

Fuseaux come quelli sarebbero dovuti essere proclamati illegali, avrebbe di certo asserito con lo sguardo sognante Trent, il suo sfigato vicino di casa, se gli fosse stato accanto; ma Duncan fece correre più volte lo sguardo sui pantaloni strettamente aderenti che indossava lei, pensando che se fossero stati dichiarati illegali sarebbe stato anche meglio: ci sarebbe stato più gusto a portarli, infrangendo le regole.

Il pensiero che Courtney, perfettina com'era, non avrebbe mai e poi mai disobbedito ad una regola scolastica non lo sfiorò nemmeno: il sangue era defluito dal cervello per andarsi a concentrare in un'altra zona, che era ben meno nobile della materia grigia.

Uscivano insieme da qualche settimana, lui l'aveva anche baciata una sera e lei non si era mostrata certamente restia al provocarlo, ma non erano andati tanto avanti, perché lei aveva biascicato qualche scusa riguardo al padre, che era un avvocato e che detestava Duncan in quanto aveva la perfetta aria da delinquente. Non si erano mai toccati, se escludessimo le mani sulla vita che le metteva Duncan mentre si baciavano, e questo al ragazzo pesava.

Era tanto deciso a provare ad andare un po' più a fondo con lei, che non si chiese nemmeno in che modo avrebbe potuto abbordarla. Strappò una strisciolina di carta dal bordo del foglio del quaderno di matematica e vi impresse con la penna nera poche parole: Io e te. Sgabuzzino dei bidelli. Subito dopo la ricreazione. Al riparo dalle malelingue e dagli scomodi sguardi. E anche dall'interrogazione in Inglese, già che ci siamo.

Con un tiro ben assestato, il foglietto finì sul banco della ragazza compiendo un arco perfetto e nascosto agli occhi del professore.

Courtney lo aprì e, dopo averlo letto, sgranò gli occhi scuri. Rivolse a Duncan uno sguardo riprovevole e pieno di critica, ma scrisse tuttavia una risposta sul foglietto con un'elegante penna blu di metallo chiaro.

Romanticismo a palate, cresta verde.. Convincimi.

Il foglietto tornò dal mittente rotolando a terra e Duncan, lette quelle poche parole, sentì il cavallo dei pantaloni stringersi ancora di più. Iniziò a sentire caldo, chi diamine aveva acceso i riscaldamenti in pieno Maggio? Possibile che quella ragazza riuscisse ad infiammarlo con così poco?

Odiandosi per la sua propensione alle voluttà che gli ispirava quella ragazza, fece appello a tutte le dritte che gli aveva dato Alejandro sul sedurre una donna e, afferrata la penna con un teschio attaccato con lo scotch sul cappuccio, si apprestò a scrivere una risposta.

Su, principessa, qualcosa alla 'Hold me in my last breath'.. Mi sembra accattivante come proposta, fossi in te io accetterei.

Il professore alzò lo sguardo nel momento in cui il bigliettino veniva tirato dal punk, ma fortunatamente sembrò non accorgersene, o perlomeno non dargli troppo peso, sapendo bene che, anche se gli avesse detto di smetterla, Duncan non avrebbe certo desistito dal continuare a scambiarsi biglietti con un'altra persona.

Courtney lesse avida le poche parole di Duncan. Rimase colpita, in quanto non pensava che il ragazzo fosse tipo da film romantici. Non che lei lo fosse, ma ogni tanto un po' di dolcezza non le sarebbe affatto dispiaciuta.

Tracciò le poche parole di risposta al punk.

Va bene, D. Ci sto. Ma se ci beccano, io non ti conosco e tu mi stavi stuprando senza il mio consenso.

Tirato il foglietto, Duncan dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non alzarsi e saltare addosso a Courtney e si vide costretto a prendere in considerazione l'idea di fermare lì lo scambio di bigliettini con la sua quasi-ragazza. Dopo qualche secondo, tuttavia, non resistendo allo stimolo dell'avere l'ultima parola, scrisse alla ragazza, nel retro del foglietto.

Benissimo, principessa, fatti trovare all'inizio della prossima ora, subito dopo la ricreazione, lì davanti.

L'ultimo tiro del biglietto, però, fu assai sfortunato per Duncan: preso com'era dall'eccitazione, fece un lancio mal angolato facendo finire il biglietto su un altro banco, più precisamente il terzo a sinistra.

Il ragazzo, però, non se ne accorse, immerso com'era nello scrivere un messaggio ad Alejandro, che stava nella classe accanto, ringraziandolo per i suoi consigli, non senza aver accuratamente nascosto il blackberry dentro l'astuccio.

Al terzo banco -e fu decisamente il colmo della sfortuna!-, intanto, la ragazza che era venuta in possesso dell'oggetto di scambio fra Duncan e Courtney aveva rivolto, senza essere notata dall'interessato, uno sguardo scaturito dai suoi occhi blu-viola di puro sadismo verso Duncan, aveva scosso la testa e fatto quindi ondeggiare i suoi capelli biondi e si stava sfregando le mani, iniziando a mettere in atto, nella sua mente, il peggior piano di vendetta che mai le sarebbe potuto venire in testa.





Da quel momento in poi, l'ora passò con una lentezza estenuante. Duncan avrebbe potuto tranquillamente giurare che l'orologio, per passare dalle dieci e mezza alla dieci e trentacinque, ci avesse messo mezz'ora buona. Courtney, invece, titubò per tutto il resto della lezione, ma si decise infine a presentarsi davanti allo stanzino appena dopo la ricreazione: dopotutto, Courtney non era il tipo da rimangiarsi le parole, che fossero state scritte o dette. Jo, invece, aveva ideato un piano per rovinare la situazione ad entrambi e, in più, per poter avere qualcosa su cui sfottere Duncan a vita, e non si curava minimamente del tempo che passava.

Suonò la campanella, e Duncan dovette sistemarsi attentamente i jeans scuri che portava per evitare che i compagni si accorgessero del suo imbarazzante stato.

Corse rapidamente fuori dalla classe, recandosi più in fretta possibile nella classe di Scott, a due piani di differenza dal suo.

-Fratello, ho una cosa da raccontarti!- strillò aprendo la porta dell'aula dell'amico senza chiedersi nemmeno per un secondo come mai fosse chiusa anche se la ricreazione era iniziata.

Si ritrovò davanti un'intera classe di ragazzi e ragazze che gli puntavano gli occhi addosso.

I vocabolari di inglese e i fogli protocollo poggiati sui banchi la dicevano lunga su quale fosse la situazione in quell'aula e, a conferma di tutto, la professoressa che stava presenziando e controllando che nessuno copiasse, gli intimò sgarbatamente di uscire.

Non dando minimamente peso alla gaffe che aveva appena fatto, si risolse di andare verso la classe di Alejandro, che stava sullo stesso piano della propria.

Trovò il ragazzo nel corridoio e, dalla sua espressione, dedusse che lo stava cercando.

-Amigo, dov'eri finito?- proferì Alejandro. -Ti ho cercato ovunque, ma nada!-

-Ero a cercare Scott- tagliò corto Duncan.

-Scott?- chiese l'altro. -Ma non ci aveva detto di avere un compito di letteratura inglès che gli avrebbe impedito di godersi la ricreazione?-

-Esattamente- replicò stizzito il punk, ricordandosi solo in quel momento del Tweet che aveva loro mandato Scott la sera prima (Che palle, domani ho un compito di letteratura mentre quei due stronzi di @AlejandroBurromuerto e @DuncanNelson si godranno la loro giornata vuota! Vorrà dire che mi porterete uno il vocabolario e l'altro lo zaino sull'autobus..).

Alejandro trattenne un risolino e si decise poi a chiedere a Duncan spiegazioni sul messaggio che gli aveva mandato l'ora precedente, facendogli vibrare il telefonino mentre era alla cattedra, interrogato in storia.

-Ho semplicemente convinto Courtney a darmela.- replicò il punk con una semplicità disarmante.

-Stai scherzando chico? Vuoi dire che i miei insegnamenti hanno davvero funzionato?-

Duncan annuì.

-Alla fine della ricreazione ho un appuntamento a luci rosse nello stanzino dei bidelli!- proclamò poi, indicandosi con il pollice.

Alejandro spalancò gli occhi verde chiaro e poi diede una pacca sulla spalla all'amico.

-Complimenti, amigo, poi però fammi sapere come andrà!-

Duncan ghignò.

-Sempre che avrò abbastanza voce per parlare ancora!-

L'altro fece un'espressione contratta.

-Duncan, non puoi urlare in pieno orario di lezioni!-

Il punk alzò un sopracciglio.

-Io posso anche provare a contenermi, ma lei? A stento riuscirà a parlare, se non anche a cammin_

-Duncan!- lo rimproverò Alejandro. -Vacci piano, se posso darti un altro consiglio!-

Il ragazzo annuì già in sovrappensiero, quando la campanella che segnò la fine dell'intervallo lo riportò coi piedi per terra.

-Sì, scusa Al, ma devo scappare!-

Alejandro cercò di trattenerlo per il colletto della maglietta nera.

-Ti avrò detto diecimila volte di non chiamarmi Al!- strillò, ma il punk non lo sentì, preso com'era dall'eccitazione che cresceva ad ogni passo che faceva.





Andò a sbattere contro un paio di persone, sì, ma arrivò prima di lei davanti alla porta dello stanzino. Si stirò con le mani la maglietta e si risistemò la cintura, intenzionato a nascondere per la seconda volta in quella giornata la sua eccitazione.

Courtney lo trovò, arrivando pochi minuti dopo, appoggiato allo stipite della porta con un'espressione eloquente.

Non si baciarono nemmeno, tanta era la foga del momento: Duncan , pur essendo abituato all'adrenalina, onnipresente nella sua vita, era eccitato dal comportamento -e dal corpo- della ragazza, mentre Courtney non aveva mai marinato una lezione né disobbedito ad una regola, e la cosa la mandava particolarmente su di giri.

Semplicemente, Duncan si limitò ad afferrare per la vita il corpo della ragazza ed appoggiarla, senza nemmeno troppa delicatezza, sul muro adiacente alla porta, iniziando a torturarle il collo con le labbra e con i denti.

Il corridoio si era svuotato, ogni allievo era ormai giunto nella classe in cui era diretto e probabilmente la McLion si sarebbe chiesta che fine avessero fatto i due, ma tutte queste condizioni non facevano altro che aumentare gli ormoni in entrambi i ragazzi.

Courtney fece scorrere entrambe le mani piccole e dalle dita sottili lungo la schiena di Duncan, indugiando sul collo e poi scendendo fino ad arrivare al bordo della maglietta all'altezza dei pantaloni. Andò direttamente a contatto con la pelle di lui, mentre il ragazzo emetteva un gemito gutturale che veniva dal profondo della gola. Il punk interruppe quella dolce tortura che stava infliggendo al collo di lei e passò alla clavicola, strusciando il naso su tutta la superficie della pelle esposta della ragazza, facendo così in modo che il respiro di lei aumentasse di velocità, mentre Courtney gli passava una mano tra i capelli, massaggiando e tirando ogni tanto.

Continuando sempre a baciarsi e toccarsi, si avvicinarono alla porta e Duncan, togliendo riluttante una mano dal corpo di lei, arrancò nel tentativo di afferrare la maniglia, cosa che gli riuscì solamente la quarta volta che ci provò.

L'eccitazione era forte, entrambi la sentivano scorrere in corpo, e non appena Duncan aprì la porta si fiondarono dentro lo sgabuzzino dei bidelli.





In quel preciso istante, Jo, che era rimasta in classe, alzò la mano e chiese di andare in bagno, permesso che le venne accordato. La bionda non andò però verso i bagni, ma imboccò il corridoio che portava allo stanzino dei bidelli dove sapeva che avrebbe trovato Duncan avvinghiato a Courtney nella posizione più compromettente possibile.

Man mano che si avvicinava alla porta azzurra, sentiva dei rumori abbastanza lievi che però corrispondevano perfettamente alle sue aspettative. Impugnò il cellulare, uno smartphone con fotocamera da cinque mega pixel, e si accostò alla porta con la mano sulla maniglia, aspettando solo il momento più adatto per aprirla e dare il via all'inferno.





Duncan chiuse la porta con forza e vi sbatté contro Courtney, deciso ad andare più in fondo. Iniziò a sbottonarle la camicetta, ma al terzo bottone la mano della ragazza si era posata sulla sua spingendolo a smettere l'opera iniziata.

-Cosa.. Perché? Hai paura di non soddisfarmi?- sussurrò con fare accattivante.

In tutta risposta, lei mise entrambe le mani sulle guance del ragazzo e lo baciò con trasporto, affondando la lingua nella sua bocca in un bacio che oltrepassava ogni limite della decenza. Duncan le portò le mani alle spalle ed approfondì -se c'era qualcosa da approfondire- il bacio, mordendole il labbro superiore con i denti finché non sentì il piccolo scalino del solco lasciato.

E fu in quel maledetto momento che, chissà per quale oscuro scherzo del destino o del caso, Jo si decise ad aprire la porta e a scattare la foto con il telefonino.





Sentendo il click tipico di una macchinetta fotografica, i due si separarono all'istante, guardandosi inorriditi e poi rivolgendo uno sguardo pieno di paura e terrore a chi li aveva immortalati su una memory stick.

-Jo?- chiese Duncan, esterrefatto.

-La frequenti?- fu la prima domanda di Courtney. -Tu frequenti questo maschiaccio?-

La bionda in questione scoppiò a ridere in faccia ai due ragazzi, rivolgendosi poi a Duncan.

-Vedrai la faccia che farà Scott, quando scoprirà che ti stai limonando la ragazza che piace anche a lui..- asserì.

Courtney si portò una mano alla bocca semiaperta, riabbottonandosi poi la camicetta frettolosamente e correndo in direzione dell'aula della McLion. Avrebbe inventato una scusa, si disse. Magari avrebbe potuto dire che non si era sentita bene. Magari la McLion le avrebbe anche creduto.

Jo, nel frattempo, intascò il cellulare.

-Adesso sono cazzi tuoi, Nelson.-

Duncan inghiottì a vuoto. Cercò di calmarsi con uno sforzo estremo, e si avvicinò a Jo lentamente.

-Cancella quella foto. Adesso.- comandò.

-Altrimenti?- chiese provocatoria lei.

-CANCELLA QUELLA CAZZO DI FOTO!-

Uh-Oh.

Aveva urlato. Aveva urlato una parolaccia. E ciò avrebbe senz'altro richiamato l'attenzione di un professore o di una professoressa.

La ragazza dagli occhi violacei lo colse alla sprovvista e corse verso la classe, guadagnando qualche secondo con Duncan, che si rese conto di non averla più davanti solo qualche attimo dopo.





Quella sera, successe il finimondo.

Jo non solo aveva mostrato la foto a Scott, che si era arrabbiato decisamente tanto con Duncan.. poiché non le bastava mai niente, aveva persino postato la foto su Twitter e per di più li aveva taggati entrambi.

A Duncan arrivò un messaggio sul blackberry da parte di Courtney.

Mio padre mi ha beccata con te, penso che abbia visto la foto.

Dio, ora sono cazzi nostri, si è messo ad urlarmi contro mentre mia madre gli diceva 'calmati, Darren, calmati!'. È stato traumatico.

Digitò in fretta la risposta.

E quindi? Non sarebbe figo, se fosse più trasgressivo?

Courtney gli rispose dopo qualche minuto.

No, cresta verde, non è figo per niente. Da domani è finita.

Il punk spalancò gli occhi. Finita? La sua quasi-ragazza aveva troncato tutto per una fotografia?

Tutte le emozioni provate dal suo cervello -ira, frustrazione ed una grande, grandissima voglia di tirare un pugno a qualcosa- si compressero in una stesso pensiero: un viso dai tratti mascolini ma dai capelli biondi e gli occhi blu-viola.

-Jo..- sibilò fra i denti Duncan. Gliel'avrebbe pagata cara.

Stava scrivendo a Courtney un altro messaggio, quando rimase come colpito da un fulmine a ciel sereno.

Come aveva scritto Courtney che si chiamasse suo padre?

Darren.

Qual era il cognome di Courtney?

Smith.

E chi era il tizio a cui facevano ripetutamente scherzi stupidi?

Darren Smith.

-Merda.- sussurrò.

-Merda, merda, merda!- disse più forte.

Afferrò il telefono fisso e compose il numero che ormai conosceva a memoria.

-Casa Burromuerto. Quièn quieres?- rispose una voce abbastanza familiare.

-Salve signora Burromuerto. Sono Duncan, c'è Alejandro?-

-El mi hijo està dormiendo.- asserì la voce al di là della cornetta.

-Lo svegli, che è maledettamente urgente!- si ritrovò a strillare Duncan.

Dopo una trentina di secondi, Alejandro arrivò al telefono.

-Porca.. Duncan, Que quieres a quest'ora?- sibilò assonnato.

-Ale.. Hai presente quel coglione di Smith? Quello a cui facciamo una marea di scherzi?-

-Beh?- chiese Alejandro, piuttosto scocciato.

-È il padre di Courtney.- annunciò Duncan, con fare funereo.

-Madre de Dios! E io che credevo avessero semplicemente il cognome omologo!- proferì Alejandro.

-Purtroppo le ipotesi sono due: o anche il nome è omologo, oppure sono cazzi nostri.- aggiunse Duncan.

-Scott lo sa?- domandò l'altro.

-Con Scott non riesco a parlare. Penso che dopo stasera mi toglierà persino il saluto.- disse il punk, con una nota di noia nella voce. -È un ragazzino, non ha nemmeno il coraggio di provarci con un'altra. Eppure c'è una tipa che gli va dietro, mi pare si chiami Drew* o qualcosa di simile..- terminò poi.

-Està bien, ci parlo io. Adesso lasciami dormire, punkettone, ci si vede domani al solito posto. Porta anche Jo.- parlò Alejandro.

-Io con Jo ho chiuso completamente.- annunciò Duncan.

-Su, su, amigo... la notte porta consiglio, vedrai che domani la andrai comunque a prendere..-

-Sei uno sporco manipolatore, Al.-

Duncan attaccò immediatamente, non facendo nemmeno in tempo a sentire gli sproloqui di Alejandro (non devi chiamarmi Al, quante cazzo di volte devo dirtelo?). Si stese sul letto e lì si addormentò qualche manciata di minuti dopo, stanco per la giornata troppo pesante.





C'è da dire che Duncan non serbò rancore per troppo tempo a Jo.

Qualche settimana dopo, già se la ridevano di nuovo insieme, continuando a lanciarsi frecciatine e, perché no, vomito finto: dopotutto Duncan non era un tipo che, qualora una sciacquetta qualsiasi l'avesse piantato, le sarebbe andato dietro tanto a lungo. Pensava che Jo gli avesse fatto addirittura un doppio favore: gli aveva, in effetti, aperto gli occhi e, cosa ancora meglio, aveva dato motivo al gruppo di fare scherzi ancora più pesanti a Darren Smith.

-Non mi fiderò più di te, vecchio punk da strapazzo- aveva detto Jo un giorno, mentre stavano in moto. -Se hai saputo fregarmi con la storia dello sgabuzzino, puoi fregarmi su tutto.-

-Ti prego, vogliamo parlare di quanto stai flirtando con Brick su Twitter?- sbottò Duncan. -E poi Courtney le tette le aveva! Mica come quella sfigatissima attrice!- borbottò.

Jo alzò gli occhi al cielo, o meglio, al risvolto superiore del casco che portava.

-Io non flirto con Capitan Piscina. Semmai, è lui che flirta con me.- proclamò.

In tutta risposta, Duncan lasciò cadere il discorso e parcheggiò la motocicletta sul solito bordo del marciapiede.

-A parte ciò, sei pronta?- le chiese, afferrando la busta che aveva tenuto fra i piedi durante tutto il viaggio.

-Sono nata pronta!- rispose Jo, pescando dalla busta una buona quantità di pappa giallognola.

Videro Scott ed Alejandro appoggiati ad un lampione, mentre parlavano di chissà cosa.

-Tre, due, uno.. CARICA!- urlò Duncan.

Afferrarono il vomito finto e lo scagliarono verso i due amici, che rimasero dapprima allibiti, poi ne tirarono fuori una busta anche loro.
Alejandro tirò in direzione di Jo una generosa dose di quello schifo, che lei scansò senza troppi problemi.

-Vuoi la guerra, Duncan?- aveva intanto gridato Scott, che era appena stato colpito.

Con Scott le cose erano migliorate. Dopo aver provato anche lui a sedurre Courtney, aveva capito che tipo scorbutico e insopportabile fosse e l'aveva lasciata perdere.

-Vedremo, roscio!- sbraitò Duncan.

Afferrò un po' di poltiglia, si mise in posizione per tirargliela e.. Si bloccò.

Dall'altra parte della strada c'era una ragazza che, del tutto ignara di quello che stava succedendo, stava camminando mano nella mano con un ragazzo che assomigliava ben troppo a Trent, il suo vicino di casa. Lei era pallida, aveva degli occhi di liquirizia e dei capelli bicolore, neri e verde petrolio. Il corpo non era formoso come quello di Courtney, ma la gonna nera e corta che lei indossava lasciava poco spazio all'immaginazione.

Duncan restò immobile per quell'attimo di troppo: il vomito finto tiratogli da Scott lo colpì in piena faccia. Si accasciò a terra e Jo gli si avvicinò.

Non chiese cos'era successo, conosceva bene l'amico per capire cosa gli stesse passando per la testa, per cui fece solo una domanda.

-Chi?-

Lui indicò i due.

-La ragazza con i capelli verdi e neri.-

Jo la guardò con aria critica, studiandola bene.

-Non ci pensare nemmeno. Ha meno tette di Courtney, sarebbe imbarazzante.-

Duncan si alzò e si ripulì il viso con la mano sinistra.

-Beh, ma si potrebbe sempre fare un'operazioncina che_

Non riuscì a finire la frase, poiché Alejandro gli aveva tirato altra sostanza gialla in pieno petto.

-Burromuerto, questa è guerra seria!- proferì, prendendo poi tutta la busta e correndo in direzione di Alejandro.

Qualcuno, quel giorno, sarebbe tornato a casa fin troppo sporco.



*la Drew a cui fa riferimento Duncan è Dawn, solo che lui non si ricorda il nome :)


Note dell'autore.

Potrebbe esservi non piaciuta, mi sembra ovvio: non abbiamo tutti gli stessi gusti u.u

Vorrei fare qualche cenno, tuttavia, ad alcune mie particolari scelte.

Iniziamo proprio dal titolo: Di stanzini e blackberry con la fotocamera non è propriamente un'imperfezione grammaticale, è anzi un latinismo riflettuto nell'Italiano arcaico, in quanto in Latino i titoli dei libri o, comunque, dei racconti iniziavano con De.., che poi in Italiano è diventato Di.

La cosa doveva nascere inizialmente come una fanfiction demenziale e devo ammettere che per un attimo ho pensato ad una DuncanxJo, ma poi l'istinto mi ha suggerito una comica del genere, e non ho resistito >.>

La mia colonna sonora, per questa storia, è stata l'intera playlist di Glee (sì, mi sono convertita xD), e.. Niente, questa volevo dirvela e basta xDD

Un'ultima cosa, poi mi dileguo: chiedo perdono a tutti i lettori di I'm Duncan Again se non la ho più continuata, ma in questo mese mi sono dovuta concentrare su questa storia qui, e di certo so di rischiare il linciaggio se vi dicessi che non ho ancora iniziato a mettere per iscritto il terzo capitolo.. *please don't kill me!*

Detto questo, mi auguro che la storia sia stata di vostro gradimento, e vi invito a lasciarmi una recensione, anche piccola piccola.. Mi farete felice :3

Alla prossima


Dikastèrion.

   
 
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