Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Beapot    08/05/2012    6 recensioni
Dal testo:
«Devo dirti una cosa» disse, torcendosi le mani in grembo e nascondendole sotto il bordo del tavolo. Le dita della destra sfiorarono la fede nuziale, e lei sussultò impercettibilmente. «Promettimi solo che mi perdonerai»
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley, Rose Weasley | Coppie: Harry/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'I wish I could love you'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

NdA1: le metto qui per evitare confusione. In caso non si dovesse capire - ma ho cercato di essere piuttosto chiara - i brani compresi tra gli asterischi sono dei flashback ^^
Enjoy it!


Wondering whether it is right or wrong

 

Casa Weasley-Granger


Era passato tanto tempo dall'ultima volta che Hermione Granger era letteralmente corsa a cercare qualche risposta in un libro, lasciandosi dietro solo un mormorio indistinto e tanta confusione.
Probabilmente il suo ultimo “scatto” ansioso per raggiungere le pagine ingiallite di vecchi volumi risaliva ai tempi della scuola, o al periodo immediatamente successivo ai M.A.G.O., quando preparava l'esame di ammissione al Ministero.

«Embriologia...» lesse Ron, inclinando la testa da un lato per leggere il titolo del volume nel quale lei si era immersa. «A cosa ti serve un libro di embriologia?» chiese perplesso, inarcando le sopracciglia e facendo scorrere lo sguardo sugli altri volumi che ricoprivano il pavimento: Anatomia, Biologia, Genetica... erano titoli troppo strani persino per lei, e a Ron non era sfuggito.

«Oh...» fu tutto quello che Hermione riuscì a rispondere, rendendosi conto solo in quel momento di non essere più sola nella stanza. «Quando sei arrivato?» chiese, con voce leggermente più acuta del normale. Gettò uno sguardo nervoso all'orologio attaccato alla parete, notando che segnava le otto e mezza, e trattenne il fiato: come era possibile che non si fosse accorta dello scorrere del tempo? Doveva essere lì dentro da più di un'ora...

«Adesso» rispose Ron, arricciando le labbra in una smorfia infastidita. Sembrava che Hermione fosse su un altro pianeta, completamente assorta in chissà quale pensiero che la rendeva nervosa e preoccupata, e lui aveva come la sensazione che gli stesse nascondendo qualcosa. Stava per chiederle di nuovo qualche spiegazione per il suo strano comportamento, ma un pianto proveniente dal piano di sopra lo distrasse.

«Vado io» disse, levandosi il cappotto che ancora aveva addosso e avviandosi in fretta verso le scale.
Quando raggiunse la cameretta di Rose e la vide seduta sul suo letto, con due grandi lacrime che le solcavano le guance paffute, Ron mise immediatamente da parte i sospetti che sua moglie gli aveva fatto venire e sorrise alla sua unica figlia, prendendola in braccio.

«Cosa sono queste brutte lacrimone, tesoro?» le chiese, strofinando il lungo naso sul viso della bambina.

«Ho chiamato mamma e non mi ha lippotto» rispose, imbronciata. Ron trattenne un sorriso di fronte alla sua espressione, poi le schioccò un sonoro bacio sulla guancia.

«Già, mamma oggi è un po' impegnata» disse, «che ne dici di giocare un po' con papà, adesso?» la depositò di nuovo sul letto e iniziò a farle il solletico, beandosi del suono delle sue risate e dimenticando le preoccupazioni che lo avevano assalito qualche minuto prima.

Un piano più sotto, Hermione Granger in Weasley, sentiva le voci divertite e rilassate di suo marito e di sua figlia, sfiorandosi la pancia piatta con una mano e trattenendo le lacrime. I libri che erano appartenuti a suo padre giacevano a terra vicino ai suoi piedi, chiusi a nascondere una verità troppo scomoda.


Londra Babbana

«Hermione, è tutto a posto?»
Dopo aver ricevuto il suo messaggio, Harry era stato in ansia finché non si erano incontrati, con il risultato di aver passato una notte insonne a cercare di capire cosa potesse essere successo di tanto grave. Non c'erano spiegazioni nel biglietto che si era improvvisamente materializzato sulla sua scrivania, solo un “vediamoci domani a Charing Cross.” e il familiare scarabocchio frettoloso che indicava la sua firma.
Uno scarabocchio vecchio anni, che gli riportava alla mente le lettere firmate "tua Hermione", con quella grafia sempre inclinata da una parte, dai tratti sicuri e decisi. Anche allora poteva riconoscere l'ansia o la preoccupazione che la affliggevano, semplicemente notando una sbavatura disordinata sulla pergamena: "tua Hermione". Poteva esserci la fine del mondo, fuori, ma quel "tua Hermione" non mancava mai.
Tua. Sua... Perché quella volta era diverso?
La pergamena aveva preso fuoco non appena i suoi occhi avevano raggiunto la fine del messaggio, lasciandolo perplesso e preoccupato.

«No» fu la sua risposta secca, quasi mormorata, mentre lo guardava negli occhi e si mordeva il labbro inferiore. Harry allungò una mano sul tavolino di metallo del bar Babbano al quale si erano seduti per prendere una delle sue, ma lei la ritrasse, allontanandola da lui.

Sentire il suo calore mischiarsi al proprio avrebbe riportato alla mente quelle sensazioni sbagliate, troppo sbagliate, che aveva cercato di rinchiudere in un angolo della sua mente con tutta la forza che aveva, e Hermione non poteva permettere che venissero risvegliate proprio in quel momento.

Harry la guardò, immobile, rimanendo con la mano sospesa a mezz'aria, senza capire il perchè di quel gesto.

«Cosa succede?» chiese, leggermente ferito dalla sua reazione.

In quell'ultimo periodo la aveva sentita più distante, ma non se ne era preoccupato. Entrambi giravano come trottole, tra le rispettive famiglie e il lavoro, e si vedevano raramente, senza avere modo di parlare davvero. Una volta aveva avuto come l'impressione che lei cercasse di evitarlo, ma non trovando nessuna valida ragione per cui avrebbe dovuto farlo, aveva scacciato il pensiero dalla testa.

«Devo dirti una cosa» disse, torcendosi le mani in grembo e nascondendole sotto il bordo del tavolo.

Le dita della destra sfiorarono la fede nuziale, e lei sussultò impercettibilmente.

«Promettimi solo che mi perdonerai» in quel momento la sua voce si spezzò, e Harry vide i suoi occhi velarsi di lacrime. Ancora non riusciva a dare un significato a quelle parole e al suo comportamento, ma le diede la sua parola e la invitò a parlare.

Hermione deglutì, poi cercò lo sguardo di lui e iniziò a raccontare, studiando ogni espressione che passava sul suo volto.

*


Ministero della Magia,
un mese e mezzo prima.


«Harry, cosa ci fai ancora qui?»
L'orario di lavoro era passato da un po', ma Hermione – come al solito – si era trattenuta in ufficio per controllare un'ultima volta i verbali dei casi seguiti durante il giorno, e quando finalmente si era decisa a tornare a casa, era passata dall'ufficio di Harry per lasciargli un messaggio da parte del Ministro; l'ultima cosa che si aspettava era trovarlo ancora sveglio.

«Mmmh» sveglio e ubriaco. Occhi lucidi e voce impastata, con una bottiglia di Firewhisky ormai quasi completamente vuota stretta nella mano destra. Appena la vide le rivolse un sorriso fin troppo tirato, e la invitò con un cenno del capo a unirsi a lui. «Ne vuoi un po'?»

«Harry, cosa diavolo ti è preso?» passi rapidi attraverso la stanza, rapidi e urgenti, per strappargli la bottiglia dalle mani e rimproverarlo guardandolo negli occhi.

«Non è cattivo come ricordavo, sai? Eravamo proprio dei ragazzini, quando eravamo a Hogwarts, a non reggere questa roba».

Eccola, la perla serale di Harry James Potter: quando frequentava la scuola era un ragazzino. Però, che intuito! Non sembrava neanche che i dieci anni passati da quel periodo avessero fatto la differenza comunque, date le condizioni patetiche in cui si trovava.
Hermione sbuffò, alzando gli occhi al cielo e allungando una mano verso la bottiglia, ma lui si sporse indietro con la sedia, impedendole di raggiungerla.

«Harry, piantala!»

«Non la pianto, non mi va. E poi smettila di ripetere il mio nome come se fossi un bambino cattivo».

Hermione non riuscì a trattenere un sorriso a quelle parole. Quante volte, durante una discussione, aveva manifestato la sua indignazione calcando sul suo nome per farlo sentire più in colpa? Di solito funzionava, si fermò a pensare, ma probabilmente il fatto che nel suo corpo ora circolasse quasi più alcol che sangue, aveta diminuito decisamente l'influenza di quelle parole. «Oggi non è proprio aria di rimproveri» aggiunse Harry, bevendo in fretta l'ennesimo sorso di liquore.

«Allora forza, dimmi cosa è successo!»

Non era da lui giocare a fare la vittima, Hermione lo sapeva. Ed era la prima volta che lo vedeva ridotto in quelle condizioni. C'era decisamente qualcosa che non andava nel suo migliore amico, e il minimo che potesse fare era ascoltarlo. Lanciò un'occhiata all'orologio che Harry teneva al polso e sospirò: erano le undici passate. Scribacchiò rapidamente un bigliettino per Ron, rassicurandolo e spiegandogli brevemente la situazione per non farlo preoccupare. Sicuramente al suo ritorno lo avrebbe trovato a dormire, e magari avrebbe trovato anche Rose nel lettone con lui. Hermione sorrise alla tenerezza di quell'immagine, poi prese posto su una delle poltrone davanti al camino dell'ufficio di Harry – essere Capo del Dipartimento Auror doveva pur avere dei vantaggi oltre a degli orari di lavoro massacranti! – e lo invitò a fare altrettanto.

«Niente. Non è successo niente, è questo il punto. Non succede mai niente!» aveva detto raggiungendola, barcollando sulle gambe. Adesso la sua voce era frustrata e disperata allo stesso tempo, e Hermione non se lo fece sfuggire. Lo conosceva troppo bene per poter ignorare quel grido d'aiuto mascherato da insofferenza.

«Cosa vuoi dire?» gli chiese pazientemente, guardando con aria preoccupata il liquido che si agitava nella bottiglia a causa dei suoi passi incerti.

«Niente» ripeté. «Niente che mi faccia sentire vivo, o almeno felice. Cosa sta diventando la mia vita, Hermione?» ruggì, sporgendosi verso di lei.

Dietro le lenti degli occhiali, il suo sguardo si era improvvisamente spento. Harry si lasciò cadere sulla poltrona e bevve avidamente un altro sorso, come per cercare una risposta in quel sapore troppo forte che gli bruciava la gola.
Questa volta Hermione non fece niente per impedirglielo, troppo occupata a dare un senso alle sue parole.
Non era forse la stessa domanda che si faceva lei, sottovoce, quando si soffermava ad osservare il suo riflesso allo specchio? Sarebbe dovuta essere una domanda sbagliata, ingiusta verso ciò che la vita le aveva donato – sua figlia, l'amore di suo marito, la sicurezza e la soddisfazione di un lavoro – eppure non poteva fare a meno di chiedersi se fosse tutto là.
Era come se mancasse qualcosa per alimentare la scintilla della felicità che portava sopita nel petto, come se mancasse qualcosa che aveva sempre avuto ma che non aveva mai davvero riconosciuto.

Come quando c'è quella parola che manca per riempire lo schema delle parole incrociate sulla Gazzetta, la mattina a colazione. È sempre lì, sulla punta della lingua, e si sa che trovarla aprirà la strada verso la soluzione, ma quella si rifiuta di uscire, di prendere forma sul foglio stropicciato del giornale, e allora si è costretti a lasciar perdere perché altrimenti si arriva in ritardo al lavoro. Ci si pensa per tutto il giorno poi, a quella parola, e quando finalmente la si trova, si torna a casa per scoprire che il tavolo della cucina è sgombro, e che della Gazzetta non c'è più traccia.

Hermione conosceva bene quella sensazione, la portava dentro da tanto, troppo tempo, e in quel momento aveva capito che forse non era la sola.
Harry continuava a scolarsi la bottiglia, e lei allungò nuovamente una mano verso di lui. Forse non aveva tutti i torti, forse quella roba era buona davvero e poteva provarci anche lei.

Poteva provare a staccare il cervello per un attimo...

In un primo momento aveva tentennato: cosa era successo a Hermione Granger, alla ragazza con la testa sulle spalle che si preoccupava di far rigare dritto i suoi migliori amici per impedir loro di commettere qualche sciocchezza? Quello era sicuramente uno di quei momenti in cui la sua severità e la sua testardaggine sarebbero state necessarie, ma l'aveva fatto per una vita, Hermione, e quella sera aveva voglia di trasgredire un po' a sua volta.
Quali potevano essere le conseguenze catastrofiche di una sbronza, a parte un gran mal di testa?
Era una madre anche, sì, e aveva una famiglia, ma che male avrebbe mai potuto farle qualche goccio di troppo? Aveva già rassicurato Ron, Rose sicuramente dormiva da un bel pezzo, e lei aveva proprio bisogno di lasciarsi andare.
In vino veritas, si disse, e magari avrebbe trovato una risposta a quella domanda che aveva paura di porsi ad alta voce, e magari sarebbe riuscita a completare lo schema prima che qualcuno buttasse via il giornale.
Fece una smorfia non appena il sapore forte del Firewhisky le invase la gola, e Harry scoppiò a ridere davanti alla sua espressione.

«Falla finita!» lo rimproverò debolmente, asciugandosi gli occhi che avevano preso a lacrimare, ma lui non sembrava volersi fermare. Per un attimo ebbe l'impressione di essere tornata ragazza, in uno dei pochi pomeriggi sereni che avevano avuto a Hogwarts, e in cui si lasciavano andare alle risate anche per le cose più semplici, come per godersi quell'attimo fino alla fine, come se anche allora avessero saputo che quella spensieratezza non sarebbe più tornata.

Hermione bevve un altro sorso, lasciandosi trascinare dall'allegria insensata di Harry, e insieme risero a lungo, finché la bottiglia non fu completamente vuota. Poi ne aprirono un'altra, e un'altra ancora, fino a non sentire più il sapore di quello che bevevano, fino ad esaurire le energie per continuare a scherzare. Quanto tempo era che entrambi non si lasciavano andare in quel modo? Imprigionati ognuno nel proprio ruolo di madre, di padre, di Capo del Dipartimento Auror e di quello dell'Applicazione della Legge sulla Magia, nel ruolo di eroi composti della guerra, di immagine da seguire, in quello di un modello che non era mai davvero appartenuto a nessuno di loro.

Era estremamente triste che avessero bisogno di una bottiglia di alcol per evadere qualche minuto dalla realtà, pensò Hermione, prima che l'ultimo briciolo di lucidità la abbandonasse definitivamente, eppure era così bello stare lì, insieme, senza pensieri, senza preoccupazioni...

«Erano secoli che non ridevo così» disse Harry dopo qualche minuto, e per la prima volta in quella serata Hermione credette di vederlo sinceramente soddisfatto. «Erano secoli che non ero così felice» si corresse, sporgendosi per guardarla negli occhi. Hermione rimase immobile, quasi a disagio, poi rise contro il suo viso.

«Andiamo, non dirmi che basta un po' di alcol a renderti felice» lo prese in giro, guardandolo con aria scettica.

«Non è il Firewhisky a farmi questo effetto. Sei tu» Harry si avvicinò ancora di qualche centimetro - i loro nasi che quasi si sfioravano, i loro occhi che erano lucidi per chissà quale motivo -, e Hermione si sentì avvampare. Arrossì quando sentì il fiato di Harry sulla propria pelle, e seppe immediatamente che quella sensazione non era dovuta solo all'alcol che aveva bevuto poco prima. Restarono immobili per qualche istante, poi si mossero entrambi per annullare la distanza che c'era tra loro, e le loro labbra finalmente si incontrarono. Hermione schiuse le sue e accolse quelle di Harry, mentre la sua testa si svuotava di ogni cosa che non riguardasse lui, il suo calore, le sue mani, i suoi occhi, la sua bocca, il suo sapore...

Eccola, la parola che manca per completare lo schema. Eccolo, il giornale ancora intatto sul tavolo, pronto perché qualcuno possa finalmente inserire quelle lettere al posto giusto. Amore? Desiderio? Passione?
In quel momento sembrava che ognuna di quelle andasse bene per giungere alla soluzione tanto agognata.
Era bastato un attimo ad accendere quella scintilla, uno sfiorarsi di risate e di mani, e la felicità era esplosa dentro di loro senza controllo.
Guidati da quell'istinto che troppe volte avevano represso, quella notte si amarono con passione e desiderio, perdendosi l'uno nel piacere dell'altra.


Hermione si svegliò senza aprire gli occhi. Aveva un gran mal di testa, e la schiena le doleva per la strana posizione in cui si trovava. Da quando il materasso del suo letto era diventato così scomodo? Mosse il braccio di qualche centimetro, tanto per sentire se Ron era ancora addormentato al suo fianco, ma quando la sua mano sfiorò la barba ispida della persona che aveva vicino, il suo cuore saltò un battito: Ron si radeva tutti i giorni, e non aveva mai avuto tanta barba la mattina.
Hermione sgranò gli occhi e urlò per la sorpresa, facendo sussultare Harry che ancora dormiva beatamente a pochi centimetri da lei.
Sul pavimento del suo ufficio.

«Maccos...?» borbottò lui confuso, mettendosi a sedere e guardandosi intorno disorientato.
Si guardarono per qualche minuto, senza sapere cosa dire.

«Cosa è successo?» chiese Harry, accorgendosi solo in quel momento che entrambi erano nudi, e distogliendo imbarazzato lo sguardo dal corpo della sua migliore amica. Hermione tentò di coprirsi quanto più in fretta poteva, ma i suoi vestiti erano sparsi sul pavimento della stanza. Si affrettò a recuperare almeno l'intimo, poi si rivestì lentamente, senza sapere cosa dire.
Il suo cervello stava lentamente ricostruendo gli eventi della notte precedente.
Harry ubriaco, 
lei che aveva cercato di farlo ragionare, Harry frustrato, lei che alla fine aveva ceduto e aveva tentato di annegare i propri problemi in qualche sorso di troppo. Avevano riso, lo ricordava, avevano parlato di tutto e di niente.
Avevano fatto l'amore.

 

«Harry...» si voltò a guardarlo, e sul suo volto lesse la consapevolezza di quello che era accaduto.

«Merda...» fu tutto ciò che lui riuscì a dire, lasciandola senza parole.

Avevano sbagliato, certo, senza dubbio quella era l'ultima cosa che sarebbe dovuta succedere tra di loro, e lei lo sapeva bene, ma non riusciva a credere che “Merda” fosse tutto ciò che lui aveva da dire al riguardo.

«Merda, merda, merda!» continuava a ripetere Harry, passandosi entrambe le mani sui capelli e scuotendo la testa disperatamente.
Hermione gli lanciò uno sguardo sprezzante e, trattenendo le lacrime originate da quell'insieme di emozioni troppo pesanti da gestire, si diresse a grandi passi verso la porta.

«Aspetta!» l'urlo roco di Harry la fermò quando ormai aveva una mano sulla maniglia, e lei si voltò rapidamente a guardarlo. La sua espressione era a metà tra l'indignato e l'addolorato, e non riuscì a trattenersi dal riversargli contro tutto ciò che provava.

«Perché dovrei aspettare? Per rimanere qui a sentire quanto ti faccia schifo quello che è successo stanotte?»

Non sapeva nemmeno lei perché se la stesse prendendo così tanto per la reazione di Harry, ma nel momento in cui aveva visto la sua espressione si era sentita crollare. Avevano fatto l'amore, lei si era concessa a lui anima e corpo per la prima volta, come aveva fatto solo con Ron, e tutto quello che Harry riusciva a fare era scuotere la testa, pentito e disperato? Cosa ne era delle sue emozioni, dei sentimenti che lei provava? Non poteva trattarla così, non lo meritava.
Si sentiva già abbastanza in colpa e sconvolta senza che lui infierisse ulteriormente.

«Schifo? Non mi ha assolutamente fatto schifo!» esclamò sconvolto, ponendo un freno a tutte le insicurezze che si stavano formando nella testa di Hermione. «È che... non volevo che succedesse in questo modo» disse, abbassando la voce e cercando il suo sguardo. Lei restò immobile, sgranando gli occhi per la sorpresa.

«In questo modo? Fammi capire... quindi tu speravi che... insomma, speravi che succedesse prima o poi?» chiese piano, guardandolo come se lo vedesse bene solo per la prima volta. Stava succedendo tutto talmente in fretta che aveva a mala pena fatto in tempo ad accorgersi del rossore che si stava diffondendo sulle guance di Harry.

«Io credo di amarti, Hermione» disse, tutto d'un fiato. «E sì, speravo che succedesse» ammise. «Ma stanotte io ero ubriaco, e poi hai bevuto anche tu, e l'alcol bruciava... non avrei voluto che succedesse così...» continuò, senza darle modo di ribattere qualcosa di sensato.

In realtà il cervello di Hermione aveva smesso di lavorare non appena aveva udito la prima frase.

«Tu credi di amarmi» ripeté lentamente, come se non riuscisse a credere a quelle parole.

Perché non la spaventavano?
Perché sentirle la aveva fatta sentire leggera, facendole dimenticare quanto tutto quello fosse sbagliato, quanto si sentisse sporca per aver tradito l'uomo che amava?
Perché era come se non avesse aspettato altro da una vita?

«No» disse Harry con convinzione. «Io sono sicuro di amarti»

Sicurezza. Gioia, leggerezza, il calore dei baci e delle loro pelli unite.
L'errore.

«Harry, noi non possiamo... è sbagliato» doveva tornare l'Hermione razionale, quella leale e corretta.
Un attimo di distrazione le era già costato troppo, non poteva ripetersi.
Era sbagliato, era tremendamente sbagliato. Non era altro che un errore, un incidente di percorso... probabilmente era scritto da qualche parte che prima o poi sarebbe dovuto succedere, ma non poteva permettere che, qualunque cosa fosse, avesse un seguito.
Harry non poteva amarla, loro non avrebbero potuto amarsi.
Era sbagliato, e allora perché era sembrato così giusto, così adatto?
Così assurdamente bello?

«Proviamoci!» tentò Harry, avvicinandosi a lei e stringendola a sé.

«Non possiamo...» ma resistere ai baci che lui le stava posando sul collo era impossibile.

Rimanere lucida e allontanare la sensazione della sua lingua che le inumidiva la pelle non era nemmeno concepibile.

«Non sei fuggita, Hermione. Non lo hai fatto ieri e non lo fai nemmeno ora... In fondo lo vuoi anche tu» le sue parole arrivavano soffocate al suo orecchio, e lei non poté fare a meno di sgranare gli occhi per l'ovvietà di quelle parole. Harry poteva anche essere uscito di senno, ma quello che aveva detto non era del tutto sbagliato.

Hermione ricordava fin troppo bene le sensazioni provate la notte precedente, e l'appagamento che aveva provato era andato ben oltre l'orgasmo fisico. Si era sentita bene, realizzata, aveva finalmente trovato la sua scintilla di felicità personale.

«Harry, ti prego... È sbagliato» perché il suo istinto le diceva una cosa e la sua razionalità aveva sempre la meglio, sostenendone l'opposta? Non aveva potuto negare l'affermazione di Harry, non ne aveva avuto il coraggio, ma continuava a mandare avanti il cervello piuttosto che il cuore.

Lui si allontanò da lei senza una parola. La guardò con uno sguardo indecifrabile, poi le voltò le spalle. Rimasero immobili per qualche minuto, poi Hermione capì che andarsene e lasciarlo riflettere sarebbe stata la cosa migliore da fare, oltre a essere l'unica scelta possibile a quel punto.

*

Londra Babbana,
di nuovo


Hermione alzò lo sguardo sul suo viso solo quando ebbe finito il racconto, trovando sorpresa e stupore negli occhi del suo migliore amico.

Il tè che avevano ordinato si era raffreddato, senza che nessuno di loro ne bevesse un solo sorso e, dopo qualche attimo di silenzio teso, Harry parlò di nuovo.

«Di cosa stai parlando? Perché io non ricordo niente?» chiese, con voce piatta e una nota di accusa nella voce. Gli occhi di Hermione si velarono di lacrime, e riprese il racconto con voce rotta, abbassando di nuovo lo sguardo e fuggendo l'incredulità dipinta sul volto di lui.

 

*

Casa Weasley - Granger,
Il giorno dopo quella notte.


Hermione si Smaterializzò a casa propria quando il sole era già alto nel cielo, e sentì le voci di Ron e Rose provenire dalla cucina. Un nodo le strinse lo stomaco, ma si fece forza e si affacciò nella stanza.

«Mamma!» il grido di Rose fece voltare anche Ron, che teneva in mano il biberon controllando la temperatura del latte.

«Buongiorno» la salutò con voce piatta, mentre il sorriso che aveva dedicato poco prima alla figlia scivolava lentamente dal suo viso.

Hermione mosse qualche passo verso di loro, posando un bacio sulla fronte di Rose e tornando a guardare Ron. Il dolore e il senso di colpa la stavano divorando, ma non poteva darlo a vedere. Non poteva ferirlo, non poteva ammettere ad alta voce il suo errore.

«Hai dormito in ufficio?» chiese, concentrandosi di nuovo sul biberon della figlia.

Hermione deglutì a forza, fissando le spalle di suo marito e sentendo le lacrime premere di nuovo per uscire. Le ricacciò indietro con tutta la forza che riuscì a trovare, e prese fiato per rispondere.

«Ero passata da Harry, te l'ho detto. Era ancora lì, e ci siamo fermati a chiacchierare senza renderci conto del trascorrere del tempo. Era tardi ed ero troppo stanca per Smaterializzarmi a casa, così mi sono fermata lì» disse, cercando di essere convincente e ringraziando il cielo per il fatto che lui non potesse guardarla in faccia. Sicuramente non gli sarebbe sfuggito che gli stava nascondendo qualcosa.

«Ok» disse semplicemente, voltandosi di nuovo verso di lei. «Io sono in ritardo, ci pensi tu a farla mangiare e a portarla da mia madre?» la sua voce non tradiva nessuna emozione, ma Hermione lo conosceva troppo bene per sperare che avesse creduto ad ogni parola della sua storia.

«Certo» disse, mentre il cuore le martellava nel petto per la tensione e il dolore. Ron si avvicinò a lei per posarle un bacio leggero sulle labbra.

«Ci vediamo al Ministero» la salutò, appena prima di afferrare la giacca e di Smaterializzarsi.
Hermione si passò le dita sulle labbra, dove poco prima si erano posate quelle ingenue e innocenti di Ron, e si sentì morire.
Aveva appena commesso il più grande errore della sua vita, e non sarebbe più potuta tornare indietro. Quel bacio casto che lui le aveva dato era stato come un pugno per lei, e a quel punto non riuscì più a trattenersi. Si lasciò cadere sulla sedia e scoppiò a piangere, prendendosi la testa tra le mani. I suoi singhiozzi coprivano i versi soddisfatti di Rose, che era intenta a giocare con il suo sonaglietto preferito e sembrava non essersi accorta di niente. Hermione si riscosse solo quando la bambina richiamò la sua attenzione, lanciando il giocattolo a terra.

«Mamma, vado da nonna?»
Hermione si asciugò le lacrime con un rapido gesto della mano.

«Certo, tesoro. Andiamo subito» accennò un sorriso e la prese in braccio, dirigendosi verso il camino.

«Oh, Hermione, buongiorno cara. Siete tutti un po' in ritardo questa mattina, eh?» la accolse Molly, tendendo le braccia per accogliere la nipote.

«Tutti?» chiese Hermione senza capire, e quando si guardò intorno vide Harry che parlava con Arthur, tenendo stretta la manina di James. La sensazione di nausea si impadronì nuovamente di lei nel momento in cui i loro sguardi si incrociarono. Rabbia e delusione si leggevano negli occhi di Harry, e lei fu costretta a voltarsi di nuovo verso Molly.

«Sembra proprio di sì» ironizzò con un sorriso tirato. Salutò Arthur con un gesto della mano, poi baciò Rose e si voltò di nuovo verso il camino.

«Grazie, Molly. Ci vediamo stasera» disse con gratitudine, ma prima che potesse svanire tra le fiamme verdi del camino, lei la fermò.

«Aspetta ad andare, cara. La Polvere Volante sta finendo, purtroppo» la avvertì, scoccando uno sguardo di rimprovero al marito. «Arthur si dimentica sempre di comprarla. Sarà meglio che tu e Harry facciate un viaggio solo, così ne resta abbastanza per andare a Diagon Alley più tardi» chiamò con un gesto della mano anche Harry, che aveva ascoltato la conversazione e si affrettò a raggiungerle. Salutò Molly baciandola su entrambe le guance, ed entrò nel camino senza guardare Hermione. Lei lo imitò, e improvvisamente il focolare sembrava essere diventato troppo piccolo e soffocante.

«Ministero della Magia!» scandì Harry deciso, e la cucina della Tana sparì in un vortice davanti ai loro occhi.



«Cosa hai raccontato a Ron?» le chiese tagliente, mentre camminavano attraverso l'Atrium. Hermione si voltò a guardarlo, incredula. Di tutte le cose che si sarebbe aspettata di sentire, il nome Ron era sicuramente l'ultima della lista.

«Ho mentito. Ma sa che eravamo insieme» Harry annuì impercettibilmente, restando in silenzio. «Ginny?»

«Non se ne è accorta, ha dormito con James e crede che io sia stato sul divano. Non ne abbiamo parlato» la sua voce era di nuovo piatta, quasi fredda, e Hermione desiderò con tutta se stessa che lui rivolgesse il suo sguardo verso di lei.

«Harry...» iniziò incerta, ma lui la interruppe con un cenno della mano.

«Devo andare in ufficio, è già troppo tardi» tagliò corto, lasciandola in piedi in mezzo al corridoio.

Hermione lo guardò allontanarsi, fissando la sua schiena come aveva fatto poco prima con quella di Ron, e di nuovo si sentì male. Le parole fredde e asciutte di Harry le diedero l'impressione che lo stava per perdere, e lei non avrebbe potuto sopportarlo. Gli aveva detto che avevano sbagliato, gli aveva fatto capire di essere pentita di quello che era successo, e lui ne era rimasto ferito.

Cosa c'era di sbagliato in lei? Perchè non riusciva ad affrontare se stessa e Harry? La verità era che fare l'amore con lui era stata la cosa migliore che le fosse capitata negli ultimi tempi, e venire a conoscenza dei sentimenti che Harry le aveva detto di provare nei suoi confronti la aveva riempita di un nuovo calore. Continuava a ripetersi che era sbagliato, mentre guardava Molly sorriderle, se lo ripeteva quando si specchiavi negli occhi azzurri di Rose, così simili a quelli di suo padre, e lo sapeva ogni volta che pensava a Ron e alla loro vita insieme. Lei aveva cominciato a sentirsi quasi insoddisfatta, ma quella non era certo una giustificazione per il suo comportamento. Non si chiese nemmeno se, potendo, lo avrebbe fatto di nuovo, perchè la risposta la spaventava troppo. Era giusto ferire e deludere Ron in quel modo, quando lui dimostrava di amarla incondizionatamente da anni? Probabilmente con un po' di sforzo e qualche parola sarebbe riuscita a sentirsi completa e a suo agio nella vita che avevo scelto, ma poi c'era Harry. Harry e il suo bisogno di lei, Harry e l'amore che le aveva confessato, Harry che l'aveva amata, con il suo calore e il suo profumo, appena qualche ora prima, e che adesso non le rivolgeva nemmeno più la parola. Aveva ferito tutte le persone più importanti della sua vita, e non sapeva come tornare indietro. Non sapeva nemmeno più cosa voleva.

«Parlami» lo implorò qualche ora dopo, fermandolo davanti le porte di un ascensore. Lui sembrò valutare l'ipotesi per qualche istante, poi la trascinò in un corridoio secondario.

«Cosa dovrei dirti, Hermione?» disse bruscamente. «Tutto ciò che volevo che sapessi te l'ho detto stamattina, e tu mi hai rifiutato. Sei venuta a letto con me, poi mi hai chiaramente detto di essertene pentita, cosa vuoi che ti dica?» ripeté, mentre gli occhi di lei si riempivano di lacrime. Come poteva dirgli la verità? Come poteva spiegargli tutto senza rischiare di ferirlo ulteriormente?

«Harry, io non mi sono pentita. O almeno, non credo di averlo fatto. Ma cosa significa tutto quello che è successo? Abbiamo delle famiglie, dei figli di cui essere responsabili. Non possiamo gettare tutto al vento per...»

«Per la passione di una notte? È questo che volevi dire?» la interruppe, approfittando della sua esitazione. «Vogliamo cose diverse, Hermione, è evidente. Non abbiamo più nulla da dirci, mi è tutto chiaro» disse con rabbia, voltandole le spalle e allontanandosi a grandi passi.
Hermione si guardò intorno disperata, notando che il corridoio in cui si trovavano era deserto. Vide Harry allontanarsi da lei per la seconda volta quel giorno, e in quel momento ebbe la certezza che nulla sarebbe mai più stato come prima. Aveva appena perso il suo migliore amico per la sua incapacità di reagire e di ammettere la verità, e non poteva sopportarlo.

Fu così che, in preda alla disperazione, estrasse la bacchetta dalla tasca della veste e la puntò contro la sua schiena: «Oblivion!»

E quello che era stato tanto giusto, tanto sbagliato, tanto desiderato e rinnegato, ora era conservato solo nei suoi ricordi.

*

Londra Babbana


«Tu mi hai modificato la memoria?» esclamò Harry incredulo, facendo voltare parecchie facce perplesse nella loro direzione. «Come hai potuto farlo?»

«Non potevo sopportare di perderti. In quel modo era come se non fosse successo niente» disse Hermione, tra le lacrime. «Ti supplico, perdonami»
Harry boccheggiò, guardandola sconvolto per qualche istante. Le aveva confessato i suoi sentimenti, aveva fatto l'amore con lei come aveva sognato per troppo tempo, e ora non ne conservava nemmeno il ricordo.

«Non ti avrei mai abbandonato» disse, come fosse ovvio. Lo aveva obliviato perché temeva che si sarebbe abbandonato per sempre da lei, e a Harry sembrò una cosa incredibile che non poté trattenere un sorriso incredulo.

«Ho avuto paura. Tu eri...diverso. Mi hai voltato le spalle e mi hai detto che non avevamo più nulla da dirci. Ho avuto paura» ripeté Hermione, scuotendo la testa e continuando a far scendere le lacrime lungo il viso.

Poteva forse biasimarla? Nascondeva quel sentimeno da troppo tempo, e non era impossibile che avesse avuto una reazione come quella che lei aveva appena descritto. Forse dopo sarebbe tornato sui propri passi anzi, ne era più che certo, ma in quel primo momento Hermione doveva aver sicuramente avuto troppa paura per riuscire a trattenere l'impulso di lanciargli l'incantesimo.

Harry le prese una mano, e questa volta lei non si ritrasse. Aveva bisogno di sentire la sua pelle contro la propria, di sentire il suo calore e il suo tocco confortante. Ne aveva bisogno, e non si ritrasse.

«È per questo che ultimamente mi stai evitando?» chiese lui all'improvviso, e lei annuì lentamente.

«Perchè adesso hai deciso di dirmelo?» Aveva finalmente capito tutto, ma quell'ultima parte lo lasciava ancora confuso. Che senso aveva avergli tolto il ricordo di quella notte se poi adesso era di fronte a lui a parlargliene?

«Sono incinta» 


 



BOOM!

NdA2:  Arieccoci bene, questa idea è nata in un modo un po' strano - nel senso che come al solito è partita da tutt'altro spunto rispetto al risultato finale - durante una conversazione sul gruppo facebook "Cercando chi dà la roba alla Rowling [Team Harry/Hermione]", in cui si parlava di un possibile figlio illegittimo di Harry e Hermione.
Forse avrà un seguito, forse resterà così, non lo so.
Bea

Ne approfitto per fare gli auguri, anche se in ritardo, a Mushroom, Purpetta98, e 
Wrath_Cassandra_Black_Malfoy.
Buon Birthday-A, ragazze ^^

   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Beapot