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Autore: Roxetta    07/05/2012    3 recensioni
«Stai bene? Oh cielo! Forse ti devo portare all’ospedale…»
«No, no! Sto bene, non preoccuparti! Mi gira solo un po’ la testa. »
«Meno male! Comunque io sono Costa Foti. Piacere di conoscerti, e… scusa per il disastro che abbiamo combinato io e Pimpi. E tu? Come ti chiami? »
Non avevo sentito una parola di quello che mi aveva detto, e non perché fossi ipnotizzata dalla sua voce. Semplicemente perché, con due parole, mi aveva praticamente paralizzata: il suo nome era stata come un’ iniezione di ghiaccio nelle vene. Lui era un Foti! Quello che per definizione avrei dovuto considerare il mio peggior nemico e avrei dovuto odiare al di sopra di ogni cosa.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi svegliai piano con la consapevolezza di stare dormendo da seduta.
Un attimo di smarrimento si impossessò di me: dove diavolo mi trovavo?
Poi ricordai tutto: le sue domande, il mio tentennare, il suo “rapimento”… era tutto chiaro!
« Guarda che lo so che sei sveglia! Si vedono le tue pupille che si muovono sotto le palpebre! », mi canzonò lui allegramente.
Io aprii gli occhi pigramente e sorridendo.
« Tu si che sai come svegliare una pigrona! », gli risposi piano io.

« Ah si? Allora me lo merito un bacio? Da quando ci siamo ritrovati non me ne hai dato nemmeno uno! », e mi guardò con la coda dell’occhio sorridendo.

Io mi avvicinai titubante; non avevo forse progettato di lasciarlo? Era giusto baciarlo?
Lui, dal canto suo, era li che mi aspettava.
« Ok, uno solo però! E te lo do io! Stai pur sempre guidando tu! », parlai con voce decisa.
« Si signora! », rispose lui con il sorriso sulle labbra.
Mi avvicinai alle sue labbra decisa a posare un bacio leggero e casto su quell’angolo di paradiso ma, come le nostre carni entrarono in contatto, tutto ciò che ci circondava si dissolse: non c’era più la macchina a rendere quel bacio complicato; non c’era più il mio nome contro il suo; non c’erano più il cielo, la terra, l’aria o l’acqua nelle nostre teste.
Eravamo due esseri comuni; due particelle che volano, si fondono e si dissolvono nell’aria; eravamo la casa l’uno dell’altra; il sole che scalda il viso di un bambino; la pioggia che bagna e rende fertile la terra.
Eravamo tutto ed eravamo niente. Eravamo semplicemente noi.
Una sua mano sul mio viso mi riportò alla realtà. Mentre ancora lo baciavo, con non so quale fiato in corpo, mi guardai intorno e vidi che ci eravamo fermati in uno spiazzo.
Emisi un verso e, con non poche difficoltà, mi allontanai.
Lo guardai un po’ in imbarazzo mentre lui sorrideva.
« Lo so che avevi detto uno solo, ma sei stata super scorretta ed hai cominciato a baciarmi in una maniera e… », lo interruppi posando un dito su quelle bellissime labbra ancora umide del nostro bacio.
« Scusami, è stata colpa mia. », dissi sorridendo imbarazzata.
« Ora rimettiamoci in moto o non arriveremo mai. », disse lui per trarmi fuori dall’imbarazzo.
Lo ringraziai mentalmente.
 
Alcuni chilometri dopo ci fermammo avanti al cancello di una fantastica villa in stile italiano.
Entrammo dopo che lui ebbe salutato un omone dietro al cancello a cui io sorrisi semplicemente.
Parcheggiò sotto un magnifico gazebo ricoperto di edera che garantiva riparo dal sole; mi affrettai ad uscire dall’auto per studiare meglio quel piccolo paradiso.
Io ero da sempre abituata a monumentali ville, capaci di far spalancare la bocca a chiunque per lo stupore ma quella villa era… particolare ma semplice al tempo stesso; in una parola, bella.
« Lo sai che sembri una bambina al lunapark? », disse lui con voce leggermente affaticata; richiudendo la bocca che non mi ero accorta di aver aperto, mi girai e lo vidi intento a scaricare bagagli. Mi avvicinai per aiutarlo ma, prima che una sola mia mano potesse raggiungerlo, la voce di una signora mi fece saltare in aria.
« Costa? »
Mi voltai insieme a Costa e vidi una signora bellissima che, nonostante l’abbigliamento da campagna, era di una bellezza disarmante per la sua età: capelli perfettamente legati in una coda bassa ed una pelle che, nonostante le rughe, esprimeva freschezza.
« Zia! Spero non ti dispiaccia se sono ritornato, ma c’è una persona che devo assolutamente presentarti. », e si voltò verso di me sorridendomi e rivolgendomi una sua mano. La afferrai titubante e mi sporsi un po’ per farmi vedere meglio.
« Ehm… salve signora. Io mi chiamo Maria. », dissi rivolgendole un timido sorriso e porgendole una mano.
« Tesoro, cosa significa quella mano? Io so salutare solo in un modo e cioè così », disse afferrandomi per le spalle ed abbracciandomi energicamente.
Io ero un po’ titubante all’inizio, ma poi mi sciolsi in quell’abbraccio. Profumava di buono, come quando abbracciavo mia nonna; un profumo inesistente ma che non avrei mai dimenticato.
Strinsi automaticamente la presa e sentii gli occhi diventare più lucidi.
« Zia, che ne dici di entrare? Qui fuori fa un caldo da schiattare! », disse Costa avendo notato i miei occhi.
La zia annuì e, tenendomi per mano, mi condusse all’interno gridando:
« Può sbrigarsela da solo con quelle valige, non è forse un uomo? »
Entrambe ridemmo e  mi accompagnò velocemente verso il salotto.
Ci accomodammo su uno dei soffici divani presenti in quella stanza e, sorseggiando una rinfrescante limonata, cominciammo a parlare di tutto come di nulla sotto lo sguardo contento di Costa.
« Tesoro, perché non dici una parola? », fece ad un certo punto la zia rivolta a Costa.
« Zia cara, vorrei tanto parlare ma voi due siete due radio impazzite! »
« Ahahah! Che spiritoso! », lo rimbeccai con sguardo ironico.
Lui mi rispose con un occhiolino ed un sorriso.
« Bene ragazzi! Direi che è ora di andare a riposare un po’… ci vediamo più tardi, giusto? »
Io guardai Costa un po’ dubbiosa; pensavo che saremmo rimasti poco anche se, a pensarci bene, avrei dovuto intuire tutto dai bagagli scaricati.
« Ma… io non ho nemmeno i miei bagagli. », tentai di far notare un po’ in difficoltà.
« Oh tesoro! Sta tranquilla! Ho io qualcosa per te! », disse la zia prendendomi per mano.
Mi accompagnò ad una stanza che lei definì “un po’ improvvisata” ma che io trovai assolutamente deliziosa. Estrasse da un armadio degli short in jeans ed una camicia bianca che sembrava da uomo. Oltre che fantastica, quella donna vestiva (e faceva vestire) anche di tendenza. Lasciò gli abiti sul letto e si congedò con un sorriso.
Ero riposata e non avevo voglia di dormire, quindi feci una doccia nel bagno che avevo a disposizione e indossai gli abiti lasciati sul letto: gli short mi stavano alla perfezione mentre la camicia mi stava decisamente troppo grande, quindi la annodai su un fianco.
Aprii la porta della mia camera e, piano, uscii per dirigermi nella terrazzina dove si trovava un’amaca. Mi ci sedetti piano e cominciai a dondolarmi chiudendo gli occhi.
« Non avevi sonno, vero? », la voce di Costa giunse chiara dall’interno del caseggiato.
Aprii gli occhi e diressi lo sguardo verso la porta su cui sostava il mio ragazzo; sorrisi e feci cenno di no con la testa.
« In realtà non avevo sonno e volevo godere un po’ di quest’aria meravigliosa. », ammisi con il sorriso ancora sulle labbra.
Si avvicinò e fece per cominciare a parlare ma squillò il suo telefono e facendomi cenno di aspettare rispose.
Accadde tutto velocemente.
Il suo sguardo era felice ma, quando vidi uno sguardo diverso posarsi sul mio viso, capii che era finita.
Era finito tutto.
 
 
Angolino autrice: O.O ci ho preso? Avete questa faccia? Non scannatemi, vi prego! Non è che sono sadica (più o meno), ma il prossimo è l’ultimo capitolo e volevo lasciarvi in un momento di suspence.
Dunque… sono alla fine (quasi) di un percorso e vorrei ringraziare come sempre e più di sempre tutti coloro che hanno deciso di dedicare un po’ di attenzione a questo piccolo sclero.
Siete stati importanti tutti per me!
Alla prossima per sapere come va a finire…
Un bacio!
Rox
   
 
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