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Autore: MaikoxMilo    07/05/2012    13 recensioni
Svegliarsi da un coma non è facile, né per chi si trova in quella particolare situazione in prima persona, né per chi vi è fuori... No, non esiste "essere fuori" per chi sta rischiando di perdere una persona cara, perché il senso di perdita è così opprimente da toglierti il tuo stesso respiro, da spingerti a fare di tutto per salvarla...
E poi il risveglio, doppio, se possiamo dire... Perché non puoi mai sapere cosa ti riserverà il futuro, perché non puoi mai sapere cosa accade se le vite del passato e del presente si incontrano...
Seguito de "La guerra per il dominio del mondo" della quale è necessaria la lettura. Personaggi Lost Canvas e serie originale.
(Fanfic in fase di riscrittura)
Genere: Angst, Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Aquarius Degel, Nuovo Personaggio, Scorpion Kardia, Scorpion Milo
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Passato... Presente... Futuro!'
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CAPITOLO 19

 

GLI OCCHIALI PERDUTI

 

“Dègel! Dove sei!?”

La mia voce risuona per tutte le stanze dell'ultimo tempio, senza ricevere risposta alcuna. Mezz'ora è passata dal fattaccio, eppure di lui non c'è traccia. Potrebbe essere tornato al suo tempio, ma non è ciò che sento.

Mi guardo ancora intorno, sempre più apprensiva, complice una brutta sensazione che, col passare dei minuti, cresce sempre di più.

Lo continuo quindi a chiamare all'impazzata, guardando in ogni direzione per trovarlo, ma niente di niente...

“Dègel!! Si può sapere dove... Aaaaah!”

Mi ritrovo completamente distesa per terra, probabilmente sono inciampata nel lungo vestito, persino con i piedi nudi, lo dicevo che ero completamente inadatta per questo genere di cose! Ad ogni modo, do una controllata al lungo abito, sperando non si sia sgualcito o rovinato, mi dispiacerebbe se fossi così, chissà dove sono andati a prenderlo, chissà quanto è costato, ed io, al solito, complice la mia goffaggine...

“M-Marta, sei... sei tu?”

Raddrizzo la schiena, sentendomi chiamare da una voce impastata, pesantemente alterata. Difficile riconoscerne suono cristallino, ma tanto basta per farmi alzare del tutto.

Fisso dritto davanti a me, cercando di mettere a fuoco la figura del ragazzo appoggiato con la fronte ad una delle numerose colonne. E' ormai sera inoltrata, la luce soffusa delle candele non basta certo a delineare l'entità di colui che si trova davanti a me e che, pare, faccia una fatica assurda a compiere movimenti, persino i più banali.

Affilo lo sguardo, mentre la figura si stacca dalla colonna e si avvicina barcollante a me, sembra quasi sul punto di cadere da un momento all'altro, i passi goffi e pesanti, l'incedere sempre più incerto... il mio sentore si trasforma in realtà.

“D-Dègel?!” domando, esterrefatta, una volta che il ragazzo si è sufficientemente avvicinato. Spalanco gli occhi al limite dell'umano possibile, stentando a riconoscere in lui la consueta eleganza e il tipico portamento che lo contraddistingue.

“S-sì, io...ti...” biascica confusamente, poco prima di cadere in avanti.

“Santi numi! - impreco, acciuffandolo al volo e finendo con lui a terra, di nuovo – Cosa hai?!”

Più nessuna risposta...

Mi sta facendo davvero preoccupare, che sia ferito?! Che sia stato il nemico a ridurlo così?! ma come diavolo avrebbe fatto a profanare il Santuario?! Istintivamente inizio a controllare, tramite il tatto, se sul suo corpo siano presenti tracce di sangue... Sotto la camicia, anche se il solo farlo mi fa sentire sporca, mettendomi a disagio, sul collo, sulle spalle, arrivo persino a tastargli le gambe... Nulla di nulla!

“Dègel, non sento niente di bagnato... che ti è successo?! Non è che ti hanno attaccato in qualche maniera non consona?!” continuo, completamente terrorizzata da quest'ultima eventualità. Un colpo a suo cervello, perché no, visto che so che il Cavaliere di Gemini ne è capace, e chissà quanti altri.

“Cardia e Manigoldo... loro mi hanno...”

“Muahahaha!!!”

Nello stesso momento in cui Dègel prova a spiegarmi l'accaduto, delle risate gioviali rimbombano tutto intorno, trasmettendomi una velata sensazione di fastidio. Attendo pochi minuti, il tempo necessario per vedere avvicinarsi proprio le figure di Manigoldo e Cardia, quest'ultimo portatore anche di una lanterna per far luce.

“Ottimo lavoro, compare! Il piano è stato perfetto! Dégel non poteva mai immaginarselo!” si congratula Manigoldo con il compagno di merende, battendo il cinque.

"E' stato semplicemente geniale, la TUA idea era geniale!" prosegue Cardia, tutto agitato, con un largo sorriso.

"Beh, sai... - si fa fiero il Cavaliere del Cancro, gonfiando il petto - Sono abituato con Albafica che non è molto diverso dal tuo migliore amico. Potrai sempre contare su di me, per questo genere di cose!"

“Potete illuminarmi? - chiedo, in tono forzatamente calmo, mentre Cardia, da tonto, usa la lanterna per fare luce su me stessa - Non in QUEL senso, Car! Intendo darmi spiegazioni!" stavolta la mia voce è quasi un sibilo sempre più innaturale. Il mio amico deve percepire il limpido fastidio dietro il mio sguardo.

Lo vedo guardare altrove un punto non ben definito, incapace di ribattere, come se si sentisse colpevole di qualcosa, il che invece di tranquillizzarmi mi disturba ancora di più.

“E' tutto sotto controllo, signorina, raffredda i bollenti spiriti, non lo abbiamo mica ucciso! Per la tua domanda... beh, osservagli il volto” ribatte invece Manigoldo, più pratico su queste cose.

Automaticamente faccio come mi detto, notando, con grande sorpresa, che le guance appena sotto le palpebre abbassate di Dègel sono di un rosso vivo, del tutto innaturale in circostanze normali, a meno che non abbia la febbre, e così non è, perché non è caldo, oppure...

“E'... è ubriaco?” ipotizzo, sgomenta, mentre un brivido mi scorre lungo la schiena.

“Notare la grande acutezza della ragazza, eh... sì, hai vinto una manciata di monete d'oro come premio per la tua perspicacia!” risponde sarcastico Manigoldo, somigliando terribilmente a Death Mask in questo frangente.

Pessima scelta quella di sdrammatizzare in un momento simile, poiché la frase ha la sola utilità di farmi infuriare ancora di più...

“Lo avete fatto ubriacare?! Ma siete IDIOTI?!?” urlo, incollerita, fremendo distintamente.

Manigoldo trasalisce in seguito al mio tono di voce così alto, forse non aspettandosi la reazione così estremizzata da un Pesci, eppure dovrebbe averne fatto il callo, essendo migliore amico di Albafica.

“E'... è stato un piano di Cardia, eh! Io l'ho solo seguito!- esclama lui spaventato, incolpando l'allegro compagnone, il quale lo fulmina con lo sguardo – Lui mi ha detto che era una occasione perfetta, per voi due, ma che, conoscendovi, vi sareste bloccati di certo. Dovevamo quindi noi dare una spintarella a...”

“Ma ci stai zitto!?!” interviene Cardia, tappandogli la bocca per farlo tacere.

Manigoldo si divincola dalla 'morsa scorpionifera', così i due cominciano una baruffa che termina solo quando io, scocciata, prendo nuovamente la parola, stavolta nuovamente in una parvenza di tono calmo, come quando, prima dello scoppio di un temporale, sembra fermarsi, per un attimo, l'atmosfera intera.

“Ti spiacerebbe raccontarmi del tuo geniale piano, Cardia?” chiedo, tagliente.

L'interpellato smette istantaneamente di azzuffarsi e, ingoiando a vuoto, si appresta a narrare.

“Ho visto la scena al ballo e Dègel che scappava; Dègel era giù un po' alticcio in quel frangente, sai? Merito mio! - mi esclama, battendosi i pugni al petto come per farsi dire 'ma che bravo!' - Allora, essendomi già messo d'accordo con Manigoldo perché sospettavo sarebbe successo un fatto simile, e sapendo bene che quel pirlotto del mio amico si sarebbe andato ad isolare dopo quanto avvenuto con te, sono intervenuto in suo favore, se così si può dire...”

Non distolgo gli occhi da lui, iniziando già a capire cosa possano aver fatto Cardia e Manigoldo 'in favore' di Dègel. Proprio un piano grandioso, non c'è che dire, da applausi!

“L'ho trovato subito e, come previsto, era profondamente scosso. Mi ha raccontato quello che è successo, nonché del, a suo dire, terribile comportamento con te. Io, per tutta risposta, gli ho detto che c'era un unico modo per risolvere l'intera faccenda...” continua lui, serio, dannatamente serio, come se davvero credesse nella realizzazione dei suoi progetti.

“A quel punto sono intervenuto anche io! – prende la parola Manigoldo, facendomi vedere un fiasco che, probabilmente in precedenza conteneva vino o chissà quale alcolico, ma che adesso è vuoto, a parte alcune gocce scure in fondo – Sai come si dice, no?! Non bisogna mai abbassare la gradazione alcolica quando si beve, o si rischia di andare in botta. Ebbene questo è ciò che abbiamo fatto: immobilizzarlo per poi fargli bene questo intruglio, che tra l'altro è un mio pregiatissimo vino che viene dall'Italia, eh!” conclude il Cavaliere del Cancro, baldanzoso, quasi a voler vendere i prodotti della sua terra natia.

“C-cosa?! Com'è possibile?! Dègel non si è difeso?!” esclamo, sempre più incredula. Questi due beoti ne parlano con una leggerezza quasi esasperante, tanto da scandalizzarmi.

“Altroché se lo ha fatto! Sia verbalmente che fisicamente... - mi dice Cardia, massaggiandosi lo stinco della gamba destra – Ma, come ti dicevo, era già brillo, tra l'altro anche quello per merito nostro, avendogli corretto più volte ciò che ha bevuto durante la serata!” afferma ancora Cardia, accennando un largo sorriso nella mia direzione; un sorriso affabile di cui non ne capisco la natura, ancora meno in un momento simile. Assurdo... è tutto così assurdo!

Di riflesso stringo ancora di più il corpo semi-svenuto di Dègel, appoggiato al mio petto,non un movimento da parte sua, non un suono. Meglio così, perché sono follemente arrabbiata ora, quasi da non riuscire a trattenermi ulteriormente.

“Mi fate davvero schifo!” sibilo a denti stretti, tremando vistosamente.

“Uh?! Ma che...?” esclamano Cardia e Manigoldo, perplessi e sgomenti.

“Razza di idioti, mandatelo direttamente in coma etilico la prossima volta allora, solo perché così si sblocca con me, così toccate con mano dove possono condurre le vostre azioni sconsiderate, imbecilli debosciati che non siete altro!!! - ululo, permettendo alla rabbia di prendere totalmente possesso di me - Ma lo sapete cosa vuol dire avere una persona cara in coma?! Siete consapevoli delle conseguenze nell'assunzione di troppo alcool?! No, che non le sapete, cosa volete sapere voi, due ignoranti che non ne fanno mezzo!"!” gli grido contro, non riuscendo più a controllare le mie emozioni. Avrei tanta voglia di saltargli addosso, prendere le loro teste bacate e farle sbattere contro il muro, non sia mai che vi entri un po' di senno, ma mi trattengo, avendo altre urgenze.

"Che cosa... che cosa è un coma etilico?" chiede Cardia, guardando smarrito in direzione di Manigoldo.

"E lo chiedi a me?! Domandalo alla signorinella là davanti, che non sembra aver preso sportivamente il tuo intervento!" fa lui, alzando le mani al petto come a dire che non ne può niente.

"Non lo sapevi, dunque, sei davvero un coglione immaturo, Cardia! Dégel aveva bisogno di parlarti, di essere rinfrancato, e tu... tu lo hai tradito! Le persone possono morire, se assumono troppo alcool, soprattutto se non sono abituate a berlo!" lo fisso schifata, implacabile E' la delusione nei suoi confronti il sentimento più amaro e più cupo che provo adesso, secondo solo alla collera che, dopo il mio discorso, sta lentamente scemando.

Cardia lo sente, percepisce il grosso biasimo che nutro nei suoi confronti lo capisco dai suoi occhi sempre più vitrei e dal leggero senso di colpa che permea il suo viso. Abbassa nuovamente lo sguardo, stringendo forte i pugni e pestando i piedi per terra come a volersi sfogare in qualche modo. Alla fine riesce a trovare la forza per imprimere le sue iridi nelle mie, con tanta aggressività da trafiggermi il cuore. Il fuoco, ne vedo il fuoco... i suoi occhi azzurri sembrano ora fiamme brutali che tutto travolgono.

“Per chi credi lo abbia fatto, genia?! Per te e Dègel, ovviamente! Perché di due, voi, non ne fate mezzo! Ci hai dato degli ignoranti, secondo il mio modo di vedere le cose invece siete tu e Dégel ad essere degli inetti; due inetti che, malgrado sia lampante il piacervi e l'essere ricambiati dall'altro, state lì a non fare un cazzo, brancolando nell'incertezza più sfrenata, e la vita passa, razza di idioti! - ribatte lui, sempre più furente, prima di prendere un profondo respiro e proseguire - Ho dovuto rinunciare io al mio... al mio sentimento per te, per far in modo che il mio migliore amico e la ragazza che ama fossero felici, e tu cosa fai?! Ti incazzi con me e inoltre mi rivolgi parole spietate, proprio degne della sorella di Camus quale sei! Grazie mille davvero, ora ho compreso la tua vera natura, sei stata abile a celarla, scemo io che mi sono invaghito di te, come ho potuto?!”

"Intanto lascia fuori mio fratello dal dialogo, e poi, cosa ne vuoi sapere tu, eh, dimmelo! Che ne sai dei sentimenti di Dégel?! Che ne sai dei MIEI sentimenti?!? Sei un bambino che gioca col fuoco e non sa che si può bruciare, non conosci niente, Cardia, hai aiutato il tuo migliore amico nel modo sbagliato, ora prega che non stia male, o io..." mi fermo, lasciando intendere la velata minaccia.

"L'HO FATTO PER VOI, PER..."

"POTEVI FARTI UNA BARCATA DI CAZZI TUOI, INVECE, CONTINUARE A BALLARE CON FRANCESCA, ABBUFFARTI CON MILO! CHI LO HA CHIESTO QUESTO TUO INTERVENTO?!"

"Ne-nessuno..."

"Nessuno, esatto! Pensa, prima di agire, Cardia!"

Lo vedo fremere, non sapendo più cosa dire per difendersi o attaccare, infine, con un gesto di stizza, si volta bruscamente dall'altra parte, sibilando un "Vai al diavolo!" e correndo via.

“E-ehi, Cardia, aspetta! Marta, certo che anche tu potevi essere un po' più carina, eh, lui è proprio perso per te, le tue parole sono come macigni per lui! Lui ha sragionato, d'accordo, ma tu non sei da meno in certe circostanze!” mi rimprovera Manigoldo, una punta di biasimo anche nella voce, poco prima di inseguire il parigrado.

Rimango basita a guardarli andarsene, mentre una morsa mi pervade tutto il petto. E' stata solo un'apparenza, o gli occhi di Cardia erano veramente lucidi? L'ho ferito così tanto a parola, senza nemmeno rendermene conto?

Sospiro sonoramente, mentre le parole di mio fratello riguardo la fragilità mi ronzano fastidiosamente in testa. In tal senso è proprio come dice Camus: i sentimenti ci indeboliscono, lasciandoci sguarniti e indifesi nei confronti della persona che amiamo, il terrore di perderla, la paura di rovinare tutto... Mi alzo faticosamente in piedi, tentando di sorreggere Dègel, cosa affatto facile, considerando la diversità di peso, ma non posso lasciarlo qui nelle sue attuali condizioni.

“C-cosssa fai?” mi domanda ad un tratto lui, strascicando pesantemente la 's'. Probabilmente il mio movimento lo ha fatto in parte ridestare, malgrado le sue palpebre continuino a rimanere abbassate e il rossore delle sue gote non accenni a diminuire.

“Ti porto nel letto della tua casa, non puoi girare in queste condizioni!” raffermo, non riuscendo a nascondere un certo disagio. Ad ogni modo, meglio parlare con lui, non so quanto abbia effettivamente bevuto, non so quanto rischi, ma il conferire tra noi in qualche maniera sarà di sicuro di giovamento per entrambi.

“Io... sto bene!” afferma ancora lui, appoggiandosi completamente a me. Sussulto per il peso, ringraziando di aver abbandonato i tacchi già da un po' previa una facciata di entrambi contro il marmo del tredicesimo tempio.

“Uh... si certo! Ora, però, usciamo fuori, un po' d'aria ti farà bene!” biascico, arrossendo non poco e compiendo il primo, traballante, passo.

 

***********

15 Agosto 1741, tarda notte

Posso sentire il suo respiro leggero farsi sempre più profondo, mentre il mio corpo si rilassa impercettibilmente. I battiti del suo cuore sembrano regolari e, malgrado, il perenne rossore sulle sue guance, pare solo dormire di un sonno pesante, senza altre ripercussioni. Guardo di riflesso la luna fuori dalla finestra, il suo bagliore etereo, il suo proverbiale volto, l'unico che mostra alla Terra. Siamo infine giunti all'undicesima casa, ma non è stato affatto facile.

Dégel camminava storto, rischiando di cadere passo per passo e di tanto in tanto faceva delle uscite assurde, tipo: “Guarda le stelle... Sarebbe bellissimo se noi due ci librassimo in aria come due cigni, no?!”, o anche “Ma lo sai che Galileo Galilei è il mio studioso preferito? Capì tutto da una biglia, una biglia capisci?! Capisci fino a dove si può spingere il ragionamento umano?!”.

Mi ha parlato molto di Galilei, manifestando pienamente la stima che nutre per lui, ripetendomi il fatto che avrebbe voluto essere un suo allievo. Tra tutti gli aforismi che mi ha pedissequamente illustrato, alcuni dei quali che non conoscevo neanche, ce ne è uno, bellissimo, che recita così e si avvicina perfettamente al mio pensiero: "Le cose sono unite da legami invisibili. Non puoi cogliere un fiore senza turbare una stella". Bello, davvero bello! L'ho avvertito dentro di me, come vento tra i capelli, lo sento mio, ed è difficile da spiegare.

Comunque mi è capitato spesso di vedere le mie vecchie compagne di classe alle prese con la sbornia, la stessa Michela ha bevuto varie volte, toccando poi a me e Francesca controllarla e ricondurla a casa, perché lei eccedeva sempre, ma nessuno, e dico nessuno, a parità di condizione, ho visto destreggiarsi nel sapere, magari citando frasi di filosofi e formule scientifiche complicate come Dègel risultando completamente convincente, malgrado i passi incerti.

Ridacchio tra me e me, ricordandomi della cospicua spiegazione che mi ha dato a proposito del moto ondoso e delle maree, tutto questo mentre varcavamo i confini dell'undicesima casa per andare nella sua camera, poco prima di crollare completamente addormentato qui, dove ci troviamo adesso.

Gli slaccio il più delicatamente possibile il foulard che tiene al collo, passando poi alle scarpe, anche se queste ultime mi danno un po' più di problemi. Lo sistemo meglio sul cuscino, passandogli velocemente una mano tra i capelli.

“Così almeno dormirai meglio...” gli sussurro, sorridendo al suo volto lontano, chiaro come un riflesso lunare.

Rimango seduta sul bordo letto per alcuni minuti, non sapendo bene cosa fare, alla fine decido di andarmene, ritirandomi in camera mia per pensare e, soprattutto, per avere un po' di quiete visto tutto quello che è successo in un'unica serata. Mi alzo quindi in piedi e, prima di uscire, do un leggero bacio sulla fronte di Dègel, quasi mi sembra che le sue palpebre abbiano un fremito quando le mie labbra si posano su di lui, ma non do molto peso a quel movimento, ritrovandomi di colpo a sentirmi stanca e psicologicamente provata.

Faccio per andarmene, ma nel momento stesso in cui la mia mano si posa sulla maniglia della porta, la mia mente viene attraversata da un flash improvviso che prende il nome di Cardia.

“Cardia ha fatto ubriacare Dègel per 'noi', voleva aiutarci, spingerci l'uno tra le braccia dell'altra. Lo ha fatto in modo goffo e potenzialmente pericoloso, ma i suoi fini era positivi, solo che... non dovrebbe, forse, ben sapere di Seraphina?” mi chiedo, retoricamente, fremendo appena nel ricordarmi del loro dialogo in cucina.

Seraphina... non posso prendere il suo posto, nel cuore di Dègel, neanche voglio, ma... davvero non ci azzecco niente, con lei? Chi sono... per davvero... io?"

Un leggero movimento dietro di me... mi volto di scatto, trovandomi davanti il volto di Dègel. Inciampo nei miei stessi piedi, ritrovandomi ben presto appoggiata al muro della stanza.

“D-Dègel, ma che...?” gli chiedo, domandandomi come abbia fatto, ubriaco com'è, ad essere stato così veloce ad alzarsi e a venirmi dietro.

“Non puoi andartene, io... dobbiamo parlare!” afferma, chiudendomi ogni più piccola via di fuga e afferrandomi saldamene i polsi. Sono totalmente bloccata, l'unica scappatoia sarebbe quella di dargli un calcio, ma non voglio fargli del male. Annaspo, cercando di raggiungerlo a parole.

“Dègel, non dire assurdità! Ora sei ubriaco, avremo tempo dopo per parlare!” ribatto, cercando, con scarsi esiti, di liberare i polsi dalla sua morsa ferrea. Tutto inutile. le sue dita così incredibilmente sottili sembrano chele di granchio, impossibile fuggirgli.

"Liberami, ti prego... d'accordo, parliamo, ma... mi fai male... così..."

"No, non lo farò!"

"Dégel, ti prego..."

“Marta... sono io che supplico te, devi ascoltarmi! Io... io ci sto davvero male!”

Mi blocco improvvisamente, notando che alcune lacrime hanno cominciato a sgorgare dai suoi occhi, già lucidi in precedenza. Lo fisso sgomenta, colpita in pieno da quell'espressione così triste che era l'ultima cosa che volessi vedere in vita, o meglio... rivedere ancora una volta anche in questa vita. Le lacrime di Dègel solcano il suo viso, tiepide, saline... ne posso quasi avvertire il peso insostenibile stanziato nel petto. A fatica riprende a parlare:

“Io... io sto soffrendo, non immagini neanche quanto! Chi sei... chi sei tu, realmente? Perché mi pare di conoscerti da sempre?! Da quando sei qui mi sento come se la mia anima fosse dilaniata da Cerbero, mi sembra di essere morto, eppure non mi sono mai sentito così vivo. Chi sei realmente, Marta? Perché sento di amarti, malgrado il mio cuore appartenga già ad un'altra persona? Sono io ad essere infedele, oppure, oppure...” mormora ancora, stringendomi con più forza i polsi. Le sue parole sfumano nel vuoto, lontane e distanti da me, ma vicine, così vicine che quasi il mio cuore trabocca calore, e sanguina. Provo fitte di dolore intermittenti alle sue parole, quasi mi manca il fiato per rispondere, devo raccoglierlo nella laringe prima di riuscire ad esprimersi.

“Dègel, sei ubriaco... e confuso, non pensi ciò che dici!” tento, provando a farlo ragionare, con scarsi esiti. I suoi occhi, così tremendamente disperati, non accennano a discostarsi dalla mia figura, come se fossi il suo ultimo appiglio.

“Sono ubriaco, ma non confuso, anzi proprio adesso vedo chiaramente la verità che, da sobrio, è sempre celata al mio sguardo: tu e lei... siete la stessa persona, vero? Sei la sua reincarnazione, in qualche modo, dimmi che è così, te ne prego e, se sai, dimmi come è stato possibile tutto ciò. Io... bramo follemente baciarti, so che, se lo faccio, forse avrò le risposte che tanto vado ricercando...” sproloquia, convinto più che mai della veridicità della sua intuizione.

Spalanco gli occhi, incredula: Seraphina ed io la stessa essenza?! Ma non ho comunque il tempo di soffermarmi su questo, perché il suo volto si avvicina al mio, fin quasi a sfiorarmi. Automaticamente la sua fronte si posa sulla mia, pochissimi millimetri ci separano, talmente pochi che sento nitidamente il suo respiro un poco accelerato su di me. Chiude gli occhi, cercando di rabboccare aria.

“Dègel, n-non puoi farlo, tu...”

"Lasciami provare, un'unica volta, ho bisogno di sapere, mia piccola rondine!"

Sussulto a quell'appellativo, il cuore mi si accelera in petto: da quando non mi chiamava così?

Smetto di lottare a quelle ultime parole, mentre le sue labbra si posano dolcemente sulle mie, in un bacio che mi mozza il respiro nel petto. Che bramo con tutta me stessa e, insieme, mi fa vergognare di quello che sto facendo.

Dovrei fermarlo. Una parte di me mi urla di bloccarlo, di non macchiarmi di un simile peccato. Dovrei dirgli che sta prendendo un abbaglio, che non sono io la sua Seraphina, e che sta tradendo la donna amata, ma tutto ciò che riesco a fare è invece ricambiare quel gesto, dischiudere le labbra permettendo a lui di approfondire il bacio. E lo avverto. Il suo respiro dentro di me, la sua lingua che, teneramente, va ricercando la mia, ciò mi procura una gioia selvaggia, un senso d'urgenza, tanto da spingermi a liberarmi i polsi, a stringere i suoi capelli con una mano, mentre con l'altra, con decisione, passando sotto il tessuto della camicia, gli solco il fianco destro, fermandomi poco più in su, a calcargli le costole, che avverto sotto le mie dita. Il suo corpo sussulta a quella presa, forse avvertendo le unghie sulla sua pelle, ma non basta certo a fermarlo, anzi, se è possibile, lo fa agitare ancora di più.

Mio dio... cosa sto facendo?! Ho bloccato io Dègel, prima, parlando di tradimento, e ora... ora... perché non riesco a fermarmi?! Che diavolo... che diavolo di turpe persona sono?! Eppure... eppure non riesco minimamente a darmi un freno, lo desidero, vorrei le sue mani su di me, vorrei... fare l'amore con lui, ma... ma... fortunatamente è Dègel che, una volta esaurita l'aria nei polmoni, si ferma un attimo, annaspando pesantemente, mentre, con le dita gentili, mi accarezza il volto, sorridendomi con dolcezza.

"D-Dégel, io... perdonami, non... non riuscivo a..."

“Non c'è nulla da perdonarti, sei sempre tu, malgrado il tempo passato, malgrado la tua fisicità sia diversa... quel tuo modo di prendermi è solo tuo, ed io... ed io... finalmente ho la mia risposta! - mi sussurra lui, mentre una nuova lacrima gli solca la guancia destra, prima di cadere sopra il mio braccio - Ti amo, con tutto me stesso!

“D-Dègel, n-non so... non so a cosa..."

Non ho il tempo di aggiungere nient'altro, perché devolvo tutte le mie forze nel sostenerlo nuovamente, poiché, come era apparsa, quella lucina nei suoi occhi è sparita senza lasciare più traccia, facendo precipitare lui in un sonno di piombo.

“DIAVOLO, CHE SITUAZIONE DI MERDA!” impreco, esasperata dagli ultimi avvenimenti, sorreggendolo a stento e conducendolo fino al letto per poi riadagiarlo sopra in posizione comoda.

Sospiro pesantemente, lasciandomi scivolare sulla sedia con fare plateale. Vorrei urlare ai quattro venti, non sopportando più tutto questo. Mi sento... prosciugata da qualcosa più forte di me, nonché in balia di tutto e tutti, è così esasperante, così... spossante... NON CE LA FACCIO PIU'! Perché doveva succedere a me, tutto questo?!

Faccio passare diversi minuti, il tempo per placare la tremarella che, spietata, mi ha assalito, stremandomi ancora di più, poi, radunando tutte le mie forze, mi alzo, tornando a fissare il volto, ora sereno, di Dègel. E' come se la sua quiete defluisse anche in me, rinvigorendomi un poco. Il suo viso è così disteso ora, perfettamente tranquillo nella sua bellezza.

“Dégel... anche io ti amo, da sempre, ma gli altri hanno ragione: siamo due inetti che vivono un sogno sfuggevole, a nulla sono valsi gli insegnamenti del tuo Maestro Krest, a nulla anche quelli di mio fratello Camus, così simile a lui. Lo avresti mai pensato, mio piccolo fiocco di neve, di diventare come il tuo mentore, un giorno? Di avere un'altra vita, dove noi due abbiamo tutt'altro legame, eppure... anche tu sei sempre tu, nonostante il tempo passato!”

Il vento soffia intensamente contro la finestra, riportandomi alla mente ricordi non miei ma ben vivi dentro di me: il freddo della Siberia, il vecchio Krest, la nostra Bluegrad, la promessa... e poi ancora i nostri corpi, quella notte, stretti uno all'altro, il nostro voler fare l'amore, la paura che ne conseguiva, nella vertigine di non sapere più cosa fosse giusto o sbagliato.

Strabuzzo gli occhi, riprendendomi dall'assopimento in cui sono nuovamente caduta, tuttavia le memorie del tempo che fu stavolta permangono, non defluiscono più, come invece accadeva prima, diventando parte di me, della nuova me, dandomi una spiacevole sensazione di duplicità che, in circostanze normali, penserei rasentasse la pazzia, ma che, ora, comincia a delinearsi nella mia mente. Siamo dunque due corpi, un'unica essenza e due identità... davvero è possibile questo?

“Dègel, io non so davvero chi sono. Ho ricordi sempre più frequenti che non mi appartengono, in questi sogni ci sei tu ed un altro ragazzo dai capelli argentati. Mi riscalda il cuore pensarvi, mi pare di avervi di nuovo vicini, malgrado il dolore della perdita sia sempre più insostenibile. Che davvero ciò che vedo riguardi Seraphina?! Vedo davvero le vostre vite?! I vostri sogni? Le vostre paure?!”

Automaticamente e quasi inconsciamente l'ambiente intorno a me si fa sempre più ovattato e indefinito. Siamo nient'altro che sogni fuggevoli, anche per questo siamo morti, insieme, anche per questo le nostre anime saranno per sempre legate.

Mi avvicino ancora una volta al tuo volto, cadono due lacrime sulle tue guance ancora arrossate, scivolando e, dopo un breve tragitto, spariscono tra i tuoi lunghi capelli, inumidendoli appena.

Marta... Seraphina... non ha la benché minima importanza ora, ti sento vivere, ne avverto il tuo timido respirare, fosse anche la mia unica certezza, nulla potrà mai scalfire questo sentimento, ora ne sono consapevole più che mai... Dègel!

 

**************

16 Agosto 1741, mattina.

“Sveglia! Sveglia! Svegliaaaaa!!!”

Apro gli occhi di scatto, saltando letteralmente sull'attenti e attaccandomi terrorizzata al lenzuolo del letto.

“Buongiorno, dormigliona!” mi saluta Francesca, divertita, compostamente in piedi, mentre il mio sguardo omicida si posa sulla figura di Michela praticamente sopra di me. Non ero più abituata ad un simile risveglio e sinceramente non mi mancava nemmeno!

“Non avrai svegliato anche il povero Dègel così, spero...” mormoro, in tono pacifico ma con una leggera punta di fastidio, sbadigliando educatamente con una mano sopra alla bocca.

“No, Camus ci ha intimato di non ridestarlo. Maaaaaa... voi due cosa avete fatto ieri, invece, eh?! Lo possiamo sapere?” mi chiede lei, vivace, una strana luce negli occhi, che non promettono nulla di buono.

La guardo, stranita, inarcando le sopracciglia con fare interrogativo: ora dove vuole andare a parare?

“Avanti, Marta! Sappiamo che eravate insieme in camera sua, e che Dégel era ubriaco marcio, in questi casi solo una cosa può accadere... Vi siete baciati? Spogliati? Lo avete fatto l'amore? E il suo fisico com'è? Come quello di Camus? Se fosse così mi immagino già la piacevole nottata che hai trascorso, ci credo che non ti svegliavi più, ihihi, sarai stata sfinita!'”

“Ma sei scema, Michela?! Non dire simili baggianate!” ribatto, scattando istantaneamente in piedi e dando loro le spalle, sentendomi accaldata per l'imbarazzo.

Maledetta Michela, ha già capito qualcosa, anche se bisogna dire che lei con la fantasia va oltre quello che è realmente accaduto. Che poi... tanta audacia a parole non è seguita allo stesso nella pratica, considerando che dovrebbe essere ancora vergine. DOVREBBE, voglio sperare che con Hyoga non abbia ancora consumato!

“Sì, sì come no, mi hai fatto già capire che qualcosa è successo, ma non lo vuoi raccontare perché sei timida! Piuttosto, Camus ti vuole giù” dice lei, maliziosa, saltando da un discorso all'altro e diventando improvvisamente seria durante il processo.

Stringo i pugni con forza, intuendo già il motivo di una tale richiesta: il mio comportamento di ieri. Alzo gli occhi al cielo, tentando di prepararmi ad una nuova discussione. Forse potrei provare a mantenere la calma e rimanere sul pacifico andante, ma so già che non ci riuscirò, non con lui, almeno.

“Marta, cosa succede tra te e tuo fratello? Avverto un bel po' di tensione e di... incomprensioni!” afferma Francesca, guardandomi con apprensione

“Niente di trascendentale, è lui che è paurosamente lunatico da dopo la battaglia contro Crono!” taglio corto, andando verso lo specchio con stizza per sistemarmi i capelli.

"Tuo fratello, Marta... avevate costruito un così bel rapporto, se permetti... non allontanarti da lui... per Dégel..." mi fa notare la mia amica più grande, dandomi un'occhiata di circostanza.

"Che cosa vuoi insinuare?"

"Di non perdere Camus inseguendo Dègel, di non..."

"Capito!" taglio corto, capendo che lei è schierata dalla sua parte, non mi sorprende del resto.

Senza più degnarle di uno sguardo, mi dirigo giù con passo pesante. Ho detto poc'anzi che mio fratello è lunatico, è un vero e proprio eufemismo! Un giorno è dolce e gentile, l'altro ti pugnala alle spalle, l'altro ancora assurdamente freddo e il successivo abbattuto. Come può esserci dialogo tra noi, con questi sbalzi?!

Arrivata in modalità treno giù in cucina, mi siedo rumorosamente sulla sedia, tanto che mio fratello, girato di spalle verso la finestra, preda dei suoi pensieri, si volta di scatto nella mia direzione, stupito.

“Che vuoi?!” sibilo, in tono acido, scoccandogli un'occhiata di puro astio. Le mani incrociate sopra il petto, le gambe accavallate, in una vera e propria manifestazione di chiusura.

“Marta, sono tuo fratello, ma sono anche il tuo maestro... dovresti rivolgerti a me con più rispetto, soprattutto non schiaffeggiarmi come se nulla fosse, né in pubblico né nel privato! Per quest'ultimo particolare avrei la facoltà di metterti in punizione, sai?!” replica lui, innervosito dal mio modo di porsi. Bene, siamo entrambi sul piede di guerra. Ottimo inizio!

“Scusami, sommo mentore! Ti rifaccio la domanda: cosa vuoi?!” ripeto, con ancora più asprezza. Il mio sguardo truce è su di lui, lo scruta con estrema durezza, come se avesse un nemico davanti e non un alleato.

Tu dovresti capirmi più di ogni altro, fratellino... pensavo davvero che tu potessi sostenermi in questa situazione così difficile, ma... dalle tue parole di ieri, ho capito che non c'è nulla di tutto questo. Sono... sono così arrabbiata con te, anzi, peggio, delusa... e non mi do pace!

Camus sospira pesantemente, chiudendo gli occhi in un momento di indecisione. Che fare davanti al mio atteggiamento così ostile? Proseguire o lasciar cadere quel discorso? Inaspettatamente procede per vie diplomatiche, meravigliandomi un poco.

“Marta, è necessario che tu capisca il mio punto di vista. Ho notato già da un po' il tuo innamoramento per Dégel e ne ho paura; paura per te, per le conseguenze che ne deriveranno. Noi siamo qui solo per un tempo limitato, appena ne avremo la facoltà, torneremo nella nostra epoca, che ne sarà dunque di te? Come reagirai? No, Marta, è necessario che tu..."

Ho ascoltato a sufficienza e reagisco conseguentemente, ben sapendo di avere più di un'arma contro di lui: "Oh, io non posso, vero? Ma tu e Seraphina sì, invece!

Vedo la sua espressione forzatamente contenuta spalancarsi istantaneamente dallo stupore, prima di arrossire di netto. Indietreggia di qualche passo e poggia la schiena contro il muro per evitare di cadere, il respiro accelerato.

"T-tu che cosa hai visto di... di noi?!"

"Devo farti l'elenco?!"

"N-ngh no!"

“Ecco. Comunque quanto bastava! - affermo, sempre ostile, quasi sorridendo vittoriosamente, poiché lo vedo bene che è all'angolo, non ha vie d'uscita e posso ferirlo ancora e ancora, più volte - Ed ero felice per te, sai? Tu invece mi ostracizzi... sei solo un ipocrita, Camus!"

"I-io sono solo preoccupato per te, M-Marta..."

"Ma guarda! Io invece ero davvero contenta che tu avessi trovato una persona d'amare, dolce, delicata... che voleva prendersi cura di te, del caso patologico che sei, fratellino, perché lo sei, sei un casino, un... un labirinto inespugnabile! Quante persone potrebbero sopportarti, detta propria sinceramente?! Forse solo Seraphina che, da quanto ho visto, ha un'anima candida, profumata, la tenerezza giusta, quella che si adatta a te!"

...E che io non ho più. Mi trovo a pensare, ma non lo esprimo, custodendolo dentro di me.

Lui accusa malamente il colpo, non avendo difese contro di me, lo vedo abbassare lo sguardo e stringere i pugni, prima di barcollare nel vuoto fino alla credenza, dove, chiudendo gli occhi, ci si appoggia, vinto, il respiro affannoso, come di animale ferito

E mi rendo concretamente conto che Camus dell'Acquario è ferito, qui davanti a me, non ha più difese, il fianco è sguarnito. Potrei colpirlo ancora e ancora, non si opporrà, posso disporre di lui come voglio, farlo soffrire ancora di più. L'idea, per un qualche gioco malsano, non mi dispiace neppure, voglio che si senta come me ieri sera, quando tacitamente chiedevo il suo aiuto e lui, invece di darmi la mano, mi ha pugnalato il cuore con le sue parole.

"Camus, non rinuncerò al mio sentimento per Dégel per paura dell'emozione medesima, ti è chiaro, il concetto? Non seguirò la tua strada, non rinuncerò a vivere, chiudendomi a riccio per evitare di essere colpita da altri, non sono così debole! Non sono così fragile! Non sono... come te! Questo ficcatelo bene in testa, non..."

"Sc-sciocca... pensi che io non avrei voluto rimanere al fianco di Seraphina e... salvarla?! Pensi che mi diverta a stare qui, in mezzo a gente che non simboleggia niente per me, mentre lei è là, da sola, c-che sta m-male?! - mi ferma, tremando vistosamente, la testa incassata tra le spalle - Perché pensi che io non sia venuto subito da te, appena sono riuscito a localizzarti?! IO DESIDERAVO, DI TUTTO CUORE, RIMANERE CON LEI!"

Sto per rispondergli che non gli ho chiesto io di venire qui, di salvarmi, di rimanere in questo luogo a lui famigliare ma sconosciuto, e che, se ci tiene così tanto, che vada, non lo sto incatenando, ma le ultime parole che riesce a mormorare spezzano le mie intenzioni in mille frammenti.

"Ma tu sei più importante, Marta!"

Qualsivoglia desiderio di litigare mi muore istantaneamente in gola nel vedermelo così... così fragile, così... esausto. Sono occhi ricolmi di dolore, quelli che mi sta mostrando, di pena e di impotenza, mi dilaniano. Completamente.

"Allo stesso modo, mi reputi così tanto uno scienziato privo di sentimenti, al punto da desiderare ardentemente di mettere i bastoni tra le ruote tra te e Dègel? So che saresti felice, con lui, Marta, VORREI che tu fossi felice con lui, ma... allo stato attuale, non puoi, i-io... ma cosa importa, in fondo, per te io sono solo il carnefice che si sta mettendo in mezzo tra te e l'amore della tua vita, questo tu pensi, lo hai detto poc'anzi!" esclama, rialzando lo sguardo, che si imprime nel mio, con un non so che di disperazione. Mi sento semplicemente trafitta dai suoi occhi lucidi. Boccheggio, come se avessi subito un pugno in pieno stomaco.

"I-io non volevo..." tento di allacciare un discorso, di dare una spiegazione, ma so che è tardi.

"...Ferirmi? - finisce freddamente lui per me, una strana luce nelle sue iridi. Terribile. - E invece sì, è esattamente ciò che volevi, e ci sei riuscita benissimo! So bene che hai questa dote di colpire, e far sanguinare, il punto debole dell'altro anche e soprattutto a parole!

"N-no, no... ascolta, io volevo solo..."

"Ma lo sapevo! L'errore è stato mio, non posso fartene una colpa, tu hai semplicemente raccolto ciò che ti ho dato, sono stato io a mostrarti il fianco, ti ho persino indicato la zona dove farmi più male, e tu hai agito. Davvero un ottimo lavoro, Marta! - continua con intensità crescente e in tono rotto - Avevo giurato a me stesso di non farlo mai, di non dare agli altri il pretesto per farmi male, di non mostrare mai la parte più fragile del mio essere a nessuno... ma con te ho fallito, Marta! Sei penetrata nella mia corazza perché così ti ho lasciato fare e ora, da dentro, tu puoi distruggermi come e quando vuoi. Non ho difese contro di te, e sono stato io a permettertelo!"

L'ho senza dubbio ferito a morte con le parole, è lampante, eppure ora, anche se me ne rendo perfettamente conto, non c'è alcuna soluzione per accorciare questa tremenda voragine che si è creata tra noi. Camus è qui, davanti a me, ma è come se fosse ad anni luce di distanza. Entrambi ce ne rendiamo conto, entrambi ci sentiamo terribilmente male per questo. Mi sento così... fratturata! Non so più cosa dire, sempre che ci sia qualcosa da dire, in un momento simile...

Fortunatamente è la venuta tempestiva di Michela ad interrompe una situazione di simile disagio; la osservo attentamente, apparendomi stranamente trafelata.

“Dègel si è svegliato e, barcollante, si è diretto in biblioteca!” ci avverte, sbracciandosi.

“Dalle sue labbra esce solo la parola 'occhiali', forse è ancora un po' brillo?” aggiunge Francesca, sopraggiungendo a sua volta.

Istintivamente Camus ed io ci muoviamo verso la biblioteca, preoccupati per le condizioni effettive di Dègel, non una parola fra noi, ma la consapevolezza di doverci sbrigare.

“Ma dove... dove li ho messi?”

Appena entrati nella biblioteca sentiamo, appunto, la voce ancora un poco impastata di Dègel seguita da un rumore di libri che vengono poggiati e ripoggiati sulla scrivania.

“Dègel, che succede?” lo interroga Camus, inarcando il solito sopracciglio inquisitorio, non capendo l'ansia del compagno d'armi.

Il 'Vecchio Acquario' alza gli occhi verso di noi, ancora lucidi in seguito alla sbornia indesiderata del giorno precedente. Non è ancora stabile sulle ginocchia, ma fortunatamente abbastanza da camminare da solo.

Il mio cuore accelera bruscamente nel momento esatto in cui lui si avvicina; indossa gli stessi abiti della sera prima, anche se più stropicciati, il che mi fa sussultare istantaneamente, ricordandomi, ancora una volta, con più intensità, di ciò che è successo tra noi. Quel bacio... la mia mano che scorreva lesta sul suo fianco, il tepore della sua pelle... diavolo, devo essermi imporporata, perché una netta sensazione di calore mi ha appena bruciato le guance, scendendo poi più in giù. Discosto lo sguardo.

“Ho come un vuoto nella mia mente, non ricordo dove ho messo gli occhiali e li stavo cercando. So che può sembrare una quisquilia ma significano molto per me!” prova a spiegare Dègel, sorreggendosi alla scrivania per aver maggior sicurezza.

Camus mette una mano sotto il mento per pensare alle possibili soluzioni. Sembra genuinamente partecipe alle preoccupazioni della sua precedente vita, questo mi fa ben sperare che il rapporto di sincera concordia tra loro, malgrado l'inizio burrascoso, possa proseguire.

“E' strano che un tipo ordinato come te non trovi qualcosa, almeno che non sia stato qualcuno a prenderli per fare uno scherzo... può essere stato Cardia?” si interroga Camus, cupo in volto.

Vedo una smorfia comparire sulla bocca di Dègel, mentre lo sguardo si rabbuia un po'.

“Può darsi, visto che ieri non si è comportato propriamente da amico!” afferma, con una punta di rabbia. Sussulto a queste parole, allora qualcosa di ricorda, oddei!

In ogni caso, la delusione verso lo Scorpione è ben nitida nell'espressione di Dègel, non gliela farà passare liscia, non questa volta... cosa fare?! Stringo con forza in pugni, ricordandomi delle parole spietate che ci siamo rivolti Cardia ed io; già noi abbiamo litigano, non voglio che ciò succeda anche tra loro due, non posso permettere che tutto, ma proprio tutto, vada a rotoli.

“Allora vado a chiedere direttamente all'ottava casa, tu è meglio che rimani qui, Dègel, e vale anche per te e le tue amiche... Marta!” dice Camus, rimarcando l'ultima frase.

"E se non volessi?" controbatto, nuovamente sul piede di guerra, mentre Michela e Francesca, quasi disperate, mi fanno cenno di lasciar perdere.

"Sarà meglio per te che tu lo faccia, Marta, senza tante storie, non hai ancora ben compreso quanto possa essere spietato quando mi arrabbio!" sottolinea perentorio, alzando di due tacche la voce.

Produco un mormorio striminzito, facendo una smorfia, mentre lui, dopo avermi fatto colare addosso il suo disappunto, se ne va. Ci sono delle paurose incomprensioni fra noi, ma ormai ho capito, quando mio fratello fa così vuol dire che teme qualcosa; qualcosa di ancora sconosciuto a noi. Il suo è un pallido tentativo di preservarci, inutile, nonché dannoso, ma perfettamente umano. Le parole non dette... quanto ancora possiamo andare avanti così?!

Rimaniamo in silenzio, Dègel ed io, soli nella stanza, poiché Francesca e Michela si offrono di accompagnare Camus fino all'uscita dall'undicesimo tempio. Assoluto silenzio tra noi, lui ancora con un'espressione imbambolata sul volto e lo sguardo vuoto, ma la mente è già pienamente febbricitante, lavora con il doppio dell'intensità, non smettendo di ricercare possibili motivazioni alla sparizione dei suoi occhiali.

Devo... parlare io, tra noi? Eppure mi sento così a disagio!

“Dègel, dovresti stenderti, sei ancora provato da ieri!” gli consiglio, avvicinandomi cautamente a lui, prendendolo sottobraccio senza troppi fronzoli e dirigendomi verso il salotto al piano di sotto. Non vi è alcuna resistenza da parte sua, si lascia condurre da me, fiducioso, rimanendo in silenzio fino all'arrivo nella stanza in questione.

“Tu... sei stata tu a riportarmi alla Casa dell'Acquario, dopo il nostro, ehm, ballo, vero? Mi è sovvenuto or ora” dice poi, una volta steso sul divano, in tono quasi strozzato, vergognoso.

Un brivido mi percorre la schiena, mentre il tremore, che già avevo prima e che tentavo di celare, si fa più forte.

“ S-sì, eri parecchio messo male ieri... C-cosa ti ricordi?” gli domando, tesa come la corda di un violino.

“Di immagini ben nitide in me ne ho veramente poche, ancora stamattina faccio fatica a discernere cosa sia successo realmente e cosa invece è stato sogno.Tuttavia ricordo fin troppo bene che sono stati Cardia e Manigoldo a ridurmi così, inoltre, proprio adesso, ho rimembrato anche la tua presenza, sei stata tu ad accompagnarmi a casa, nonostante il mio comportamento tremendamente inopportuno durante la... cerimonia...” spiega, massaggiandosi le tempie.

Si prende una piccola pausa, tentando, invano, di ricordare altri particolari. Sento che vorrebbe trattare del ballo in questione, ma si vergogna, e comunque non è abbastanza vigile per riuscirci, per cui, sospirando pesantemente, tenta di soprassedere, regalandomi un nuovo, inaspettato, sguardo..

“Comunque grazie per avermi portato a letto e grazie ancora per la tua pazienza. Spero... spero di non aver detto, o fatto, cose strane, ieri, in quello stato” mi sorride con affetto, un sorriso che purtroppo riesco solo a vedere sfuocato. Le lacrime alla fine hanno avuto la meglio, assoggettandomi alle loro spire. Meglio così... meglio così che non ricordi nulla, allora perché questo tremendo male al petto?! Fatico quasi a respirare...

“Marta, perché piangi? E' per via di quello che ti ho fatto al ballo, o... o peggio? Ho fatto... ho fatto di peggio quando eravamo insieme nella mia stanza? Che Atena non voglia ciò!"

“N-no, figurati, sei una persona di gran lunga troppo buona per perpetrare azioni dissolute, è che... non so, cosa mi prenda! Sarà... sarà la stanchezza, Dègel!” rispondo frettolosamente, asciugandomi le lacrime.

Nonostante le mie dita tentino di dare un freno alla fontana sul mio volto, le operazioni sono pressoché inutili, venendo vanificate da nuovi pianti. Mi sento così ridicola con Dègel che mi fissa ed io qui, a piangere come una cretina. Sono così fragile, forse persino più di Camus, altroché!

Dègel non sa bene come reagire in una simile circostanza, esita ancora un po', forse temendo che un suo avvicinamento, visto i fatti di ieri, possa farmi irrigidire. Non sa, perché nemmeno se lo immagina, che invece il suo tocco raddrizzerebbe tutto, facendomi sentire bene, amata e protetta. Passano altri secondi, poi, infine, percepisco le sue braccia circondarmi le spalle, trasmettendomi subito una sensazione di benessere e di calore. E' così vicino, come ieri sera... cosa darei per riuscire a sbrogliarmi, dirgli che, quel tocco delle sue labbra sulle mie, lo bramerei ancora, senza mai stancarmi.

“Non piangere, detesto vederti soffrire! E' chiaro che qualcosa sia successo ieri, dopo il ballo, non sai quanto mi rincresce non riuscirlo a ricordare, tuttavia avremo tempo di parlarne, quando starò meglio. Per il momento, smetti di far arrossare i tuoi occhietti, puoi farlo?” mi sussurra dolcemente, stringendomi a sé con forza.

Se solo potessi dirtelo quello che provo davvero quando mi tieni tra le tue braccia, se solo riuscissi a spiegarti le sensazioni che mi trasmetti quando mi sorridi e mi guardi... se solo appartenessimo alla stessa epoca, ti direi ogni cosa, Dègel

“Ora... ora questo non ha importanza, i tuoi occhiali, piuttosto, perché sono così importanti per te?” gli chiedo, sforzandomi di cambiare discorso. E' meglio che ciò che non può essere espresso rimanga sotto la nuda terra, è meglio non ricadere nell'errore di ieri, non posso permettermi di perdere nuovamente il controllo come troppe volte succede.

“Rappresentano un caro ricordo, nonché una persona molto importante per me. Vedi, è successo tre anni fa, infatti è da tre anni che li indosso. Durante una battaglia ho rimediato questo leggero danno alla vista, nulla di eclatante, ma mi servono per leggere al meglio i libri, senza faccio molta più fatica” spiega lui, con un pizzico di tristezza.

“Va bene, se per te sono importanti lo sono anche per me, ma di sicuro non è stato Cardia a prenderteli, su questo posso anche metterci la mano sul fuoco. Te li andrò a recuperare, Dègel, è una promessa!” esclamo, decisa come non mai. Lui mi guarda incredulo, forse percependo il tono di urgenza della mia voce.

“Marta, cosa stai...?”

"E' stato il nemico... quello che Marika ed Eleonora hanno tratteggiato come un negromante!" dico, in tutta sicurezza, una strana luce negli occhi.

"Marta, non può essere come dici, quale senso avrebbe?"

"Perché lui vuole me, vuole... conferire con me!" ancora la luce sinistra nei miei occhi, sembrerò una pazza, ma Dègel sembra accettare per vero questo mio sentore senza ulteriori indugi.

"Se è come dici... bisogna avvertire subito tuo fratello! Tu... tu non andare, da sola, te ne prego, non..." prova a bloccarmi, tentando di alzarsi, ma nel momento in cui compie l'azione, un giramento di testa improvviso lo fa riaddormentare di botto.

“Accipicchia, Dègel! Hai preso una bella sbornia, fortuna che sei un Cavaliere di Atena, altrimenti davvero temerei il peggio!” commento, sistemandolo meglio sul divano. Poso una delle sue mani sopra la sua pancia, mentre l'altra ben allineata al corpo.

Sospiro, alzandomi in piedi.

“Michela! Francesca! Potete anche uscire da dietro la porta... tanto so che siete lì e avete origliato tutto!” dico ad alta voce, rivolta alle mie amiche che hanno assistito a tutta la scena dalla loro postazione.

Le suddette, infatti, escono dal loro nascondiglio, leggermente a disagio.

“Siete veramente dolci tu e Dègel... si capisce lontano un miglio che vi piacete e che siete innamorati l'uno dell'altra, perché uno di voi non si butta, quindi? Perché vi continuare a bloccare, torturandovi psicologicamente con mille e più problemi che non esistono?” domanda Michela, corrucciata.

"Magari non esistessero per davvero, Michy..." sento mormorare Francesca a bassissima voce, affranta.

“Lasciate perdere, non abbiamo tempo per crucciarci con simile quisquilie!” taglio corto, prima di allontanarmi da loro.

“Dove vai?! - mi interroga Francesca, stranita dal mio comportamento, prima di proseguire - E' davvero come dici? E' stato il Mago a rubare gli occhiali di Dégel per discorrere con te a tu per tu?"

“Non lo so con certezza, è come se lo sentissi, ma non ho prove a favore di questa tesi. Ciò che mi muove, è la necessità di scagionare Cardia, perché lui non c'entra niente in questa faccenda! Inoltre voglio recuperare il tesoro di Dègel ad ogni costo!” spiego, frettolosamente.

"Il tesoro di Dègel... Marta, gli occhiali si possono ricomprare, tu, se rimani ferita, di nuovo..."

"In quest'epoca non sono un accessorio così ordinario, sono anzi piuttosto rari, e comunque... lo avete sentito anche voi, gli ricordano una persona importante!"

"Ma è follia! - continua Francesca, contraria al mio intervento - Non si può rischiare la vita per una inezia simile!

"Se non vado io, da sola, il Mago attaccherà direttamente il Santuario, i nostri amici rimarranno feriti, per causa mia, ed io non posso accettarlo!"

Le mie amiche fanno per aprire bocca, ma l'arrivo misterioso di Federico (da dove non si sa) blocca la scena.

“E' come dice Marta! Se non va lei, il nemico verrà a prenderla, attaccando tutti coloro che si metteranno in mezzo!"

“E tu come diavolo lo sai?! Sei solo un bimbetto, non dovresti possedere informazioni così importanti!” lo incalza subito Michela, non fidandosi completamente di lui.

“Non ha importanza come lo sappia, sono un vostro alleato, non c'è bisogno di trattarmi così, con questa supponenza!" replica Federico, punto sul vivo.

“Sai troppe cose, e ne tieni nascoste altrettante troppe! E' da un po' che ti osservo... cosa nascondi e perché non ce lo riveli? Senza contare che il tuo cosmo è elevato per essere poco più che un poppante! Possiamo davvero fidarci di te?!” lo interroga Francesca, in tono di accusa.

“Insomma... non sono molto diverso da te, vero, Francesca?! - risponde lesto il bambino, ghignando. La mia amica accusa il colpo - Sono un amico, come vi ho già detto, ma ogni spiegazione a tempo debito. Noi non possiamo interferire più del dovuto, non ci è concesso e non è nemmeno nelle nostre facoltà, dipende tutto da voi! Voi siete l'ago della bilancia sulle quali si decideranno le sorti di tutte le dimensioni create, sia quelle passate, che quelle future!” afferma ancora, grintoso.

"Hai detto che non puoi intervenire, sei forse... una divinità anche tu?" prova ancora Francesca, forse cominciando a valutare una pista.

"Ogni spiegazione a tempo debito!"

Capendo di non poter ricevere risposte soddisfacenti nell'immediato, cambio discorso, ormai avvezza ai suoi discorsi in apparenza sconclusionati, ma che in verità celano molto più di quel che appare.

“Allora questa dissonanza che avverto nel cervello e che mi rende irrequieta è davvero lui, è il suo richiamo!” esclamo, stupita.

“Sì, al Mago non frega nulla del Santuario in questione, è una cosa troppo infinitesimale per lui, ma non esiterà a raderlo al suolo per raggiungerti! I suoi obiettivi sono ben altri, e tu sei un ostacolo di gran lunga fin troppo grosso!” risponde Federico, come se fosse una cosa ovvia.

Invece lo guardo senza capire: "E chi gli assicura che io abbocchi?!"

“L'amore! Lui sa che faresti di tutto per Dègel, quindi questo è un ottimo espediente per affrontarti e studiarti, no? Vuole saggiare il tuo potere, tutto qui, toccare con mano quanto tu ti sia risvegliata!” risponde lui, con fare pratico.

Non dico più niente, ma istintivamente mi avvicino a Dègel, ancora addormentato sul divano, accarezzandogli delicatamente una guancia. Le mie amiche seguono con lo sguardo i miei movimenti, in attesa di una risposta. Quel pezzo di merda ha completamente ragione! Il nemico vuole affrontarmi ed è onnisciente, sa già come ragiono, e sa che Dégel, o Camus, sono i miei punti deboli, né più né meno. Le frecce sono tutte al suo arco, io posso solo eseguire, assecondando il destino che lui ha in serbo per me.

“Il nemico conosce già la mia decisione, no? Ma non intendo desistere solo per questo: recupererò gli occhiali di Dègel a qualsiasi costo!” affermo, risoluta, raddrizzando la schiena e pronunciando le parole con fare solenne.

“Bene, allora noi verremo con te!” sancisce subito Francesca, saltando su, pronta.

“No, Fra, è pericoloso, inoltre Camus ha detto di rimanere qui, al sicuro!”

"E tu lo stai facendo? Stai seguendo questi dettami?!"

"No, ma io..."

"Finiscila di pensare di essere super partes, sei una sua allieva come me e Michela e, consapevolmente, stai infrangendo il suo volere!" mi fa notare Francesca, risoluta.

“Proprio per questo, il 'no' non è una risposta accettata. Se saltiamo, lo facciamo tutte insieme, è molto meglio subire una punizione ripartita per tre, che da sola, non trovi?! - ironizza Michela, correndo ad abbracciarmi - Ti prego, Marta, siamo già state separate per troppo tempo!”

Le guardo negli occhi, cercando di non far trasparire alcuna emozione, con esiti praticamente nulli. Non sono brava a celarmi, non davanti a loro che sono la mia famiglia.

“G-grazie, v-voi siete... il massimo!” riesco infine a farfugliare, regalandole un largo sorriso, di quelli più riusciti.

Francesca e Michela annuiscono felici, pronte come non mai a condividere la mia sorte.

“Già, il nemico conosce tutto, sa tutto, governa tutto... - sospira Federico, sembrando quasi prostrato – Nonostante questo, non possiamo arrenderci, dobbiamo combattere. Marta! Michela! Francesca! Noi tutti crediamo in voi, andate! Avvertirò io Camus della vostra scelta!”

"Ehm, se puoi, quando lo verrà a sapere, placalo!" prova a chiedergli Michela, tremando un poco all'idea di affrontare le sue ire.

"Sarà impossibile, lo sapete anche voi!" è la sua serafica risposta.

Annuisco decisa, mentre insieme alle mie compagne di mille avventure mi dirigo verso l'uscita del tempio, direzione bosco, perché è lì che lo sento chiamarmi, ancora una volta, sempre più insistente.

 

Molto bene, Marta! Finalmente ci incontreremo personalmente, tu ed io... Uh! Uh! La tua nuova forma corporea... non vedo l'ora di saggiarne la forza e la resistenza!

 

Maledetto negromante, non trattarmi come se mi conoscessi! Stavolta scriverò la parola fine su di te, una volta per tutte, neanche la sfiorerai, questa volta, la loro anima... e questa è una promessa!

 

 

ANGOLO AUTRICE:

Dedico il capitolo a Sherry per la sua centesima recensione, e a Sonomi perchè, come ho già detto, se non fosse stato per lei niente di tutto questo sarebbe cominciato! Colgo l'occasione per ringraziare di vero cuore tutti quelli che seguono senza commentare, che lasciano una recensione e che mettono la storia tra le seguite/preferite/ricordate... Grazie davvero a tutti!!!

Questo è uno dei capitoli a cui tengo di più (anche se il titolo sembra quasi comico XD) quindi mi farebbe davvero piacere sapere cosa ne pensate, uff, spero di non deludervi con questa storia!

 

  
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