Duecentosessantanove
La linea di fuga di tutti i suoi sguardi
L’ultima volta che
hai sognato Luce
Era bella, non stava
mai male
Ma è morta di parto,
gridando, in un letto sudato d’un grande ospedale
(Venezia, Francesco
Guccini)
Vienna, 7 Febbraio
1840.
Nikolaj
Leonida Gibson stava nascendo, e forse sarebbe morta Natal’ja.
Lui stava nascendo, e forse
sarebbe morta sua madre.
La
servitù degli Asburgo non sapeva più cosa fare.
Le
guardie svizzere del Kaiser d’Austria borbottavano tra i denti che se ne dovevano
andare.
La stalla del Castello di
Schönbrunn non era aperta ai turisti, maledizione!
George
non ragionava più, George non respirava
più.
La sua
intrepida biondina, la sua piccola Rivoluzionaria…
Non poteva averla uccisa lui.
Dio, con
Céline era andato tutto bene!
E Natal’ja aveva tredici anni, era
ancora più fragile…
Non aveva
il fisico adatto per partorire.
Era un fuscello, la sua Lys, non
ce la poteva fare.
Con
Céline era stato un miracolo…
Stavolta rischiava la vita,
Natal’ja.
La morte senza corpo
Si fa bella nel
corpo tuo
(Il corpo di
Giulietta, Giulietta e Romeo)
-E’
impossibile, è impossibile... Questa bambina ha sofferto la fame! E’ così
sottile, quasi trasparente…
E questi
lividi? Signore, siete stato voi?-
-Come?-
-Avete
picchiato vostra moglie? Così
selvaggiamente?-
-No! Mio
Dio, no… Sono stati i ragazzi del quartiere rivale, i teppisti di Shtorm…-
Dopo un anno si vedevano ancora, le cicatrici di quel pomeriggio di Luglio.
-Di
sicuro non avete fatto follie, per mantenerla come si deve!-
E come poteva?
No, non c’era il tempo di spiegare
a quella donna dei Kléftes di Spárti, degli eroi di Forradalom.
Non c’era il tempo di raccontarle
le loro vite.
Le loro vite che così spesso
sfuggivano di mano…
E non c’era il tempo di pensare di
se stessi, di pensare alla salute.
-Non
potevo… Io…-
-Se lei
morirà, dovrete trovarlo,
il tempo. Come intendete crescere i vostri figli?-
George
socchiuse gli occhi, tremante.
-Come ho fatto con Aiace!-
Tra una battaglia e l’altra,
correva da lui.
Gli voleva un mondo di bene, a
quello scricciolo…
Aveva quasi quattro anni, adesso,
ed era stato quasi sempre bene…
Ma forse l’affetto non bastava.
-Non so
cosa dirvi. E’ stata colpa vostra, ad
ogni modo. Vostra e di quella sgualdrina russa che non ha saputo neanche
aspettare un anno, tra una gravidanza e l’altra, nelle sue condizioni! Si rende conto di essere al
secondo figlio, e a quattordici anni?
Quanto li
odio, i delinquenti come voi… Incoscienti!-
Gee
l’afferrò per i polsi, sconvolto.
-Come l’avete chiamata?!-
Chi era
stato, a mandargli quella sottospecie d’ostetrica poliglotta?
Voleva far nascere suo figlio o
insultare Natal’ja?
E fu
allora che decise di mandare tutto all’aria, di non ascoltare l’ostetrica, e
correre da Lys.
-Luce…- sussurrò, senza fiato.
Lei fece
uno sforzo assurdo per guardarlo, ma non riuscì a farne a meno.
I suoi
occhi, in quel momento…
Erano di un colore straordinario.
Il
leggendario grigiazzurro di quando era nata, brillava dolorosamente nelle sue
iridi lucide di lacrime.
Ed erano
davvero gli occhi della ragazza che Geórgos sognava a sette anni, dalla nave dei Turchi…
D'argento liquido e
polvere da sparo, di fumo chiaroscuro e fuliggine stellata.
Come gli abissi del
mar Egeo.
-E’ da
tanto che non mi chiami così...- disse lei, con un fil
di voce.
Cercò la
sua mano, l’accarezzò piano.
George
rabbrividì, a quel contatto.
Quanto sarebbe durato ancora?
-Luce era
il tuo nome quando non c’eri, quando ti sognavo e potevo vederti soltanto
nell’aria, senza mai sfiorare la tua pelle. Ti chiamavo Luce quando non avevo
più speranze, ti cercavo nell’inchiostro sbiadito delle tue lettere, e non
potevo accarezzarti i capelli. Ti chiamavo Luce nel ’36, a Liverpool, perché
eri sempre sul punto di svanire, e avevo troppa paura che succedesse. Per il
resto dei giorni sei stata Natal’ja... Sei Alja, sei Lys.
Perché Natal’ja è vera, Natal’ja
sei tu. Natal’ja esiste,
è qui… E allora ci sono anch’io, sorrido
anch’io.
Quando so
dove trovarti, dove sei…Quando mi basta
alzare lo sguardo, e tu hai gli occhi grigiazzurri.
Ti chiamo
Luce, adesso… Perché stai per andare via.
Ma non farlo, ti prego… Mi
uccideresti, Natal’ja.
Morirei
anch’io. Tu forse ce la faresti, senza di me… Te l’ho insegnato io. Ma io no, io
non posso…
In Grecia
mi hanno detto ch’era giusto annullarsi all’ombra della propria Patria, e io
stavo per farlo, ma tu me l’hai impedito.
Potevo
essere il primo degli Spartani o il tuo sogno d'amore… E ho provato ad essere
entrambe le cose, forse ci sono riuscito, ma tu…Sei di più-
-E
adesso… Cosa facciamo,
Gee?-
Lo
chiedeva a lui, lo chiedeva a lui…
Ma lui chi era, quando la guerra
finiva?
Chi era, lontano da Sparta?
Quando non lo chiamavano “eroe”,
era solo un uomo, Brian George.
Un uomo che non poteva salvare il
suo amore…
Un ragazzo di diciotto anni e
mezzo, la fede sull’anulare sinistro e un sorriso troppo incosciente.
Un ragazzo che, per diventar padre
la terza volta, stava per perdere il cuore, stava per perdere lei.
-Natal’ja, pensa che tuo marito ti ama più della luce del sole. Più
dell’aria nei polmoni, sai?
Più… No,
non di ogni altra cosa. Più di quello che
non esiste, potrebbe esistere ed esisterà.
Pensa che
io ti amo più del futuro.
Pensa ad
Achille, Lys! Pensa alle millecento schiave che quel
bastardo di Achille avrà messo incinte, e lui non sapeva cosa si prova… Lui non ha mai partorito!
E non lo
sapeva, che fa più male di morire con la testa fracassata sul campo di
battaglia, non ci avrebbe creduto mai! Ma
adesso dimmi, Natalys, chi è il più coraggioso, tra
lui e te? E’ meglio dar l’anima e il corpo, dare
la vita, per la gloria o per un figlio? Pensa che sto
rinnegando il mio mito di quando ero bambino, in fondo…
Il mio alter ego dell’età micenea.
Quello che tu
chiami “il biondino dal tallone anomalo”-
Natal’ja
sorrise debolmente.
-Sono più
forte di Achille, Gee?-
-Sei cento volte più mitica di Achille! Te lo giuro, amore mio…
Io ho
vinto tutte le battaglie che ho combattuto fino ad oggi, ma tu, se vinci questa...
Se vinci questa, Lys…-
Non era
riuscito a finire la frase, perché le guardie svizzere gliel’avevano impedito.
George ne aveva uccise due.
Come
diavolo s’erano azzardati, quegli idioti, con le loro divise sgargianti e
l’aria impassibile, a interrompere il parto, a cacciarli via, solo perché “non
avevano il permesso”?
Gee li aveva uccisi in una
manciata di secondi, in preda a una furia febbrile, a forza di botte.
Avrebbero
ucciso Alja, loro…
Alja
aveva solo quattordici anni.
Alja non
doveva morire.
Quando il
giovane Spartano aveva stretto Nikolen’ka tra le braccia, una ragazza della
servitù gli aveva sussurrato in tedesco, timidamente:
-Ne è
valsa la pena… Anche se lei morirà-
E Gee, incantato dagli occhi
chiarissimi del figlio, l’aveva pregato perché il giorno della sua nascita,
così meraviglioso, non diventasse il più atroce della loro vita.
Ma non
poteva succedere e non sarebbe successo.
La sua Natal’ja…
Non
doveva succedere e non l’avrebbe permesso.
Il suo corpicino pelle e ossa, i suoi capelli biondo chiaro e i suoi occhi tra il turchese e
l’argento…
Il suo cuore, che batteva per la
Libertà, per le stelle, per il fuoco…
La sua vita non poteva morire.
Le
lacrime di Gee l’avevano strappata ad Atropo, a un soffio dall’Ade?
Le
lacrime di Gee avevano commosso Persefone, come Orfeo ed Euridice?
Otto giorni dopo la nascita di
Nikolaj, Natal’ja si era rialzata.
E George
le aveva baciato le mani, era crollato ai suoi piedi, senza saper più cosa
dire, solo sentendo il suo cuore tremare.
Era tra
le dita sottili di Lys, il suo cuore di guerriero, di Spartano mai vinto,
eterno vincitore, ma mai quanto lei.
Natal’ja era viva.
Amare
Dare l'anima alla vita
Morire
Dalla voglia di vivere
Con la voglia di vivere
(Vivere per amare,
Notre Dame de Paris)
Note
La linea
di fuga di tutti i suoi sguardi: Quei due, Claudio Baglioni. Riferito,
ovviamente, ad Alja e Gee ;)
Dio,
quanto tengo a questo capitolo…
Davvero troppo.
Spero davvero
che vi sia piaciuto, perché ci ho messo il cuore, anche l’anima, io.
La
nascita di Nikolaj, il significato di Luce
per Gee…
Le parole
di Gee, che, secondo me, sono le più importanti.
Anche il
discorso con la pseudo - ostetrica, e le due guardie svizzere uccise da Gee…
Oddio,
avendo una migliore amica svizzera, non so quanto mi sia convenuto, scrivere
una cosa del genere ;)
Insomma,
ora cerco di sdrammatizzare, ma è stato difficile e bellissimo, scrivere questo
capitolo ;)
D'argento liquido e polvere da sparo, di fumo chiaroscuro e fuliggine stellata è una citazione del Capitolo 60, la risposta che Gee dà ad Ardashir Bahram quando lui gli chiede come sono gli occhi della ragazza dei suoi sogni...
A presto!
Marty