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Autore: MartaJonas    07/05/2012    6 recensioni
Le onde del mare agitato si infransero per l’ennesima volta su quella alta scogliera, spruzzi d’acqua si alzarono in aria verso quel cielo plumbeo.
La nebbia rendeva quasi impossibile vedere quel faro abbandonato ma ancora in funzione sulla cima del precipizio. Aveva appena smesso di piovere e le nuvole che oscuravano quel cielo sempre più scuro prospettavano la venuta di un’altra intensa pioggia.
Due sagome scure si appoggiavano alla ringhiera di quel faro, parlavano, si baciavano.
-Ti prego non te ne andare, resta con me - la supplicò lui sussurrandole quelle parole, implorandola di non lasciarlo.
-Non posso tesoro, lo sai-rispose lei dolcemente accarezzando il viso del giovane ispido a causa della barba.
-Ma io non riesco a stare senza te.
-Starò via soltanto per un po’, poi tornerò.
-Promesso?
-Promesso.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Joe Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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*Saluta*
Buonasera a tutti,
mi intrometto per la prima volta qui all'inizio solo per dirvi che se mentre leggete ascoltate anche Lighthouse, non è una brutta idea, ed ora mi dileguo, ci sentiamo alla fine del capitolo ;)






Chapter 24
 
I’m here for you. 
 
 
Era scomparso, era uscito di casa senza che nessuno se ne accorgesse, maledicendosi mentalmente un secondo dopo essersi accorto di non aver preso neanche la giacca, e di non aver neanche tempo per tornare indietro a prenderla. 
Il cielo si stava oscurando sempre di più, e non riusciva a sentire nient'altro che il suo battito cardiaco accelerare. Mise in moto l'auto e sfrecciò sull'asfalto più veloce di quanto mai avesse fatto prima. Doveva essere veloce, e avere i riflessi pronti per arrivare in aeroporto incolume. Prego affinché questo accadesse, essendo cosciente delle proprie capacità, non proprio perfette, da guidatore. 
Vide gli edifici e quelle alte palme passare velocemente i vetri dei suoi finestrini. 
Era agitato, anche perché non aveva nessun discorso preparato che si sarebbe mai ricordato, nessuna lettera da poterle consegnare, e, sapeva di non essere mai stato troppo bravo con le parole. 
La chiamò con il cellulare, ma lei non rispose. Una, due, tre volte. Nulla, nessuna risposta. 
Passò dall'essere certo di potercela fare, al pensare di non avere nessuna speranza, sia perché le 8.00pm si stavano avvicinando sempre di più, sia perché le parole che da sempre avrebbe voluto dire, probabilmente non sarebbero uscite dalla sua bocca neanche quella volta. 
Più la strada per il LAX si faceva breve più poco tempo rimaneva, e più l'ansia cresceva. 
Non si era neanche scusato per essersi mangiato il suo gelato al cioccolato, o aver occupato casa sua per una sera. Non l'aveva ascoltata, e non le aveva creduto, ma in quel momento, pensandoci bene, lei era davvero sincera. Non l'avrebbe lasciato da solo in quel modo, se non fosse stato per aver confuso i giorni. 
Fece un altro respiro, e guardò di nuovo l'orologio. 7.54pm.Troppo poco tempo, troppo poco. 
Gli sembrò che quella corsa in macchina fosse durata un'eternità, quando mise piede in strada, nel parcheggio del LAX. Chiuse la sua auto, quando sentì qualche goccia di pioggia cadere dal cielo e andarsi a depositare proprio sulla sua camicia bianca che si bagnò. 
Senza preoccuparsi di star correndo sotto la pioggia sempre più fitta, Joseph accelerò la corsa verso l'interno dello stabilimento. Finalmente tutta quella palestra sarebbe servita a qualcosa, almeno correva velocemente. 
C'era tanta gente, troppa. Si guardò intorno, sperando in un miracolo, e poi guardò il tabellone dei voli, quello per il New Jersey sarebbe stato il prossimo. Corse, facendosi spazio tra la gente, sperando che nessuno lo riconoscesse, e pregando affinché quella ragazza bionda di spalle a una ventina di metri da lì fosse lei. Arrivò finalmente a quella ragazza e appoggiò la mano sopra la sua spalla, questa si girò. Non era lei. Un colpo al cuore. 
Sussurrò un “mi scusi” velocemente e tornò a guardarsi intorno. 
Vide un aereo sulla pista pronto a decollare. Si avvicinò alla vetrata che dava sulla pista, si morse il labbro inferiore, completamente demoralizzato. Sospirò, scosse la testa.
Non ce l'aveva fatta. Quell'aereo era diretto in New Jersey, e probabilmente June era proprio lì dentro. 
“Se la ami, devi lasciarla andare” qualcuno aveva detto, una volta. Probabilmente è vero, ma è incredibilmente triste, deludente, e demoralizzante. 
Joseph tirò un sospiro, e si diresse verso l'uscita. 
-Joe Jonas? - chiese una ragazza, una fan.
-Sì. - disse.
-Possiamo fare una foto? - chiese lei
-Certo – accennò un sorriso, e la ragazza scattò la fotografia.
-Ma, i Jonas Brothers si sono sciolti davvero? - chiese lei. 
Joseph si fece scappare un sorriso. 
-No, i Jonas sono tornati, e più forti di prima. - affermò 
-Davvero? - chiese ancora lei, incredula. 
-Davvero … e spargi la voce, i Jonas Brothers non si sciolgono, nonostante quello che ho detto, ero soltanto arrabbiato. - annuì il ragazzo. 
-Lo farò. Grazie di tutto, davvero. - disse la ragazza allontanandosi e prendendo il cellulare in mano. 
Joe riprese a camminare tra tutta quella gente, che frettolosamente cercava di prendere il proprio volo, proprio come lui stesso aveva fatto milioni di volte. 
Uscì dallo stabilimento, e si appoggiò a una delle colonne che sorreggeva lo spazio coperto  davanti all'entrata. Si lasciò scivolare sulla colonna e si sedette a terra, fregandosene del fatto che qualcuno l'avrebbe potuto riconoscere e fotografare. Stropicciandosi gli occhi cercò di trovare un lato positivo a tutto quello che era accaduto, ma non lo trovò. 
Chiuse gli occhi, e si perse nel buio; quando li riaprì, credé di sognare. Trenta metri più avanti, June stava salendo su un taxi, con dei biglietti aerei in mano: non aveva preso quell'aereo, era passata all'aeroporto soltanto per comprare i biglietti del volo.
Joe si alzò di scatto, e corse verso quel taxi già in moto, ma era partito troppo velocemente per poterlo raggiungere a piedi. 
Mentre Joseph correva di nuovo verso la sua auto, sotto la pioggia, sempre più fitta, stava rivalutando i lati positivi: era ancora in città, e non era con Andy. 
Molto meglio. 
Quando salì sulla sua macchina, il taxi giallo di June si era già confuso tra tutte le macchine. Si guardò intorno sperando di scorgerla attraverso uno di quei finestrini. Troppe persone, troppe macchine, troppo traffico. Il cuore andava troppo forte per concentrarsi davvero. 
Si mise a pensare. Sentiva che non sarebbe andata nel suo appartamento, era soltanto una sensazione, o soltanto l'unica spiegazione del perché lei tenesse il cellulare spento: voleva restare da sola. 
Se voleva restare da sola, probabilmente, sarebbe andata in quel luogo. Forse, quasi certamente. 
Guardò il cielo. Pioveva a dirotto. E se non fosse andata dove credeva lui?
Doveva provarci, o, al massimo, l'avrebbe richiamata. 
Sull'asfalto bagnato le gocce d'acqua cadevano sempre più fitte, proprio come quando si erano rincontrati. La pioggia l'aveva costretta a restare a parlare con lui, e avevano fatto pace. La pioggia era sempre stata qualcosa di positivo per loro, doveva pur significare qualcosa.  
Il cielo grigio copriva quella città quasi sempre baciata dai raggi del sole, e quella pioggia si stava sempre di più trasformando in una forte grandine. 
Quei venti minuti trascorsi il macchina gli sembrarono un'eternità, quando spense la vettura e uscì sotto quella tempesta sbattendo forte lo sportello della macchina, si chiese se fossero passati soltanto dei minuti o degli anni. 
Si guardò intorno non riuscendo più a distinguere il rumore della pioggia da quello del moto delle onde del mare che si infrangevano sulla scogliera con sempre più impeto. 
Un fulmine squarciò il cielo quando Joe cominciò a correre. Quelle gocce d'acqua che scendevano dal cielo sembrarono cadere sempre più potenti sul corpo del ragazzo che correva come mai aveva fatto prima. Credette di sognare quando alzò lo sguardo, e  la vide appena affacciata a quel faro, con quel suo vestito azzurro che le scendeva lungo il corpo con un'eleganza e impeccabilità che mai aveva visto prima.
Il cuore gli stava per scoppiare in petto, a causa della velocità delle sue gambe, ma non gli importava. Doveva essere veloce. Non poteva più aspettare. 
Arrivò davanti a quella porta scricchiolante e la spalancò salendo su per le scale a chiocciola. Quando giunse alla fine, una folata di aria congelata lo accolse.
Tra un respiro affannato e l'altro, guardandosi intorno, la chiamò. 
-June … June! 
Si sentirono dei passi e la ragazza comparì davanti all'amico con un'espressione abbastanza sconvolta. 
-Joe, che ci fai qui? - chiese lei andandogli vicino e posando la sua borsa a terra. 
-Sei tutto zuppo Joe, qui ti viene una polmonite! - gli disse. - Aspetta. 
Così prese un pacchetto di fazzoletti dalla borsa che aveva appena buttato a terra. 
Ne prese uno e cominciò a asciugargli il viso. 
Aveva la camicia bianca tutta bagnata che gli aderiva perfettamente al corpo, quel corpo che non era più di un ragazzino, ma di un uomo, un giovane uomo. 
June non poté evitare di ammettere a se stessa che quel ragazzo fosse assolutamente sexy tutto bagnato. 
-Ma hai corso? Perché? - gli chiese mentre lui si era completamente fissato a guardare nei suoi occhi. Lei abbassò lo sguardo arrossendo leggermente, senza farsi notare da lui, per prendere un altro fazzoletto.
Lei tornò ad asciugarlo, sul collo questa volta. Lo sguardo di lui si faceva sempre più intenso e sempre più vicino. 
-Joe, perché sei qui? -  chiese di nuovo lei, a disagio, con un cuore che le accelerava sempre di più
-Sono qui per te – rispose con un filo di voce. 
 
 
May 2008
Quella sedia su cui June era da più di un'ora era scomodissima, proprio come tutte le altre sedie di quella scuola d'altronde. Le ore di matematica di solito erano quelle che seguiva di più ma in quei giorni non aveva proprio voglia di fare più nulla, anche perché tutte le verifiche e i compiti erano terminati e sarebbe stato da pazzi continuare a studiare senza motivo. 
Mentre dall'ultimo banco della classe fantasticava ad occhi aperti, senza seguire mezza parola di quel che diceva il professore, vide qualcosa fuori dalla finestra. Mise a fuoco la vista e notò che non era un qualcosa ma un qualcuno, più esattamente un ragazzo, di spalle. 
Aveva capelli neri corvini, piastrati, proprio come quelli del suo migliore amico. Sorrise al ricordo di Joe, le mancava tanto. Beh Joseph era ancora in tour in giro per l'America, non sarebbe mai potuto essere lui. Proprio quando stava per girare la testa verso qualche altra direzione nella stanza, il ragazzo si girò. Era Joseph che come un cretino la salutava dalla finestra. Lei si aprì in un sorriso che poi soppresse. Gli lanciò un'occhiata, e un segno per comunicargli di stare giù, non voleva che tutti in quella classe sapessero che June, la ragazza a cui piace il baseball, il maschiaccio della scuola, fosse la migliore amica del cantante di moda del momento. 
Alzò la mano, interrompendo il professore, chiedendo di uscire. 
Il professore sconfortato perché stava aspettando una risposta da un alunno a quel problema da mezz'ora ormai, acconsentì chiedendosi perché avesse scelto di insegnare invece di fare l'ingegnere. 
June si alzò e con un sorriso enorme si diresse fuori dalla scuola. 
-Joe! Joe! - lo chiamò guardandosi intorno. - dove sei?
-Eccomi Signorina Robinson! - disse lui spuntando dall'angolo più vicino. 
-Joe! - disse sorridendo con gli occhi oltre che con le labbra e correndo verso di lui per poi saltargli letteralmente addosso. - Joe! - ripeté di nuovo più piano questa volta, mentre Joseph la teneva sollevata da terra e lei gli teneva le mani intorno al collo. Sembrava una bambina che salta in braccio al padre. Quando si decise di tornare con i piedi per terra non ne volle comunque sapere di sciogliere l'abbraccio. 
-June – disse lui sorridendo.
-Ascolta, è da troppo tempo che non ci vediamo quindi stai in silenzio e continua ad abbracciami Jonas! - gli ordinò, e lui fece quel che gli era stato detto.
-Perché sei qui? - chiese lei sorridendogli una volta aver sciolto l'abbraccio. 
-Sono qui per te – confessò lui. 
-Cosa? - chiese conferma alzando le sue sopracciglia così bionde, quasi bianche, da non vedersi. 
-Cioè i Jonas hanno un'intervista domani sera da David Letterman, e sono venuto qui per salutarti, visto che è da troppo che non ci vediamo. -rettificò. 
-Sei stato dolce, lo sai? - disse lei. - dovrei sentirmi lusingata! chissà quante “Jonatics” pagherebbero oro per qualcosa del genere da parte del JoBros con il ciuffo! - così dicendo scompigliò i capelli del cantante. 
-Che scema che sei! - sorrise lui  - io non sono il JoBros con il ciuffo, io sono Shane Gray! 
-Ancora meglio allora, la rock star in crisi con se stessa! - rise lei. -No davvero stasera vieni a casa mia e ci mangiamo una pizza che mi devi raccontare tantissime cose, e io te ne devo raccontare almeno il doppio! 
-Ci sto. -sorrise lui. 
 
 
-Per me? - chiese lei. Lui annuì. 
-Dovevo farti alcune domande, e non potevo più rimandare. - affermò lui con voce tremante, non sapeva neanche lui se a causa del freddo o della paura. 
-Beh, dimmi. - lo incoraggiò
Joseph chiuse gli occhi e si maledì per non essersi imparato a memoria un discorso da farle, discorso che si sarebbe di sicuro dimenticato. 
-Hai mai evitato di dire qualcosa a una persona? Nel senso, che c'era qualcosa che dovevi dire in un momento, o anche in più momenti, ma non gliel'hai mai detto. - disse, cercando di trovare le parole giuste. Lei annuì, spingendolo ad andare avanti. 
-Sì, ma … - lo interruppe lei. 
-Ascolta … non … non interrompermi, ok? Annuisci soltanto. Altrimenti neanche questa sarà la volta giusta. -la pregò lui. 
-Ok – acconsentì June. 
Joe afferrò la mano della ragazza intrecciandola con la sua, e continuò a parlare. 
-Conosci quella sensazione che hai quando per non mettere a repentaglio tutto quello che hai ti limiti ad adattarti? - chiese di nuovo e fece un sospiro – Però sai che in tutto quello che fai c'è qualcosa che manca, che ci dovrebbe essere, ma che non c'è. - June annuì di nuovo.
-Allora provi a eliminarla completamente, sperando in quel modo di stare meglio, ma quello che fai non fa altro che peggiorare le cose, ed è quello il momento in cui ti accorgi di dipendere da qualcun altro, senza il quale la propria vita non è completa. Quella persona per cui vale la pena alzarsi la mattina, e arrivare fino alla sera; quella persona per lui vale la pena vivere la propria vita. La stessa persona con cui ti ci diverti, ci scherzi, e giochi proprio come un bambino … - Joe si fece scappare un sorriso - e sopratutto puoi essere te stesso. Nessun Joe Jonas dei Jonas Brothers, nessuna immagine falsa, nessuna relazione inventata, nessun bacio finto. Basta soltanto essere Joe. - Joseph continuava a guardare June che si stava mordendo il labbro inferiore nervosamente, agitata, con il cuore a mille e sull'orlo di piangere. -E quella gelosia di chiunque si avvicini a lei, quella stessa gelosia che non avrebbe motivo di esserci eppure c'è sempre e comunque. Perché il vero amore potrebbe essere dietro l'angolo, e basta un attimo per essere anticipato da qualcun altro. Dopodiché non ci sarebbe più nulla da fare, e quella parte mancante della propria vita non la si potrà avere mai. E in qualunque modo si cerchi di sostituirla non sarà mai come quella originale. Per questo non ho potuto aspettare, June. Per questo sono qui. Voglio la mia vita completa. E l'unico modo per averla completa e stupenda, sei tu June. Sei solo e soltanto tu, nessun'altra. Perché io ti amo … da sempre, dalla prima elementare.  Tu, June, vuoi rendere la mia vita completa? - le chiese il ragazzo, guardandola negli occhi mentre con la mano libera le accarezzava dolcemente la guancia. 
June fece in tempo a sentire un ultimo respiro del cantante sulla sua pelle prima di sentire le labbra del ragazzo sulle sue. Un bacio tanto desiderato, per anni sognato, temuto e ora ottenuto. Un bacio dolce e sempre più passionale. Le braccia bagnate e fredde di lui che cingono lei. Quella dolcezza e quell'amore, quell'attesa finalmente ripagata per lui, quella sorpresa così inaspettata per lei.
Non importava se lui stava bagnando lei, non importava se si stavano spingendo sotto la pioggia, non importava se un giorno avrebbero potuto rovinare tutto con un litigio, non importava nulla in quel momento in cui finalmente tutto quell'amore era venuto fuori. 
Quando si staccarono, si guardarono per un momento, e lei si decise a parlare. 
-Sì, sì che lo voglio. - affermò con un sorriso. 
-Davvero? - chiese lui con un sorriso. 
-Davvero. - rispose lei e lui tornò a baciarla, più calorosamente di prima. 
La pioggia aveva ormai bagnato entrambi, ma allora non importava, perché a loro piaceva stare lì, proprio in quel luogo sotto la pioggia fredda e il loro caldo amore, nessuno dei due sarebbe voluto essere da un’altra parte in quel momento. Era tutto estremamente perfetto così com’era. 
Due ragazzi, due migliori amici, due innamorati che si baciano sotto le lacrime del cielo. Tutte quelle frasi non dette, quelle azione non compiute, quelle domande senza risposta, in quel momento avevano finalmente un senso. Mente l’uno si inebriava del profumo dell’altra, e i loro occhi si facevano sempre più lucidi, quell’amicizia si trasformava in amore, in un amore che sarebbe stato fedele e soprattutto eterno.
-Perché non me lo hai mai detto? – chiese June tra un bacio e l’altro
-Avevo paura di perderti. – confessò lui sistemandole quei suoi capelli bagnati dietro l’orecchio. – e tu vali troppo per essere persa. 
-Ti amo Joseph Adam Jonas. – le sussurrò lei all’orecchio. 
-Ti amo anche io .. – rispose lui stringendola a lui. – quando lo dirai a Andy?
June lo guardò interdetta. 
-Non sto più con Andy, da quando mi ha portato alla partita dei Lakers, ma tu quella sera eri troppo arrabbiato, ma soprattutto geloso per parlare.- lo informò June con un sorriso che la diceva lunga. 
-Non stai più con lui? – chiese di nuovo Joe. 
-No, non più, era uno stronzo, voleva soltanto portarmi a letto – sentenziò lei. 
-Lo dicevo io. Fammelo incontrare che lo ammazzo di botte. – disse lui. 
-Ehm no. Ce le prenderesti tu, quindi meglio di no. – lo sminuì June.
-Guarda questa che mi sottovaluta!! – disse alzandola da terra a mo’ sacco di patate. 
-Joe! Mettimi giù! Ora! – gridò lei – mi rimangio quello che ho detto su di te, ti prego!
Lui si decise a farla tornare con i piedi per terra.
-Finalmente! – disse sistemandosi i vestiti. – sai che devo partire per Natale vero? Devo andare a New York. 
-Per forza?- chiese Joe, di nuoto rattristato. 
-Sì. Devo tornare da papà e Ben – disse lei, mentre lui continuava a fissare quegli occhi color  oceano, che tanto gli piacevano. Non si sarebbe mai stancato di guardarli. 
Le onde del mare agitato si infransero per l’ennesima volta su quella alta scogliera, spruzzi d’acqua  si alzarono in aria verso quel cielo plumbeo. 
La nebbia  rendeva quasi impossibile vedere quel faro abbandonato ma ancora in funzione sulla cima del precipizio. Aveva appena smesso di piovere e le nuvole che oscuravano quel cielo sempre più scuro prospettavano la venuta di un’altra intensa pioggia. 
Due sagome scure si appoggiavano alla ringhiera di quel faro, parlavano, si baciavano. 
-Ti prego non te ne andare, resta con me - la supplicò lui sussurrandole quelle parole, implorandola di non lasciarlo.
-Non posso tesoro, lo sai-rispose lei dolcemente accarezzando il viso del giovane ispido a causa della barba.
-Ma io non riesco a stare senza te.
-Starò via soltanto per un po’, poi tornerò.
-Promesso?
-Promesso.
-Non posso venire con te, vero? – chiese lui con uno sguardo che avrebbe sciolto il più duro dei cuori. 
-In verità potresti, ma non so ci sono ancora biglietti per il volo di domani. – rispose lei. 
-Mmmmh – si mise a pensare – per il tour americano dei Jonas Brothers abbiamo affittato un aereo privato, quindi credo che posso anche usare quello. – affermò aprendosi in un sorriso. 
-Quindi vieni? – chiese lei. 
-Certo che vengo. – rispose lui, e lei gli saltò al collo.
Nello stesso modo in cui si erano rincontrati; si erano dichiarati amore, in quello strano luogo in cima ad un precipizio, su un faro. Forse era stata soltanto una coincidenza, ma quel posto aveva rappresentato qualcosa di davvero speciale e unico per entrambi. 
Probabilmente se avessero continuato la loro vita senza mai più rincontrarsi, avrebbero trovato un’altra persona importate con cui trascorrere la vita, eppure non sarebbe stata come l’anima gemella. Perché quello erano, June e Joe erano anime gemelle. Si completavano così perfettamente da far pensare che non sarebbero mai stati bene con qualcun altro. 
Erano cresciuti insieme, e si erano sempre voluti bene, fin dalla prima elementare. Non tutti sono fortunati come loro, non tutti riescono a trovare l’altra metà della mela in prima elementare. 
Se in quel giorno d’autunno non si fossero rincontrati, lei sarebbe affogata nelle lacrime mentre rimpiangeva il passato, mentre lui sarebbe affogato nelle sue lacrime causate dalla fine dei Jonas Brothers, le mille pressioni che la sua carriera gli riservava, e tutti i sensi di colpa che si sarebbe sentito addosso. 
Senza amore, sarebbero affogati nelle lacrime. Lui aveva salvato lei, e lei aveva salvato lui, con la sola forza dell’amore. 
 
 
This cliff I’m on is too steep to climb down
I need you to save me from drowning.

 







Bene ragazze, 
Anche "Lighthouse" è finita; beh quasi, manca ancora l'epilogo!
Vi rangrazio tutte, dalla prima all'ultima, chiunque abbia recensito, messo la storia nelle preferite, seguite o ricordate, e anche chi legge soltanto! Cioè c'è chi mi ha messo tra i propri scrittori preferiti! *-* io vi adoro!
Per non parlare dello scorso capitolo che ha ricevuto sei recensioni! davvero, siete state fantastiche! 
Ora, fatemi sapere che ne pensare di quest'ultimo capitolo, 
io ci tengo molto, come ad ogni ultimo capito di una fan fiction d'altronde. 
Un bacione enorme a tutte, 
vi voglio bene, davvero.
-Marta. 

ps: se volete contattarmi per qualunque cosa, ricordate che sono sempre disponibilissima sia qui su efp che qui su twitter
  
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