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Autore: Broken_88    07/05/2012    3 recensioni
Allison si stava rassegnando, lentamente, ad averlo perduto per sempre. Ma la vita le fa un regalo inaspettato, anche se dovrà combattere per riavere il suo amato Castiel com'era prima... (spoiler 6°-7° stagione)
Genere: Fantasy, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Settima stagione
Capitoli:
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Disclaimer: Castiel e i personaggi di Supernatural non ci appartengono, ma Allison decisamente SI' così come le trame che derivano dalla visione del telefilm. Per cui siete pregati di non copiare, le fan fictions si scrivono per liberare la propria fantasia...non quella degli altri. Buona lettura da StillAnotherBrokenDream e Robigna88 (Broken_88)


 

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CAPITOLO I

 

 

Da quando Castiel era sparito in quel lago, Allison si era allontanata da tutto e tutti. Aveva smesso di cacciare, rinchiudendosi nella sua bella e silenziosa casa a Los Angeles, la città degli angeli. Ma il suo non c'era più.

La morte di Cass l'aveva devastata, perchè nonostante il suo tradimento – che non voleva essere un tradimento – lei lo amava e vederlo morire davanti ai suoi occhi era stato orribile. Forse non aveva mai pianto tanto, solo la morte dei suoi genitori l'aveva distrutta e svuotata così, ma allora era un'adolescente e aveva trovato la forza di reagire nella sete di vendetta. Adesso era una trentenne svilita e triste che aveva perduto il suo grande amore. Non aveva mai amato nessuno come aveva amato Castiel e non avrebbe mai più amato probabilmente.

Ma la cosa più triste, era che lei lo amava ancora. Come si poteva amare una persona che non c'era più? Eppure era così, e passava tante notti a piangere rannicchiata nel suo letto, ricordando con dolore e nostalgia le volte in cui aveva condiviso quel letto con il suo amore.

Ma ce l'avrebbe fatta, lentamente se ne sarebbe fatta una ragione e anche se avrebbe amato per sempre Cass e mai lo avrebbe dimenticato, avrebbe smesso di piangere e maledirsi perchè non era stata in grado di aiutarlo quando era in tempo.

Sospirò e mise il piatto appena lavato a scolare sul lavandino. Chiuse il rubinetto e si asciugò le mani con un canovaccio. Stava per lasciare la stanza quando il suo cellulare squillò.

Lo guardò con sospetto; non aveva amici che non fossero cacciatori e non la chiamavano mai per pura cortesia. Aveva detto chiaro e tondo a tutti che non avrebbe più cacciato e non amava doverlo ripete ad ogni telefonata.

Afferrò il telefono e guardò il nome del chiamante. Era Dean.

Non aveva molta voglia di parlare con lui, non ne aveva mai molta voglia. Le ricordava troppo Cass e in fondo provava rancore per i Winchester: se non fosse stato per quei due il suo uomo sarebbe stato ancora vivo, o almeno è quello che si ripeteva ogni volta che ci pensava.

«Pronto?» rispose alla fine con voce stanca.

«Ehi Ally, sono Dean. Come stai?»

«Come vuoi che stia, idiota? Cass è morto e io sono rimasta sola!» pensò mordendosi un labbro, ma si trattenne. «Oh beh, diciamo che sopravvivo. A te come va? E Sam?»

L'uomo dall'altra parte del telefono sospirò. «Io sto bene, ma Sam no. É rinchiuso in manicomio. L'hanno trovato che vagava senza una meta correndo da qualcosa di... invisibile. È stato internato e in fondo visto lo stato in cui si trova è la soluzione migliore.»

Allison non poté fare a meno di sorridere. «Non so perchè non mi sorprende. Prima o poi ci finiremo tutti in manicomio. Probabilmente io prima di te...»

Dean restò un attimo in silenzio, consapevole di quanto Allison avesse sofferto per Cass e certo che stesse soffrendo anche in quel momento. Ma lui aveva bisogno d'aiuto per suo fratello. «Già hai ragione, credo che ci finiremo tutti o magari finiremo ammazzati prima. Ma se Sam continua così morirà molto prima. Devi aiutarmi.»

La donna si portò una mano alla fronte: aiutarlo? In tutta onestà non le importava più nulla di cosa succedeva a lui o a Sam, era stato per loro che Cass era morto, per dar retta alle loro convinzioni, che poi erano pronti a mandare all'aria quando si trattava di salvarsi l'un l'altro. Per Castiel invece non avevano avuto ripensamenti, non lo avevano aiutato.

«Ascolta Dean, mi dispiace per tuo fratello ma non voglio più farmi coinvolgere nelle vostre vite incasinate, mi basta la mia!» rispose quasi urlando.

«Io lo so cosa provi, e credimi non ti chiamerei se non fossi disperato, ma...» provò a rabbonirla l'uomo dall'altro lato del telefono, ma Ally lo bloccò.

«Non me ne frega niente, Dean!» esclamò «Chiunque ha a che fare con voi o muore o perde le persone che ama! A me è rimasta solo la mia vita e per quanto sia misera in confronto a quello che ho perso, non mi va di sacrificarla per voi due.»

Aveva urlato stringendo forte la cornetta, realizzando che il rancore per loro era più forte di quello che voleva far credere persino a se stessa. Ma in fondo non aveva anche lei le sue colpe? Anche lei lo aveva lasciato a se stesso, invece di fargli capire in tutti i modi che stava sbagliando tutto, gli aveva voltato le spalle e ora era morto.

«Credi che non mi dispiaccia per Cass?» urlò Dean dall'altro capo del telefono. «Era mio amico, forse il migliore che io abbia mai avuto in tutta la mia schifosa vita, ma è morto Allison. Non possiamo farci niente, non è stata colpa nostra e ora tutto ciò che mi sta a cuore è la salute di mio fratello. Se non facciamo qualcosa morirà anche lui.»

«Oh ti dispiace?» fece sarcasticamente eco lei «È carino da parte tua dispiacerti per Cass. Peccato che il tuo dispiacere sia infinitesimale di fronte alla mia disperazione...» si ritrovò a piangere e si rese conto che non era il caso di continuare quella conversazione. «Dean» riprese dopo un attimo di silenzio «anche se impazzissi e volessi aiutarti, non saprei proprio come, davvero. Vuoi farlo scappare dal manicomio? Beh per quello non credo ti serva il mio aiuto.»

Dean sospirò. «Non mi serve quel tipo di aiuto, ma uno più specifico. Trovare qualcuno che ricostruisca il muro nella testa di Sam...»

La donna chiuse gli occhi e si massaggiò la fronte. Perchè le faceva questo? Si divertiva a torturarla? Era una forma di vendetta postuma nei confronti di Cass per aver occupato totalmente il suo cuore e la sua anima mentre lui era riuscito solo a infrangerli e svuotarli?

«So di chiederti molto» continuò il cacciatore. «Non mi diverto a farlo se è quello che stai pensando. Sono soltanto disperato. Tutti i miei amici... sono morti. Sfortunatamente Cass è compreso nella lista. Sei rimasta solo tu, gli altri sono solo cacciatori imbranati. Ho bisogno del tuo aiuto Ally, sei la mia ultima speranza. Sono solo ormai.»

Anche Cass era solo! E tu te ne sei fregato! Avrebbe voluto dirglielo, ma se lo tenne per sé ricordandosi che anche lei che lo amava gli aveva voltato le spalle. E si sentiva terribilmente in colpa per questo. «Mi dispiace, ma non frequento i nostri colleghi da molto ormai, non saprei a chi chiedere. E onestamente dubito che esista qualcosa o qualcuno in grado di ripristinare il muro.»

«Ma almeno provaci!» le chiese lui esasperato «Voglio dire, tu hai conoscenze diverse dalle nostre, magari qualcuno conosce un guaritore o un medium o qualsiasi altra cosa che ci possa aiutare! Ti prego Allison, Sam morirà. Ti chiedo solo di fare un tentativo.»

Forse Dean aveva ragione, forse conosceva qualcuno che avrebbe potuto aiutarli, ma la verità era che Allison Morgan non aveva nessuna voglia di aiutare Dean Winchester o suo fratello. E non per cattiveria o per rancore, anche se ne avrebbe avuto qualche ragione, ma perchè era stanca. Aveva passato metà della sua vita a dare la cacciare a cose mostruose che non era possibile incontrare neppure nei libri di Stephen King. Lungo la strada aveva trovato e perso diversi amici. Credeva di aver trovato l'amore in Dean ma non era quello vero, poi l'aveva trovato in Castiel, ma era morto. Non aveva più nulla e nessuna voglia di combattere. Era esausta.

«Va bene.» rispose comunque. «Farò qualche telefonata e se so qualcosa, ti faccio sapere.»

Mentiva. Non avrebbe chiamato nessuno, voleva essere lasciata in pace.

«Grazie, grazie Ally. Sapevo di poter contare su di te.» le disse l'uomo. Dalla voce sembrava convinto che l'avrebbe aiutato, oppure voleva illudersi.

«Oh non c'è di che.»

Si salutarono e riattaccarono in contemporanea. Allison restò a fissare il telefono in mano per lunghi minuti, poi chiuse gli occhi e sospirò. «Mi dispiace per te Sam, ma non sono riuscita a salvare Cass, non salverò nemmeno te.»

Poggiò il cellulare su un mobile e andò in camera sua, al piano di sopra. Aprì un cassetto e ne estrasse qualcosa di molto prezioso: l'impermeabile di Cass.

Era ancora macchiato del suo sangue e non aveva avuto il coraggio di portarlo a lavare. Era l'ultima traccia della sua vita terrena e se fosse stata in uno di quel film super fantascientifici, da quel sangue avrebbe potuto clonarlo. Ma clonarlo adulto, per poter ricominciare dove avevano lasciato. O anche bambino, perchè no? L'avrebbe cresciuto come se fosse nato da lei, come fosse figlio loro.

Sorrise accarezzando quelle macchie di sangue ormai imbrunite, tante volte bagnate con le sue lacrime. Non aveva un ricordo materiale del suo angelo se non quell'impermeabile sporco e macchiato. Misera fine di un grande amore finito troppo presto.

Strinse il suo ricordo tra le braccia e si distese a letto. Non erano nemmeno le nove di sera, ma si sentiva stanca. Forse dormire le avrebbe dato un po' di tregua.


 


 

*****


 


 

Dormì malissimo, come succedeva ormai da quasi 8 mesi. Si alzò distrutta, con ancora addosso gli abiti della sera prima, un jeans chiaro e un cardigan grigio un po' stropicciato. L'impermeabile aveva finito per farle da cuscino, raggomitolato sotto il suo capo a formare un vortice più simile al marrone che al beige originario. Si stiracchiò e decise di fare una doccia, lasciando il suo cimelio addormentato sul letto.

Si spogliò senza guardarsi nemmeno una volta allo specchio – era dimagrita molto, si detestava – e corse sotto la doccia calda.

Si concesse dieci minuti buoni di acqua quasi bollente, si insaponò lentamente e poi lavò via il sapone, con cura. Adorava fare la doccia, per un po' le dava l'impressione di essere qualcun altro, di essere altrove.

Uscì dal box e indossò l'accappatoio, avvolgendosi la testa con un asciugamano. Sentì il desiderio di un caffè bollente, così scese al piano di sotto, scalza e gocciolante d'acqua, e si diresse in cucina attraversando il salotto. Ma nel passare accanto ad un mobile, notò il suo cellulare che lampeggiava. Aggrottò la fronte e lo afferrò con un sospiro.

C'erano almeno mezza dozzina di telefonate da parte di un certo Mackey. Chi diavolo era Mackey? Cercò di fare mente locale, perchè se c'era quel nome sul suo cellulare, voleva dire che lo conosceva. Non era certo il tipo da memorizzare numeri di sconosciuti.

Poi finalmente ricordò, anche se in modo confuso. Una caccia al lupo mannaro qualche anno prima, un amico di John e Bobby, se non ricordava male. Negli ultimi tempi la sua memoria andava in confusione, forse davvero sarebbe finita in manicomio.

Scosse il capo e cancellò le telefonate, qualsiasi cosa volesse quel tipo, doveva chiederla a qualcun altro. Lei aveva chiuso con la caccia, punto.

Quasi buttò il cellulare lì dove l'aveva trovato e si strofinò i capelli con l'asciugamano, immaginando di sorseggiare il suo primo caffè della giornata.

Fece appena in tempo a mettere l'acqua a scaldare, quando il suo cellulare squillò di nuovo. «Che palle!» imprecò. L'imprecazione preferita di Bobby, insieme a «idioti». Anche lui non c'era più...

Tornò in salotto e prese in mano il telefono. Ancora quel Mackey! Che diavolo voleva da lei? Poi per un attimo le venne in mente che potesse essere in pericolo di vita e il suo numero era in cima alla rubrica. In certi momenti non importa chi è, purchè ti salvi le chiap pe. E lei non voleva altri rimorsi.

«Pronto?» rispose subito.

«Hey, Allison Morgan vero?»

No, non era la voce di uno che stava per tirare le cuoia. La sua paranoia l'aveva fregata ancora una volta. «Sì, sono io.»

«Finalmente hai risposto, è da questa notte che provo a contattarti!» ebbe il coraggio di lamentarsi il tizio.

«Oh beh scusa ma di solito io di notte dormo!» replicò Allison stizzita.

«Sì hai ragione, scusa. In realtà dovevo parlare con Dean Winchester, mi ha lasciato un messaggio sul cellulare ma non sono ancora riuscito a parlarci. Sai per caso dov'è? È da te?»

Allison sollevò un sopracciglio, ma l'altro non potè certo vederlo. «Tu mi chiami di notte e di giorno per chiedermi dov'è Dean Winchester, pensando che sia qui?»

«Scusa ma non stavate insieme una volta?» chiese l'altro perplesso.

«E con questo? È stato anni fa, gli ex non vivono insieme!»

«Io ogni tanto vado a trovare qualche mia ex e mi fermo per la notte...» rispose Mackey candidamente, pensando di essere simpatico.

Allison invece si innervosì ancora di più, era sul punto di chiudere la telefonata quando l'uomo riprese a parlare.

«Scusami dolcezza, sto facendo lo stronzo e lo so. Sono solo un po' stressato, le cose in giro non vanno bene. Stavo cercando Dean perchè lui ha bisogno d'aiuto per il fratello. Saprai già che...beh ha dato di matto in un modo che nessun strizzacervelli potrebbe guarirlo.»

La donna sospirò chiudendo gli occhi. «Non fa niente. Sì l'ho saputo, me l'ha detto proprio lui ieri sera per telefono. In effetti è strano che non sia reperibile. Forse sta dormendo dopo essersi ubriacato» commentò sarcastica. «Comunque, hai delle novità? So che cerca una... cura per Sam.»

Perchè glielo aveva chiesto? Maledizione, doveva farsi gli affari suoi! Sentiva già l'odore dei guai infiltrarsi da porte e finestre.

«Sì, era di questo che volevo parlargli. Ora lo dico a te, se ti sta bene, così il primo di noi che lo sente glielo riferisce

Ecco fatto, pensò. «Ok, spara.»

«C'è questo tizio, si fa chiamare Emanuel. Ne ho sentito parlare per la prima volta un paio di mesi fa o giù di lì. Girava voce che curasse gli ammalati, facesse tornare in sé i matti. Insomma la cosa mi puzzava un bel po' e ho deciso di occuparmene. Seppi che l'unico modo per arrivare a lui era tramite la moglie, Daphne, che stava in Colorado

«Mi ricorda tanto quella brutta storia del guaritore, quando Dean per poco non ci rimase secco...» commentò Allison massaggiandosi il mento.

«Esatto, marito e moglie in società che guariscono infermi e invasati! Non potevo non controllare. Così vado da questa Daphne e le dico che sto diventando cieco. Il che è vero, ho l'occhio destro completamente andato. Lei mi dice «va' a casa, lui verrà». Io vado e piazzo ogni genere di trappola possibile, come da manuale.»

«Mi sembra più che giusto.»

«Emanuel arriva e passa indenne tutte le trappole. Quel tizio non ha nulla di strano, a parte che...»

Seguì un silenzio assoluto, tanto che Ally pensò che fosse caduta la linea. «Hey, Mackey sei lì?»

«Sì ci sono ancora» rispose l'uomo «è che mi viene ancora difficile dire quello che è successo. Per farla breve, Emanuel fa davvero quello che si dice in giro

«Che vuoi dire?»

«Che mi ha guarito. Mi ha sfiorato e il mio occhio è guarito. Anzi ci vedo meglio di quando ero ragazzo. Se senti Dean, diglielo. Io non sono un credulone e lui lo sa, ma questo tizio potrebbe fare al caso suo

C'era qualcosa in quel racconto che la turbava. Non era certo il fatto che un tizio guarisse da malattie o infermità, ne aveva visti molti soprattutto tra gli indiani d'America. Era qualcosa di indefinito, una specie di inquietudine che le faceva mordicchiare le labbra e battere più forte il cuore. «Dammi l'indirizzo di questa donna, per favore.» L'uomo glielo detto e lei lo trascrisse sullo scontrino del supermercato che trovò lì accanto.

«Bene, provo subito a chiamarlo, fa' altrettanto Mackey. Potrebbe essere la soluzione per Sam.»

O per te? Ignorò quella fastidiosa voce interiore e dopo i saluti di rito, chiuse la telefonata. Tornò in cucina per bere finalmente il suo caffè e per pensare.

Voleva davvero imbarcarsi in quella storia? Che c'era di tanto «strano» da spingerla per il sì? Beh intanto avrebbe avvisato Dean, magari parlandoci si sarebbe resa conto che non voleva averci nulla a che fare con quella faccenda e si sarebbe tolta il pensiero.

Finì il suo caffè e tornò di sopra per vestirsi. Indossò della biancheria nera, un paio di jeans chiari e un cardigan bianco. Poi riprese in mano il cellulare e fece partire la telefonata. Squillò un paio di volte prima che qualcuno rispondesse.

«Allison, non speravo di sentirti così presto.» esordì Dean.

«Nemmeno io, anzi pensavo che non ci saremmo sentiti più.» rispose lei con sincerità. «Comunque sia, credo di avere delle novità per Sam...»

«Sul serio? Sono tutto orecchie.» fu il commento dell'altro.

Allison prese un grosso respiro. «Mi ha chiamato un certo Mackey, era amico di tuo padre e di Bobby, ha detto che gli avevi lasciato un messaggio ma che non è riuscito a ricontattarti» iniziò. «Così ha pensato di chiamare me pensando che io sapessi dove tu fossi.» evitò di dirgli che pensava fosse lì con lei, non le andava di iniziare un'altra stupida discussione.

«Dannazione, avevo il cellulare completamente scarico e deve avermi telefonato proprio in quel momento. Mi dispiace che abbia disturbato te.» si scusò il cacciatore.

«Non fa niente, mi ha risparmiato inutili telefonate a questo e a quello, perchè credo che abbia trovato la soluzione ai problemi di Sam.» mentiva ancora, non avrebbe telefonato a nessuno.

Passò i successivi dieci minuti e più a ripetergli quello che le aveva detto Mackey, aggiungendo che non aveva nulla da perdere nel provare a cercare questo Emanuel, poteva essere tempo sprecato così come la strada giusta.

«Onestamente Allison, non credo molto a questi guaritori di città, ma a questo punto proverei di tutto. Grazie davvero.»

Lei corrugò la fronte. «E di cosa? Ho solo risposto al telefono.»

«Appunto.» confermò Dean. «Tu hai messo ben in chiaro di odiare tutti i cacciatori e per chissà quale miracolo hai risposto alla telefonata di Mackey. In fondo se troverò davvero il modo per salvare Sam, sarà merito tuo.»

Allison represse le lacrime, le ricacciò giù nella sua gola trasformando i singhiozzi che sentiva esploderle nel petto in una risposta tanto disperata quanto sincera. «Beh in realtà non penso che avrei mosso un dito per aiutarti, è stata tutta una casualità. Non ricordavo nemmeno chi fosse questo Mackey e ho risposto perchè non avevo di meglio da fare. Ma se almeno tu otterrai la salvezza di chi ami, sono contenta per te...»

Dean fece un lungo sospiro e restò in silenzio per qualche momento, intuendo che la donna dall'altra parte del telefono stava cercando di riprendere il controllo delle sue emozioni.

«Perchè non vieni con me, Ally?»

Allison deglutì e si asciugò gli occhi. «Cosa? No grazie, il mio lavoro finisce qua.» si affrettò a rifiutare.

«Dico sul serio, vieni con me. Non c'è nessun secondo fine, vorrei solo che...beh se questo Emanuel guarisce spirito e corpo, potrebbe aiutare anche te. Magari anche me. Ci alleggerirebbe dai sensi di colpa e dai rancori che ci soffocano.»

La donna si fermò a pensare. E se Dean avesse ragione? Se questo Emanuel avesse potuto aiutare anche lei? Valeva la pena tentare, sprecare qualche giorno della sua misera e triste vita senza Castiel alla ricerca della pace dell'anima?

«Forse hai ragione sai...» rispose alla fine, sorprendendo sé stessa. «Un paio d'ore e mi metto in marcia, ci vediamo direttamente lì.»

«Bene! Sono felice che tu venga, magari è la risoluzione di tutti i nostri problemi

Allison sorrise con amarezza. «Non dei miei. Ma non ho di meglio da fare, la prenderò come una breve vacanza in Colorado. Prendi carta e penna, ti detto l'indirizzo esatto.»


 

*****


 

Sistemò poche cose in un borsone, lo stretto necessario per un viaggio di pochi giorni. Alcuni jeans, qualche maglietta, biancheria e detergenti per l'igiene personale, spazzolino e dentifricio compresi. Li ficcò in borsa in malo modo, non era da lei. Era nervosa, c'era qualcosa che la inquietava in quella storia. Appena riattaccato con Dean, aveva fatto delle ricerche su questo Emanuel, ma non aveva trovato nulla. Solo la foto della moglie, una donna sui trentacinque anni dall'aspetto piuttosto ordinario. Di lui non c'era traccia. Che si stessero cacciando in una mega trappola dei Leviatani? Beh, sarebbe morta com'era morto il suo Cass...

Sospirò scuotendo il capo e chiuse la zip del borsone, mettendoselo in spalla. Lasciò un'occhiata al letto e vide il suo prezioso ricordo di Cass, il suo impermeabile macchiato di sangue. Restò a fissarlo per un po', poi si decise e lo prese per portarlo con sé. Era stupido, irrazionale e lo sapeva, ma il pensiero che l'aveva spinta a decidere di portarlo in viaggio era stato “se mi troverò in situazioni mortali, voglio indossarlo e andarmene all'inferno col suo sangue addosso... ”. Riaprì quindi il borsone e vi mise anche il trench logoro di Cass, accanto ai suoi vestiti puliti e profumati, lo richiuse e scese al piano di sotto per uscire di casa.

Il piano era di raggiungere il Colorado autonomamente, chi arrivava prima, aspettava l'altro. Era certa che arrivasse prima Dean, quello guidava come un pazzo. Anche se non aveva più la sua bambina, gli era rimasto il vizio di correre.

Salì nella sua vecchia station wagon e partì sgommando, con un po' di fortuna sarebbe arrivata in tre ore o poco più. Inforcò gli occhiali da sole ma non accese la radio, non l'accendeva da mesi e non aveva voglia di ascoltare musica.

Aprì il finestrino e lasciò che il vento le scompigliasse i capelli. Cass le mancava da morire e la musica glielo faceva ricordare ancora di più.

Guidò per un lungo tratto di strada, solo quando stava per uscire dallo stato della California si fermò ad una stazione di servizio per fare benzina e andare in bagno. Comprò anche qualcosa da mangiare, dei biscotti al cioccolato e una lattina di coca-cola, e si rimise in marcia.

Pensava al guaritore: e se fosse stato tutto vero? Magari questo tizio aveva davvero un dono speciale, poteva ricostruire il muro nella testa di Sam. E magari ricostruire il suo cuore infranto.

No, non poteva farlo. Il suo cuore era completamente in frantumi, nessuno poteva aggiustarlo. Addentò un biscotto e scoppiò a piangere. Quelli erano i biscotti preferiti di Cass. Lui non mangiava, non beveva, ma se voleva poteva farlo benissimo e quelli...beh li divorava.

Poteva ricordarsi benissimo le lunghe sere accoccolati sul divano a mangiare quei biscotti. Ad ogni morso Cass corrugava la fronte, come se stesse facendo qualcosa di sbagliato, ma poi si rilassava e mangiava sorridendo. E lei poteva ricordarsi la sensazione di totale felicità provata in quei momenti: finalmente aveva un compagno col quale condividere anche le piccolezze della vita. Un compagno molto, molto speciale, ma che si comportava come un normale uomo accanto a lei.

Perchè aveva comprato quei dannati biscotti? Era una masochista! Rimise il mezzo biscotto mangiucchiato nella sua busta e bevve un lungo sorso di coca-cola, ingoiando anche le lacrime e la nostalgia di momenti che non sarebbero tornati mai più.

«Ora basta Allison, davvero basta. Te ne sono capitate di tutti i colori, ma ne sei sempre uscita. Ce la farai anche adesso!» tentò di spronarsi per l'ennesima volta, mentre attraversava le ultime strade della sua amata California.


 


 

*****


 

Un paio d'ore dopo arrivò nel punto in cui lei e Dean si erano dati appuntamento. Come previsto, lui era già lì, con indosso il suo giubbotto di pelle sdrucito e lo sguardo arrabbiato.

«Hey, ben arrivata.» le disse andandole incontro quando scese dalla macchina «Sai, dovresti imparare a premere un po' di più l'acceleratore. Ti aspetto da quasi due ora.» le disse ironicamente.

Anche se si sentiva uno straccio Allison si sforzò di sorridere più cordialmente che poteva «Beh, la pazienza è una virtù Dean. Allora, pronto per incontrare Daphne?» continuò concentrandosi nuovamente sul motivo pe cui si trovavano lì.

Dean allargò le braccia. «Prontissimo. La casa dovrebbe essere quella» disse indicando una delle belle villette a schiera con scalinata e portico «con un po' di fortuna, potremmo trovarci proprio Emanuel.»

«Già, chissà! Per una volta potremmo avere un briciolo di fortuna» gli fece eco Allison, incamminandosi verso la casa.

Salirono i pochi scalini che li separavano dalla porta e Dean bussò. Arrivò ad aprire un tizio di mezz'età, con uno strano sorriso stampato in faccia.

«Salve, abita qui Daphne Allen?» domandò Dean.

«Stiamo cercando Emanuel.» intervenne Allison, rimasta un passo più indietro.

«L'avete trovato.» annunciò l'uomo. «Daphne sta riposando, vi dispiace?» ed uscì chiudendosi la porta alle spalle.

«No certo...» fece Dean. «Ecco, noi speravamo che lei potesse darci una mano...»

Mentre Dean parlava con quel tizio che diceva di essere Emanuel, Allison si guardò intorno con la strana sensazione che qualcosa non andasse. C'era qualcosa di strano in quel posto, ed era stato troppo facile. Chiuse gli occhi facendo roteare il collo, forse era solo lei ad essere troppo paranoica anche se aveva fatto quella vita per così tanto tempo da sapere che raramente le sue sensazioni erano quelle sbagliate. E la conferma l'ebbe quando guardò attraverso una finestra; la moglie di Emanuel era imbavagliata e legata ad una poltrona. Non aveva l'aria di una che stesse riposando.

Allison tirò fuori dalla tasca un paletto di palo santo. Sapeva che quel particolare tipo di legno aveva sui demoni lo stesso effetto dell'acqua Santa e più di una volta l'aveva utilizzato durante gli scontri. Si ricordò di Isaac e Tamara, chissà come lei era riuscita a sopravvivere col cuore infranto per aver perso il suo uomo... Se era riuscita a sopravvivere.

Si schiarì al voce e scansò Dean facendosi più avanti. «Hey Emanuel, che ne dici se iniziamo ad essere sinceri...» gli disse, e senza aspettare risposta lo strinse alla porta afferrandolo per il colletto della camicia.

Dean non capì cosa stesse succedendo e restò a guardare la scena per alcuni interminabili secondi «Che diavolo stai facendo?»

Allison fece un sorriso sarcastico ed infilò il paletto nel centro dello stomaco del falso Emanuel facendolo urlare. «Daphne è dentro casa, legata e imbavagliata. Guarda attraverso la finestra Dean. Questo non è certamente suo marito.»

Il demone mostrò gli occhi neri come l'inferno «Che ragazza in gamba che sei, Allison Morgan.» poi la afferrò per le braccia spingendola così forte da farla cadere a terra con un gemito di dolore.

Finalmente anche Dean si diede una mossa, come risvegliandosi dal torpore degli ultimi minuti. «Io ci penserei due volte, sai?» gli disse.

Allison si rimise in piedi valutando la situazione. Potevano essercene altri, potevano avere già ucciso Emanuel. Perchè cavolo aveva accettato di mischiarsi nuovamente in quei casini? «Non hai ricevuto la newsletter? Il tuo capo ha detto che siamo off limits... o per caso tu sei una specie di ribelle?»

Il demone la guardò nascondendo di nuovo gli occhi neri «Ma per piacere, cosa avete fatto ultimamente per lui? La testa di Roman su un vassoio?» domandò sarcastico.

«Potremmo portargli la tua di testa, che dici?» ribatté Allison dando il tempo a Dean di afferrare il suo pugnale. Dio... avrebbero dovuto procurarsene un altro di quei pugnali.

Il demone rise buttando la testa all'indietro. «Qualunque cosa sia questo Emanuel, Crowley è molto più interessato a lui che a voi ultimamente. Per cui se vi uc...» ma Dean gli piantò il pugnale in mezzo alle costole prima che potesse finire il suo proclama. Un urlo lancinante tagliò l'aria e il demone cadde rotolando per le scale.

Finì ai piedi di un uomo che lo guardò scioccato prima di alzare gli occhi su di loro. «Cos'era quello?»

Allison sgranò gli occhi, la sensazione che stesse per venir meno fu talmente violenta da farle tremare le gambe e galoppare furioso il cuore nel petto. Era un'allucinazione? Il suo cervello era davvero arrivato a quel punto?

Ignorò lo sguardo che Dean posò su di lei per lunghi secondi e si concentrò sull'uomo appena arrivato. In fondo alle scale li guardava disorientato e spaventato e aveva quel viso familiare che Allison credeva di non rivedere mai più. No non poteva essere, si trattava solo di una forte somiglianza... o di un qualche scherzo della sua mente ormai andata a farsi fottere. Si, doveva essere così, quell'uomo non poteva essere il suo Cass.

«Allison...» provò a chiamarla Dean, ma lei era totalmente rapita da quella visione, qualsiasi cosa fosse. Iniziò a scendere i gradini che la separavano da quell'uomo e più si avvicinava, più si rendeva conto che era reale e che era proprio Castiel! Aveva persino la piccola cicatrice sul labbro superiore. Non c'erano dubbi, era proprio il suo amore.

Anche l'uomo la guardava in modo strano, fissandola intensamente negli occhi con un'espressione corrucciata, come se cercasse di ricordare.

Chi era quella donna dai bellissimi occhi nocciola? Perchè gli dava i brividi? Percepiva energia positiva, era una persona buona, eppure gli dava brividi strani. Sentiva lo stomaco stringersi e palpitare. Eppure non aveva la minima idea di chi fosse.

Quando furono faccia a faccia, col corpo del demone a pochi centimetri da loro, Allison provò a dire qualcosa, ma le mancò il respiro e la terra sotto i piedi divenne come acqua. Stava perdendo i sensi. Dean si precipitò giù per la scala, ma fu Emanuel, o Castiel, a prenderla tra le braccia prima che rovinasse a terra.

«Ragazza, stai bene? Sei molto pallida.» le disse spostandole una ciocca di capelli dalla fronte, mentre con l'altro braccio la sorreggeva forte.

Quante volte l'aveva sorretta così, o l'aveva stretta a sé. Era lui, era certamente lui. Castiel era vivo!

«Sto...sto bene grazie, è stato solo un giramento.» disse rapidamente rimettendosi in piedi. Aveva la voce incrinata dal pianto e gli occhi umidi, ma non riusciva a staccare lo sguardo dal viso che tanto amava. Era bellissimo, forse più di quanto ricordasse.

«Cos'era quella cosa immonda che avete ucciso? E dov'è mia moglie?» domandò Emanuel/Cass, rompendo la magia che si era creata nel cuore di Allison.

Moglie. Dannazione, moglie! Lei piangeva lacrime amare e lui aveva preso moglie? Sentì la gelosia avvamparle le guance, ma si morse la lingua mentre Dean, intuendo quello che le passava per la testa, la prendeva per un braccio.

«Te lo spiegheremo più tardi. Ora entriamo.» disse Dean tirando anche Allison.

Una volta in casa, Emanuel/Cass corse a slegare Daphne, guardandola con apprensione e affetto. Allison si sentiva una stupida.

«Quella creatura ti ha fatto del male?» chiese a Daphne accarezzandole una guancia.

«Sto bene» lo rassicurò lei prendendogli la mano. «Emanuel, cercavano te!»

Emanuel/Cass sorrise. «Va tutto bene.» poi si alzò e tenendo per mano sua moglie, si avvicinò a Dean e Allison che assistevano increduli alla scenetta.

«Io mi chiamo Emanuel» disse porgendo la mano a Dean.

«Io ehm...Dean, sono Dean.» rispose stringendogliela. Merda, si stava presentando con Cass! Se non fosse morto da tempo, avrebbe giurato che quello era uno scherzetto di Gabriel. Anzi ci sperava che fosse uno scherzo, perchè riusciva a sentire la rabbia e il dolore di Allison a distanza.

Dopo aver stretto la mano a Dean, la porse ad Allison che se ne stava con le braccia incrociate. Si guardarono di nuovo negli occhi, ma in modo meno passionale. Ora Emanuel, o Castiel, le sorrideva amichevole, come si sorride alla commessa del supermercato.

«Io mi chiamo Allison Morgan, lieta di conoscerti Emanuel.» si presentò con un leggero velo di sarcasmo nella voce.

«Grazie per aver protetto mia moglie, senza di voi non so cosa sarebbe successo» li ringraziò accorato, stringendo ancora la mano di Daphne.

«Oh non c'è di che, adoriamo salvare le mogli dei guaritori!» commentò Allison con sarcasmo, meritandosi un'occhiataccia severa da parte di Dean «Ad ogni modo...»

«Siete qui per un motivo preciso immagino,» la interruppe Emanuel, che comunque per lei era Cass «qual è il vostro problema?»

Dean si schiarì la voce e si sistemò la giacca per riflesso «Mio fratello,» disse «è mio fratello ad avere un problema. Sei la mia ultima spiaggia.»

Allison sospirò poggiandosi la mano sulla fronte e sorrise a Cass che la guardava perplesso.

«Stai bene, Allison?» le chiese «Sembri turbata.»

«Si, sto... benissimo.» si affrettò lei a rispondere «Credo che sarebbe meglio andare, dobbiamo viaggiare parecchio. Se per voi va bene lascerò la mia auto qui, così potremo muoverci con una sola auto, per comodità.»

Daphne, la moglie, le sorrise e si avvicinò stringendo la mano di Cass provocando ad Allison un dolore al centro dello stomaco. Era stupido perchè lui non la stava tradendo, non aveva alcun ricordo di lei, ed era ingiusto forse, nei confronti di quella donna che si era presa cura di lui nel momento più delicato. Quello che lei non aveva fatto... Il senso di colpa le fece venire un nodo in gola, si schiarì la voce e si spostò indietro i capelli.

«Certo, lasciala pure qui, la potrai riprendere quando riaccompagnerete Emanuel a casa.» le disse Daphne.

Si... certo, riaccompagnare un corno. Lui non appartiene a te, digli addio. pensò Allison, ma si limitò ad abbassare lo sguardo senza aggiungere altro. Fece un grosso respiro e si rese conto che faticava a mantenere il controllo «Vi aspetto fuori,» disse guardando Dean per un attimo «ho bisogno di prendere aria.» Lui annuì senza dirle nulla e la lasciò andare.

Allison raggiunse il portico e si mise a sedere su un gradino, aveva fatto male ad imbarcarsi in quella storia, ma in fondo aveva fatto anche bene. Tutto si stava per complicare, ma almeno aveva ritrovato il suo Cass. Le era mancato così tanto... e le mancava ancora perchè era lì ma era come se non ci fosse. Nascose il viso tra le mani per un attimo e si rese conto che doveva dire addio all'idea che Emanuel potesse guarire il dolore in fondo alla sua anima, e doveva farlo perchè lui era il dolore in fondo alla sua anima.

   
 
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