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Autore: Titinina    07/05/2012    1 recensioni
Eccoci qui! So che non mi sopportate più!
"Remind Me" è una fanfiction dai toni più cupi rispetto alle precedenti, è stato faticoso scriverla, ma mi ha dato la soddisfazione con la S maiuscola. Forse perché c'è tantissimo di me qui dentro! Spero davvero che vi piaccia!
La storia si svolge a conclusione del manga, ma vedremo che un episodio davvero tristissimo sconvolge la vita dei nostri eroi. p.s. Per chi ha visto il drama coreano basato su City Hunter noterete che ho utilizzato alcune location e nomi riferiti proprio al drama, erano lì ed era impossibile non sfruttarlo! A prestissimo! Titinina ^__________^
Genere: Azione, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kaori/Greta, Ryo Saeba/Hunter, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Erano tornati a casa in silenzio, dopo un pugno e una stretta amichevole di Mick, e un cenno di saluto di Umibozu.

Le aveva aperto la portiera dell’auto e l’aveva fatta entrare, si era premurato di farla accomodare delicatamente e aveva chiuso correndo dal lato del guidatore per non lasciarla, entrando le aveva allacciato la cintura di sicurezza e, ancora senza parlarle, le aveva preso la mano.
Non poteva lasciarla, per nessun motivo, scrutando dentro di sé sapeva benissimo che aveva paura, paura che lei svanisse da un momento all’altro.

Guidava lento, evitando movimenti bruschi dell’auto, guidava lento e non la perdeva mai d’occhio.

Kaori appoggiò la testa sulla sua spalla e lui respirò a fondo l’odore dei suoi capelli, il calore del suo corpo sul suo, poteva contare addirittura i battiti del cuore di Kaori, accelerati, come del resto i suoi. Non vedeva l’ora di essere a casa, di poterla stringere più forte.

Un semaforo rosso gli fece frenare la sua corsa, quella sera non si sarebbe perdonato se avesse sbagliato qualcosa, anche superare un semaforo rosso poteva interrompere il loro momento causando chissà quale catastrofe, rompendo quel momento delicato, cosa faceva la paura e l’emozione! Allora si godette anche quel momento: la guardò appoggiata alla sua spalla e le sfiorò il viso delicatamente, non dormiva Kaori, aveva solo chiuso gli occhi, la strinse ancora più a sé e sfiorò la sua fronte con le labbra. No, niente al mondo poteva rovinare quel momento.

Guardava gli occhi della sua compagna, aggrappata a lui, era stanca, il suo cuore ebbe un moto di tenerezza, quante ne aveva dovute superare in quel periodo da sola?

Ecco davanti ai loro occhi il palazzo bianco, scesero e i loro corpi si cercarono immediatamente, accollandosi l’uno all’altra come una calamita. Lui digitò il codice del sistema d’allarme – 2809 – Kaori lo guardò e allora capì: il bicchiere nel lavello, il proiettile in camera, era lui. Lui era passato nella loro casa.

- Come lo hai indovinato?
- E’ il giorno in cui ti ho dato il ciondolo. Ventotto settembre.

Kaori gli sorrise leggermente e gli accarezzò la spalla. Ryo gli aveva lasciato dei piccoli indizi della sua presenza, inconsciamente li aveva colti tutti, per questo si era fidato di lui in quel capannone. Lentamente, salirono le scale fino al loro appartamento, ancorandosi sempre di più, la più grande e dura guerra combattuta era finita, dovevano aggrapparsi l’uno all’altro per realizzare che fossero salvi.
Ryo aprì la porta dell’appartamento del sesto piano, la casa era buia, ma mai era stata più bella. Accese la luce del soggiorno e tutto prese un altro colore, era già cambiato: da quel colore giallo desolato in qualcosa di più caldo che vedevano insieme, tutto era mutato da quando si erano ricongiunti.

Fece sedere Kaori sul divano, doveva medicarle il braccio che si era ferita, e andò velocemente a prendere disinfettante, cotone e bende. Si mosse come se non si fosse mai allontanato da casa, questo lo rassicurò, tutto era cambiato ma si poteva aggiustare, perché in fondo quello che davvero contava e che lei sorridesse e che lui sorridesse con lei.

Kaori appoggiò la schiena sul divano, pian piano i suoi muscoli si stavano rilassando, sentì il suo collo e le sue spalle lasciarsi andare e si portò un braccio sugli occhi con fare stanco, più che altro se lo posò sugli occhi in modo da fermare quelle lacrime di gioia e di liberazione che volevano uscire.

- Dobbiamo medicare il braccio, Kaori.
- Si.

Parlarono a fior di labbra, per il timore di rovinare tutto, Kaori cominciò a slacciare la camicia, ma lui immediatamente fermò le sue mani per baciarne i palmi, voleva prendersi cura di lei. Ryo le slegò il nodo della camicia e con calma gliela levò di dosso, Kaori mosse il collo per sciogliere i nodi di tensione, Ryo le sfiorò il naso e lei riaprì gli occhi, lui sorrideva, sorrideva con un calore indescrivibile, le sembrava un piccolo miracolo.

Sfiorandole le braccia, Ryo, la liberò dalla maglietta attillata della tuta, le posò delicatamente un bacio sulla guancia, quasi tremando per l’emozione, Kaori ,mentre lei gli accarezzò i capelli, sentì la barba di lui che le pungeva la pelle.
Piano le passò il cotone imbevuto sulla ferita guardandola, mentre una piccola smorfia si presentò sul viso delicato di lei, provò dispiacere nel causarle quella piccola sofferenza, e, per rimediare, di nuovo le sue labbra fecero capolino vicino alla ferita, ma non gli bastava, dopo averle fasciato il braccio, sentiva che doveva darle ancora sollievo, allora le sue labbra erano medicina per dolori più profondi, toccandole la vecchia cicatrice sulla spalla che lei si era fatta da bambina, andando verso quei piccoli calli di cui le sue mani erano tempestate a causa della pistola, percorrendo ogni piccolo solco, ogni piccolo centimetro che raccontavano i piccoli tormenti della sua donna.

Le tolse gli stivali uno ad uno, toccandole i piedi esili e posandoli per terra delicatamente, la trattava come fosse di cristallo, come se da un momento all’altro lei potesse rompersi, le slacciò anche i pantaloni della tuta aderente per farli scivolare via, liberandola dalla prigionia dei vestiti.

Mentre lei era seduta sul divano, Ryo le carezzo con le labbra anche le ferite delle gambe, cicatrici, lividi, piccole abrasioni, sicuramente anche dovute alla sfida di prima, soprattutto quella sbucciatura sul suo ginocchio. La studiò centimetro per centimetro, sfiorandola con le sue dita, con il suo sguardo, con la sua bocca, lentamente, aveva il bisogno di assaporarla, di viverla, si fermò sul livido della coscia ormai viola, la guardò quasi spaventato.

- Allenamenti

Kaori cercò di rassicurarlo, sentendo ancora le sue labbra, quell’impronta carnosa, sulla sua pelle. Stava cercando di ricongiungersi a lei, dando sollievo alle sue cicatrici, sentendo il tremore con cui la toccava, il volto deciso e anche timoroso, la studiava, la confortava.

Erano in una bolla ovattata, lui in ginocchio in mezzo alle sue gambe e lei seduta che accoglieva e ripuliva ogni momento vissuto lontano da lui. Non fremevano, volevano tempo, volevano riconoscersi, scomporre ciò che erano stati in quei due anni e ricomporli per tornare ad essere un’unica entità.

Ryo circondò la sua vita, baciandole l’ombelico, annusando l’odore della sua pancia, come se il mondo si concentrasse tutta lì, tutta sulla sua pelle rosa e tesa, appoggiò la testa sulle sue gambe, sdraiandosi su di lei, e stringendola più che poteva.

- Sono a casa, Kaori, sono a casa.

Il corpo di Kaori sobbalzò in un singhiozzo, quelle parole sussurrate furono la breccia per far scendere le sue lacrime, si curvò su Ryo, accarezzandogli la schiena, i capelli, ogni porzione di lui che gli offriva, quella sua lacrima scese sulla guancia di Ryo e ci scivolò sopra, era una sostituta, perché Ryo avrebbe voluto farsi fuggire una lacrima per averla ritrovata e riaverla presa, ma quelle stupide lacrime non uscivano e allora lei gli aveva fatto quel dono, quella goccia sulla sua guancia lo fece emozionare, quanta gioia e tormento racchiuso in quella lacrima, la toccò con le dita e poi si alzò andando ad incontrare gli occhi della sua amata.
Raccolse nuovamente quelle lacrime, con le dita, con la bocca, tenendole la nuca ferma con le mani e la sua bocca poi si posò nuovamente su quella di Kaori, per mescolarsi ancora più in lei, per farla tornare sotto la sua pelle, nel suo sangue.

Fecero l’amore lentamente in quel soggiorno, assaggiandosi, respirandosi, morendo e rinascendo insieme, le loro mani si congiungevano, le loro membra ritrovavano ristoro, la pelle rabbrividiva ad ogni movimento, gli occhi si cercavano per imprimere ogni momento, per farlo loro. Indissolubilmente.
Tutto il mondo continuava nella sua folle corsa, mentre loro riafferravano il tempo perduto.

   
 
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