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Autore: Cristie    07/05/2012    2 recensioni
In una Londra dei nostri giorni,in piena sitazione di crisi economica e nessuna popolazione aliena. C'è lei.Rose Tyler, ragazza semplice ma con una grande voglia di avventure, che lavora come commessa insoddisfatta in un negozio di abbigliamento. E poi c'è lui. John Smith, scrittore della celebre saga del Doctor Who, dove si sa ogni dettaglio del suo personaggio quanto altrettanto poco del suo creatore.Cosa potrebbe mai succedere dall'incontro di queste due persone?La risposta è questa mia prima fanfiction su DW.
Seguite insieme a me lo sviluppo della loro storia tra madri impiccione, manager con troppa voglia di divertimento e molto altro ancora.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Doctor - 10, Doctor - 9, Donna Noble, Jack Harkness, Rose Tyler
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 17.
Dove si sono riconciliazioni e picchi preoccupanti di gelosia
.





La situazione era esattamente la seguente.
Cinque persone di cui tre uomini e due donne erano sedute ad un tavolo rettangolare. Un giovane ragazzo moro di ventiquattro anni circa stava a capo tavola. Teneva le mani poggiate ad un raccoglitore decisamente stracolmo di  fogli. L’abbigliamento appariva piuttosto retrò, indossava una camicia a quadri, una giacca grezza marrone ed aveva al collo un papillon rosso.
Con il suo sguardo azzurro scandagliava le persone sedute ai lati del tavolo.
Alla sua destra il primo posto era occupato da un uomo, indossava una giacca di pelle nera che gli calzava a pennello, teneva entrambe le braccia poggiate sul tavolo a mani unite e giocando con i pollici.
Alla destra di quest’ultimo sedeva una ragazza bionda, che in quel momento sembrava che avesse fissato lo sguardo in una direzione diagonale, cioè non perdendosi un micro movimento facciale della donna che sedeva alla sinistra del capotavola, facendo di tutto per evitare di voltarsi verso l’uomo seduto di fronte a lei. .
La donna che la bionda non faceva altro che scrutare aveva dei lunghi capelli rossi, raccolti in maniera sbrigativa con una matita e sembrava del tutto incurante degli sguardi che gli venivano rivolti. Teneva gli occhi puntati sul giovane, dai capelli pettinati a onda, in attesa.
Si terminava con l’ultimo uomo, in gessato scuro camicia con cravatta e capelli sparati in aria. La sua posa era diversa da quella degli altri, era leggermente più rilassato. Così rilassato da starsene con i piedi incrociati sul tavolo . Stessa cosa per le braccia se ne stavano conserte sul suo torace con lo sguardo fisso davanti a sé, la posa non era quella più consona, eppure nessuno glielo fece notare.
Dopo aver scandagliato nuovamente i presenti, il giovane decise aprire il raccoglitore dove c’erano scritti degli appunti.
Diede una rapida lettura unendo le mani per portarsele a l’altezza del naso per la concertazione.
Fece un profondo respiro. Nello stesso istante le pose dei presenti si fecero tese e rigide. In attesa.
- Non si può fare – sentenziò lui.
Uno sbuffare generale si diffuse nella stanza sino a quel momento silenziosa.
- Avanti Matt, non puoi mollarci . Ci dovrà pure essere un modo per organizzare questo matrimonio- sbottò Chris spazientito.
Il giovane in questione non batté ciglio – Sono le vostre condizioni, non è una cosa attuabile in poco tempo. Preparativi del genere devono essere centellinati in almeno sei mesi –
A quella frase Donna si proruppe in una alzata di spalle, fintamente incurante. Infondo non aveva preteso mica la luna. Voleva solo una cerimonia come si deve, con una grande chiesa illuminata alla perfezione, senza contare la scelta de l’addobbo floreale, il ristorante, l’abito, i vestiti delle damigelle, gli anelli, la casa.
Il tutto doveva essere organizzato per il  trenta di aprile, cioè tra un mese.
 
 
 
Qualche ora prima
 
 
Una vera follia.
Questo era quello che gli avevano risposto tutti i wedding planner  della città. Neanche si fossero messi d’accordo per usare tutti la stessa esatta frase.
Così si erano ritrovati al ristorante, i futuri sposi e i testimoni. Convincere John e Rose fu una tale impresa non tanto per John quanto la bionda.
- Sono felicissima per te Donna, ma non credo di essere la persona più indicata per essere la tua testimone -
A quella risposta Donna giocò la sua carta vincente.
Il senso di colpa.
- Vedi Rose, pensavo che fossimo amiche ormai…ma forse tu consideri la nostra amicizia con un metro differente dal mio -  appena terminata la frase la rossa non si perse il leggero spalancare di occhi da parte di Rose. Già solo da quel gesto seppe d’avercela fatta.
 
 
Il problema venne a crearsi dopo.
Quando nessuno voleva mettersi ad organizzare il matrimonio.
Si ritrovarono così loro quattro, seduti ad una caffetteria a discutere sul da farsi. O meglio Chris e Donna cercavano di proporre, John e Rose non facevano altro che guardarsi negli occhi.
- Ci rinuncio -  borbottò Chris, ma si trovò costretto a ritrattare allo sguardo fiammeggiante e azzurro della rossa. – Voglio dire a chi altro possiamo rivolgerci? Possiamo fare anche da soli..-
- Se facessimo da soli ci metteremo tantissimo –
- A dire il vero qualcuno ci sarebbe -  proruppe John vedendo che apparentemente non si riusciva a trovare una soluzione.
Chris ascoltò il suggerimento del fratello con attenzione, per poi farsi più pallido. – Non credo sia una buona idea –
- Conosciamo qualcun altro che possa aiutarci? -
- Qualunque altra persona andrà benissimo -
- È questo il problema, al momento non c’è nessuna altra persona che possa aiutarci – rimarcò John.
Le due donne stavano osservando la scena immobili, voltando solo la testa verso chi dei due parlava in quel’istante. Finché la rossa non ne ebbe abbastanza. – Volete spiegare anche a noi, se non vi è di troppo disturbo? –
Solo allora i due fratelli smisero di parlare tra loro, fu lo scrittore a spiegare – Una persona che può organizzare il matrimonio ci sarebbe..-
- Ma non è esattamente la persona più indicata – corresse immediatamente il fratello maggiore, come a sfatare qualsiasi iniziale entusiasmo che potesse provenire dalla sua fidanzata.
- Ci aiuterebbe se glielo chiedessimo – rimarcò John difendendo la sua idea.
- Andiamo! Devo farti presente che gli manca qualche rotella? –
- Ci deve un favore e farà esattamente quello che gli chiederemo –
- Insomma di chi state parlando?- chiese allora la bionda, lo scrittore allora si voltò verso di lei. Donna notando il calo di picco nell’intelletto dello scrittore si rivolse, a Chris – Allora? –
- Fa il wedding planner qualche volta, a dire il vero non lo vediamo da un po’ di tempo –
- Lo conoscete bene quindi?-
- È nostro cugino da parte di madre – rispose John.
- Ma per favore. Cugino di terzo grado, non abbiamo niente da spartire con lui –
- Chris è l’unico che può aiutarci –
- A questo punto direi che è l’unico a cui possiamo rivolgerci – consigliò Donna al suo quasi marito, mettendosi di punta di fronte a lui per poi baciarlo appassionatamente. Tanto bastò alla rossa per convincerlo. Quel giorno era veramente subdola, ma voleva il suo matrimonio. E lo avrebbe avuto.
 
Si diressero così verso il centro di Londra, perdendosi in delle viette pedonali .
Donna e Chris facevano da apri fila, con lui che continuava a borbottare  - Non è una buona idea –.
Seguivano poi in fila indiana Rose che camminava spedita e con le mani ben piantate nelle tasche del suo cappotto viola invernale. Teneva la testa bassa a fissare i piedi della coppia avanti a lei. John invece chiudeva la fila.
Rose era a meno di un metro da lui e non aveva neanche il coraggio di parlarle.
“ Cosa potrei dirgli?” provo a domandarsi lo scrittore, incerto come poche volte nella sua vita.
- Rose – la chiamò lui, con un tono di voce così basso che forse non aveva neanche sentito. Anzi sperò che lei non lo avesse udito, perché ora che l’aveva chiamata non aveva la più pallida idea di cosa poteva dirgli.
Ma l’aveva sentito, perché John poté vedere chiaramente le spalle della ragazza avanti a lui, farsi tese. L’aveva sentito ma non si era voltata verso di lui. E questo per lo scrittore fu peggio di una coltellata in pieno petto.
Tuttavia si disse, che quello non era il momento di mettere Rose alle strette. Ora era il momento di suo fratello e della sua manager.
Avrebbe chiarito preso con Rose, ma fino a quel momento doveva fare il bravo testimone dello sposo.
Chiusa la parentesi Rose nella sua testa, notò che il gruppo si era fermato davanti ad un anonimo portone di legno, con le maniglie in ferro battuto. Al lato destro vi era un normalissimo citofono.
Chris era davanti a quel citofono  con la mano a l’altezza del tastino che corrispondeva al cognome Smith.
- Avanti premilo – lo esortò il fratello.
- Non dirmi che lo stiamo facendo veramente…-
- Se non spingi il bottone, lo spingo io al posto tuo – e la mano di John andò a premere il bottone.
Dovevano solo aspettare che rispondesse, ammesso che fosse a casa ovviamente.
- Si? – chiese la voce dal citofono.
- Ciao Matt! Sono tuo cugino John, è da tanto che non ci vediamo. Che ne persi di farmi salire per un caffè? –
- John! Avanti salite! È un secolo che non ci si vede! – trillo la voce e con uno scatto il portone si aprì.
- Come faceva a sapere che non c’eri solo tu?- gli chiese la rossa, e lo scrittore le indicò silenziosamente il piccolo obbiettivo della telecamera che stava in cima al citofono.
Si ritrovarono così davanti ad un giovane uomo, di poco più grande di Rose.
Dopo il saluto di rito ai cugini Matt piantò il suo sguardo azzurro verso le ragazze.
- Loro sono Donna e Rose – e lui da uomo d’altri tempi prese le mano ad ognuna e baciò delicatamente il dorso e sussurrare – Incantato -
Per poi raddrizzare la schiena e dire – Avete due ragazze bellissime, specie la tua fidanzata Chris è la tua anima gemella –
- Come..?- fu la domanda accennata di Donna.
- Molto semplice, l’intimità fisica che c’è tra voi due – dedusse il giovane come se nulla fosse, mentre nello stesso istante Chris e Donna erano diventati dello stesso colore dei capelli di lei.
- Ed ora ditemi, che posso fare per voi?-
 
 
 
 
 
Ed ora si trovavano lì, seduti a quel tavolo a chiedere l’aiuto del cugino di terzo grado.
L’atteggiamento di Chris verso Matt era sempre stato fortemente pregiudizievole. Suo fratello maggiore era una persona troppo concreta,per poter comprendere a pieno il potenziale del ragazzo che avevano davanti, pensò John. Che invece aveva molti punti in comune con lui.
- Potresti vederla come una sfida – propose lo scrittore, catturando lo sguardo dei presenti su di sé.
- Non vedo come potrei – ribatté il cugino.
- Chris ha puntato i piedi peggio di un mulo per non venire da te, e Donna desidera il matrimonio dei suoi sogni. Accontentarla sarebbe un gran gesto di gentilezza, e senza contare che faresti veramente rosolare il mio fratellone dalla rabbia, perché ancora una volta ha sbagliato –
Quella frase fece accendere gli occhi di Matt, che assunse un’espressione molto simile ad un ghigno di trionfo, per passare ad una smorfia neutra, per non far vedere quanto le parole del cugino lo avessero irretito.
- In effetti non è propriamente impossibile.. – rispose il giovane in tono fintamente annoiato,  -…ho abbastanza conoscenze nel settore…dovrò solo passare a riscuotere qualche favore..- e poi non ce la fece più a contenersi -..ma il vostro matrimonio si farà. Geronimooooooo! – e con questo urlo da battaglia, si alzò a prendere il telefono e dopo aver digitato il numero salutò l’interlocutore da l’altro capo telefonico – Winston amico! Quanto tempo che non ci si sente! Ascolta avrei bisogno del tuo aiuto, che sicuramente mi darai…voglio dire non c’è bisogno che ti rammenti del matrimonio dei Cabot..vero? - e poi si rivolse a loro – Mi faccio sentire io! Ciao ciao!-
E dicendo questo si precipitò fuori dalla stanza.
- A questo punto credo sia meglio andare –
Chris stette un attimo a guardare suo fratello – Ma tranquillo, non è necessario che ti sforzi così tanto per mascherare quel sorriso –
John si strinse nel suo cappotto lungo – Non prendertela, sai che alla fine ho sempre ragione! –
- Modesto come sempre! – lo prese in giro Donna prendendo a braccetto Chris. Che nel frattempo aveva aperto la porta per uscire.
Indietro rimasero solo Rose e John, lo scrittore aprì la porta in attesa che lei passasse.
Rose fece un lungo respiro, e si decise a camminare.
- Mi manchi -
Stavolta la voce di John, era di un tono facilmente udibile, ed allo stesso tempo intrisa di dolore.
Dolore di cui Rose stessa era in parte causa.
Rose fece per sorpassarlo, ma poi si fermò davanti a lui voltandosi a guardarlo direttamente, come non era riuscita a fare per tutto il giorno.
Era diverso, una barba folta ora evidenziava i contorni del suo viso, rendendo particolarmente evidenti gli zigomi scavati, e ombre d’occhiaie che incorniciavano i suoi occhi marroni, gli stessi che non si perdevano in singolo movimento di lei.
- Anche tu – rispose lei quasi sussurrando, complice il calo improvviso di voce per l’emozione.
Era stata cieca, ma alla fine aveva capito. L’uomo davanti a lei, era l’uomo di cui si era innamorata, ma anche l’uomo che aveva preferito il lavoro alla sua famiglia, aveva perso sua figlia, si era reinventato la sua vita. E lo amava, non era forse per questo che aveva interrotto le noiose uscite con Mitch?  
Nella vita non c’era solo il bianco o il nero,  ma sfumature di grigio che rendono poco definiti i contorni di ciò che ognuno di noi ritiene giusto o sbagliato.
La verità era che il John che amava e che voleva al suo fianco, non era perfetto aveva fatto degli errori e ne avrebbe fatti ancora, come lei stessa del resto.
 John aveva rispettato la sua scelta, stando lontano da lei. E Rose aveva versato tutte le lacrime che poteva. E nel fondo del suo sfogo erano rimasti i sentimenti che provava per il suo pazzo scrittore. Che senso aveva rimanere ancora separati?
- Avrei dovuto starti vicina…devi aver sofferto così tanto – la mano destra di Rose si posò delicatamente sulla guancia dello scrittore, i cui occhi si sgranarono a quella frase.
Lui alzò una mano andando a prendere il polso sul suo viso,  ruotò leggermente la mano della bionda, baciandole il palmo della mano. – M-mi dispiace..avrei dovuto dirti tutto..avrei- la voce si fece sempre più incrinata, fino a quando Rose non lo avvolse in un caldo abbraccio. John era più alto di lei, eppure alla ragazza sembrò quasi che si stesse facendo piccolo nel suo abbraccio.
- Shhhhh. Non me ne vado John. Non ti lascio solo va bene?- e la ragazza lo vide annuire silenziosamente.
- Rose..- chiamò ancora lui disperato.
- Insieme John, ce la faremo, sei con me? – e una lacrima scese sullo sguardo del’uomo.
- Ti amo Rose –
- Anche io John – e congiunse le labbra con le sue, in un bacio che sapeva di bisogno e disperazione.  E tutto di colpo era magicamente sparito: Melody con la sua triste storia, la discussione davanti alla lapide della piccola Jenny, la rabbia di John, le lacrime di Rose.
Erano nuovamente loro. Così come doveva essere.
In quel istante tutto era nuovamente perfetto.
 
Un colpo di tosse.
- Ragazzi mi dispiace, ma ho del lavoro da fare. E credo poi che i futuri sposi vi stiano aspettando giù di sotto – il tono di Matt era quasi di scusa, per aver interrotto il momento.
I due naturalmente si staccarono imbarazzati per essere stati colti in fragrante, farfugliarono quindi  un saluto veloce per poi scendere le scale a tutta velocità.
Arrivarono giù che il portone era aperto, nel sentire i passi alle loro spalle. I futuri sposi si voltarono entrambi – Era ora! –
- Avete ragione scusate! Meglio affrettarsi a tornare! – esclamò John con troppa enfasi.
Chris scoccò ad entrambi uno sguardo alquanto divertito – Non cambieranno mai –
E Donna gli diede una piccola gomitata.
- Che c’è?-
- Guardali, noti qualcosa? – e con lo sguardo indicò la coppia che li precedeva  a pochi metri di distanza.
Un gran sorriso si distese sul volto di Chris quando capì cosa volesse dire Donna.
John e Rose finalmente si stavano tenendo per mano.
  
 

***

 
Martha e Mickey erano l’uno davanti a l’altra. Non si erano detti nulla quando lui gli era apparso davanti. Si erano guardati per un lungo istante negli occhi.
- Possiamo parlare? – gli aveva chiesto Mickey rompendo il contatto con gli occhi.
- Devo passare a casa, possiamo parlare lì – fece la futura dottoressa, mentre si toglieva le cuffiette dalle orecchie.
Camminarono per circa una decina di minuti, per poi entrare nella casa.
Martha era tutta sudata per via della corsa, eppure si diresse in cucina a mettere il caffè sul fuoco.
- Non ti fai una doccia? – le chiese Mickey pratico come sempre.
- Non è mai morto nessuno per una doccia in ritardo. Da quanto sei tornato? –
- È una settimana oggi. Sono stato congedato –
Le mani che tenevano le tazzine di caffè tremarono leggermente al sentire la notizia. Martha era totalmente spiazzata.
- Una sera di ritorno dalla pattuglia, eravamo tutti molto stanchi. La notte dura molto meno di quanto si possa pensare. Difficilmente il mattino seguente ti senti veramente riposato…sto divagando, mi dispiace. Quella sera insomma ci eravamo appena coricati nelle brandine un mio collega…non sapevo neanche il suo nome ha cominciato a parlare con la sua famiglia. A bassa voce, per non disturbare noi altri. Parlava con la sua famiglia e non faceva che ripetergli quanto gli mancavano e che presto sarebbe tornato a casa per abbracciarli.
Il suo discorso mi ha dato da riflettere – e si interruppe per prendere una sorsata dalla tazzina.
- Su cosa? – gli chiese lei non capendo bene dove volesse andare a parare.
- Al mio futuro, a l’idea di avere una famiglia tutta mia. Non ci avevo mai pensato seriamente prima. Sembra che alcune cose possano durare per sempre. Ma a volte bisogna capire quando arriva il momento di abbandonare una strada ed imboccarne un’altra. Ho ventinove anni, e voglio stare con una donna ed avere dei bambini, e voglio stare al loro fianco e non a combattere. –
A quelle parole Martha cominciò a sperare che Mickey fosse tornato per lei, per i sentimenti che gli avevano legati per quattro anni.
Doveva sapere, prima che il suo cuore cominciasse a sperare. – Sei tornato per stare con me? –
A quella domanda la faccia che assunse Mickey significò meglio di mille parole.
- Sono venuto a dirti che non sono arrabbiato, per quella mattina a l’aeroporto. Inizialmente ero furioso perché non mi avevi mai detto nulla sui dubbi che avevi. Ho capito ora…ma non sono tornato per stare di nuovo con te Martha. Il nostro è un capitolo chiuso insieme alla mia vecchia vita-
- Perché sei qui allora?- chiese la ragazza, con voce incrinata.
- Perché sei stata molto importante nella mia vita. È un addio, chiederti di restare amici sarebbe veramente ingiusto da parte mia. Siamo liberi entrambi –
- Così hai deciso tutto tu, io che dovrei fare? – Martha si alzò con fare nervoso con la sua tazzina vuota in mano, diretta verso la cucina per poggiarla nel lavello. – Dovrei semplicemente ubbidire senza obbiettare? Fare finta che sia tutto finito?-
- Sei stata tu a lasciarmi! –
- Ero spaventata! Dici di aver capito i miei sentimenti allora perché non possiamo ricominciare? Ora sei qui sarà tutto come prima!-
Mickey si mise una mano sulla fronte a raccogliere le idee, finché non disse quello che Martha non voleva mai sentire dalle sue labbra. – Mi vedo con un’altra ragazza -
- Vai via per favore – fu l’unica cosa che riuscì a sussurrare la ragazza.
Mickey si alzò di scatto, con un’espressione dolente – È la cosa migliore per entrambi – e con queste ultime parole aprì la porta e se ne andò.
L’unica cosa che rimase da fare alla dottoranda fu andare a lavarsi.
 
 

***

 
 
Quando era troppo, era decisamente troppo.
Era stato paziente, molto più paziente di quanto potesse esserne capace.
Si era dato tutto il tempo necessario per conoscerlo e farsi conoscere a sua volta.
Uscivano ormai regolarmente, non era successo nulla con suo dispiacere.
Ormai la sua ritrosia iniziale era ormai passa, scoprendosi una persona acuta con un sottile senso del’umorismo.
Gli regalava dei grandi sorrisi e profonde risate.
E lui cosa faceva?
Stava abbracciando un altro.
Jack gli aveva colti in pieno. Stava andando sotto casa di Ianto con due buste ricolme di messicano da esporto, voleva fargli una sorpresa dato che il pomeriggio gli aveva detto di non aver nessun programma per quella serata.
Così eccolo lì a cinque metri dal portone di casa di Ianto.
Nel mentre un taxi si era fermato davanti al portone, il portone di Ianto.
“Forse si sarà sbagliato” si ritrovò a pensare Jack senza una reale motivazione, ed  ecco invece la portiera che si aprì e ne scese un uomo.
“Davvero niente male” fu l’accurato responso di Jack nei riguardi del uomo. Anche se era coinvolto sentimentalmente con Ianto era comunque capace di vedere la parte oggettiva delle cose, e quel uomo era veramente attraente.
Il brutto arrivo dopo, perché dopo che questo aveva pagato il taxi e scaricato il proprio bagaglio, andò a suonare al citofono .
Il portone si aprì e ne uscì uno Ianto rosso in faccia e con il fiato corto, probabilmente per aver sceso di corsa le scale.
Questo fece un gran sorriso a l’attraente sconosciuto per poi abbracciarlo.
Questo decisamente non se l’era aspettato.
Chi era quel uomo? Che aveva da spartire con Ianto per meritarsi un abbraccio del genere?
Una tempesta di domande stava bombardando la mente di Jack, che se ne rimase immobile, mentre i due se ne andavano dentro il portone.
Jack fece marcia indietro, camminando verso la sua macchina. Al primo secchione disponibile gettò il messicano.
Di colpo non aveva più fame.
Non c’era cosa peggiore della gelosia .





...eccoci qua! Non mi ero persa al Polo Nord! No scherzi a parte sono in ritardo vergognoso, me ne rendo conto. E' solo che non è sempre facile riuscire a rispettare le scadenze che uno si prefigge. Sono stata costretta a ricredermi in queste settimane.
Comunque eccoci qua con il capitolo diciassette . 
Abbastanza lungo e alquanto pieno di avvenimenti, spero che vi piaccia. Detto questo vi auguro una buona serata! A presto Cristie.

   
 
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