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Autore: Artemys    07/05/2012    1 recensioni
Piccolo momento di vita di due cuginette molto particolari, che ogni tanto si trovano a dormire insieme. Niente di che, è uscita così ^^.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lily Luna Potter, Rose Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Inchiostro

 


Chiunque avesse deciso che la notte doveva essere nera aveva certamente pensato all’inchiostro.
O forse le due idee erano nate contemporaneamente. Forse nel momento in cui Dio aveva creato l’universo, aveva inventato una sorta di inchiostro primordiale. Ne era bastata una goccia perché lo spazio incolore si colmasse di quella densa oscurità che avvolge le galassie, ci aveva piazzato in mezzo quell’agglomerato di particelle esagitate che poi era esploso, con i risultati che conosciamo.
Ma prima di tutto c’era stata quella goccia in continua espansione, incontrollabile, sfuggente. Esattamente come quella che si stava allargando sul foglio di pergamena. Non aveva voluto saperne di rimanere pazientemente attaccata alla punta del pennino fino a che questo non fosse giunto a posarsi sulla superficie giallognola.
Le dita che reggevano la piuma si strinsero rabbiosamente intorno ad essa in un moto di profonda frustrazione. Erano dita forti e sottili, da pianista, le unghie lasciate lunghe per strimpellare le corde della chitarra che giaceva appoggiata nell’angolo della stanza, la superficie lucida della cassa che rifletteva la luminescenza calda e dorata proveniente dal centro della camera da letto.
La piuma d’oca se ne tornò quietamente ad immergersi nel calamaio sotto lo sguardo insofferente di due occhi verdi striati d’oro brunito. Con un movimento lento e svogliato quegli occhi si alzarono dal quadretto composto da piuma, calamaio e pergamena. Si spostarono verso sinistra per posarsi sulla figura esile della bambina sdraiata a pancia in giù sul suo letto, i gomiti puntellati su materasso, il viso appoggiato su una mano mentre l’altra faceva scorrere con eleganza al punta del pennino su una pergamena, producendo un leggero suono raspante. Una massa di ricci castani fissata sulla  nuca da una matita, perché non le ricadesse intorno al viso pallido illuminato da quel globo di luce dorata che galleggiava in mezzo alla stanza, vicino al soffitto. Gli occhi, color cioccolato fondente, scattavano febbrilmente dalla pergamena alle pagine del libro aperto davanti a lei, sopra al cuscino. Bastò un istante perché quegli occhi scuri e profondi abbandonassero il loro sfrecciare frenetico per incontrare quelli della cugina che la stava osservando, una superficie di un verde smeraldo interrotta solo da alcune pagliuzze dorate. La ragazza dagli occhi marroni sorrise lievemente e per un attimo la luce brillò sulle piastrine metalliche incollate ai suoi denti. “Che c’è?” domandò con gentile curiosità.
L’altra sospirò buttando un’occhiata in cagnesco prima alla pergamena che giaceva sulla scrivania accanto a lei, imbrattata di macchie d’inchiostro e di tutti quegli scarabocchi che erano stati i suoi tentativi di scrivere con la piuma d’oca, poi con una punta d’invidia tornò al foglio ricoperto da ordinate linee nere e sottili che sapeva essere appunti scritti nella migliore calligrafia piccola di sua cugina.
“Niente” esclamò la ragazza ravviandosi un boccolo scuro, sfuggito dalla coda di cavallo, dietro l’orecchio. “È solo che, come al solito, tu sei sempre dieci passi avanti a me. Non riuscirò mai ad imparare a scrivere come si deve con questo aggeggio medievale!”.
Il sorriso si aprì condiscendente sul viso della cugina, che replicò “È solo che, come al solito, tu non hai pazienza. Fidati, è tutta questione di pratica”.
“Certo, certo” borbottò l’altra di rimando, “ma continuo a non capire perché dobbiamo perdere tempo con questa roba che imbratta i fogli, macchia le dita e si infila sotto le unghie, quando esistono le nostre amatissime, modernissime e normalissime penne a sfera!"
“Ne abbiamo già parlato. Dobbiamo imparare ad adeguarci a ciò che è normale per… beh, per quelli come noi” la redarguì la cugina, col suo tono ragionevole che metteva fine a tutte le discussioni in quella famiglia. Di conseguenza tornò diligentemente all’oggetto del suo studio, quel grosso tomo dalla copertina rivestita di cuoio rossiccio, di cui si intravedevano appena i margini sotto le pagine ricoperte da un’elegante grafia in stampatello piena di svolazzi e con colorate miniature che ornavano la prima lettera di ogni nuovo paragrafo. Con un sospiro di rassegnazione l’altra si avvicinò al letto, si sedette sul bordo stando attenta che il movimento non facesse cadere il calamaio con tutto il suo indelebile contenuto sulle lenzuola e con disinvolta curiosità sbirciò oltre la spalla della sorella. Il titolo del nuovo capitolo recitava in eleganti lettere smeraldine “La Camera dei Segreti”. Un brivido di eccitazione le corse lungo la spina dorsale. Fece scorrere lo sguardo fino all’angolino in basso a sinistra dove era stampato il numerino a piedi pagina: 150. Sua cugina aveva quel libro tra le mani da poco più di quattro ore e ne aveva già divorato circa un quarto; se non fossero intervenuti impedimenti, quali terremoti, incendi, meteoriti o simili, nel giro di massimo sedici ore sarebbe arrivato il suo turno. Quando si trattava di libri era capace di fare diverse cose contemporaneamente, pur di non staccare il naso dalle pagine: mangiare, lavarsi i denti, passare l’aspirapolvere… e per quanto riguardava il dormire, due ore erano più che sufficienti.
“Ma devi per forza prendere appunti? Non puoi leggere e basta, come le persone normali, così ci metti anche meno tempo? Ricordati che poi tocca a me” esclamò fingendo un tono esasperato.
“Certo” rispose l’altra succhiando la sommità della piuma come avrebbe fatto con una matita, senza staccare gli occhi dalle pagine del libro. “Così mi resta in mente quello che leggo, e poi posso andare a rivedermi le cose più importanti senza dover sempre consultare il testo. Comunque non preoccuparti, sai che, in questi casi, la notte…”
“… non è certo fatta per dormire” completarono insieme la frase, le loro voci perfettamente accordate su ogni accento e ogni vocale. Un’armonia connaturata da una vita passata sempre insieme, facendo tutto come se in origine le loro anime fossero state un un’unica entità, costretta a separarsi e a vivere in due corpi differenti. Erano le due facce della stessa medaglia, i loro caratteri erano simili e complementari, entrambe ambiziose, entrambe testarde, entrambe assetate di conoscenza e del bisogno di primeggiare. Eppure, una era paziente e l’altra no, una precisa in tutto e l’altra solo in ciò che la interessava, una era logica e l’altra era istinto, ragionevole e appassionata, prudente e spericolata, una era prima della classe in tutte le materie e l’altra prima in ogni sport.
Improvvisamente un rumore attutito, quello delle pantofole sulla moquette del corridoio, le fece scattare entrambe. “Temo che la zia non sarà d’accordo con la nostra filosofia” soffiò l’una mentre saltava giù dal letto della cugina per infilarsi silenziosamente su quello accanto mentre l’altra nascondeva libro, pergamena, piuma e calamaio sotto al letto.
Uno svolazzo di bacchetta e un “Nox” appena sussurrato e il globo di luce dorata svanì, come se non fosse mai esistito, appena un istante prima che una lama di luce penetrasse dallo spiraglio della porta socchiusa che venne subito oscurato da un’ombra.
“Ragazze, lo sapete che ore sono?” mormorò seccata la voce bassa e musicale della madre, dolce anche se impastata dal sonno. Rivoltandosi nel letto stiracchiandosi teatralmente fino ad inarcare spalle e schiena una delle due cugine si girò verso la porta e socchiudendo gli occhi marroni gonfi di sonno mugugnò con voce studiatamente rauca e strascicata “Mamma siamo in estate lasciaci dormire ancora un po’…”
“Complimenti Rose, sei da Oscar. Ora vedi di dormire sul serio, visto che sono le quattro di mattina” sbuffò la donna da dietro la porta, un sorriso appena trattenuto nel tono scocciato.
Aspettarono che i passi attutiti fossero scomparsi dall’altro capo del corridoio per tirare un sospiro di sollievo. “Ormai siamo a letto, tanto vale dormire un po’” esclamò l’una sfilandosi la matita dai capelli, che le ricaddero sulle spalle in una folta cascata di ricci voluminosi, mentre l’altra liberava un’altrettanto ricca e scura chioma dall’elastico che la reggeva sulla sommità della testa.
“Buonanotte Lily”.
“Buonanotte Rose”.     




 
   
 
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