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Autore: zoe may    08/05/2012    1 recensioni
Un breve messaggio dedicato ad una persona importante.
Come mi sento dopo averla persa per una fatalità.
Come descrizione andrebbe bene anche sentimentale, in una piccola parte.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ti ho vista. Ti ho vista l’ultima volta in quel letto d’ospedale, se non fosse stato per il braccio di papà attorno alla vita che mi ha fatto fermare e voltare, sarei passata oltre, senza neanche riconoscerti. La tua testa era fasciata, gli occhi coperti dalle garze di cotone, il corpo nascosto da un lenzuolo bianco e poi, quei tubi; tutti quei tubi che spuntavano da tutte le parti, anche dalla bocca aperta con le labbra gonfie. Sarei passata oltre, non ti avrei riconosciuta, poi però l’ho vista. Ho visto la tua mano, quella mano grande, nodosa, cosparsa di lentiggini che conoscevo a memoria, liscia e ruvida contemporaneamente, con le unghie forti ma rovinate da una vita intera. E ora, io, cosa faccio senza di te? Dovevamo andare in Grecia a settembre, in crociera, il nonno, tu, ed io, l’importante era non prendere la barca come la volta in cui andammo in Croazia. Siamo state malissimo durante l’attraversata e, dicevi al nonno, seduto affianco a te «Odio, adesso muoio!» Invece non sei morta, e neanche io, il solo fatto di sentire la vostra voce, il solo fatto di sentire la tua voce che, nonostante il dolore dicevi al nonno di guardare anche me, il solo fatto di vedere i vostri sorrisi incerti dall’altro lato del corridoio mi ha fatto arrivare alla fine dell’attraversata. Pio il ritorno è andato meglio, no?! Ed i viaggi in aereo durante i quali tu parlavi ininterrottamente mentre io volevo il silenzio per starmene in pace ad occhi chiusi perché io soffro anche tra le nuvole. Abbiamo fatto la vacanza insieme anche per pasqua, con gli zii ed i cuginetti. Ci siamo salutate mercoledì sera quando mi avete riaccompagnata a casa dall’aeroporto. L’ultima volta in cui ti ho vista era domenica quindici aprile, ero venuta dal babbo per fare le guide dato l’imminente esame. Ci siamo salutate, io ero in macchina e tu dietro al cancello, vorrei tornare indietro ed abbracciarti. Abbiamo perlato al telefono il giovedì dell’esame, eri felice, avevo la patente, ero cresciuta! Poi nulla il silenzio, sono passati sette giorni senza la tua voce quando, all’improvviso, il giovedì mentre ero sul divano dopopranzo che guardavo Revenge suonò il telefono. Il tuo numero, la tua voce, per l’ultima volta. Ti ho detto «ti voglio bene»? Non lo so, non ricordo. Lo sai, non sono una persona affettuosa, non so dire ti voglio bene, non le so toccare le persone. E finito tutto di domenica, lo so che il giorno prima ti avevo detto che se volevi, se ne sentivi il bisogno, potevi andartene, ma ti volevo con me. Eri un genitore, no, anzi, due. Eri la persona che mi ha cresciuta, che mi ha amata. Spero tu stia bene ora. La mia unica speranza è quella di rivederti presto!
  
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