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Autore: Atelo_Phobia    09/05/2012    2 recensioni
(Si schiarisce la voce arricciando le labbra in perfetto stile Rachel Berry - tanto amore per quella donna -)... Adoro Rachel - in caso non si fosse capito - alla FOLLIA. Lei è la ragione numero uno (e due e tre, almeno fino al dieci) per cui guardo Glee. Tra le altre ricorderei il Brittana [Santana = (unholy) love] e... rullo di tamburi... Quinn Fabray! Ok. Ho passato due anni a mandarla a quel paese non appena compariva sullo schermo, ma poi ho aperto gli occhi: il Brittana non si può toccare perchè è sacro, ma essendo Rachel e Quinn entrambe libere (No, Finn non lo considero. Può fare l'attaccapanni, se gli va)... Perchè non tentare una Faberry?? Anche perchè il nome spacca e io quelle due le adoro insieme...
Ok questa introduzione fa più schifo di tutte le mie altre messe insieme, il che è un bel risultato visto l'orrore considerevole delle altre. Ma oggi mi supero, perciò...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Quinn Fabray, Rachel Berry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Pulizie Di Fine Inverno




 





<< …E quindi, insomma, penso proprio che il suo vestito fosse un falso! >> mormorò Kurt sovraeccitato in sussurro perfettamente udibile a Mercedes, che, seduta di fronte a lui, pendeva letteralmente dalle sue labbra.
<< No!? Mi prendi in giro? Non posso crederci! >> esclamò la ragazza scuotendo la testa. << E tu che ne pensi, Rachel? >> aggiunse poi dando una gomitata all’amica per cercare di attirare la sua attenzione << Rachel? Rachel, ci sei? >>
<< Eh? Cos…? >> borbottò la mora, violentemente riportata alla realtà, fissando con aria colpevole Kurt, che la osservava di rimando, piuttosto seccato dal fatto che qualcuno, evidentemente, non fosse sconvolto quanto lui dalla notizia del falso di Hollywood.
<< Mi spieghi che hai oggi? >> domandò addentando un pezzo pericolosamente grande della sua bistecca di soia << E’ tutta la mattina che ti comporti in modo strano >>
<< Ma che dici? No, non è vero… Sono solo un po’… >> balbettò Rachel in difficoltà << D-di che parlavate? >> aggiunse poi in un debole tentativo di attirare l’attenzione di Kurt che, seguito lo sguardo della mora, sembrava aver individuato il motivo della sua disattenzione nel tavolo esattamente di fronte al loro, al quale era seduto Finn accanto alla sua dolce metà: Quinn Fabray.
Scosse la testa, preoccupato, ignaro del fatto di aver preso un granchio grande quanto l’ego smisurato e la massa molare di Lauren Zizes.
<< Rachel >> cominciò improvvisamente serio << Te lo stavo spiegando anche stamattina, prima che fuggissi via in quel modo… Prova ancora qualcosa per te, ma… sta con Quinn, ora. Devi accettarlo >>
<< Sì, io… >> sussurrò Rachel a bassa voce << Lo so. E’ solo che… >> ma s’interruppe, perché proprio in quell’istante, Finn aveva stretto la mano di Quinn. Distolse in fretta lo sguardo dai due, deglutendo a fatica.
Mercedes sospirò, cercando di rincuorare l’amica con dei piccoli colpetti sulla schiena. << Passerà, Rachel. Passerà. >>
Rachel le sorrise incoraggiante, non del tutto certa di sapere che cosa, di preciso, dovesse passare.

*


<< Bene. >> iniziò il professor Shuester fregandosi le mani non appena anche Puck, mano nella mano con la sua dolce metà, varcò l’aula del Glee Club << Ora che ci siamo tutti, vi prego di ascoltarmi, perché vi devo dire una cosa piuttosto impor…>>
<< Sì, lo sappiamo. >> borbottò Santana annoiata << Oggi ci sono le prove generali dei pezzi che dovremo cantare per beneficienza. Che gioia! >> aggiunse poi con una sottilissima punta di sarcasmo rivolgendo lo sguardo ad Artie. << Piuttosto che cantare con Due Ruote, qui presente, mi taglierei le gambe. Non so se capisci l’ironia, compare. >>
<< Sta’ zitta, Satana. >> sibilò lui esibendo un sorriso così falso e forzato da fare invidia alle smorfie di Sue Sylvester.
<< No, Santana, in realtà oggi non ci saranno le prove generali, non per tutti, per lo meno. >>
<< Eh? >> borbottò Sam.
<< A dire il vero sono molto deluso. Avevo deciso di farvi partecipare a questa esibizione a coppie per fare in modo che diventaste un gruppo più unito. Non vi ho chiesto di comprare casa insieme o di sposarvi, soltanto di preparare un duetto. >>
<< Scusi, professor Shue, ma qual è il problema? >> chiese Mike << Penso che tutti abbiamo portato a termine il lavoro. >>
<< Il problema, Mike, è che stamattina uno di voi mi ha pregato di poter cambiare compagno. Ne sai qualcosa, Quinn? >> domandò Will con severità.
<< Io… >> iniziò la ragazza, imbarazzata dalla totalità degli sguardi su di lei << Non so che dire… ho solo chiesto se fosse possibile fare cambio con qualcuno… >>
<< Domanda interessante. >> intervenne nuovamente Santana << Avanzo anche io la stessa richiesta di Quinn! >> stabilì alzando la mano.
<< Santana, smettila! >> la zittì Will. << Spiegati >>
ordinò poi rivolto alla bionda.
<< E’ solo che io e Rachel non… >> in quel momento l’attenzione generale dei membri del Glee Club si spostò sulla mora, l’unica che, a seguito della notizia, era rimasta in assoluto silenzio. Teneva gli occhi fissi a terra, mordendosi il labbro con agitazione, e battendo il piede su un ritmo inesistente come faceva sempre nei momenti di nervosismo.
Per un istante, lo sguardo di Quinn scivolò su di lei, quasi per caso, e provò una strana fitta allo stomaco, esattamente a metà tra sofferenza e la tenerezza, nel guardare Rachel. Senza accorgersene inclinò la testa appena appena di lato, per poterla scrutare meglio, ignara del sorriso leggero che le si era dipinto in volto nell’osservare quel suo modo strano di fissare il pavimento quando si sentiva in difficoltà.
Era così dolce da togliere il fiato, pensò in un soffio di vento. Oh Santo Cielo, ma che diavolo le prendeva?
<< Aspetta… >> ragionò Will << Rachel, ma tu non lo sapevi? >> La mora scosse il capo.
<< Quinn! >>
<< Co-cosa? >> balbettò quest’ultima ritornando improvvisamente alla realtà, sentendosi chiamata in causa.
Will sospirò, scuotendo il capo. << Allora, ragazzi. Non ho intenzione di andare avanti oltre con questa pagliacciata… >> – << Un pagliaccio? No, voglio andare a casa. Mi fanno paura i pagliacci. >> intervenne Brittany a bassa voce, gli occhi all’improvviso grandi per il terrore, e il labbro inferiore tremolante, come se fosse sul punto di piangere – << Perciò il discorso finisce qui. Rachel, tu e Quinn oggi non vi esibirete, e per punizione rimarrete a scuola a ripulire l’auditorium! >>
<< Cosa? Ma professor Shue, c’è appena stata la recita di Natale, ci vorranno secoli per sistemare tutto! >> esclamò Rachel che, riacquistato parte del suo autocontrollo, sembrava molto più che seccata; furibonda.
<< Meglio, almeno non perderete tempo a litigare! >>
<< La prego >> intervenne Quinn << Almeno non oggi. Un giorno qualsiasi va bene, ma non oggi >>
<< Mi dispiace, ragazze, ma l’avete voluto voi. Questa è la mia ultima parola. E ora, cominciamo: Puck, Brittany >> aggiunse poi << Vi va di essere i primi? >>
<< Puckzilla è sempre sull’attenti! >> borbottò Puck strizzando l’occhio a Lauren, mentre Brittany, con la sua solita aria un po’ svagata, si guardava intorno, lo sguardo cupo: << Solo se non ci sono pagliacci >> decretò infine.
<< Forza, Britt >> esclamò Artie cercando di incoraggiare la ragazza << Sei la migliore! >>
<< Sì, BrittBritt. >> lo interruppe Santana, sottolineando con ferocia il soprannome che aveva utilizzato per chiamare l’amica; soprannome che soltanto lei poteva utilizzare << Andrai benissimo! >> Poi si rivolse ad Artie, seccata: << Di’ un po’, da perfetto ruffiano quale sei, pensi di farle una standing ovation, alla fine? >>
Lui la fulminò con lo sguardo, gli occhi ridotti a fessure. << Che c’è? Oh, già… >> sibilò Santana perfidamente portandosi la mano alla bocca fingendosi dispiaciuta << Le tue gambe non funzionano. Continuo a dimenticarmene… A te non capita mai? >>
<< Santana, mi pareva di averti già detto di smetterla >>
<< E a me pareva di averti già detto di andare all’inferno. Eppure, inspiegabilmente, sei ancora qui. E dire che la strada è anche tutta in discesa. Non dovresti nemmeno fare fatica con quella caspita di sedia a rotelle. Prendila come una gita di piacere! >>
<< Voi due! >> intervenne Will << Avete finito? >>
<< Sì, certo, scusi professor Shue >> borbottò Artie.
Santana si zittì, ma arricciò le labbra con pericolosa ferocia. << Io quello lo ammazzo. Giuro che lo ammazzo. >> sussurrò rivolta a Quinn, seduta accanto a lei, e completamente concentrata ad osservare Rachel. << Ehi, ci sei? E piantala di fissare la Berry. Comunque, stavo dicendo che io Due Ruote lo uccido con le mie mani. >>
<< Ah, la gelosia…>> borbottò Quinn << Brutta bestia… >>
<< Che cosa hai detto, scusa? >> chiese Santana allarmata.
<< Io? >> Quinn si finse sorpresa << Niente. >>
<< Ecco, brava… Continua così… >> borbottò Santana a denti stretti.


*


Quinn sbuffò spazientita, osservando l’ora. << Al diavolo >> borbottò << Siamo qui già da un’ora e avremo fatto forse un decimo del lavoro! >> continuò chinandosi a raccogliere parte della scenografia.
Rachel rimase zitta, proseguendo con l’attività. Non aveva detto ancora una parola da quando la punizione era cominciata, nonostante i vari tentativi di Quinn, che aveva cercato in qualche modo di sostenere una conversazione: se dal principio si era limitata a cenni di assenso o dissenso, in seguito aveva cominciato ad ignorarla.
La bionda sbuffò di nuovo, alzando lo sguardo sulla diva e mordendosi il labbro inferiore, non del tutto certa che tentare l’approccio diretto fosse la soluzione migliore.
<< Ehi >> cominciò << Lo capisco se sei arrabbiata con me… Insomma, io... >> cominciò con titubanza.
<< Non sono arrabbiata con te. >> La interruppe Rachel con voce piatta continuando a pulire.
<< Ah. Davvero? >> chiese Quinn stupita.
Rachel scosse il capo. << Penso solo che prima finiamo, prima possiamo tornare a casa. >> disse stringendosi nelle spalle. << Non voglio costringerti alla mia presenza. >> sussurrò. Quinn non lesse sarcasmo nelle sue parole, ma soltanto un tentativo maldestro di celare una ferita ancora aperta.
Alzò gli occhi su di lei, fissandola intensamente. << Non mi stai costringendo ad un bel niente. >> borbottò Quinn tutto d’un fiato. Poi si bloccò, interdetta. << Io… insomma... >> si schiarì la voce improvvisamente roca << A me… piace passare del tempo con te. >> mormorò con semplicità.
Cavolo, questo non avrebbe dovuto dirlo. Cavolo.
<< E allora perché hai chiesto a Shue se potevi fare cambio coppia con qualcuno? >>
<< E’ solo che… che non penso che le nostre voci si… armonizzino bene insieme, ecco tutto >> concluse evasiva.
Attese la risposta di Rachel, che non giunse, perché la ragazza, visibilmente infastidita dalle parole dell’altra, aveva ripreso a lavorare e pareva essersi nuovamente chiusa in un completo silenzio.
Quinn sospirò e, rassegnata, ricominciò a pulire il palco dell’auditorium, senza cercare, questa volta, di rivolgere la parola all’altra.
Per circa mezz’ora l’unico rumore udibile fu un silenzio carico di tensione rotto soltanto dai passi delle due ragazze che percorrevano in continuazione l’auditorium, intervallati dagli sbuffi d’impazienza di Quinn; finché il suo cellulare non squillò. Prima ancora che avesse avuto il tempo di rispondere, Rachel parlò: << Credo che tu debba andare. >> disse senza alzare lo sguardo su di lei.
<< Cos…? >> cominciò Quinn, fissandola << Di che stai parlando? >>
Rachel sorrise, riuscendo a stento a celare quel velo di tristezza che le offuscava lo sguardo: << Di Beth. Va’ da lei. >>
Quinn la guardò, sorpresa. << Scusa, ma tu come fai a sapere che oggi Shelby è in città e mi ha permesso di vederla? >> chiese.
Rachel abbassò lo sguardo, cercando di evitare di incrociare lo sguardo di Quinn. << Non importa. >> mormorò stringendosi nelle spalle mentre si grattava il naso << Comunque, è meglio che ti sbrighi. >>
La sua voce tremava, osservò la bionda con dispiacere, fissandola intensamente, il telefono ancora stretto in mano, indecisa sul da farsi.
<< Senti. >> cominciò cercando il suo sguardo << E’ colpa mia se ci troviamo qui, quindi…>> si morse il labbro << Resto. >> decretò infine.
<< Oh, al diavolo, Quinn, è tua figlia! >> sbottò Rachel ad un tratto alzando lo sguardo su di lei e fissandola dritto negli occhi << Vuoi davvero rimanere a darmi una mano, invece che andare da Beth? Quando la rivedrai di nuovo? Tra un mese? Due? >>
<< Io… >> cominciò l’altra in evidente difficoltà << Non ne ho idea. Credevo solo che fosse mio dovere >>
<< Anche fare il genitore è un dovere, Quinn. >> rispose Rachel. Deglutì e poi proseguì con un tono più dolce << So che hai paura. Ma fallo per lei. Ogni figlio ha bisogno della propria madre. >>
La bionda rimase in silenzio per qualche istante, ascoltando solo la perfetta dissonanza tra i battiti del cuore e il peso di ogni respiro; senza sapere quale fosse la cosa giusta da dire, sempre che esistesse. Poi annuì; Rachel aveva ragione: era cresciuta: troppo per nascondersi dietro le proprie paure.
<< Io… >> sussurrò all’altra, ma si interruppe. Non riusciva a trovare le parole giuste. << Solo… Grazie, Rachel. Grazie. >>
Lei annuì, senza dire una parola, limitandosi ad osservare Quinn raccogliere le proprie cose in pochi istanti, e lasciarsi alle spalle l’auditorium, diretta verso sua figlia.


Quinn camminava veloce, il respiro affannoso e il cuore in gola. Aveva a lungo cercato dentro se stessa il coraggio per affrontare gli occhi innocenti di Beth, ma non aveva trovato altro che paure infantili nascoste dietro alla sua vecchia uniforme da Head Cheerleader e piccole insicurezze che riaffioravano ogni volta che scorgeva il suo riflesso in uno specchio.
Anche fare il genitore è un dovere, Quinn. So che hai paura. Ma fallo per lei. Ogni figlio ha bisogno della propria madre.
Mentre percorreva il corridoio, sorrise; senza una ragione, forse; senza un perché.
Non si accorse che stava continuando a ripetere mentalmente le parole di Rachel, come se vi fosse nascosto quel coraggio grazie al quale stava corredo verso il suo passato; verso il suo futuro, forse; non vi fece caso, ma qualcosa di irraggiungibile, intrappolato nei suoi occhi scuri, sembrava essersi specchiato per un istante in quelli verdi di Quinn, che ne custodivano gelosamente il riflesso.
Va’ da lei.
Va’ da lei, da Beth, aveva sussurrato con semplicità. Era bastata quella manciata di parole per convincerla.
Eppure, non riusciva a spiegarsi come, ma in qualche modo Rachel sapeva; sapeva di Beth. Doveva saperlo.
Quinn ne era sicura, anche se non riusciva a capire come. Eppure, lei sapeva, su questo non c’erano dubbi. Quinn aveva avvertito il peso della verità nel momento stesso in cui lei aveva abbassato lo sguardo, evitando che i loro occhi si incontrassero, anche solo per un istante; anche solo per caso.
Comunque è meglio che ti sbrighi.
Comunque è meglio che ti sbrighi aveva detto. Per un momento Quinn chiuse gli occhi, e la rivide di fronte a sé, ancora con lo sguardo basso, ancora con la voce appena appena tremante.
Comunque è meglio che ti sbrighi, aveva sussurrato grattandosi il naso; ricordò la bionda salendo le scale. Aveva appena svoltato l’angolo quando, ad un tratto, capì.
Accidenti. Pensò immobilizzandosi. Doveva tornare indietro.


Quinn corse verso l’auditorium, ma in prossimità della sala, si fermò per riprendere fiato. Fece per entrare, ma qualcosa all’improvviso la bloccò, e rimase immobile, senza riuscire a smettere di fissare Rachel attraverso la porta socchiusa. La ragazza, in punta di piedi, stava tentando inutilmente di togliere una delle decorazioni d’oro dello sfondo scenografico che erano rimaste attaccate al sipario, ma, come stava appunto costatando sul momento con estrema irritazione, era troppo bassa.
Senza rendersene conto Quinn sorrise ingenuamente di quei suoi tentativi goffi, dimentica per un momento di tutto il resto. Ma nel giro di una manciata di secondi, le parole della mora le tornarono in mente, ricordandole il motivo per cui si trovava lì.
Inspirò profondamente e con un gesto rapido, spalancò la porta. Attirata dal rumore, la mora rivolse lo sguardo su di lei, e si bloccò con la bocca semiaperta.
Mentre la bionda avanzava verso di lei, tuttavia, sembrò riacquistare l’uso della parola: << Quinn, che ci fai qui? >> chiese sorpresa << Non dovresti essere con Beth? >>
Per un momento, soltanto uno, Quinn sorrise, di nuovo, continuando a camminare verso di lei. La fissò intensamente, scuotendo il capo, come incredula.
Poi, mordendosi, il labbro, inspiròprofondamente. << Mi spieghi. >> iniziò minacciosa, scandendo con fatica ogni parola, senza smettere di osservarla con una punta di fugace desiderio << Mi spieghi >> ripeté << Per quale ragione non mi hai ancora preso a schiaffi? >>. Rachel inarcò le sopracciglia con sincera sorpresa, non sapendo cosa risponderle. << Ma che stai dicendo? >> cominciò dubbiosa, ma l’altra la interruppe.
<< Credi che non lo sappia? >> domandò con passione << Credi che non sappia che è tutta colpa mia? >>
<< Quinn, se è ancora per la storia della punizione, ne abbiamo già parlato. Non importa. >> mormorò Rachel con dolcezza, cercando di tranquillizzare la bionda.
Ma Quinn scosse il capo, esasperata. << Non sto parlando di questo. >> disse in un sussurro. << Ma non vedi? >> chiese alla mora << Sono sempre io a sbagliare. E ogni volta arrivi tu e sistemi tutto. Anche se non lo merito. Anche se… >> si bloccò per un istante << Anche se ti faccio del male. >>
Ad un tratto, se ne rese conto solo in quel momento, aveva smesso di avanzare.
Rachel la guardava, folgorata, senza sapere che dire. Sul volto, se soltanto Quinn non avesse provato all’improvviso così tanto timore alla sola idea di incrociare, anche solo per errore, i suoi occhi, era dipinta una strana espressione, esattamente a metà tra il riso ed il pianto. Alla fine, dopo un solo istante, o mille anni e uno ancora, una lacrima scivolò silenziosa lungo la sua guancia, proprio mentre il volto le si apriva in un sorriso. Le si avvicinò silenziosamente, e fece per scostarle i capelli dal viso, ma si bloccò a metà e lasciò ricadere il braccio inerme lungo il fianco.
<< Quinn, tu… >> iniziò titubante << Non potresti mai farmi del male. >> disse con semplicità stringendosi nelle spalle. La bionda alzò lo sguardo su di lei. << Davvero? >> chiese, incredula << Non ti ho ferita poco fa quando me ne sono andata? Non ti ho ferita stamattina? >> domandò bruscamente.
<< No, tu… >> Rachel tentò di rispondere, ma l’altra la interruppe: << Perché sei così buona con me, Rachel? >>
<< Perché ti voglio bene. >> sussurrò la mora. << Te ne ho sempre voluto. >>
All’udire quelle parole, Quinn avvertì qualcosa incrinarsi all’altezza del petto. Aprì la bocca, ma la richiuse subito, senza sapere cosa dire: ad un tratto sembrava tutto così stupido, perchè niente avrebbe potuto suonare dolce quanto le parole dell'altra. << Mi vuoi davvero bene? >> domandò tutto d'un fiato fissandola negli occhi. Rachel annuì.
<< Allora lascia che rimanga io qui a pulire. >>
<< Perché? >> domandò Rachel a bassa voce, senza capire.
<< Perché sei troppo bassa per staccare tutte le decorazioni. >> mormorò sorridendo con dolcezza, accennando all’ornamento d’oro del sipario che la mora aveva tentato invano di togliere << E perché credo che qualcuno ti stia aspettando. >> Si interruppe per un istante. << E’ come hai detto tu, Rachel… >> proseguì << Ogni figlio ha bisogno della propria madre. >>
<< Quinn, io… >> iniziò la mora, dubbiosa.
<< Hai ancora bisogno di Shelby. Va’, da lei. E' venuta qui per te. >>
<< Co-come hai fatto a capire? >> domandò Rachel, dopo un tempo infinito.
Quinn fece spallucce. << E’ una storia molto lunga e poco interessante. >> disse autoschernendosi.
<< Ho un sacco di tempo per ascoltarla. >> bisbigliò l’altra.
<< No, non direi. Lei ti sta ancora aspettando. >>
<< Stava. >> La corresse Rachel abbassando lo sguardo. << Avevamo appuntamento mezz’ora fa, e le ho mandato un messaggio per dirle che non sarei andata, perciò… >> si strinse nelle spalle, mentre la voce le si spegneva.
<< Fortunatamente non sei l’unica che se ne intende di tecnologia. >> scherzò Quinn cercando di fare ridere Rachel. << Perché si da il caso che la sottoscritta abbia inviato un messaggio a Shelby per informarla di un tuo ritardo di quaranta minuti esatti. Il che significa che hai ancora… >> controllò l’orologio << Nove minuti per arrivare puntuale. >>
Sorrise a Rachel.
<< Che vuol dire? >> domandò la mora.
<< Che mi darei una mossa, se fossi in te. >> rispose la bionda.
Il volto di Rachel si aprì nel sorriso più dolce e sincero che Quinn avesse mai visto, e in quell’istante pensò che non le sarebbe servito nient’altro, per essere felice, se non lei.
<< Allora io… >> Rachel inspirò a fondo << Vado. >>
Quinn annuì incoraggiante. << Aspetta >> sussurrò poi afferrandola per il braccio << L’ultima cosa >> Sollevò il mento di Rachel, finché i loro sguardi non si incontrarono. << Asciuga le lacrime. >> Disse a bassa voce senza smettere di fissarla. << Non vorrai che ti veda così. >> sussurrò avvicinandosi lentamente a lei.
<< Non stavo piangendo. >> ribatté debolmente la mora.
Quinn sorrise impercettibilmente. << Chiudi gli occhi. >>
Rachel obbedì e l’altra si chinò su di lei dandole un leggero bacio sulla palpebra.
Ad un tratto tutto intorno a loro era tramutato in un soffice silenzio, rotto solo dai loro flebili respiri. Quinn allontanò il volto da quello della mora, approfittando dei suoi occhi ancora chiusi per ammirarla senza il timore di essere scoperta, ma troppo presto, Rachel, il battito improvvisamente accelerato, pose fine a quel silenzioso incanto, tornando alla realtà.
<< Nessuno mi aveva mai dato un bacio sugli occhi. >> disse dopo aver deglutito, senza sapere perché non riuscisse a volgere lo sguardo verso qualcosa che non fosse Quinn.
<< Ora è come se non avessi mai pianto. >> mormorò la bionda stringendosi nelle spalle con naturalezza. In quel silenzio carico di parole non dette, Rachel si lasciò sfuggire un sospiro profondo, denso di un improvviso e malcelato desiderio, cercando di trattenersi dallo spingere con urgenza Quinn contro il muro e assaggiarne le labbra, premendo il proprio corpo contro il suo. Le mani le tremavano impercettibilmente nel tentativo di non sfiorarla nemmeno nelle sue fantasie. Sarebbe stato così facile, pensò, avvertendo una fastidiosa sensazione allo stomaco crescere e farsi sempre più difficile da ignorare, fingere che si fosse trattato di un errore: lei era così vicina. Eppure quello stesso luccichio degli occhi vitrei della bionda che le impediva di smettere di fissarla, sembrava in qualche modo pregarla di non farsi avanti, come se temesse la propria reazione.
<< Ora >> iniziò Rachel schiarendosi la voce improvvisamente roca << Devo proprio andare. >>
Quinn annuì, e si scostò da lei. << Grazie. >> continuò la mora. << Mi hai fatto il regalo più bello del mondo. >> mormorò ingenuamente.
Il volto della bionda si aprì in un sorriso. << Portami una sua foto >> disse in una muta preghiera << Solo questo ti chiedo. >>
E Rachel, prima di chiudersi la porta alle spalle, le
lanciò un’ultima occhiata, e annuì. << Te lo prometto. >> mormorò. Poi senza aggiungere altro, scomparve.

  
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