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Autore: Ireth    02/05/2004    8 recensioni
Legolas e Sarah, un elfo e una ragazza umana... La storia di un amore talmente intenso da sfidare il destino scritto dai Valar... Aspetto commenti!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Legolas, Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 10: Soffocando
“Insomma Gimli… Possibile che nemmeno tu sai dove sia? Ho bisogno di parlargli subito, è una cosa importante.”
“Oh Arwen, ti ho già detto che non ne ho idea… Ma perché ti preoccupi così tanto poi? Lo sai anche tu che ogni tanto lo prende quella sua voglia di isolarsi ed è capace di sparire dalla circolazione per giorni interi. Sarà a bighellonare sulla spiaggia o nel bosco… non è che forse sta con Argorn?”
Arwen lo guardò sospettosa… Era appoggiata allo stipite della porta della casa del nano che la fissava scorbutico come sempre, seduto sul suo letto e già pronto per coricarsi, con le coperte tirate sulle ginocchia.
“Non farmi ridere Gimli! Hai guardato in cielo quanto è già alta la Luna? Aragorn sta già dormendo in camera nostra, era molto stanco dopo la battuta di caccia di oggi… Ti ripeto la domanda: dov’è Legolas?”
“Ma quanto sei noiosa! Senti, non ne ho la minima idea e come hai detto tu è molto tardi, quindi voglio dormire… Cosa devi dirgli di tanto importante da non poter aspettare domani mattina?”
“Questo non ti riguarda!” Gli occhi di Arwen fiammeggiavano e il suo tono stava diventando molto sgradevole…
-Brutto segno- pensò Gimli, -L’elfo femmina ha capito che c’è qualcosa di grosso dietro lo strano comportamento di Legoas-
“Ad ogni modo,” continuò lei lievemente ammansita, “è tutto il giorno che lo cerco per parlargli ma prima è stato a caccia con Aragorn, poi aveva da fare, poi è stata ora di cena… Mi ha detto che avremmo parlato più tardi ma è sparito…” Gimli la interruppe:
“Va bene, va bene, va bene… ho capito! Se per uno strano caso dovesse piombare in casa mia in piena notte giuro che lo condurrò direttamente in camera tua e di Aragorn… Ora, per tutti i draghi, voglio dormire!!” Arwen uscì sbattendo la porta con malagrazia e s’incamminò verso il palazzo, borbottando tra se e se i suoi pensieri.
“Quel nano crede di prendermi in giro così facilmente… Come se non mi fossi accorta che sa cosa c’è dietro a tutta questa storia, è così evidente. Legolas è sempre stato strano, ma ultimamente sembra quasi impazzito… Se non lo conoscessi così bene lo riterrei un puro e semplice folle.
Non fa altro che sparire di continuo, per andare dove poi? Che cosa va a fare per ore ed ore nei boschi e sulla spiaggia? E le rare volte che si fa vedere sembra uno spettro ambulante, come se avesse sempre la testa da un'altra parte…”
Entrò nella sua stanza buia e fresca e si sedette sul letto, osservando Aragorn che riposava tranquillo, coi capelli sparsi disordinatamente sul cuscino. Lo scosse lievemente per svegliarlo.
“Aragorn… Mi senti?”
“Cosa c’è?” rispose Aragorn con la voce impastata dal sonno, socchiudendo un solo occhio.
“Ascolta, non sono riuscita a trovare Legolas… Non è che tu sai dov’è?”
“Ma che ore sono?”
“Abbastanza tardi…”
“E tu mi svegli nel cuore della notte per una cosa del genere?!”, borbottò Aragorn molto seccato, “Come faccio a sapere dov’è? La cosa più probabile è che sia nella sua stanza a dormire e che non gradisca essere seccato per nessuna ragione… Esattamente come me!” Detto questo richiuse l’occhio e non degnò più Arwen della minima attenzione.
“Ho bussato ripetutamente alla porta della sua camera ma non ho avuto risposta, secondo me non è li… Aragorn??? Dannazione si è riaddormentato…”
S’infilò di malavoglia sotto le coperte, possibile che neanche suo marito, che con Gimli era il migliore amico di Legolas, si fosse accorto che nel comportamento di Legolas c’era qualcosa di veramente troppo strano? Il giorno successivo doveva parlare con Legolas… che lui lo volesse o no, avrebbe dovuto starla a sentire.

Il sole filtrava già violentemente dai vetri della finestra quando Sarah aprì gli occhi, per un attimo credette di aver sognato tutto, ma poi sentì la sua pelle nuda a contatto con quella dell’elfo, sentì il suo respiro accanto al suo orecchio… No, non era stato un sogno, anche senza guardarlo lei sapeva che lui era ancora li.
Richiuse gli occhi e si strinse all’elfo sorridendo tra se e se; com’era caldo… troppo caldo.
“Legolas, ti senti bene?”
Si sollevò leggermente sul gomito per guardarlo in viso e rimase impietrita, mentre il suo cuore cominciava a battere all’impazzata. Il viso dell’elfo era cianotico, le labbra tirate erano secche, come prosciugate del loro solito colore rosato, che le faceva assomigliare ad un frutto maturo. Respirava in modo irregolare, come se l’aria non gli bastasse e la sua pelle era tutta imperlata da minuscole goccioline di sudore. Sarah gli accarezzò il viso e la fronte, era rovente.
“Dio Legolas, ma tu hai la febbre… Svegliati, ti prego, guardami…”
Lui sollevò debolmente le palpebre e nei suoi occhi azzurri, resi opachi come da una velatura, Sarah lesse il terrore e lo sgomento.
“Cos’hai? Ti senti male? Pedich anim, saes… (Parlami, ti scongiuro)”
“I gwelo…(L’aria)”
“Cosa? Cos’ha l’aria?”
“Mi uccide, sto soffocando…”
“Non riesci a respirare? Prova a metterti seduto…” Sarah cercò di aiutarlo ma lui non si sollevò.
“No… ferma!”
Lei lo guardava con le labbra socchiuse, senza saper cosa dire, cosa fare… Non riusciva a capire perché lui stava così male”
Legolas chiuse gli occhi per alcuni secondi, come per recuperare le energie, poi li riaprì e cercò con lo sguardo quelli di Sarah.
“Sarah… E’ quest’aria… per me è come veleno. Sono rimasto troppo a lungo nel tuo mondo… Che ore sono?”
“Quasi le dieci, abbiamo dormito a lungo…” Gli occhi di Sarah si riempirono di lacrime, mentre lo accarezzava teneramente… cominciava a capire e più nella sua mente i fatti acquistavano forma e senso più lei aveva paura.”
“Perché sei rimasto qui questa notte? Oh Legolas…”
“Mi sono addormentato… Non avevo mai dormito in tutta la mia millenaria esistenza… Sarah, è stato così…così bello addormentarsi tra le tue braccia… “ S’interruppe di colpo e tossì debolmente.
“Dovevi dirmelo! Perché non mi hai detto nulla?”
“Restare sulla terra solo per qualche ora per me non è pericoloso… ma se il tempo aumenta l’aria che respiro comincia ad intossicare il mio corpo, mi uccide…” una pausa straziante, interrotta dai suoi respiri deboli e spezzati, “…Sarah, sto morendo…”
Lei iniziò a singhiozzare, senza smettere per un attimo di accarezzarlo.
“Avo…Saes avo pedi sen…(No… ti prego non dirlo… )vedrai che andrà tutto bene, devi solo resistere fino a stasera. Appena la Luna sorgerà potrai tornare nel tuo mondo… Legolas, tirich nin… le avo firithach sí, le avo firitach. (Legolas, guardami… Tu non morirai qui, tu non morirai.)”
“Sarah… Grogon… (Ho paura)”
“ Im non sí, avo awarthon le, darthon gwa le…(Io sono qui, non ti lascio, resto con te)”
Si abbracciarono forte e rimasero così per alcuni attimi che parvero interminabili.
“Stai diventando freddo Legolas, aspetta…”
Si alzò e prese dall’armadio un'altra calda coperta con cui lo ricoprì e lo aiutò a sollevarsi per bere un po’ d’acqua. Poi si rannicchiò sul letto accanto a lui e lo abbracciò.
“Aspetteremo insieme la Luna… Ora cerca di riposare…”
Legolas chiuse gli occhi esausto e Sarah lo guardò sconsolata. Le labbra dell’elfo stavano iniziando a diventare bluastre… Stava soffocando… Avrebbe resistito fino a sera?

Arwen spalancò la porta della casa di Gimli come una furia, interrompendolo durante la sua pantagruelica colazione.
“Si può sapere dove è?”
Lui la scrutò evidentemente alterato e picchiò un pugno sul tavolo.
“Vattene!”
Per tutta risposta Arwen si avvicinò alla tavola con passo battagliero e si sedette di fronte al nano.
“Ascoltami bene, perché non ho intenzione di ripetertelo. Me ne andrò soltanto quando tu mi avrai detto cosa sta succedendo a Legolas… Non farmi credere di non sapere nulla… si capisce benissimo che stai nascondendo qualcosa…”
“Te lo ripeto per l’ennesima volta: non so dove sia Legolas e ritengo che non stia succedendo nulla di strano e preoccupante… Avrà solo voglia di stare un po’ da solo con i suoi pensieri… A te non capita mai, vecchia strega?!?”
L’ultima parte della risposta di Gimli fu troppo per Arwen che prese un enorme barattolo marmellata dal tavolo e lo scaraventò per terra frantumandolo in un’infinità di schegge scintillanti.
“Non ti permettere quest’insolenza nei miei riguardi, stupido nano… Devi portar rispetto alla stirpe elfica, ricordatelo bene! Basterebbe una mia parola e verresti immediatamente scaraventato in mare dalla rupe più alta dell’isola!”
Per tutta risposta Gimli sogghignò serafico.
“Credevo che queste usanze barbare fossero terminate con l’estinzione della stirpe degli orchi… Non è che per caso hai qualche oscuro ramo tra i tuoi innumerevoli avi, oh deliziosa e squisita principessa elfica? Se a palazzo sono tutti noiosi e seccanti come te temo che Legolas sia fuggito in cerca di luoghi più tranquilli, lo sai, vero, che detesta gli impiccioni e i maleducati?”
“Bada, vecchio nano idiota! Stai oltrepassando il limite…”
“Anche tu stupido elfo!”, Gimli si rizzò in piedi, ribaltando la sedia e fissando Arwen con gli occhi ridotti a due fessure scure, ” se non fossi la moglie di Aragorn avresti già assaggiato la mia ascia…”
“Che succede qui?”
Aragorn, evidentemente preoccupato dai toni della discussione, fece irruzione nella stanza, mettendosi tra i due; uno scricchiolio sotto i piedi gli fece notare la miriade di cocci di vetro appiccicosi di marmellata sparsi per tutta la stanza.
“Ripeto la domanda: che cosa è successo?” Ora il suo sguardo appariva inquisitore e molto più severo.
“La tua signora si è fatta venire un attacco isterico nella mia cucina perché non riesce a trovare Legolas… A proposito”, aggiunse smuovendo le schegge di vetro con la punta del tozzo stivale, “ora mi deve un barattolo di marmellata di more!”
Aragorn trattenne a stento una risatina divertita, era impossibile arrabbiarsi con l’amico… Soltanto Gimli, in una situazione tanto spinosa, poteva preoccuparsi della sua marmellata di more. Piuttosto era Arwen a preoccuparlo… Ultimamente non faceva altro che insistere sulla questione di Legolas.
“Arwen! Di nuovo questa storia di Legolas? Dagli un po’ di tregua, te ne prego… Perché sei così insistente circa il suo comportamento?”
“Perché è strano, e sembra che voi vogliate fingere di proposito di non accorgervene… inoltre sono sicura che Gimli sa qualcosa, qualcosa d’importante che noi due dovremmo sapere e che lui non vuole dirci. Ad esempio perché ultimamente Legolas non fa altro che sparire, per poi comportarsi come uno squilibrato le rare volte che si fa vedere in giro…”
”Ora basta!!” Aragorn la interruppe bruscamente, “Sono stanco di sentire questa storia, se Legolas avesse qualche problema di certo ne parlerebbe anche con me… E in ogni caso sembri dimenticare che è sempre stato un po’ strano, sin da quando lo abbiamo conosciuto. Sai meglio di me che ci sono dei periodi in cui diventa molto evasivo e vuole star solo, per cui mettiti l’anima in pace e non continuare a dare il tormento a me, a Gimli e soprattutto a Legolas!”
Arwen lo guardò furiosa e corse via, diretta verso i giardini del palazzo, Gimli, invece, s’inginocchiò sospirando, iniziando a raccogliere i cocci di vetro, aiutato dal povero Aragorn, un po’ imbarazzato per il comportamento di Arwen.
“Gimli, mi dispiace per ola situazione… Ultimamente è così preoccupata per Legolas che deve rendere tutti partecipi di questa sua situazione emotiva. In effetti, lui è strano ultimamente, anche se non molto più del solito… Pensi che sia ancora per la storia di Milúviêl?”
Gimli colse la palla al balzo, avevano finito di raccogliere i cocci e ora stavano seduti uno di fronte all’altro. “Penso di si, sai… Legolas è molto infastidito dalla sua insistenza; non ha alcuna intenzione di sposarla e lei non fa altro che tormentarlo di richieste. Inoltre re Tranduil vorrebbe che queste nozze si facessero… Quindi puoi immaginarti lo strazio di Legolas…. Focaccina?” disse porgendo una focaccina calda, fragrante e ricoperta di zucchero ad Aragorn, che l’agguantò senza farsi pregare. Gimli continuò:
“Il padre che insiste da una parte e Milúviêl dall’altra. Peggio di una tenaglia infernale! Legolas non sa come farli smettere…”
“Già, deve essere una bella seccatura… Ora che mi ci fai pensare l’altro giorno, quando abbiamo cenato insieme, ha detto di essere un po’ stanco e preoccupato per questa storia… Secondo te possiamo fare qualcosa?”
“Non credo… Ma a mio parere non dobbiamo preoccuparci più di tanto. Prima o poi il padre si stuferà di assillarlo e Milúviêl troverà qualcun altro a cui appiccicarsi come una mosca sul miele; così lasceranno in pace Legolas.”
“Hai ragione come al solito Gimli, scusa ancora per il comportamento di Arwen… Ora vado a cercarla, non vorrei che si fosse offesa troppo, prima sono stato un po’ brusco…”
Gimli sorrise benevolo e sollevato per essersi tirato fuori così abilmente da quel discorso abbastanza pericoloso per il segreto di Legolas.
“Certo, certo, vai… E chiedi scusa da parte mia alla tua consorte per la mia scontrosaggine, ma era talmente insistente…”
“Non preoccuparti, tutto a posto…”
Aragorn uscì sorridente e Gimli tirò un immenso sospiro di sollievo…
“Quanti problemi per tener testa alle donne…” borbottò tra se.
“Nano!”
Gimli sollevò gli occhi al cielo dopo aver visto chi richiamava la sua attenzione in modo tanto maleducato dall’uscio di casa.
“Ecco giungere il peggio del peggio! Che vuoi Milúviêl?”
“Dov’è Legolas?”
Quante volte gli avevano fatto quella domanda nelle ultime ventiquattro ore?
“Non ne ho la minima idea, ma anche se lo sapessi mi guarderei bene dal dirtelo; Legolas non ha nessuna voglia né di vederti, né di parlarti. Quindi perché non mi fai il favore di levarti di torno?”
Lei lo guardava insolentemente, picchiettando la punta della scarpa sulle assi del pavimento, lui ricambiò lo sguardo di sfida.
Dopo alcuni secondi di silenzioso fronteggiarsi Milúviêl si scostò i capelli scuri e lisci dal viso con un gesto sprezzante, si voltò e se ne andò, senza risparmiare a Gimli un insulto poco carino.
Il nano tornò a sedersi per finire la sua colazione, sperando di poter essere lasciato in pace per almeno qualche ora. Mentre mangiava però, un pensiero poco piacevole si affacciò alla sua mente.
Perché Legolas non era ancora tornato? Ormai era giorno inoltrato e doveva aver già lasciato la casa di Sarah e attraversato il passaggio di luce da un pezzo. Di solito durante la mattinata veniva sempre a fargli un saluto, era strano che non si fosse ancora fatto vedere. Ma quella nube oscura sui suoi pensieri fu subito spazzata via. Probabilmente Legolas era solo stanco e si stava riposando da qualche parte, di certo sarebbe passato a salutarlo più tardi.

Sarah guardò l’orologio, ormai era pomeriggio… Legolas doveva resistere ancora qualche ora, poi quell’incubo sarebbe finito.
“Legolas…”
Lui aprì gli occhi debolmente e la guardò.
“Vuoi mangiare qualcosa? Ti farebbe bene, recupereresti un po’ di forze…”
Lui scosse la testa senza parlare poi aprì la bocca come per dire qualcosa ma non emise alcun suono. “Cosa c’è Legolas?”
“Gerin him…Gwelo thia hathol neledhel ben nîn rhoe, hêl nîn(ho freddo…L’aria è come una lama che trafigge le mie carni, mi congela)”
In effetti, il corpo di Legolas era sempre più freddo, Sarah cominciava a perdere le speranze.
“Dinen le, meleth (rilassati, amore)”, disse piano, “Si edrach i ethir a solich in hin” Ora socchiudi la bocca e chiudi gli occhi). Detto questo chiuse delicatamente le narici di Legolas con una mano, poi accostò le labbra a quelle dell’elfo e soffiò nel suo corpo l’aria tiepida dei suoi polmoni. Lo fece più volte, fino a quando le parve che l’elfo smettesse un po’ di tremare.
“Athron mae? (va meglio?)” chiese speranzosa. Lui la guardò teneramente annuendo appena.
“Annon le, Sarah. (Grazie Sarah).Il tuo fiato è così caldo, per un attimo mi è sembrato di stare in paradiso… sai, non credevo, ma persino la morte è dolce se sei accanto a me.”
“Non dirlo Legolas… Manca poco ormai a sera, la Luna sta per sorgere, non ti arrendere ora.”
“Sarah… qualunque cosa accada… tu… tu non dimenticarlo… mai… Io ti amo.”
Detto questo chiuse gli occhi, come in attesa di qualcosa, come se aspettasse la morte da un momento all’altro. Le lacrime rigavano il volto di Sarah, un’espressione mista di dolore e terrore era dipinta sul suo volto… Non doveva finire in quel modo, era ridicolo… Lei non poteva permetterlo.
“No Legolas, non ti lascio morire così, a costo di morire con te…”
Ricominciò a soffiare aria calda nei polmoni di Legolas, senza fermarsi un attimo, senza riprendere fiato per un solo istante… continuò per ore, senza curarsi della debolezza che sentiva dentro di se, della pesantezza che le invadeva il capo… Stava dando tutto l’ossigeno che poteva a Legolas senza tenerne per se, ma continuò, continuò fino a quando la Luna apparve pallida, illuminando la stanza.
Si staccò dalla sua bocca ansimando…
“Legolas… la Luna è sorta, ti prego, fai un ultimo sforzo… Alzati, ti tengo io… Puoi farcela…”
Lo aiutò a rivestirsi, poi, un passo alla volta, sempre sorreggendolo, riuscì a trascinarlo fino alla finestra, la aprì e si appoggiarono entrambi alla ringhiera del balcone, circondati dai vasi di fiori che emanavano profumi intensi e penetranti.
“Vai Legolas, vattene in fretta… Sei così debole…”
Lui la guardò, era pallido ed emaciato, ma stava sorridendo dolcemente, con la mente stava richiamando il passaggio di luce, che si stava formando tremolante e lattiginoso dinnanzi a loro.
“Sono vivo grazie a te principessa, grazie con tutto il cuore… Forse per un giorno o due non potrò venire da te ma ci rivedremo presto.” Lei lo baciò rapidamente sulle labbra.
“Va ora.” Con le ultime forze rimaste Legolas saltò nel passaggio e sparì dalla vista di Sarah. Lei rimase eretta ed immobile ad osservare il passaggio affievolirsi, fino a quando sparì. Poi, quando tutta la luce se ne fu andata, si accasciò a terra e scoppiò in lacrime.

Gimli era preoccupato, ora temeva veramente che a Legolas fosse accaduto qualcosa di spiacevole.
L’amico non si era fatto vivo per tutto il giorno e Gimli, ormai in preda all’ansia, si era persino arrampicato sull’albero che si affacciava proprio di fronte alla camera dell’elfo, ma vi aveva trovato solo conferme alle sue paure… La camera era perfetta, pulita e in ordine: L’amico non vi tornava da molto tempo.
Così, vincendo le sue reticenze, si decise a recarsi alla spiaggia dove sapeva si apriva il passaggio di luce. Legolas non gli aveva mai detto come funzionava, né come fare per farlo apparire.
“Forse non servirò a molto ma è meglio di niente, non ce la faccio più ad aspettare.”
Ma la spiaggia era deserta, la marea correva pigramente sulla sabbia dorata, increspandone la superficie compatta. Il cielo era limpido, senza nemmeno una nuvola, illuminato da un grosso spicchio di luna che diventava ogni sera più tonda. Il povero nano vagò a lungo sulla spiaggia, incespicando nelle rocce nascoste dalla sabbia e infradiciandosi i calzari nelle pozze lasciate dalla marea.
“Legolas, dove sei?”
Si sedette a terra scoraggiato, cosa avrebbe fatto se l’amico non fosse più tornato? Avrebbe dovuto parlare a qualcuno del segreto di Legolas o le circostanze avrebbero richiesto ugualmente l’adempimento della promessa fatta all’amico?
Proprio mentre era assorto in tali pensieri, udì un tonfo accanto a lui; si voltò appena in tempo per veder cadere l’amico a faccia in giù sulla sabbia a pochi metri da lui e rimanere disteso, il corpo scosso da violenti singhiozzi e colpi di tosse. Gimli si precipitò accanto a lui.
“Per tutti gli stregoni! Cosa ti è successo? Legolas, mi senti?”
La condizione dell’amico lo turbò parecchio. I suoi occhi erano dilatatati e arrossati, i suoi capelli, sempre in ordine, tutti scompigliati e spettinati, le mani stringevano convulsamente la sabbia sotto di lui e le sue labbra tremavano come foglie sconvolte dal vento autunnale. Ma ciò che più spaventava era il suo respiro: irregolare e rumoroso, ansimante come quello di chi ha passato lunghi momenti sott’acqua e poi riemerge avido d’aria e di vita.
Gimli l’ aiutò a sollevarsi e gli tolse i granelli di sabbia rimasti attaccati al suo bel viso.
Che ti è successo? Mi hai fatto prendere uno spavento che nemmeno te l’immagini… riesci a respirare?”
Legolas annuì senza smettere di ansimare e tossire, arpionandosi alle mani dell’amico.
”Ti prego Gimli… Portami… portami a casa…”
Sembrava un bambino sconvolto da qualcosa d’inspiegabile per la sua giovane mente, aveva paura e Gimli lo capì.
Non fece più domande, lo aiutò ad alzarsi e, con fatica i due s’incamminarono verso il palazzo. La strada, percorribile in venti minuti con passo relativamente tranquillo, richiese ai due più di un’ora. A Legolas mancava il fiato e doveva continuamente fermarsi e riposare, le ginocchia gli cedevano e la vista gli si confondeva.
Arrivarono nel giardino trascinandosi e arrancando, Gimli stava per condurlo verso il palazzo, quando Legolas si fermò.
“Ti prego… non voglio stare solo, non questa notte. Fammi stare a casa tua, amico mio.”
Gimli sorrise e lo condusse nella sua dimora, gli tolse amorevolmente la casacca e gli lavò il viso e le mani impolverati. Poi lo distese nel suo letto, per fortuna di grandi dimensioni per un nano e quindi abbastanza grande per Legolas, e lo ricoprì con delle calde coperte. L’elfo sembrava riprendere un po’ di colore e dopo una tazza fumante di latte smise di tremare come un filo d’erba sferzato dal vento.
“Legolas, ti prego, ora dimmi cosa ti è successo…”
“Ci siamo addormentati…e ho perso il passaggio. Quando ci siamo svegliati non riuscivo a respirare, credevo di morire, sarei morto se…” S’interruppe fissando il fuoco che ardeva nel camino.
“Se cosa?” chiese Gimli impaziente.
“Sarah mi ha tenuto in vita… mi ha soffiato aria calda nei polmoni per ore intere. Lo devo a lei se sono vivo… Oh Gimli, io l’ho vista così da vicino…”
“Chi?” Gimli appariva perplesso, forse l’amico aveva la febbre ed era in preda al delirio.
“La morte… Io.. Io l’ho sentita. Mi è passata accanto e mi ha soffiato sul collo il suo fiato gelido… Il calore di Sarah mi ha poi strappato da lei, ma io ho sentito le sue dita lunghe e ghiacciate stringersi intorno al mio collo, alla mia anima… L’oblio steso davanti a me mi ha riempito d’angoscia, le tenebre infinite erano ad un passo dal mio corpo… bastava un altro attimo e io vi sarei sprofondato dentro…”
“Non agitarti Legolas, è tutto finito.” Gimli cercava di tranquillizzarlo, non voleva che l’amico si agitasse ancora. Poi una domanda si affacciò alla sua mente.
“Ma come hai fatto ad addormentarti? Tu sei un elfo e quindi non dormi, riposi solamente. Come ti è potuto accadere di essere vinto dal sonno?”
Legolas guardò gli occhi preoccupati dell’amico e gli rispose con una sincerità innocente e disarmante.
“Amico mio, ieri notte per la prima volta ho conosciuto il sonno, dopo aver conosciuto l’amore con la creatura a cui rimarrò legato per il resto della mia esistenza. L’ho amata, Gimli, e non credevo che si potessero provare sensazioni così vere, così piene, così intense… Sono come rinato attraverso la morte…”
Gimli arrossì comprendendo appieno le parole di Legolas che tacque, vide le sue palpebre diventare pesanti e dopo pochi attimi cadde profondamente addormentato.
Gimli lo guardò dubbioso e preoccupato, contemplando il bel volto dell’elfo si commosse.
Si avvicinò al camino e parlò, come se stesse parlando al fuoco scoppiettante:
“Hai trovato una felicità maledetta amico mio, perché indubbiamente ti porterà alla rovina. Segui la strada che la tua anima ti indica, quella che ritieni più giusta, in ogni caso io sarò con te; ma il mio cuore trabocca di dolore e le lacrime bagnano il mio viso, perché grande è la mia pena per te e per quella creatura umana disgraziata. Tu vai incontro alla morte e lei alla disperazione più devastante, dove troverete il riparo per proteggere il vostro amore e la vostra fragile felicità? Di certo non nella casa di questo povero e vecchio nano. Per quanto io cercherò di proteggervi alla fine qualcuno vi scoprirà. Che i Valar vi aiutino! Che possano ascoltare ed esaudire la mia preghiera anche se non sono i miei dei, anche se sono solo un nano.”
  
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